934 resultados para Sistemi di collaudo, Termografia
Resumo:
Nell’ambito della patologia gastroenterica del suino sono comprese alcune malattie sostenute da batteri spirillari gram negativi, di cui sono disponibili numerose trattazioni riguardanti, soprattutto, l'aspetto epidemiologico e patogenetico. Per alcuni di questi agenti microbici, e per le relative manifestazioni patologiche, poco si conosce nel cinghiale selvatico, animale correlato filogeneticamente al suino domestico, ma compreso in un’ecologia completamente differente. Da queste premesse è nato un approccio di ricerca e studio del comportamento di questi microrganismi in una metapopolazione di cinghiali, abbattuti durante il piano di controllo della popolazione densità-dipendente nel Parco dei Gessi e Calanchi dell’Abbadessa (BO), cercando di rapportare le conoscenze riportate in letteratura sul suino domestico con quanto è scaturito dalle indagini condotte sul cinghiale selvatico. In particolare è stata indagata con metodica immunoistochimica la presenza di Lawsonia intracellularis, patogeno del suino responsabile di Enterite Proliferativa (EP), in secondo luogo sono state condotte indagini batteriologiche e istologiche da stomaco e intestino, finalizzate all’isolamento di microrganismi spirillari dei generi Campylobacter e Helicobacter, da correlare all’eventuale presenza di lesioni infiammatorie e ulcerative gastriche o enteriche valutate secondo sistemi a punteggio ottenuti dalla bibliografia o realizzati in base alla tipologia di infiltrato cellulare e alla sua localizzazione. In ultimo, a fini comparativi con uno studio condotto nel 2002-2004 nello steso Parco Regionale, sono stati monitorati i livelli di antibioticoresistenza di indicatori fecali usando metodiche internazionali standardizzate (Escherichia coli e Enterococcus faecium.) nonché su un numero significativo di isolati di Campylobacter lanienae, per ottenere indicazioni preliminari sull’andamento nei 10 anni trascorsi dello stato di inquinamento da farmaco del Parco stesso. I risultati ottenuti permettono di ampliare le conoscenze sulla flora enterica del cinghiale selvatico e pongono questioni di sicurezza pubblica sulla gestione dei mammiferi selvatici.
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L’ultimo decennio ha visto un radicale cambiamento del mercato informatico, con la nascita di un numero sempre maggiore di applicazioni rivolte all’interazione tra utenti. In particolar modo, l’avvento dei social network ha incrementato notevolmente le possibilità di creare e condividere contenuti sul web, generando volumi di dati sempre maggiori, nell’ordine di petabyte e superiori. La gestione di tali quantità di dati ha portato alla nascita di soluzioni non relazionali appositamente progettate, dette NoSQL. Lo scopo di questo documento è quello di illustrare come i sistemi NoSQL, nello specifico caso di MongoDB, cerchino di sopperire alle difficoltà d’utilizzo dei database relazionali in un contesto largamente distribuito. Effettuata l'analisi delle principali funzionalità messe a disposizione da MongoDB, si illustreranno le caratteristiche di un prototipo di applicazione appositamente progettato che sfrutti una capacità peculiare di MongoDB quale la ricerca full-text. In ultima analisi si fornirà uno studio delle prestazioni di tale soluzione in un ambiente basato su cluster, evidenziandone il guadagno prestazionale.
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Il lavoro di questa tesi è incentrato sulla crescita e lo studio delle proprietà strutturali di sistemi nanostrutturati di titanio e ossido di titanio, prodotti mediante la tecnica della condensazione in gas inerte. Lo studio è finalizzato in particolare ad ottenere un materiale idoneo per la produzione di idrogeno tramite la foto-elettrolisi. Nel primo capitolo viene descritto a livello teorico il processo di scissione dell’acqua all’interno di celle foto-elettrochimiche, in cui viene impiegato il TiO2 (titania) come foto-anodo. Nel secondo capitolo viene introdotta la tecnica di crescita, viene descritta la macchina utilizzata illustrandone vantaggi e limitazioni. Inoltre viene fornita una descrizione teorica del tipo di crescita che avviene all’interno della camera di evaporazione. Allo scopo di comprendere meglio questi processi, vengono riportati nel capitolo 3 alcuni studi, basati su principi primi, riguardanti la stabilità di fase e le trasformazioni di fase per i tre principali polimorfi del TiO2. Nel capitolo 4 sono illustrate le tecniche impiegate per l’indagine strutturale: diffrazione e assorbimento di raggi X con relativa analisi dati, microscopia elettronica a scansione. Prima di misurare l’attività fotocatalitica dei campioni di nanoparticelle di titania, è necessario condurre delle misure di fotocorrente in una cella foto-elettrochimica, i risultati di queste analisi di tipo funzionale sono presentati nel capitolo 5. Nel capitolo 6 sono riportate le conclusioni del lavoro di tesi.
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Diodi organici emettitori di luce bianca (WOLEDs) sono dei dispositivi promettenti per la realizzazione di sorgenti luminose a basso consumo di energia, in quanto essi combinano un’alta efficienza e bassi costi di produzione con l’interessante caratteristica di poter produrre grandi superfici che emettono luce bianca di buona qualità. Tuttavia, la durata, le prestazioni e i costi devono ancora essere ottimizzati affinché i WOLEDs possano diventare commercialmente competitivi con le altre più comuni fonti di illuminazione; in particolare è necessario migliorare la stabilità e l’efficienza degli emettitori. Nella presente tesi viene trattata la sintesi di molecole organometalliche a singolo componente per ottenere un’elettroluminescenza di un bianco più puro possibile. In particolare l’attenzione è stata rivolta all’ottenimento di complessi eterometallici Ir-Eu. Sono stati sintetizzati tre diversi dimeri di Ir (III), con sistemi fenilpiridinici variamente fluorurati come leganti; a secondo del tipo di legante si hanno delle variazioni delle proprietà fotofisiche del complesso di Ir (III) successivamente prodotto. In seguito sono stati sintetizzati leganti bifunzionali contenenti un’unità isocianuro (in grado di coordinare selettivamente l’Iridio) e un gruppo acetilacetonato (in grado di coordinare selettivamente l’Europio). Tali leganti sono stati poi impiegati per formare il complesso di Eu (III). Infine, la reazione tra i dimeri di Ir (III) e il complesso di Eu (III) ha portato alla formazione dei complessi eterometallici Ir-Eu, che sono stati poi caratterizzati sia strutturalmente che fotofisicamente. Grazie ai due diversi centri emissivi presenti nella stessa molecola si è ottenuta una complessiva luce bianca.
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In un'epoca storica nella quale si va incontro ad un tasso di guasto sempre maggiore a causa dell'invecchiamento, diventa necessaria l'adozione di sistemi diagnostici in grado di stimare e prolungare l'esatto istante in cui si avrà il guasto. Per fare questo generalmente si valuta l'attività di scariche parziali in un sistema isolante e si cerca di frenarla. In questo lavoro innovativo però, la scelta di base non è quella di frenare l'attività di scariche, ma di limitarla alla base, agendo sulla natura fisica dei processi associati alle scariche.
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I virus tumorali inducono oncogenesi nel loro ospite naturale o in sistemi animali sperimentali, manipolando diverse vie cellulari. Ad oggi, sono stati identificati sette virus capaci di causare specifici tumori umani. Inoltre HPV, JCV ed SV40, sono stati associati con un grande numero di tumori umani in sedi corporee non convenzionali, ma, nonostante molti anni di ricerca, nessuna eziologia virale è stata ancora confermata. Lo scopo di questo studio è stato di valutare la presenza ed il significato sia di JCV ed SV40 in tumori ossei umani, e di HPV nel carcinoma della mammella (BC), galattoforectomie (GF), secrezioni mammarie patologiche (ND) e glioblastoma multiforme (GBM). Tecniche di biologia molecolare sono state impiegate per esaminare campioni di tessuto tumorale di 70 tumori ossei (20 osteosarcomi [OS], 20 tumori a cellule giganti [TCG], 30 condrosarcomi [CS]), 168 BCs , 30 GFs, 59 GBM e 30 campioni di ND. Il genoma di SV40 e JCV è stato trovato nel 70% dei CS + 20% degli OS, e nel 13% dei CS +10% dei TCG, rispettivamente. Il DNA di HPV è stato rilevato nel 30% dei pazienti con BC, nel 27% dei campioni GF e nel 13% dei NDs. HPV16 è stato il genotipo maggiormente osservato in tutti questi campioni, seguito da HPV18 e HPV35. Inoltre, il DNA di HPV è stato trovato nel 22% dei pazienti con GBM, in questo tumore HPV6 era il tipo più frequentemente rilevato, seguito da HPV16. L’ ISH ha mostrato che il DNA di HPV è situato all’interno di cellule tumorali mammarie e di GBM. I nostri risultati suggeriscono un possibile ruolo di JCV, SV40 e HPV in questi tumori, se non come induttori come promotori del processo neoplastico, tuttavia diversi criteri devono ancora essere soddisfatti prima di chiarirne il ruolo.
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La sintesi industriale di anidride maleica (AM) è realizzata mediante ossidazione selettiva di n-butano con un catalizzatore a base di ossidi misti di vanadio e fosforo, il pirofosfato di vanadile, (VO)2P2O7. Allo stesso tempo però, la necessità di sviluppare nuovi processi per la sintesi di molecole piattaforma a partire da fonti rinnovabili, ha portato a sviluppare un processo di produzione di AM a partire da 1-butanolo. Lo studio condotto nel seguente lavoro di tesi, prenderà in considerazione aspetti relativi ad entrambi i processi di produzione di AM: sintesi a partire da n-butano e sintesi a partire da 1-butanolo. Per quanto riguarda l’utilizzo di 1-butanolo, ci si concentrerà sullo studio della prima fase della reazione di sintesi di AM, ossia la disidratazione di 1-butanolo a dare buteni, primi intermedi nella reazione di sintesi della AM, mediante l’utilizzo di catalizzatori a base di composti poliossometallati di tipo Keggin supportati a diversa composizione. Per quello che è invece il processo industriale attuale, ossia la sintesi a partire da n-butano, si studieranno e confronteranno le prestazioni di due sistemi catalitici che vengono comunemente utilizzati in impianto industriale, con lo scopo di ottenere, in laboratorio, informazioni utili al miglioramento del processo industriale stesso.
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In questo elaborato è stata messa a punto una procedura sintetica, semplice e veloce che sfrutta la tecnica microonde per la sintesi di tetraarilciclopentadienoni variamente sostituiti mediante una condensazione bis-aldolica tra 1,3 difenilacetone con dichetoni aromatici variamente sostituiti. Questa nuova tecnica consente di ottenere tetraarilciclopentadienoni con rese da basse a buone in 25 minuti a 70°C. La stessa procedura sintetica è stata valutata per ottenere leganti piridilimidazolici, usando come fonte di azoto NH4OAc. Basse rese e la formazione di svariati sottoprodotti ha diretto lo studio verso un approccio classico per la sintesi di questi sistemi. I leganti piridilimidazolici sono stati poi impiegati per la sintesi di complessi di Zn(II) luminescenti, i quali sono stati caratterizzati anche da un punto di vista fotofisico.
Implementazione di un modulatore sigma-delta digitale per la sintesi di segnali pwm ad alta fedelta.
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La modulazione a durata d'impulso (PWM) è utilizzata soprattutto perchè permette di ottenere alta efficenza energetica. In ambito accademico è stato proposto un modulatore PWM che sfrutta la tecnica di noise shaping, Sigma Delta, per avere elevata fedeltà. Il lavoro di questa tesi è stato l'implementazione su FPGA del modulatore Sigma DeltaDigitale utilizzato: quarto ordine, con quantizzatore a 4 bit e SNR in banda di 60 dB. Il dimensionamento è stato fatto determinando l'effetto che la lunghezza delle parole dei segnali ha sul rumore prodotto dal sistema. Questo studio è stato svolto con analisi euristiche ed algoritmi di ricerca implementati in ambiente MATLAB. Lo studio fatto è di carattere generale ed estendibile a generiche architetture Sigma Delta.
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La ricerca muove dal presupposto che l’opera di Aldo Rossi sia stata analizzata finora secondo un criterio tipologico. Tale approccio è una tra le possibili chiavi di lettura del lavoro dell’architetto. Nel tentativo di individuare un’interpretazione dell’opera di Rossi legata a sistemi immutabili nel tempo si è ritenuto necessario approfondire la relazione che si stabilisce tra la sua opera e il suolo. Attraverso la definizione di due categorie di lettura dei progetti dell’autore, che si basano su continuità o discontinuità fisica del progetto rispetto al suolo, si comprende come il rapporto tra area e progetto produca nel tempo soluzioni ricorrenti. In base a questa interpretazione muro e pilastro costituiscono due elementi fondamentali del linguaggio di Rossi. Essi a loro volta si allacciano ad un sistema di riferimento più ampio di cui tettonica e arte muraria sono i capisaldi. La ricerca si articola in tre parti, all’interno delle quali sono sviluppati specifici capitoli. La prima parte, sistema di riferimento, è necessaria a delineare un vocabolario utile per isolare il tema trattato. Essa è fondamentale per comprendere la posizione occupata da Rossi rispetto alle esperienze verificatesi nel corso della storia, relativamente al rapporto spazio - architettura - suolo. La seconda parte, arte muraria, serve a mettere in luce l’influenza che la componente massiva e plastica del terreno ha determinato nella definizione di specifiche soluzioni progettuali. La terza parte, tettonica, delinea invece un approccio opposto al precedente, individuando quei progetti in cui il rapporto col suolo è stato sminuito o addirittura negato, aumentando il senso di sospensione dei volumi nello spazio. In definitiva, l’influenza che il rapporto col suolo ha determinato sulle scelte progettuali di Rossi rappresenta l’interrogativo principale di questa ricerca.
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L’organizzazione mondiale della sanità stima che il 10% della popolazione nel mondo presenta una malattia epatica cronica. L’insufficienza epatica fulminante porta alla morte entro novantasei ore in assenza di trapianto. Questa patologia colpisce circa 2500 persone l’anno e il trapianto di fegato è l’unico trattamento efficiente, ma la mancanza di donatori ha causato un elevato tasso di mortalità in pazienti in lista di attesa per l’organo compatibile. Negli ultimi anni è cresciuta sempre più la lista d’attesa per il trapianto, mentre il numero degli innesti disponibili rimane ridotto. Non tutti i pazienti sono candidati al trapianto. Questo tipo di intervento è rischioso e richiede un trattamento d’immunosoppressione per tutta la vita. Si cercano quindi soluzioni sostitutive, ma lo sviluppo di dispositivi efficaci di assistenza epatica rimane uno dei più alti sforzi dell’ingegneria biomedica. Il fegato, infatti, svolge più di 500 funzioni diverse che sono difficili da riprodurre artificialmente. Un dispositivo di assistenza epatica deve sostituire o integrare la funzione epatica quando scende al di sotto della soglia critica del 30% del normale funzionamento. Per garantire il normale funzionamento dell’organismo, la massa di epatociti disponibile in un paziente adulto deve essere approssimativamente di circa 400g. Se questa massa è disponibile si può avere rigenerazione epatica spontanea. Questo spiega la necessità di raggiungere e garantire, comunque, un livello minimo di funzionalità epatica, al di sotto del quale non si ha né rigenerazione di epatociti (impossibilità di ripristinare l’attività metabolica del fegato), né funzionamento di altri organi del corpo, che dipendono dall’attività epatica. La ricerca e lo sviluppo di dispositivi di assistenza epatica è tesa al raggiungimento e al mantenimento della soglia minima di funzionalità; in questo modo si permette al paziente di sopravvivere fino al trapianto, quando questo è l’unica terapia possibile, oppure di poter raggiungere le condizioni di autorigenerazione spontanea nelle patologie meno gravi. La ricerca sui dispositivi di assistenza epatica risale agli anni 50, e sin da allora sono state sviluppate diverse soluzioni, che possiamo distinguere in sistemi meccanici (sistemi non biologici) e sistemi biochimici o biomeccanici (sistemi biologici). I sistemi non biologici possono avere un ruolo nel trattamento di forme specifiche d’insufficienza epatica. L’obiettivo è di fornire purificazione del sangue, ossia rimuovere tutte le sostanze che si accumulano nel sangue durante la disfunzione epatica, causando anomalie neurologiche, lesioni del fegato e di altri organi e inibizione della rigenerazione epatica. I sistemi biologici possono essere utili nel trattamento d’insufficienza epatica, in cui l’obiettivo primario è quello di fornire tutte le funzioni del fegato che sono state compromesse o perse.
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L'obiettivo di questa tesi sperimentale è quello di effettuare una reazione di addizione coniugata di Michael di sistemi 1,3-dicarbonilici atroposelettiva su substrati maleimmidici oppurtanamente sostituiti, catalizzata da derivati di alcaloidi naturali della Cinchona. Tale processo risulta importante ed innovativo in quanto si vuole ottenere una reazione di desimmetrizzazione atroposelettiva, contemporaneamente dell'asse prochirale e dei due atomi di carbonio del doppio legame della maleimmide stessa. Partendo dalla reazione di addizione del 2-acetilciclopetanone sulla (N-(2-tert- Butil)fenil)maleimmide, mediante reazioni di screening sono state determinate le condizioni ottimali. Si è poi proceduto a verificare l'estendibilità della reazione verso differenti substrati. Infine si è verificata la stabilità dell'asse di rotazione bloccato neosintetizzato. La sintesi di tali composti è importante per la possibilità di poter successivamente derivatizzare i gruppi sostituenti, in modo da creare building blocks per lo sviluppo di molecole ben più complesse.
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Tale tesi si prefigge lo scopo di mettere in evidenza l'importanza dell'introduzione della cartella clinica elettronica dispositivo medico, nel reparto ospedaliero di cardiologia. Essa contiene dati inerenti l'intera cronologia degli eventi caratterizzanti il processo di cura del paziente ed assicura un accesso veloce e sicuro ai record clinici di interesse. Grazie al suo sviluppo, è stato possibile facilitare la cura, la diagnosi e la refertazione degli esami. E' necessario operare l'integrazione fra le diverse modalità di acquisizione, permettendo la comunicazione fra loro e col sistema informativo specifico del reparto, così da poter raccogliere velocemente informazioni coerenti e prive di errori, da inserire nella cartella clinica elettronica cardiologica. Per soddisfare tali esigenze di integrazione, è stato introdotto nell'ambito clinico, l'uso dei diversi profili di integrazione IHE, ognuno riguardante uno specifico settore sanitario. L'iniziativa IHE è volta a migliorare l'efficienza dei flussi di lavoro ospedalieri e della pratica clinica, sviluppando la condivisione delle informazioni e l'integrazione fra i sistemi informativi ospedalieri ed i vari software utilizzati dalle modalità, grazie alla gestione ed uso coordinato di più standard clinici già esistenti (per esempio, DICOM e HL7). Perciò, IHE offre una base solida e comune per l'efficace scambio informativo tra i dispositivi ospedalieri di interesse, sebbene essi parlino linguaggi differenti, assicurando così che le informazioni richieste per le decisioni cliniche, siano prive di errori e contraddizioni e facilmente reperibili dal personale sanitario.
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Il lavoro riguarda la caratterizzazione fluidodinamica di un reattore agitato meccanicamente utilizzato per la produzione di biogas. Lo studio è stato possibile attraverso l’impiego della PIV (Particle Image Velocimetry), tecnica di diagnostica ottica non invasiva adatta a fornire misure quantitative dei campi di velocità delle fasi all’interno del reattore. La caratterizzazione è stata preceduta da una fase di messa a punto della tecnica, in modo da definire principalmente l’influenza dello spessore del fascio laser e dell’intervallo di tempo tra gli impulsi laser sui campi di moto ottenuti. In seguito, il reattore è stato esaminato in due configurazioni: con albero in posizione centrata e con albero in posizione eccentrica. Entrambe le geometrie sono state inoltre analizzate in condizione monofase e solido-liquido. Le prove in monofase con albero centrato hanno permesso di identificare un particolare regime transitorio del fluido nei primi minuti dopo la messa in funzione del sistema di agitazione, caratterizzato da una buona efficienza di miscelazione in tutta la sezione di analisi. In condizioni di regime stazionario, dopo circa 1 ora di agitazione, è stato invece osservato che il fluido nella zona vicino alla parete è essenzialmente stagnante. Sempre con albero centrato, le acquisizioni in condizione bifase hanno permesso di osservare la forte influenza che la presenza di particelle di solido ha sui campi di moto della fase liquida. Per l’assetto con albero in posizione eccentrica, in condizione monofase e regime di moto stazionario, è stata evidenziata una significativa influenza del livello di liquido all’interno del reattore sui campi di moto ottenuti: aumentando il livello scalato rispetto a quello usato nella pratica industriale è stato osservato un miglioramento dell’efficienza di miscelazione grazie al maggior lavoro svolto dal sistema di agitazione. In questa configurazione, inoltre, è stato effettuato un confronto tra i campi di moto indotti da due tipologie di giranti aventi stesso diametro, ma diversa geometria. Passando alla condizione bifase con albero eccentrico, i risultati hanno evidenziato la forte asimmetria del reattore: è stato evidenziato, infatti, come il sistema raggiunga regimi stazionari differenti a seconda delle velocità di rotazione e delle condizioni adottate per il raggiungimento della stabilità. Grazie alle prove su piani orizzontali del reattore in configurazione eccentrica e condizioni bifase, è stato concluso che i sistemi in uso inducano un campo di moto prettamente tangenziale, non ottimizzato però per la sospensione della fase solida necessaria in questa tipologia di processi.
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DI Diesel engine are widely used both for industrial and automotive applications due to their durability and fuel economy. Nonetheless, increasing environmental concerns force that type of engine to comply with increasingly demanding emission limits, so that, it has become mandatory to develop a robust design methodology of the DI Diesel combustion system focused on reduction of soot and NOx simultaneously while maintaining a reasonable fuel economy. In recent years, genetic algorithms and CFD three-dimensional combustion simulations have been successfully applied to that kind of problem. However, combining GAs optimization with actual CFD three-dimensional combustion simulations can be too onerous since a large number of calculations is usually needed for the genetic algorithm to converge, resulting in a high computational cost and, thus, limiting the suitability of this method for industrial processes. In order to make the optimization process less time-consuming, CFD simulations can be more conveniently used to generate a training set for the learning process of an artificial neural network which, once correctly trained, can be used to forecast the engine outputs as a function of the design parameters during a GA optimization performing a so-called virtual optimization. In the current work, a numerical methodology for the multi-objective virtual optimization of the combustion of an automotive DI Diesel engine, which relies on artificial neural networks and genetic algorithms, was developed.