997 resultados para Protéine de matrice
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Clusterina (CLU) è una proteina ubiquitaria, presente nella maggior parte dei fluidi corporei e implicata in svariati processi fisiologici. Dalla sua scoperta fino ad oggi, CLU è risultata essere una proteina enigmatica, la cui funzione non è ancora stata compresa appieno. Il gene codifica per 3 varianti trascrizionali identificate nel database NCBI con i codici: NM_001831 (CLU 1 in questo lavoro di tesi), NR_038335 (CLU 2 in questo lavoro di tesi) e NR_045494 (CLU 3 in questo lavoro di tesi). Tutte le varianti sono trascritte come pre-mRNA contenenti 9 esoni e 8 introni e si differenziano per l’esone 1, la cui sequenza è unica e caratteristica di ogni variante. Sebbene in NCBI sia annotato che le varianti CLU 2 e CLU 3 non sono codificanti, tramite analisi bioinformatica è stato predetto che da tutti e tre i trascritti possono generarsi proteine di differente lunghezza e localizzazione cellulare. Tra tutte le forme proteiche ipotizzate, l’unica a essere stata isolata e sequenziata è quella tradotta dall’AUG presente sull’esone 2 che dà origine a una proteina di 449 aminoacidi. Il processo di maturazione prevede la formazione di un precursore citoplasmatico (psCLU) che subisce modificazioni post-traduzionali tra cui formazione di ponti disolfuro, glicosilazioni, taglio in due catene denominate β e α prima di essere secreta come eterodimero βα (sCLU) nell’ambiente extracellulare, dove esercita la sua funzione di chaperone ATP-indipendente. Oltre alla forma extracellulare, è possibile osservare una forma intracellulare con localizzazione citosolica la cui funzione non è stata ancora completamente chiarita. Questo lavoro di tesi si è prefissato lo scopo di incrementare le conoscenze in merito ai trascritti CLU 1 e CLU 2 e alla loro regolazione, oltre ad approfondire il ruolo della forma citosolica della proteina in relazione al signaling di NF-kB che svolge un ruolo importante nel processo di sviluppo e metastatizzazione del tumore. Nella prima parte, uno screening di differenti linee cellulari, quali cellule epiteliali di prostata e di mammella, sia normali sia tumorali, fibroblasti di origine polmonare e linfociti di tumore non-Hodgkin, ha permesso di caratterizzare i trascritti CLU 1 e CLU 2. Dall’analisi è emerso che la sequenza di CLU 1 è più corta al 5’ rispetto a quella depositata in NCBI con l’identificativo NM_001831 e il primo AUG disponibile per l’inizio della traduzione è localizzato sull’esone 2. È stato dimostrato che CLU 2, al contrario di quanto riportato in NCBI, è tradotto in proteina a partire dall’AUG presente sull’esone 2, allo stesso modo in cui viene tradotto CLU 1. Inoltre, è stato osservato che i livelli d’espressione dei trascritti variano notevolmente tra le diverse linee cellulari e nelle cellule epiteliali CLU 2 è espressa sempre a bassi livelli. In queste cellule, l’espressione di CLU 2 è silenziata per via epigenetica e la somministrazione di farmaci capaci di rendere la cromatina più accessibile, quali tricostatina A e 5-aza-2’-deossicitidina, è in grado di incrementarne l’espressione. Nella seconda parte, un’analisi bioinformatica seguita da saggi di attività in vitro in cellule epiteliali prostatiche trattate con farmaci epigenetici, hanno permesso di identificare, per la prima volta in uomo, una seconda regione regolatrice denominata P2, capace di controllare l’espressione di CLU 2. Rispetto a P1, il classico promotore di CLU già ampiamente studiato da altri gruppi di ricerca, P2 è un promotore debole, privo di TATA box, che nelle cellule epiteliali prostatiche è silente in condizioni basali e la cui attività incrementa in seguito alla somministrazione di farmaci epigenetici capaci di alterare le modificazioni post-traduzionali delle code istoniche nell’intorno di P2. Ne consegue un rilassamento della cromatina e un successivo aumento di trascrizione di CLU 2. La presenza di un’isola CpG differentemente metilata nell’intorno di P1 spiegherebbe, almeno in parte, i differenti livelli di espressione di CLU che si osservano tra le diverse linee cellulari. Nella terza parte, l’analisi del pathway di NF-kB in un modello sperimentale di tumore prostatico in cui CLU è stata silenziata o sovraespressa, ha permesso di capire come la forma citosolica di CLU abbia un ruolo inibitorio nei confronti dell’attività del fattore trascrizionale NF-kB. CLU inibisce la fosforilazione e l’attivazione di p65, il membro più rappresentativo della famiglia NF-kB, con conseguente riduzione della trascrizione di alcuni geni da esso regolati e coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, quali l’urochinasi attivatrice del plasminogeno, la catepsina B e la metallo proteinasi 9. È stato dimostrato che tale inibizione non è dovuta a un’interazione fisica diretta tra CLU e p65, per cui si suppone che CLU interagisca con uno dei componenti più a monte della via di segnalazione responsabile della fosforilazione ed attivazione di p65.
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The aim of the present study is to identify and evaluate the relationship between Woodpigeon (Columba palumbus, Linnaeus, 1758) density and different environmental gradients (thermotype, ombrotype, continentality and latitudinal), land use and landscape structure, using geographic information systems and multivariate modelling. Transects (n = 396) were developed to estimate the density of Woodpigeon in the Marina Baja (Alicante, Spain) from 2006 to 2008. The highestdensity for Woodpigeon was in September-October (1.28birds/10ha) and the lowest inFebruary-March (0.34birds/10ha). Moreover, there were more Woodpigeons in areas with a mesomediterranean thermotypethan in thermomediterranean or supramediterranean ones. There was greater densityinthe intermediate zones compared to thecoast and interior. The natural or cultural landscape had the highest Woodpigeon density (1.53birds/10ha), with both denseand clear pine forest values standing out. Therefore, it is very important to conserve these traditional landscapes with adequate management strategies in order to maintain, resident and transient Woodpigeon populations. These natural areas are open places where the Woodpigeons find food and detect the presence ofpredators. Thus, this study will enable more precise knowledge of the ecological factors (habitat variables) that intervene in the distribution of Woodpigeon populations and their density.
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Tese de doutoramento, Belas Artes - Especialidade de Escultura, Universidade de Lisboa, Faculdade de Belas Artes, 2016
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Les virus ont besoin d’interagir avec des facteurs cellulaires pour se répliquer et se propager dans les cellules d’hôtes. Une étude de l'interactome des protéines du virus d'hépatite C (VHC) par Germain et al. (2014) a permis d'élucider de nouvelles interactions virus-hôte. L'étude a également démontré que la majorité des facteurs de l'hôte n'avaient pas d'effet sur la réplication du virus. Ces travaux suggèrent que la majorité des protéines ont un rôle dans d'autres processus cellulaires tel que la réponse innée antivirale et ciblées pas le virus dans des mécanismes d'évasion immune. Pour tester cette hypothèse, 132 interactant virus-hôtes ont été sélectionnés et évalués par silençage génique dans un criblage d'ARNi sur la production interferon-beta (IFNB1). Nous avons ainsi observé que les réductions de l'expression de 53 interactants virus-hôte modulent la réponse antivirale innée. Une étude dans les termes de gène d'ontologie (GO) démontre un enrichissement de ces protéines au transport nucléocytoplasmique et au complexe du pore nucléaire. De plus, les gènes associés avec ces termes (CSE1L, KPNB1, RAN, TNPO1 et XPO1) ont été caractérisé comme des interactant de la protéine NS3/4A par Germain et al. (2014), et comme des régulateurs positives de la réponse innée antivirale. Comme le VHC se réplique dans le cytoplasme, nous proposons que ces interactions à des protéines associées avec le noyau confèrent un avantage de réplication et bénéficient au virus en interférant avec des processus cellulaire tel que la réponse innée. Cette réponse innée antivirale requiert la translocation nucléaire des facteurs transcriptionnelles IRF3 et NF-κB p65 pour la production des IFNs de type I. Un essai de microscopie a été développé afin d'évaluer l’effet du silençage de 60 gènes exprimant des protéines associés au complexe du pore nucléaire et au transport nucléocytoplasmique sur la translocation d’IRF3 et NF-κB p65 par un criblage ARNi lors d’une cinétique d'infection virale. En conclusion, l’étude démontre qu’il y a plusieurs protéines qui sont impliqués dans le transport de ces facteurs transcriptionnelles pendant une infection virale et peut affecter la production IFNB1 à différents niveaux de la réponse d'immunité antivirale. L'étude aussi suggère que l'effet de ces facteurs de transport sur la réponse innée est peut être un mécanisme d'évasion par des virus comme VHC.
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La présentation antigénique par les molécules de classe II du complexe majeur d’histocompatibilité (CMH II) est un mécanisme essentiel au contrôle des pathogènes par le système immunitaire. Le CMH II humain existe en trois isotypes, HLA-DP, DQ et DR, tous des hétérodimères composés d’une chaîne α et d’une chaîne β. Le CMH II est entre autres exprimé à la surface des cellules présentatrices d’antigènes (APCs) et des cellules épithéliales activées et a pour fonction de présenter des peptides d’origine exogène aux lymphocytes T CD4+. L’oligomérisation et le trafic intracellulaire du CMH II sont largement facilités par une chaperone, la chaîne invariante (Ii). Il s’agit d’une protéine non-polymorphique de type II. Après sa biosynthèse dans le réticulum endoplasmique (ER), Ii hétéro- ou homotrimérise, puis interagit via sa région CLIP avec le CMH II pour former un complexe αβIi. Le complexe sort du ER pour entamer son chemin vers différents compartiments et la surface cellulaire. Chez l’homme, quatre isoformes d’Ii sont répertoriées : p33, p35, p41 et p43. Les deux isoformes exprimées de manière prédominante, Iip33 et p35, diffèrent par une extension N-terminale de 16 acides aminés portée par Iip35. Cette extension présente un motif de rétention au réticulum endoplasmique (ERM) composé des résidus RXR. Ce motif doit être masqué par la chaîne β du CMH II pour permettre au complexe de quitter le ER. Notre groupe s’est intéressé au mécanisme du masquage et au mode de sortie du ER des complexes αβIi. Nous montrons ici que l’interaction directe, ou en cis, entre la chaîne β du CMH II et Iip35 dans une structure αβIi est essentielle pour sa sortie du ER, promouvant la formation de structures de haut niveau de complexité. Par ailleurs, nous démontrons que NleA, un facteur de virulence bactérien, permet d’altérer le trafic de complexes αβIi comportant Iip35. Ce phénotype est médié par l’interaction entre p35 et les sous-unités de COPII. Bref, Iip35 joue un rôle central dans la formation des complexes αβIi et leur transport hors du ER. Ceci fait d’Iip35 un régulateur clef de la présentation antigénique par le CMH II.
Étude du rôle des régions variables 4 et 5 dans les changements de conformation de la gp120 du VIH-1
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Le VIH infecte les cellules par fusion de sa membrane avec la membrane de la cellule cible. Cette fusion est effectuée par les glycoprotéines de l'enveloppe (Env) qui sont synthétisées en tant que précurseur, gp160, qui est ensuite clivé en gp120 et gp41. La protéine gp41 est la partie transmembranaire du complexe de l'enveloppe et l’ancre à la particule virale alors que la gp120 assure la liaison au récepteur cellulaire CD4 et corécepteur CCR5 ou CXCR4. Ces interactions successives induisent des changements de conformation d’Env qui alimentent le processus d'entrée du virus conduisant finalement à l'insertion du peptide de fusion de la gp41 dans la membrane de la cellule cible. La sous-unité extérieure gp120 contient cinq régions variables (V1 à V5), dont trois (V1, V2 et V3) étant capables d’empêcher l’adoption spontanée de la conformation liée à CD4. Cependant, le rôle de régions variables V4 et V5 vis-à-vis de ces changements de conformation reste inconnu. Pour étudier leur effet, des mutants de l'isolat primaire de clade B YU2, comprenant une délétion de la V5 ou une mutation au niveau de tous les sites potentiels de N-glycosylation de la V4 (PNGS), ont été générés. L'effet des mutations sur la conformation des glycoprotéines d'enveloppe a été analysé par immunoprécipitation et résonance de plasmon de surface avec des anticorps dont la liaison dépend de la conformation adopté par la gp120. Ni le retrait des PNGS de la V4 ni la délétion de V5 n’a affecté les changements conformationnels d’Env tels que mesurés par ces techniques, ce qui suggère que les régions variables V1, V2 et V3 sont les principaux acteurs dans la prévention de l’adoption de la conformation lié de CD4 d’Env.
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L’ubiquitination est une modification post-traductionnelle qui joue un rôle majeur dans la régulation d’une multitude de processus cellulaires. Dans cette thèse, je discuterai de la caractérisation de deux protéines, BRCA1 et BAP1, soit deux suppresseurs de tumeurs fonctionnellement reliés. BRCA1, une ubiquitine ligase qui catalyse la liaison de l’ubiquitine à une protéine cible, est mutée dans les cancers du sein et de l'ovaire. Il est bien établi que cette protéine aide à maintenir la stabilité génomique suite à un bris double brin de l’ADN (BDB), et ce, à l’aide d’un mécanisme de réparation bien caractérisé appelé recombinaison homologue. Cependant, les mécanismes de régulation de BRCA1 suite à des stresses génotoxiques n’impliquant pas directement un BDB ne sont pas pleinement élucidés. Nous avons démontré que BRCA1 est régulée par dégradation protéasomale suite à une exposition des cellules à deux agents génotoxiques reconnus pour ne pas directement générer des BDBs, soit les rayons UV, qui provoquent la distorsion de l’hélice d’ADN, et le méthyle méthanesulfonate (MMS), qui entraîne l’alkylation de l’ADN. La dégradation de BRCA1 est réversible et indépendante des kinases associées à la voie des PI3 kinase, soit ATM, ATR et DNA-PK, protéines qui sont rapidement activées par les dommages à l’ADN. Nous proposons que la dégradation de BRCA1 prévienne son recrutement intempestif, ainsi que celui des facteurs qui lui sont associés, à des sites de dommages d’ADN qui ne sont pas des BDBs, et que cette régulation coordonne la réparation de l’ADN. L’enzyme de déubiquitination BAP1 a initialement été identifiée comme une protéine capable d’interagir avec BRCA1 et de réguler sa fonction. Elle est également connue pour sa capacité à se lier avec les protéines du groupe Polycomb, ASXL1 et ASXL2. Cependant, l’importance de ces interactions n’a toujours pas été établie. Nous avons démontré que BAP1 forme deux complexes protéiques mutuellement exclusifs avec ASXL1 et ASXL2. Ces interactions sont critiques pour la liaison de BAP1 à l’ubiquitine ainsi que pour la stimulation de son activité enzymatique envers l’histone H2A. Nous avons également identifié des mutations de BAP1 dérivées de cancers qui empêchent à la fois son interaction avec ASXL1 et AXSL2, et son activité de déubiquitinase, ce qui fournit un lien mécanistique direct entre la déubiquitination de H2A et la tumorigenèse. Élucider les mécanismes de régulation de BRCA1 et BAP1 menera à une meilleure compréhension de leurs rôles de suppresseurs de tumeurs, permettant ainsi d’établir de nouvelles stratégies de diagnostic et traitement du cancer.
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La tagatose-1,6-biphosphate aldolase de Streptococcus pyogenes est une aldolase qui fait preuve d'un remarquable manque de spécificité vis à vis de ses substrats. En effet, elle catalyse le clivage réversible du tagatose-1,6-bisphosphate (TBP), mais également du fructose-1,6-bisphosphate (FBP), du sorbose-1,6-bisphosphate et du psicose-1,6-bisphosphate, quatre stéréoisomères, en dihydroxyacétone phosphate (DHAP) et en glycéraldéhyde-3-phosphate (G3P). Aldolase de classe I, qui donc catalyse sa réaction en formant un intermédiaire covalent obligatoire, ou base de Schiff, avec son susbtrat, la TBP aldolase de S. pyogenes partage 14 % d’identité avec l’enzyme modèle de cette famille, la FBP aldolase de muscle de mammifère. Bien que le mécanime catalytique de la FBP aldolase des mammifères ait été examiné en détails et qu’il soit approprié d’en tirer des renseignements quant à celui de la TBP aldolase, le manque singulier de stéréospécificité de cette dernière tant dans le sens du clivage que celui de la condensation n’est toujours pas éclairci. Afin de mettre à jour les caractéristiques du mécanisme enzymatique, une étude structurale de la TBP aldolase de S. pyogenes, un pathogène humain extrêmement versatile, a été entreprise. Elle a permis la résolution des structures de l’enzyme native et mutée, en complexe avec des subtrats et des inhibiteurs compétitifs, à des résolutions comprises entre 1.8 Å et 2.5 Å. Le trempage des cristaux de TBP aldolase native et mutante dans une solution saturante de FBP ou TBP a en outre permis de piéger un authentique intermédiaire covalent lié à la Lys205, la lysine catalytique. La determination des profils pH de la TBP aldolase native et mutée, entreprise afin d'évaluer l’influence du pH sur la réaction de clivage du FBP et TBP et ìdentifier le(s) résidu(s) impliqué(s), en conjonction avec les données structurales apportées par la cristallographie, ont permis d’identifier sans équivoque Glu163 comme résidu responsable du clivage. En effet, le mode de liaison sensiblement différent des ligands utilisés selon la stéréochimie en leur C3 et C4 permet à Glu163, équivalent à Glu187 dans la FBP aldolase de classe I, d’abstraire le proton sur l’hydroxyle du C4 et ainsi d’amorcer le clivage du lien C3-C4. L’étude du mécanimse inverse, celui de la condensation, grâce par exemple à la structure de l’enzyme native en complexe avec ses substrats à trois carbones le DHAP et le G3P, a en outre permis d’identifier un isomérisme du substrat G3P comme possible cause de la synthèse des isomères en C4 par cette enzyme. Ce résultat, ainsi que la decouverte d’un possible isomérisme cis-trans autour du lien C2-C3 de la base de Schiff formée avec le DHAP, identifié précedemment, permet de cerner presque complètement les particularités du mécanisme de cette enzyme et d’expliquer comment elle est capable de synthétiser les quatres stéréoisomères 3(S/R), 4(S/R). De plus, la résolution de ces structures a permis de mettre en évidence trois régions très mobiles de la protéine, ce qui pourrait être relié au rôle postulé de son isozyme chez S. pyogenes dans la régulation de l’expression génétique et de la virulence de la bactérie. Enfin, la résolution de la structure du mutant Lys229→Met de la FBP aldolase de muscle en complexe avec la forme cyclique du FBP, de même que des études cristallographiques sur le mutant équivalent Lys205→Met de la TBP aldolase de S. pyogenes et des expériences de calorimétrie ont permis d’identifier deux résidus particuliers, Ala31 et Asp33 chez la FBP aldolase, comme possible cause de la discrimination de cette enzyme contre les substrats 3(R) et 4(S), et ce par encombrement stérique des substrats cycliques. La cristallographie par rayons X et la cinétique enzymatique ont ainsi permis d'avancer dans l'élucidation du mécanisme et des propriétés structurales de cette enzyme aux caractéristiques particulières.
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Il est reconnu que la protéine filamenteuse intermédiaire Nestine est exprimée lors du processus de cicatrisation et du remodelage fibrotique. De plus, nous avons identifié l’expression de la Nestine au sein de deux populations distinctes qui sont directement impliquées dans les réponses de fibroses réparative et réactive. Ainsi, une population de cellules souches neurales progénitrices résidentes du coeur de rat adulte exprime la Nestine et a été identifiée à titre de substrat de l’angiogenèse et de la neurogenèse cardiaque. Également, la Nestine est exprimée par les myofibroblastes cicatriciels cardiaques et il a été établi que la protéine filamenteuse intermédiaire joue un rôle dans la prolifération de ces cellules. Ainsi, l’objectif général de cette thèse était de mieux comprendre les évènements cellulaires impliqués dans la réponse neurogénique des cellules souches neurales progénitrices résidentes cardiaques Nestine(+) (CSNPRCN(+)) lors de la fibrose réparative cardiaque et d’explorer si l’apparition de fibroblastes Nestine(+) est associée avec la réponse de fibrose réactive secondaire du remodelage pulmonaire. Une première publication nous a permis d’établir qu’il existe une régulation à la hausse de l’expression de la GAP43 (growth associated protein 43) et que cet événement transitoire précède l’acquisition d’un phénotype neuronal par les CSNPRCN(+) lors du processus de cicatrisation cardiaque chez le rat ayant subi un infarctus du myocarde. De plus, la surimposition de la condition diabétique de type 1, via l’injection unique de Streptozotocine chez le rat, abolit la réponse neurogénique des CSNPRCN(+), qui est normalement induite à la suite de l’ischémie cardiaque ou de l’administration de 6-hydroxydopamine. Le second article a démontré que le développement aigu de la fibrose pulmonaire secondaire de l’infarctus du myocarde chez le rat est associé avec une augmentation de l’expression protéique de la Nestine et de l’apparition de myofibroblastes pulmonaires Nestine(+). Également, le traitement de fibroblastes pulmonaires avec des facteurs de croissances peptidiques pro-fibrotiques a augmenté l’expression de la Nestine par ces cellules. Enfin, le développement initial de la condition diabétique de type 1 chez le rat est associé avec une absence de fibrose réactive pulmonaire et à une réduction significative des niveaux protéiques et d’ARN messager de la Nestine pulmonaire. Finalement, la troisième étude représentait quant à elle un prolongement de la deuxième étude et a alors examiné le remodelage pulmonaire chronique chez un modèle établi d’hypertension pulmonaire. Ainsi, les poumons de rats adultes mâles soumis à l’hypoxie hypobarique durant 3 semaines présentent un remodelage vasculaire, une fibrose réactive et une augmentation des niveaux d’ARN messager et de la protéine Nestine. De plus, nos résultats ont démontré que la Nestine, plutôt que l’alpha-actine du muscle lisse, est un marqueur plus approprié des diverses populations de fibroblastes pulmonaires activés. Également, nos données suggèrent que les fibroblastes pulmonaires activés proviendraient en partie de fibroblastes résidents, ainsi que des processus de transition épithélio-mésenchymateuse et de transition endothélio-mésenchymateuse. Collectivement, ces études ont démontré que des populations distinctes de cellules Nestine(+) jouent un rôle majeur dans la fibrose réparative cardiaque et la fibrose réactive pulmonaire.
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L'activité électrique du coeur est initiée par la génération spontanée de potentiels d'action venant des cellules pacemaker du noeud sinusal (SN). Toute dysfonction au niveau de cette région entraîne une instabilité électrique du coeur. La majorité des patients souffrant d'un noeud sinusal déficient nécessitent l'implantation chirurgicale d'un pacemaker électronique; cependant, les limitations de cette approche incitent à la recherche d'une alternative thérapeutique. La base moléculaire des courants ioniques jouant un rôle crucial dans l'activité du noeud sinusal sont de plus en plus connues. Une composante importante de l'activité des cellules pacemakers semble être le canal HCN, responsable du courant pacemaker If. Le facteur T-box 3 (Tbx3), un facteur de transcription conservé durant le processus de l'évolution, est nécessaire au développement du système de conduction cardiaque. De précédentes études ont démontré que dans différentes lignées cellulaires le Phorbol 12-myristate 13-acetate (PMA) active l'expression du gène codant Tbx3 via des réactions en cascade partant de la protéine kinase C (PKC). L'objectif principal de cette étude est de tester si le PMA peut augmenter la fréquence et la synchronisation de l'activité spontanée du pacemaker biologique en culture. Plus précisément, nous avons étudié les effets de l'exposition chronique au PMA sur l'expression du facteur de transcription Tbx3, sur HCN4 et l'activité spontanée chez des monocouches de culture de myocytes ventriculaires de rats néonataux (MVRN). Nos résultats démontrent que le PMA augmente significativement le facteur transcription de Tbx3 et l'expression ARNm de HCN4, favorisant ainsi l'augmentation du rythme et de la stabilité de l'activité autonome. De plus, une diminution significative de la vitesse de conduction a été relevée et est attribuée à la diminution du couplage intercellulaire. La diminution de la vitesse de conduction pourrait expliquer l'effet négatif du PMA sur la synchronisation de l'activité autonome du pacemaker biologique. Ces résultats ont été confirmés par un modèle mathématique multicellulaire suggérant que des fréquences et résistances intercellulaires plus élevée pourraient induire une activité plus stable et moins synchrone. Cette étude amène de nouvelles connaissances très importantes destinées à la production d'un pacemaker biologique efficient et robuste.
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Le cancer de l’ovaire (COv) est le cancer gynécologique le plus létal chez la femme et les traitements existants, chirurgie et chimiothérapie, ont peu évolué au cours des dernières décennies. Nous proposons que la compréhension des différents destins cellulaires tels que la sénescence que peuvent choisir les cellules du cancer de l’ovaire en réponse à la chimiothérapie pourrait conduire à de nouvelles opportunités thérapeutiques. La sénescence cellulaire a été largement associée à l’activité de la protéine TP53, qui est mutée dans plus de 90% des cas de cancer de l’ovaire séreux de haut grade (COv-SHG), la forme la plus commune de la maladie. Dans nos travaux, à partir d’échantillons dérivés de patientes, nous montrons que les cultures primaires du cancer de l’ovaire séreux de haut grade exposées au stress ou à des drogues utilisées en chimiothérapie entrent en senescence grâce à l’activité d’un isoforme du gène CDKN2A (p16INK4A). Dans ces cellules, nous avons évalué les caractéristiques fondamentales de la sénescence cellulaire tels que les altérations morphologiques, l’activité béta galactosidase associée à la sénescence, les dommages à l’ADN, l’arrêt du cycle cellulaire et le phénotype sécrétoire associé à la sénescence. En utilisant des micromatrices tissulaires construites à partir d’échantillons humains de COv-SHG pré- et post-chimiothérapie, accompagnées de leurs données cliniques, nous avons quantifié des marqueurs de sénescence incluant une diminution de la prolifération cellulaire quelques semaines après chimiothérapie. De façon intéressante, l’expression de p16INK4A dans les échantillons de COv-SHG prétraitement corrèle avec une survie prolongée des patientes suite au traitement. Ceci suggère ainsi pour la première fois un impact biologique bénéfique pour la présence de cellules cancéreuses qui sont capable d’activer la sénescence, particulièrement pour le traitement du cancer de l’ovaire. Dans le but de complémenter les thérapies actuelles avec des approches de manipulation pharmacologique de la sénescence, nos résultats suggèrent qu’il serait important de déterminer l’impact positif ou négatif de la sénescence induite par la thérapie sur la progression de la maladie et la survie, pour chaque type de cancer de façon indépendante.
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Un dérèglement du cycle cellulaire peut causer le cancer. Lors de la cytocinèse un anneau contractile d’actine et de myosine se forme, se contracte, et donne un anneau du midbody qui mène à l’abscision. Le processus de cytocinèse est sous le contrôle de protéines telles que la GTPase Rho qui active la cytocinèse et les cyclines-Cdks qui l'inhibent. La Drosophile possède 3 cyclines mitotiques CycA/ CycB/ CycB3 qui sont successivement dégradées en fin de mitose et permettent l'initiation de la cytocinèse. La dernière étape d’abscission est un phénomène qui reste encore peu connu. Les protéines Vps4 et CHMP4C liées à ANCHR vont, sous la dépendance de la kinase Aurora B, promouvoir l’abscision mais, suite à quelques études récentes, il semble y avoir une implication de la cycline B. Ici, le but était de tester l’implication de cette cycline dans les processus de cytocinèse et d’abscision, elle a été menée par microscopie à haute résolution en temps réel avec des cellules S2 de l’organisme Drosophila melanogaster par le suivi de protéines recombinantes fluorescentes. L’étude a été divisée en deux axes : gain et perte de fonction par l’intermédiaire respectivement de la protéine Cycline B recombinante stable, non dégradable (CycBstable-GFP) et l’inhibition par l’utilisation d’ARN double brin (ARNdb) sur l’endogène. La CycBstable-GFP a perturbé la cytocinèse en induisant plusieurs anneaux contractiles et midbodies. En revanche la réduction de l’expression de CycB n'a pas eu d’effet observable, et elle ne semble pas avoir d’action sur l’abscission malgré le recrutement de CycB-GFP au midbody tardif. En revanche la protéine Cdk1 semble avoir un rôle dans l'abscision puisque sa réduction d’expression a induit un délai. Elle a donc une implication potentielle sur la cytocinèse.
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La sclérodermie (SSc) est une maladie rare affectant les personnes génétiquement prédisposées d’une réponse immunitaire défectueuse. Malgré les derniers avancements et développements dans le domaine, l’étiologie et la pathogénèse de la maladie demeurent peu comprises. Par ailleurs, il y a un ralentissement dans la compréhension de cette maladie à cause du manque de modèle animal représentatif de la SSc humaine. Malgré plusieurs lacunes, les souris traitées avec la bléomycine ou portant des modifications génétiques (TSK-1) sont très utilisées dans les études précliniques de la SSc mais elles ne présentent pas toutes les caractéristiques de cette maladie. Pour contribuer à la recherche sur la SSc, la stagiaire postdoctorale Dre Heena Mehta a développé dans le laboratoire du Dre Sarfati en collaboration avec le Dr Senécal, un modèle de souris expérimental induit par l’immunisation de cellules dendritiques (DCs) chargées de peptides de la protéine topoisomérase I (TOPOIA et TOPOIB). Dans le but de caractériser ce modèle murin et d’établir un profil immunitaire, j’ai concentré mes analyses principalement sur les caractéristiques de la SSc telles que la fibrose, l’inflammation, l’hyper-γ-globulinémie polyclonale, la vasculopathie ainsi que de l’expression de cytokines. Brièvement, l’immunisation de souris avec les DCs chargées avec la topoisomérase I (TOPOI) a induit l’inflammation pulmonaire et cutanée, en plus de la fibrose sous forme diffuse (dcSSc). Les souris présentaient également des symptômes de la vasculopathie ainsi que des taux élevés d’anticorps polyclonaux. Les résultats démontraient que les peptides TOPOIA étaient efficaces dans l’induction de la fibrose et de la réponse inflammatoire alors que les peptides TOPOIB étaient surtout impliqués dans la fibrose cutanée. En plus de nos résultats, les observations préliminaires sur le profil de cytokines tissulaires suggéraient que ce modèle pourrait remplacer ou complémenter les autres modèles animaux de SSc.
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Introduction Les lésions induites par les rayons UV peuvent causer des blocages dans la réplication de l'ADN. Ces dommages sont éliminés par le processus moléculaire très conservé de réparation par excision de nucléotides (NER). Nous avons précédemment démontré que la protéine ATR, une kinase majeure impliquée dans le stress réplicatif, est requise pour une NER efficace, et ce exclusivement durant la phase S. Des résultats subséquents ont suggéré que ce prérequis n’était pas lié à la réponse induite par ATR, mais plutôt d’une conséquence globale causée par la présence de stress réplicatif. En ce sens, nous mettons l’emphase qu’après irradiation UV, le complexe RPA joue un rôle crucial dans l'activation des mécanismes de NER ainsi que dans le redémarrage des fourches de réplication bloquées. Hypothèses: En général, les mutations qui confèrent une augmentation du stress réplicatif engendrent une séquestration excessive du facteur RPA aux fourches de réplication bloquées ce qui réduit son accessibilité pour le NER. Méthodes et résultats: Le modèle de la levure a été choisi pour vérifier cette hypothèse. Nous avons développé un essai de NER spécifique à chacune des phases du cycle cellulaire pour démontrer que les cellules déficientes en Mec1, l’homologue d’ATR, sont défectives dans la réparation par excision de nucléotides spécifiquement en phase S. De plus, plusieurs autres mutants de levure, caractérisés par un niveau de dommages spontanés élevé, ont aussi exhibé un défaut similaire. Ces mutants ont démontré une fréquence et une intensité de formation de foyers de RPA plus élevée. Finalement, une diminution partielle de RPA dans les levures a induit un défaut significatif dans le NER spécifiquement durant la phase S. Conclusion: Nos résultats supportent la notion que la séquestration de RPA aux fourches de réplication endommagées durant la phase S prévient son utilisation pour la réparation par excision de nucléotides ce qui inhibe fortement l'efficacité de réparation. Cette étude chez la levure facilite l’élucidation du phénomène analogue chez l’humain et, ultimement, comprend des implications majeures dans la compréhension du mécanisme de développement des cancers UV-dépendants.
Resumo:
La voie de signalisation des phosphoinositides joue un rôle clé dans la régulation du tonus vasculaire. Plusieurs études rapportent une production endogène de l’angiotensin II (Ang II) et de l’endothéline-1 (ET-1) par les cellules musculaires lisses vasculaires (CMLVs) de rats spontanément hypertendus (spontaneously hypertensive rats : SHR). De plus, l’Ang II exogène induit son effet prohypertrophique sur les CMLVs selon un mécanisme dépendant de la protéine Gqα et de la PKCẟ. Cependant, le rôle de l’axe Gqα/PLCβ/PKCẟ dans l’hypertrophie des CMLVs provenant d’un modèle animal de l’hypertension artérielle n’est pas encore étudié. L’objectif principal de cette thèse est d’examiner le rôle de l’axe Gqα/PLCβ1 dans les mécanismes moléculaires de l’hypertrophie des CMLVs provenant d’un modèle animal d’hypertension artérielle essentielle (spontaneously hypertensive rats : SHR). Nos premiers résultats indiquent que contrairement aux CMLVs de SHR âgés de 12 semaines (absence d’hypertrophie cardiaque), les CMLVs de SHR âgés de 16 semaines (présence d’hypertrophie cardiaque) présentent une surexpression protéique endogène de Gqα et de PLCβ1 par rapport aux CMLVs de rats WKY appariés pour l’âge. L’inhibition du taux d’expression protéique de Gqα et de PLCβ1 par des siRNAs spécifiques diminue significativement le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR. De plus, la surexpression endogène des Gqα et PLCβ1, l’hyperphosphorylation de la molécule ERK1/2 et le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR de 16 semaines ont été atténués significativement par des antagonistes des récepteurs AT1 (losartan) et ETA (BQ123), mais pas par l’antagoniste du récepteur ETB (BQ788). L’inhibition pharmacologique des MAPKs par PD98059 diminue significativement la surexpression endogène de Gqα/PLCβ1 et le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR. D’un côté, l’inhibition du stress oxydatif (par DPI, inhibiteur de la NAD(P)H oxidase, et NAC , molécule anti-oxydante), de la molécule c-Src (PP2) et des récepteurs de facteurs de croissance (AG1024 (inhibiteur de l’IGF1-R), AG1478 (inhibiteur de l’EGFR) et AG1295 (inhibiteur du PDGFR)) a permis d’atténuer significativement la surexpression endogène élevée de Gqα/PLCβ1 et l’hypertrophie des CMLVs de SHR. D’un autre côté, DPI, NAC et PP2 atténuent significativement l’hyperphosphorylation de la molécule c-Src, des RTKs (récepteurs à activité tyrosine kinase) et de la molécule ERK1/2. Dans une autre étude, nous avons aussi démontré que la PKCẟ montre une hyperphosphorylation en Tyr311 dans les CMLVs de SHR comparées aux CMLVs de WKY. La rottlerin, utilisée comme inhibiteur spécifique de la PKCẟ, inhibe significativement cette hyperphosphorylation en Tyr311 dépendamment de la concentration. L’inhibition de l’activité de la PKCẟ par la rottlerin a été aussi associée à une atténuation significative de la surexpression protéique endogène de Gqα/PLCβ1 et l’hypertrophie des CMLVs de SHR. De plus, l’inhibition pharmacologique de l’activité de la PKCẟ, en amont du stress oxydatif, a permis d’inhiber significativement l’activité de la NADPH, le taux de production élevée de l’ion superoxyde ainsi que l’hyperphosphorylation de la molécule ERK1/2, de la molécule c-Src et des RTKs. À notre surprise, nous avons aussi remarqué une surexpression protéique de l’EGFR et de l’IGF-1R dans les CMLVs de SHR à l’âge de 16 semaines. L’inhibition pharmacologique de l’activité de la PKCẟ, de la molécule c-Src et du stress oxydatif a permis d’inhiber significativement la surexpression protéique endogène de ces RTKs. De plus, l’inhibition de l’expression protéique de l’EGFR et de la molécule c-Src par des siRNA spécifiques atténue significativement le taux d’expression protéique élevé de Gqα et de PLCβ1 ainsi que le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR. Des siRNAs spécifiques à la PKCẟ ont permis d’atténuer significativement le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR et confirment le rôle important de la PKCẟ dans les mécanismes moléculaires de l’hypertrophie des CMLVs selon une voie dépendante du stress oxydatif. En conclusion, ces résultats suggèrent un rôle important de l’activation endogène de l’axe Gqα-PLCβ-PKCẟ dans le processus d’hypertrophie vasculaire selon un mécanisme impliquant une activation endogène des récepteurs AT1/ETa, de la molécule c-Src, du stress oxidatif, des RTKs et des MAPKs.