905 resultados para 1 Corinthians 15:12-20
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The acute direct action of angiotensin-(1-7) [ANG-(1-7)] on bicarbonate reabsorption (JHCO(3)(-)) was evaluated by stationary microperfusions on in vivo middle proximal tubules in rats using H ion-sensitive microelectrodes. The control JHCO(3)(-) is 2.82 ± 0.078 nmol·cm(-2)·s(-1) (50). ANG-(1-7) (10(-12) or 10(-9) M) in luminally perfused tubules decreases JHCO(3)(-) (36 or 60%, respectively), but ANG-(1-7) (10(-6) M) increases it (80%). A779 increases JHCO(3)(-) (30%) and prevents both the inhibitory and the stimulatory effects of ANG-(1-7) on it. S3226 decreases JHCO(3)(-) (45%) and changes the stimulatory effect of ANG-(1-7) to an inhibitory effect (30%) but does not affect the inhibitory effect of ANG-(1-7). Our results indicate that in the basal condition endogenous ANG-(1-7) inhibits JHCO(3)(-) and that the biphasic dose-dependent effect of ANG-(1-7) on JHCO(3)(-) is mediated by the Mas receptors via the Na(+)/H(+) exchanger 3 (NHE3). The control value of intracellular Ca(2+) concentration ([Ca(2+)](i)), as monitored using fura-2 AM, is 101 ± 2 nM (6), and ANG-(1-7) (10(-12), 10(-9), or 10(-6)M) transiently (3 min) increases it (by 151, 102, or 52%, respectively). A779 increases the [Ca(2+)](i) (25%) but impairs the stimulatory effect of all doses of ANG-(1-7) on it. The use of BAPTA or thapsigargin suggests a correlation between the ANG-(1-7) dose-dependent effects on [Ca(2+)](i) and JHCO(3)(-). Therefore, the interaction of the opposing dose-dependent effects of ANG II and ANG-(1-7) on [Ca(2+)](i) and JHCO(3)(-) may represent an physiological regulatory mechanism of extracellular volume and/or pH changes. However, whether [Ca(2+)](i) modification is an important direct mechanism for NHE3 activation by these peptides or is a side effect of other signaling pathways will require additional studies.
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[EN]The present study aimed to determine the spawning efficacy, egg quality and quantity of captive breed meagre induced with a single gonadotrophin-releasing hormone agonist (GnRHa) injection of 0, 1, 5, 10, 15, 20, 25, 30, 40 or 50 μg kg–1 to determine a recommended optimum dose to induce spawning. The doses 10, 15 and 20 μg kg–1 gave eggs with the highest quality (measured as: percentage of viability, floating, fertilisation and hatch) and quantity (measured as: total number of eggs, number of viable eggs, number of floating eggs, number of hatched larvae and number of larvae that reabsorbed the yolk sac). All egg quantity parameters were described by Gaussian regression analysis with R2 = 0.89 or R2 = 0.88. The Gaussian regression analysis identified that the optimal dose used was 15 μg kg–1. The regression analysis highlighted that this comprehensive study examined doses that ranged from low doses insufficient to stimulate a high spawning response (significantly lower egg quantities, p < 0.05) compared to 15 μg kg–1 through to high doses that stimulated the spawning of significantly lower egg quantities and eggs with significantly lower quality (egg viability). In addition, the latency period (time from hormone application to spawning) decreased with increasing doses to give a regression (R2 = 0.93), which suggests that higher doses accelerated oocyte development that in turn reduced egg quality and quantity. The identification of an optimal dose for the spawning of meagre, which has high aquaculture potential, represents an important advance for the Mediterranean aquaculture industry.
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L’ecografia è la metodica diagnostica più utilizzata come screening e follow-up nei pazienti epatopatici con o senza lesioni focali e questo grazie alle sue peculiari caratteristiche, che sono date dall’essere real-time, maneggevole, priva di radiazioni ionizzanti e con bassi costi. Tuttavia tale metodica se confrontata con la TC o la RMN, può avere importanti limiti, quali l’impossibilità di visualizzare piccole lesioni localizzate in aree anatomicamente “difficili” o in pazienti obesi, che sono già state identificate con altre tecniche, come la TC o la RMN. Per superare queste limitazioni sono stati introdotti dei sistemi di “fusione d’immagine” che consentono di sincronizzare in tempo reale una metodica real time con bassa risoluzione spaziale come l’ecografia ed una statica ad alta risoluzione come la TC o la RMN. Ciò si ottiene creando attorno al paziente un piccolo campo elettromagnetico costituito da un generatore e da un rilevatore applicato al trasduttore ecografico ed introducendo in un computer abbinato all’ecografo il “volume rendering” dell’addome del paziente ottenuto mediante TC multistrato o RM. Il preciso “ appaiamento spaziale “ delle due metodiche si ottiene individuando in entrambe lo stesso piano assiale di riferimento e almeno 3-4 punti anatomici interni. Tale sistema di fusione d’immagine potrebbe essere molto utile in campo epatologico nella diagnostica non invasiva del piccolo epatocarcinoma, che secondo le ultime linee guida, nei noduli di dimensioni fra 1 e 2 cm, richiede una concordanza nel comportamento contrastografico della lesione in almeno due tecniche d’immagine. Lo scopo del nostro lavoro è stato pertanto quello di valutare, in pazienti epatopatici, il contributo che tale sistema può dare nell’identificazione e caratterizzazione di lesioni inferiori a 20 mm, che erano già state identificate alla TC o alla RMN come noduli sospetti per HCC, ma che non erano stati visualizzati in ecografia convenzionale. L’eventuale re-identificazione con l’ecografia convenzionale dei noduli sospetti per essere HCC, può permettere di evitare, alla luce dei criteri diagnostici non invasivi un’ ulteriore tecnica d’immagine ed eventualmente la biopsia. Pazienti e Metodi: 17 pazienti cirrotici (12 Maschi; 5 Femmine), con età media di 68.9 +/- 6.2 (SD) anni, in cui la TC e la RMN con mezzo di contrasto avevano identificato 20 nuove lesioni focali epatiche, inferiori a 20 mm (13,6 +/- 3,6 mm), sospette per essere epatocarcinomi (HCC), ma non identificate all’ecografia basale (eseguita in cieco rispetto alla TC o alla RMN) sono stati sottoposti ad ecografia senza e con mezzo di contrasto, focalizzata su una zona bersaglio identificata tramite il sistema di fusione d’immagini, che visualizza simultaneamente le immagini della TC e della RMN ricostruite in modalità bidimensionale ( 2D), tridimensionale ( 3 D) e real-time. La diagnosi finale era stata stabilita attraverso la presenza di una concordanza diagnostica, secondo le linee guida internazionali o attraverso un follow-up nei casi di discordanza. Risultati: Una diagnosi non invasiva di HCC è stata raggiunta in 15/20 lesioni, inizialmente sospettate di essere HCC. Il sistema di fusione ha identificato e mostrato un comportamento contrastografico tipico in 12/15 noduli di HCC ( 80%) mentre 3/15 HCC (20%) non sono stati identificati con il sistema di fusione d’immagine. Le rimanenti 5/20 lesioni non sono state visualizzate attraverso i sistemi di fusione d’immagine ed infine giudicate come falsi positivi della TC e della RMN, poiché sono scomparse nei successivi mesi di follow-up e rispettivamente dopo tre, sei, nove, dodici e quindici mesi. Conclusioni: I nostri risultati preliminari mostrano che la combinazione del sistema di fusione dell’immagine associata all’ecografia senza e con mezzo di contrasto (CEUS), migliora il potenziale dell’ecografia nell’identificazione e caratterizzazione dell’HCC su fegato cirrotico, permettendo il raggiungimento di una diagnosi, secondo criteri non invasivi e slatentizzazndo casi di falsi positivi della TC e della RMN.
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La seguente tesi di Laurea è stata scritta durante uno stage della durata di sei mesi (dal 15 Giugno al 1 Dicembre 2011) presso la raffineria del gruppo Saras S.p.A. situata nel golfo di Cagliari. L’elaborato si prefigge di rappresentare un’ulteriore testimonianza dell’accresciuto interesse e della maggiore sensibilità e attenzione sviluppatesi negli ultimi anni nei confronti della Manutenzione dei sistemi di produzione. Lo scopo principale dello stage è stato quello di riuscire a scattare una dettagliata fotografia dei tempi e dei metodi dell’intero processo manutentivo riguardante le macchine rotanti di una delle più grandi e complesse raffinerie del Mediterraneo. Il lettore potrà rintracciare nel testo un’accurata analisi della politica manutentiva Saras seguita da alcune riflessioni e proposte di miglioramento organizzativo che abbiano un positivo impatto sull’ottimizzazione dell’intero sistema Manutenzione. L’esperienza in raffineria ha avuto come principale punto d’interesse la funzione manutentiva dell’azienda ed in particolare la sua sfera operativa. Tuttavia si è cercato di fornire una veduta d’insieme del sistema aziendale rintracciando fondamentali tematiche da sempre oggetto di studi di un corso di laurea in Ingegneria Gestionale, con l’obiettivo di suscitare nel lettore il maggior interesse possibile. Nella dissertazione si parlerà di processi di Manutenzione senza prescindere dall’analisi della sicurezza sul lavoro, delle politiche di approvvigionamento di beni e servizi, della gestione del magazzino ricambi e, ultima ma forse più importante, della gestione delle risorse umane. Si ringrazia la Saras, in particolare nella persona di Renato Virdis, responsabile dell’Unità Operativa Meccanica, per l’opportunità concessa e la collaborazione mostrata durante tutto il periodo, sperando di aver lasciato in azienda un utile documento che offra uno spunto di riflessione per tutti gli attori coinvolti.
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INDICE INTRODUZIONE 1 1. DESCRIZIONE DEL SISTEMA COSTRUTTIVO 5 1.1 I pannelli modulari 5 1.2 Le pareti tozze in cemento armato gettate in opera realizzate con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene 5 1.3 La connessione tra le pareti e la fondazione 6 1.4 Le connessioni tra pareti ortogonali 7 1.5 Le connessioni tra pareti e solai 7 1.6 Il sistema strutturale così ottenuto e le sue caratteristiche salienti 8 2. RICERCA BIBLIOGRAFICA 11 2.1 Pareti tozze e pareti snelle 11 2.2 Il comportamento scatolare 13 2.3 I muri sandwich 14 2.4 Il “ferro-cemento” 15 3. DATI DI PARTENZA 19 3.1 Schema geometrico - architettonico definitivo 19 3.2 Abaco delle sezioni e delle armature 21 3.3 Materiali e resistenze 22 3.4 Valutazione del momento di inerzia delle pareti estese debolmente armate 23 3.4.1 Generalità 23 3.4.2 Caratteristiche degli elementi provati 23 3.4.3 Formulazioni analitiche 23 3.4.4 Considerazioni sulla deformabilità dei pannelli debolmente armati 24 3.4.5 Confronto tra rigidezze sperimentali e rigidezze valutate analiticamente 26 3.4.6 Stima di un modulo elastico equivalente 26 4. ANALISI DEI CARICHI 29 4.1 Stima dei carichi di progetto della struttura 29 4.1.1 Stima dei pesi di piano 30 4.1.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 31 4.2 Analisi dei carichi da applicare in fase di prova 32 4.2.1 Pesi di piano 34 4.2.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 35 4.3 Pesi della struttura 36 4.3.1 Ripartizione del carico sulle pareti parallele e ortogonali 36 5. DESCRIZIONE DEL MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI 37 5.1 Caratteristiche di modellazione 37 5.2 Caratteristiche geometriche del modello 38 5.3 Analisi dei carichi 41 5.4 Modello con shell costituite da un solo layer 43 5.4.1 Modellazione dei solai 43 5.4.2 Modellazione delle pareti 44 5.4.3 Descrizione delle caratteristiche dei materiali 46 5.4.3.1 Comportamento lineare dei materiali 46 6. ANALISI DEL COMPORTAMENTO STATICO DELLA STRUTTURA 49 6.1 Azioni statiche 49 6.2 Analisi statica 49 7. ANALISI DEL COMPORTAMENTO DINAMICO DELLA STRUTTURA 51 7.1 Determinazione del periodo proprio della struttura con il modello FEM 51 7.1.1 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai e pareti costituiti da elementi shell 51 7.1.1.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 51 7.1.1.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 51 7.1.1.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 51 7.1.2 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai infinitamente rigidi e pareti costituite da elementi shell 52 7.1.2.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 52 7.1.2.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 52 7.1.2.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E: 52 7.1.3 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai irrigiditi con bielle e pareti costituite da elementi shell 53 7.1.3.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 53 7.1.3.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 53 7.1.3.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 53 7.2 Calcolo del periodo proprio della struttura assimilandola ad un oscillatore semplice 59 7.2.1 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione X-X 59 7.2.1.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 59 7.2.1.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 59 7.2.1.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 61 7.2.1.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 63 7.2.1.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 66 7.2.1.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 69 7.2.1.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 69 7.2.1.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 71 7.2.1.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 73 7.2.1.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 76 7.2.1.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 79 7.2.1.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 79 7.2.1.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 81 7.2.1.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 83 7.2.1.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 86 7.2.2 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione Y-Y 89 7.2.2.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 89 7.2.2.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 89 7.2.2.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 91 7.2.2.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 93 7.2.2.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 98 7.2.2.1.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 103 7.2.2.1.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 105 7.2.2.1.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 107 7.2.2.1.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 112 7.2.2.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 117 7.2.2.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 117 7.2.2.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 119 7.2.2.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 121 7.2.2.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 126 7.2.2.2.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5 E 131 7.2.2.2.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 133 7.2.2.2.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 135 7.2.2.2.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 140 7.2.2.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 145 7.2.2.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 145 7.2.2.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 147 7.2.2.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 149 7.2.2.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 154 7.2.2.3.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1 E 159 7.2.2.3.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 161 7.2.2.3.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 163 7.2.2.3.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 168 7.3 Calcolo del periodo proprio della struttura approssimato utilizzando espressioni analitiche 174 7.3.1 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente un peso P gravante all’estremo libero 174 7.3.1.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 174 7.3.1.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 177 7.3.1.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 179 7.3.2 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata alla base, di peso Q=ql, avente un peso P gravante all’estremo libero e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 181 7.3.2.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 181 7.3.2.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 186 7.3.3 Approssimazione della struttura ad un portale avente peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e un peso P gravante sul traverso medesimo 191 7.3.3.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 191 7.3.3.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=300000 kg/cm2 192 7.3.3.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=30000 kg/cm2 194 7.3.4 Approssimazione della struttura ad un portale di peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e avente un peso P gravante sul traverso medesimo e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 196 7.3.4.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 196 7.3.4.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 201 7.3.5 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente le masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n 206 7.3.5.1 Riferimenti teorici: metodo approssimato 206 7.3.5.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 207 7.3.5.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 209 7.3.6 Approssimazione della struttura ad un telaio deformabile con tavi infinitamente rigide 211 7.3.6.1 Riferimenti teorici: vibrazioni dei telai 211 7.3.6.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 212 7.3.6.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 215 7.3.7 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n e studiata come un sistema continuo 218 7.3.7.1 Riferimenti teorici: metodo energetico; Masse ripartite e concentrate; Formula di Dunkerley 218 7.3.7.1.1 Il metodo energetico 218 7.3.7.1.2 Masse ripartite e concentrate. Formula di Dunkerley 219 7.3.7.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 221 7.3.7.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 226 7.4 Calcolo del periodo della struttura approssimato mediante telaio equivalente 232 7.4.1 Dati geometrici relativi al telaio equivalente e determinazione dei carichi agenti su di esso 232 7.4.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura assumendo diversi valori del modulo elastico E 233 7.5 Conclusioni 234 7.5.1 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura ad un grado di libertà 234 7.5.2 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura a più gradi di libertà e a sistema continuo 236 8. ANALISI DEL COMPORTAMENTO SISMICO DELLA STRUTTURA 239 8.1 Modello con shell costituite da un solo layer 239 8.1.1 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,1g 239 8.1.1.1 Generalità 239 8.1.1.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 242 8.1.1.2.1 Combinazione di carico ”Carichi verticali più Spettro di Risposta scalato ad un valore di PGA pari a 0,1g” 242 8.1.1.2.2 Combinazione di carico ”Spettro di Risposta scalato ad un valore di 0,1g di PGA” 245 8.1.1.3 Spostamenti di piano 248 8.1.1.4 Accelerazioni di piano 248 8.1.2 Analisi Time-History lineare con accelerogramma caratterizzato da un valore di PGA pari a 0,1g 249 8.1.2.1 Generalità 249 8.1.2.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 251 8.1.2.2.1 Combinazione di carico ” Carichi verticali più Accelerogramma agente in direzione Ye avente una PGA pari a 0,1g” 251 8.1.2.2.2 Combinazione di carico ” Accelerogramma agente in direzione Y avente un valore di PGA pari a 0,1g ” 254 8.1.2.3 Spostamenti di piano assoluti 257 8.1.2.4 Spostamenti di piano relativi 260 8.1.2.5 Accelerazioni di piano assolute 262 8.1.3 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,3g 264 8.1.3.1 Generalità 264 8.1.3.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 265 8.1.
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Nel presente elaborato si è affrontato il tema dell’utilizzo di biogas per la produzione di energia elettrica e termica; in primo luogo è stata fatta una panoramica sulla diffusione degli impianti di digestione anaerobica in Europa e in Italia, con particolare attenzione alla logica degli incentivi volti alla promozione delle fonti rinnovabili. Il biogas presenta infatti il duplice vantaggio di inserirsi sia nell’ottica del “Pacchetto Clima-Energia” volto alla riduzione di consumi energetici da fonti fossili, sia nella migliore gestione dei rifiuti organici volta alla riduzione del conferimento in discarica. L’allineamento degli incentivi italiani con quelli europei, prevista dal Decreto Ministeriale 6 luglio 2012, presuppone un’espansione del settore biogas più oculata e meno speculativa di quella degli ultimi anni: inoltre la maggiore incentivazione all’utilizzo di rifiuti come materia prima per la produzione di biogas, comporta l’ulteriore vantaggio di utilizzare, per la produzione di energia e compost di qualità, materia organica che nel peggiore dei casi sarebbe inviata in discarica. Il progetto oggetto di studio nasce dalla necessità di trattare una quantità superiore di Frazione Organica di Rifiuti Solidi Urbani da R.D, a fronte di una riduzione drastica delle quantità di rifiuti indifferenziati conferiti ai siti integrati di trattamento di rifiuti non pericolosi. La modifica nella gestione integrata dei rifiuti prevista dal progetto comporta un aumento di efficienza del sito, con una drastica riduzione dei sovvalli conferiti a discariche terze, inoltre si ha una produzione di energia elettrica e termica annua in grado di soddisfare gli autoconsumi del sito e di generare un surplus di elettricità da cedere in rete. Nel contesto attuale è perciò conveniente predisporre nei siti integrati impianti per il trattamento della FORSU utilizzando le Migliori Tecniche Disponibili proposte dalle Linee Guida Italiane ed Europee, in modo tale da ottimizzare gli aspetti ambientali ed economici dell’impianto. Nell’elaborato sono stati affrontati poi gli iter autorizzativi necessari per le autorizzazioni all’esercizio ed alla costruzione degli impianti biogas: a seguito di una dettagliata disamina delle procedure necessarie, si è approfondito il tema del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale, con particolare attenzione alla fase di Studio di Impatto Ambientale. Inserendosi il digestore in progetto in un sito già esistente, era necessario che il volume del reattore fosse compatibile con l’area disponibile nel sito stesso; il dimensionamento di larga massima, che è stato svolto nel Quadro Progettuale, è stato necessario anche per confrontare le tipologie di digestori dry e wet. A parità di rifiuto trattato il processo wet richiede una maggiore quantità di fluidi di diluizione, che dovranno essere in seguito trattati, e di un volume del digestore superiore, che comporterà un maggiore dispendio energetico per il riscaldamento della biomassa all’interno. È risultata perciò motivata la scelta del digestore dry sia grazie al minore spazio occupato dal reattore, sia dal minor consumo energetico e minor volume di reflui da trattare. Nella parte finale dell’elaborato sono stati affrontati i temi ambientali,confrontando la configurazione del sito ante operam e post operam. È evidente che la netta riduzione di frazione indifferenziata di rifiuti, non totalmente bilanciata dall’aumento di FORSU, ha consentito una riduzione di traffico veicolare indotto molto elevato, dell’ordine di circa 15 mezzi pesanti al giorno, ciò ha comportato una riduzione di inquinanti emessi sul percorso più rilevante per l’anidride carbonica che per gli altri inquinanti. Successivamente è stata valutata, in modo molto conservativo, l’entità delle emissioni ai camini dell’impianto di cogenerazione. Essendo queste l’unico fattore di pressione sull’ambiente circostante, è stato valutato tramite un modello semplificato di dispersione gaussiana, che il loro contributo alla qualità dell’aria è generalmente una frazione modesta del valore degli SQA. Per gli ossidi di azoto è necessario un livello di attenzione superiore rispetto ad altri inquinanti, come il monossido di carbonio e le polveri sottili, in quanto i picchi di concentrazione sottovento possono raggiungere frazioni elevate (fino al 60%) del valore limite orario della qualità dell’aria, fissato dal D.Lgs 155/2010. Infine, con riferimento all’ energia elettrica producibile sono state valutate le emissioni che sarebbero generate sulla base delle prestazioni del parco elettrico nazionale: tali emissioni sono da considerare evitate in quanto l’energia prodotta nel sito in esame deriva da fonti rinnovabili e non da fonti convenzionali. In conclusione, completando il quadro di emissioni evitate e indotte dalla modifica dell’impianto, si deduce che l’impatto sull’ambiente non modificherà in maniera significativa le condizioni dell’aria nella zona, determinando una variazione percentuale rispetto agli inquinanti emessi a livello regionale inferiore all’1% per tutti gli inquinanti considerati (CO, PM10, NOX, NMCOV). Il vantaggio più significativo riguarda una riduzione di emissioni di CO2 dell’ordine delle migliaia di tonnellate all’anno; questo risultato è importante per la riduzione di emissione dei gas serra in atmosfera e risulta in accordo con la logica dell’utilizzo di biomasse per la produzione di energia. Dal presente elaborato si evince infine come l’utilizzo del biogas prodotto dalla digestione anaerobica della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani non comporti solo un vantaggio dal punto di vista economico, grazie alla presenza degli incentivi nazionali, ma soprattutto dal punto di vista ambientale, grazie alla riduzione notevole dei gas serra in atmosfera, in accordo con gli obiettivi europei e mondiali, e grazie al recupero di rifiuti organici per la produzione di energia e compost di qualità.
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Allergy is a common hypersensitivity disorder that affects 15% to 20% of the population and its prevalence is increasing worldwide. Its severity correlates with the degree of eosinophil infiltration into the conjunctiva, which is mediated by chemokines that stimulate the production of adhesion molecules like intercellular adhesion molecule-1 (ICAM-1) and vascular cell adhesion molecule-1 (VCAM-1) on the endothelial cell surface. The α4β1 and α4β7 integrins are expressed in eosinophils and contribute to their activation and infiltration in AC through the binding to VCAM-1 or fibronectin, expressed on vascular endothelial cells. Blockade of α4 integrins might be a therapeutical achievement in allergic eye diseases. DS 70, that show an IC50 in the nanomolar range against α4β1 integrin in Jurkat cells and in the eosinophilic cell line EOL-1. This compound was able to prevent cell adhesion to VCAM-1 and FN in vitro. In a scintillation proximity assay DS70 displaced 125I-FN binding to human α4β1 integrin and, in flow cytometry analysis, it antagonized the binding of a primary antibody to α4β1 integrin expressed on the Jurkat cells surface as well. Furthermore, we analysed also its effects on integrin α4β1 signalling. In an vivo model of allergic conjunctivitis, topical DS70 reduced the clinical aspects of EPR (early phase reaction) and LPR (late phase reaction), by reducing clinical score, eosinophil accumulation, mRNA levels of cytochines and chemochines pro-inflammatory and the conjunctival expression of α4 integrin. In conclusion, DS70 seems a novel antiallergic ocular agent that has significant effects on both early and late phases of ocular allergy.
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BACKGROUND: The objective of this study was to link expression patterns of B-cell-specific Moloney murine leukemia virus integration site 1 (Bmi-1) and p16 to patient outcome (recurrence and survival) in a cohort of 252 patients with oral and oropharyngeal squamous cell cancer (OSCC). METHODS: Expression levels of Bmi-1 and p16 in samples from 252 patients with OSCC were evaluated immunohistochemically using the tissue microarray method. Staining intensity was determined by calculating an intensity reactivity score (IRS). Staining intensity and the localization of expression within tumor cells (nuclear or cytoplasmic) were correlated with overall, disease-specific, and recurrence-free survival. RESULTS: The majority of cancers were localized in the oropharynx (61.1%). In univariate analysis, patients who had OSCC and strong Bmi-1 expression (IRS >10) had worse outcomes compared with patients who had low and moderate Bmi-1 expression (P = .008; hazard ratio [HR], 1.82; 95% confidence interval [CI], 1.167-2.838); this correlation was also observed for atypical cytoplasmic Bmi-1 expression (P = .001; HR, 2.164; 95% CI, 1.389-3.371) and for negative p16 expression (P < .001; HR, 0.292; 95% CI, 0.178-0.477). The combination of both markers, as anticipated, had an even stronger correlation with overall survival (P < .001; HR, 8.485; 95% CI, 4.237-16.994). Multivariate analysis demonstrated significant results for patients with oropharyngeal cancers, but not for patients with oral cavity tumors: Tumor classification (P = .011; HR, 1.838; 95%CI, 1.146-2.947) and the combined marker expression patterns (P < .001; HR, 6.254; 95% CI, 2.869-13.635) were correlated with overall survival, disease-specific survival (tumor classification: P = .002; HR, 2.807; 95% CI, 1.477-5.334; combined markers: P = .002; HR, 5.386; 95% CI, 1.850-15.679), and the combined markers also were correlated with recurrence-free survival (P = .001; HR, 8.943; 95% CI, 2.562-31.220). CONCLUSIONS: Cytoplasmic Bmi-1 expression, an absence of p16 expression, and especially the combination of those 2 predictive markers were correlated negatively with disease-specific and recurrence-free survival in patients with oropharyngeal cancer. Therefore, the current results indicate that these may be applicable as predictive markers in combination with other factors to select patients for more aggressive treatment and follow-up. Cancer 2011;. © 2011 American Cancer Society.
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A basic understanding of the ballistic behaviour of projectiles or fragments after entering the human body is essential for the head and neck surgeon in the military environment in order to anticipate the diagnostic and therapeutic consequences of this type of injury. Although a large number of factors influence the missile in flight and after penetration of the body, the most important factor is the amount of energy transmitted to the tissue. Long guns (rifles or shotguns) have a much higher muzzle energy compared to handguns, explaining why the remote effects beyond the bullet track play a major role. While most full metal jacket bullets release their energy after 12-20 cm (depending on the calibre), soft point bullets release their energy immediately after entry into the human body. This results in a major difference in extremity wounds, but not so much in injuries with long bullet paths (e.g. diagonal shots). Shrapnel wounds are usually produced with similarly high kinetic energy to those caused by hand- and long guns. However, fragments tend to dissipate the entire amount of energy within the body, which increases the degree of tissue disruption. Of all relevant injuries in the head and neck region, soft tissue injuries make up the largest proportion (60%), while injuries to the face are seen three times more often than injuries to the neck. Concomitant intracranial or spinal injury is seen in 30% of cases. Due to high levels of wound contamination, the infection rate is approximately 15%, often associated with a complicated and/or multiresistant spectrum of germs.
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OBJECTIVE: The aim of this study was to evaluate the feasibility of a clinical trial investigating the effects of acupuncture (AP) and Chinese herbal medicine (CHM) on hot flushes and quality of life in postmenopausal women. METHODS: Forty postmenopausal women reporting at least 20 hot flushes per week were enrolled in a randomized controlled trial. They were randomly allocated to receive traditional Chinese medicine (TCM) AP, sham AP, verum CHM, or placebo CHM for 12 weeks. Follow-up assessment was conducted 12 weeks after intervention. Primary outcome measures included hot flush frequency and severity. As a secondary outcome measure, the severity of menopausal symptoms was assessed using the Menopause Rating Scale (MRS) II. RESULTS: TCM AP induced a significant decline in all outcome measures from pretreatment to posttreatment compared with sham AP (hot flush frequency, P = 0.016; hot flush severity, P = 0.013; MRS, P < 0.001). In the TCM AP group, a larger decrease in MRS scores persisted from pretreatment to follow-up (P = 0.048). No significant differences were noted between the verum CHM group and the placebo CHM group. Compared with the verum CHM group, there was a significant decrease in MRS scores (P = 0.002) and a trend toward a stronger decrease in hot flush severity (P = 0.06) in the TCM AP group from pretreatment to posttreatment. CONCLUSIONS: TCM AP is superior to sham AP and verum CHM in reducing menopausal symptoms, whereas verum CHM shows no significant improvements when compared with placebo CHM.
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Milk cortisol concentration was determined under routine management conditions on 4 farms with an auto-tandem milking parlor and 8 farms with 1 of 2 automatic milking systems (AMS). One of the AMS was a partially forced (AMSp) system, and the other was a free cow traffic (AMSf) system. Milk samples were collected for all the cows on a given farm (20 to 54 cows) for at least 1 d. Behavioral observations were made during the milking process for a subset of 16 to 20 cows per farm. Milk cortisol concentration was evaluated by milking system, time of day, behavior during milking, daily milk yield, and somatic cell count using linear mixed-effects models. Milk cortisol did not differ between systems (AMSp: 1.15 +/- 0.07; AMSf: 1.02 +/- 0.12; auto-tandem parlor: 1.01 +/- 0.16 nmol/L). Cortisol concentrations were lower in evening than in morning milkings (1.01 +/- 0.12 vs. 1.24 +/- 0.13 nmol/L). The daily periodicity of cortisol concentration was characterized by an early morning peak and a late afternoon elevation in AMSp. A bimodal pattern was not evident in AMSf. Finally, milk cortisol decreased by a factor of 0.915 in milking parlors, by 0.998 in AMSp, and increased by a factor of 1.161 in AMSf for each unit of ln(somatic cell count/1,000). We conclude that milking cows in milking parlors or AMS does not result in relevant stress differences as measured by milk cortisol concentrations. The biological relevance of the difference regarding the daily periodicity of milk cortisol concentrations observed between the AMSp and AMSf needs further investigation.
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AIMS: The experience of using radiofrequency ablation (RFA) for the treatment of arrhythmias in children and adolescents is still limited. This study aimed to review the most recent results of RF ablation in children and adolescents in a highly experienced centre with access to both conventional techniques and non-fluoroscopic electroanatomic mapping (CARTO). METHODS AND RESULTS: A total of 154 consecutive patients younger than 19 years treated with RFA during the period 2000-04 were included. Numbers (%) or median (quartiles) are reported. Age was 15 (12-17) years, 70 (45%) were males. Five patients (3%) had congenital heart disease. RFA was successful in 147/154 patients (95%). Arrhythmia recurrence occurred in 11 patients (7%). Procedure time was 55 (35-90) min and fluoroscopy time was 8.8 (4-19) min. Number of RF applications was 4 (2-10) and number of RF applications >20 s was 2 (1-7). One patient (0.7%) had complicating high-grade atrioventricular block. CARTO was used in 18 RF ablation procedures (11%) performed in 15 patients. CONCLUSION: RF ablation can be undertaken in children and adolescents with a high success rate, few recurrences and complications, very short procedure times, and acceptable fluoroscopy times. Non-fluoroscopic electroanatomic mapping is helpful in selected patients.
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The oxygen consumption (VO2 microL/h/mg) of sham and of traumatized rat brains within 30 min and 6 h after a lateral fluid percussion injury (FPI) was measured with the Cartesian microrespirometer. Brain slices were cut at the plain of injury and site-specific 20-60-microg cores of tissue were transferred to the microrespirometer. In sham brains, the cortical VO2 (CVO2) was 13.78+/-0.64 and the hippocampal VO2 (HPVO2) was 11.20+/-0.58 microL/h/mg (p<0.05). Within 30 min of the injury, the respective values of 16.89+/-0.55 and 14.91+/-0.06 were significantly increased (p<0.05). The combined VO2 (CVO2, HPVO2) of 12.49+/-0.06 microL/h/mg in shams was significantly less than the combined VO2 of 15.90+/-0.59 microL/h/mg at 30 min post FPI (p<0.001). The maximal CVO2 of 19.49+/-1.10 microL/h/mg and the maximal HPVO2 of 15.98+/-0.99 microL/h/mg were both obtained from the ipsilateral side of the injury. Whereas the contralateral cortical value for injured brains was not significantly different from that of the shams, both ipsilateral and contralateral hippocampal values were significantly greater than that of the shams in response to injury (p<0.05). By 6 h postinjury, the combined VO2 had dropped to 10.01+/-0.84 microL/h/mg but was not significantly lower than the sham values. The data indicate that normal CVO2 is greater than normal HPVO2. The FPI produces significant increases in both CVO2 and HPVO2. Also, while the immediate increase in CVO2 appears to be injury-site dependent, that is, regional, the increase in HPVO2 appears to be global.
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OBJECTIVE: To describe the electronic medical databases used in antiretroviral therapy (ART) programmes in lower-income countries and assess the measures such programmes employ to maintain and improve data quality and reduce the loss of patients to follow-up. METHODS: In 15 countries of Africa, South America and Asia, a survey was conducted from December 2006 to February 2007 on the use of electronic medical record systems in ART programmes. Patients enrolled in the sites at the time of the survey but not seen during the previous 12 months were considered lost to follow-up. The quality of the data was assessed by computing the percentage of missing key variables (age, sex, clinical stage of HIV infection, CD4+ lymphocyte count and year of ART initiation). Associations between site characteristics (such as number of staff members dedicated to data management), measures to reduce loss to follow-up (such as the presence of staff dedicated to tracing patients) and data quality and loss to follow-up were analysed using multivariate logit models. FINDINGS: Twenty-one sites that together provided ART to 50 060 patients were included (median number of patients per site: 1000; interquartile range, IQR: 72-19 320). Eighteen sites (86%) used an electronic database for medical record-keeping; 15 (83%) such sites relied on software intended for personal or small business use. The median percentage of missing data for key variables per site was 10.9% (IQR: 2.0-18.9%) and declined with training in data management (odds ratio, OR: 0.58; 95% confidence interval, CI: 0.37-0.90) and weekly hours spent by a clerk on the database per 100 patients on ART (OR: 0.95; 95% CI: 0.90-0.99). About 10 weekly hours per 100 patients on ART were required to reduce missing data for key variables to below 10%. The median percentage of patients lost to follow-up 1 year after starting ART was 8.5% (IQR: 4.2-19.7%). Strategies to reduce loss to follow-up included outreach teams, community-based organizations and checking death registry data. Implementation of all three strategies substantially reduced losses to follow-up (OR: 0.17; 95% CI: 0.15-0.20). CONCLUSION: The quality of the data collected and the retention of patients in ART treatment programmes are unsatisfactory for many sites involved in the scale-up of ART in resource-limited settings, mainly because of insufficient staff trained to manage data and trace patients lost to follow-up.