936 resultados para Zone umide, acque dolci, stato ecologico, Punte Alberete, Valle Mandriole, Pineta San Vitale, impatto ambientale, Beyond BACI, macroinvertebrati bentonici, Procambarus clarkii
Resumo:
Introduzione Una delle maggiori difficoltà durante la produzione dei prodotti surgelati riguarda la loro stabilizzazione e il mantenimento della catena del freddo durante tutte le fasi del processo produttivo. Tramite il seguente lavoro si propone di determinare a che temperatura e dopo quanto tempo, diverse tipologie di confezioni di surgelati (pisellini, melanzane e spinaci), raggiungono la temperatura ipotetica di inizio di scongelamento. Con lo scopo di analizzare, in maniera rapida ed economica, molte diverse combinazioni di tempo - temperatura dell’ambiente di produzione di diverse tipologie di prodotti surgelati (pisellini, melanzane e spinaci), sono stati sviluppati dei modelli numerici capaci di descrivere i fenomeni termici che intervengono durante il confezionamento dei prodotti. Materiali e Metodi Il modello sviluppatotiene conto sia dei fenomeni di convezione naturale che avvengono tra la superficie della confezione e il flusso esterno di aria, sia dei fenomeni di conduzione che interessano l'interno della confezione, la confezione (busta) ed il piano di appoggio. In figura vengono schematizzati i fenomeni termici presi in esame. La geometria del modelli rispecchia le reali dimensioni delle confezioni dei prodotti presi in esame. La mesh dei modelli 3D è costituita da elementi triangolari, posizionati sulle boundaries, tetraedrici e prismatici, posizionati in tutto il restante dominio. Trattandosi di trasferimenti di calore per superfici, nelle zone di interfaccia è stata adottata una mesh particolarmente fine. In figura viene riportata la mesh dell'intera geometria ed un particolare della mesh interna dove, i diversi colori indicano elementi tetraedrici o prismatici di diverse dimensioni. Per ottenere un accurato modello numerico è necessario descrivere nel modo più realistico possibile i materiali coinvolti, quindi è stato necessario descrivere i prodotti surgelati tramite le loro reali proprietà termiche in funzione della temperatura (conducibilità termica, calore specifico, diffusività termica). I valori delle proprietà termiche utilizzati nel modello tengono conto del fatto che il materiale interno alla busta è poroso, infatti è costituito da una "miscela" di aria e prodotto Successivamente sono state impostate le equazioni del modello e le condizioni al contorno. All'interno del volume della confezione, il trasfermiento del calore avviene per conduzione, mentre sulla superficie avviene per convezione, nelle zone esposte all'aria e per contatto nelle zone di contatto tra confezione e piano di appoggio. La validazione è stata effettuata riproducendo numericamente le medesime condizioni utilizzate durante la sperimentazione. I parametri tenuti in considerazione sono i seguenti: tipologia di confezione (definita numericamente dai parametri dimensionali), tipologia di prodotto (contraddistinto da specifiche proprietà termo-fisiche), temperatura della cella di conservazione, tempo di conservazione, temperatura iniziale all'interno della confezione pari. Risultati In figura viene riportato un esempio di configurazione dell’andamento della temperatura all’interno della confezione di pisellini dopo 20 minuti di condizionamento a 5°C. E’ possibile osservare che la temperatura della parte di confezione a diretto contatto con il piano di acciaio, raggiunge zero gradi (zona rossa), mentre la parte centrale della confezione si mantiene sui -22°C (zona blu). Con lo scopo di simulare la conservazione della confezione posizionata verticalmente, è stata eliminata la condizione di contatto tra piano d'acciaio e confezione. E’ possibile osservare che, in questo caso, la variazione della temperatura nei diversi punti della confezione è meno elevata, infatti la temperatura massima registrata è pari a circa -8°C (zona rossa), mentre la parte centrale della confezione si mantiene sui -22°C (zona blu). La confezione di melanzane è risultata essere la meno adatta al mantenimento della temperatura in quanto è caratterizzata da un ampia area di contatto con il piano e da uno spessore abbastanza limitato; la confezione che mantiene la temperatura più a lungo è quella costituita dagli spinaci, anche se le temperature medie delle confezioni di spinaci e pisellini sono pressoché simili. A fronte dei risultati ottenuti confrontando gli andamenti della temperatura delle tre differenti confezione, è stato valutato l'effetto del volume della confezione sull'andamento della temperatura media e al centro della confezione. Le prove sono state effettuate dimezzando e aumentando del doppio il volume della confezione di pisellini. Differenze significative sono state riscontrate solo tra la confezione standard e quella con volume raddoppiato. Dalla validazione sperimentale è risultato che il modello che meglio si adatta ai dati sperimentali è quello relativo ai pisellini, probabilmente perché il prodotto all'interno della confezione è distribuito in maniera piuttosto uniforme. Nelle confezioni degli spinaci e delle melanzane, risulta molto più difficile definire un valore di porosità che può variare anche da busta a busta. Tuttavia, a fronte di questa variabilità, i modelli risultano essere adatti ad un uso industriale. Conclusioni -I modelli numerici sviluppati permettono di analizzare un numero arbitrario di combinazioni delle variabili durata del confezionamento, temperatura ambiente, temperatura iniziale del prodotto, forma e dimensioni della confezione. - Il modello permette di osservare il campo di temperatura con un grado di dettaglio irraggiungibile dalle tecniche sperimentali. -I risultati, in forma integrale, si trovano in ottimo accordo con quelli osservati sperimentalmente.
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Numerosi studi hanno messo in evidenza che la struttura delle comunità macrobentoniche delle spiagge sabbiose dipende da una serie di forzanti fisiche; queste ultime interagendo tra loro determinano la morfodinamica della spiagge stesse. Lo scopo di questo lavoro consiste nell’analisi dei popolamenti macrobentonici di due siti presenti lungo la costa emiliano - romagnola, che differiscono per caratteristiche morfodinamiche, grado di antropizzazione e modalità gestionali di difesa dall’erosione costiera. I siti oggetto di studio sono Lido Spina e Bellocchio; il primo è soggetto ad interventi di ripascimento periodici, mentre il secondo rappresenta un’opportunità rara, per lo studio degli effetti del retreat, in quanto è in forte erosione da molti anni ma, essendo inserito all’interno di una riserva naturale, non è sottoposto ad alcuna misura di gestione. Sono state analizzate le comunità macrobentoniche e le variabili abiotiche (mediana e classazione del sedimento, ampiezza della zona intertidale, pendenza della spiaggia, contenuto di sostanza organica totale presente nel sedimento e i principali parametri chimico-fisici). I risultati del presente studio hanno evidenziato un’elevata eterogeneità della struttura di comunità all’interno del sito di Bellocchio rispetto a Spina; inoltre i popolamenti presenti a Bellocchio mostrano una netta differenza tra i due livelli mareali. Per quanto riguarda i descrittori abiotici, i due siti differiscono per ampiezza della zona intertidale e pendenza della spiaggia; in particolare Lido Spina presenta una condizione di minore dissipatività, essendo caratterizzata da un profilo più ripido e una granulometria più grossolana rispetto a Bellocchio. Nel complesso le caratteristiche granulometriche (mediana e classazione) e il contenuto di materia organica rappresentano le variabili ambientali maggiormente responsabili delle differenze osservate tra i popolamenti macrobentonici analizzati. Al fine di valutare la resistenza dell’habitat intertidale agli eventi naturali di disturbo (storm surge e flooding), sono state effettuare delle simulazioni considerando lo scenario attuale (SLR=0), mediante un modello ibrido fuzzy naive Bayes. I risultati indicano una maggiore resistenza delle comunità presenti nel sito di Spina, in quanto non si hanno variazioni significative del numero medio di taxa e di individui; viceversa le simulazioni relative a Bellocchio mostrano una diminuzione del numero medio di taxa e aumento del numero medio di individui, sottolineando una maggiore vulnerabilità delle comunità macrobentoniche presenti in questo sito. L’inasprimento dei fenomeni estremi potrebbe quindi avere un effetto negativo sulla diversità della componente macrobentonica, soprattutto per gli ambienti di transizione già interessati da fenomeni erosivi, come nel caso di Bellocchio. La perdita di specie, che svolgono processi ecosistemici particolarmente importanti, come il riciclo di nutrienti, potrebbe favorire l’aumento di abbondanza di specie opportunistiche, l’insediamento di specie alloctone, con la conseguente alterazione, se non scomparsa delle principali funzioni ecologiche svolte da questi ecosistemi costieri.
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The thesis is framed within the field of the stochastic approach to flow and transport themes of solutes in natural porous materials. The methodology used to characterise the uncertainty associated with the modular predictions is completely general and can be reproduced in various contexts. The theme of the research includes the following among its main objectives: (a) the development of a Global Sensitivity Analysis on contaminant transport models in the subsoil to research the effects of the uncertainty of the most important parameters; (b) the application of advanced techniques, such as Polynomial Chaos Expansion (PCE), for obtaining surrogate models starting from those which conduct traditionally developed analyses in the context of Monte Carlo simulations, characterised by an often not negligible computational burden; (c) the analyses and the understanding of the key processes at the basis of the transport of solutes in natural porous materials using the aforementioned technical and analysis resources. In the complete picture, the thesis looks at the application of a Continuous Injection transport model of contaminants, of the PCE technique which has already been developed and applied by the thesis supervisors, by way of numerical code, to a Slug Injection model. The methodology was applied to the aforementioned model with original contribution deriving from surrogate models with various degrees of approximation and developing a Global Sensitivity Analysis aimed at the determination of Sobol’ indices.
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Le patologie di pertinenza odontostomatologica in pazienti adulti istituzionalizzati affetti da disabilità neuropsichiatrica presentano un’alta prevalenza; scopo del presente lavoro è stato la valutazione della prevalenza di carie (DMFT, SIC) e lo stato di igiene orale (OHI-S) in un gruppo di 103 (72 maschi, 31 femmine, età media 51) pazienti degli Istituti del P.O. Corberi e della RSD Beato Papa Giovanni XIII di Limbiate (MB). E’ stato valutata la collaborazione alla visita con la scala di Frankl, si è definito lo stato funzionale del paziente, in base alla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) e si è valutata con un questionario la motivazione degli operatori sanitari a stili di salute orale. Lo studio ha evidenziato un DMFT medio pari a 16,14 e SIC pari a 23,8, valori non correlabili con l'età del soggetto. L’OHI-S medio è pari a 3,46, dato che si presenza correlato con il tempo intercorso dall’ultima visita odontoiatrica. Dal confronto con un gruppo di soggetti sani della stessa età risultano significativamente più elevati i valori della componente (M) e (F) del DMFT e di tutte le componenti dell’OHI-S. Il campione è stato diviso in due gruppi a seconda della loro pregressa collaborazione al trattamento odontoiatrico e sono stati confrontati i dati ricavati dalla checklist ICF. Il gruppo collaborante ha mostrato livelli di funzionalità superiori per quanto riguarda le capacità di osservare, parlare e l’assistenza personale. Dalle risposte del personale socio-sanitario ermerge scarsa informazione sulle tecniche di igiene orale domiciliare quotidiana del paziente assistito. I risultati di questo studio confermano l'alta prevalenza di carie e scarsa igiene orale in soggetti istituzionalizzati con disabilità neuropsichiatrica. L'ICF si è dimostrata una utile guida per la valutazione dell�approccio comportamentale più idoneo in fase di trattamento. Infine, si evidenzia l’importanza di una formazione continua degli operatori socio-sanitari.
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La tesi affronta le questioni processuali connesse alla verifica dei reati di guida in stato di ebbrezza e di alterazione da droghe. La ricerca si sviluppa in tre direzioni. La prima parte studia la disciplina tedesca. L’analisi parte dalle norme sostanziali che definiscono le fattispecie incriminatrici contemplate dall’ordinamento osservato; s’interessa, poi, degli equilibri tra gli strumenti di captazione della prova utili ai reati in discorso ed il principio nemo tenetur se detegere (l’ estensione del diritto di difesa tedesco copre anche le prove reali e non prevede obblighi di collaborazione all’alcoltest). Prosegue, infine, con l’esame delle metodologie di acquisizione della prova, dall’etilometro agli screening per le droghe, sino al prelievo ematico coattivo, indispensabile per l’accertamento penale. La seconda sezione esamina gli artt. 186 e 187 del codice della strada italiano, alla luce del principio di libertà personale e del diritto a non autoincriminarsi. Particolarmente delicati gli equilibri rispetto a quest’ultimo: l’obbligatorietà di un atto potenzialmente autoaccusatorio è evitabile solo a pena di una severa sanzione. Occorre definire se il diritto di difesa copra anche il mero facere o garantisca il solo silenzio. Se si ammette, infatti, che il nemo tenetur sia applicabile anche alle prove reali, la collaborazione obbligatoria imposta al conducente è scelta incompatibile con il diritto di difesa: la disciplina italiana presenta, dunque, profili d’illegittimità costituzionale. La terza parte riguarda le problematiche processuali poste dai controlli stradali che emergono dall’analisi della giurisprudenza. Si affrontano, così, le diverse vicende della formazione della prova: ci si interroga sull’istituto processuale cui ricondurre gli accertamenti, sulle garanzie di cui goda il guidatore durante e dopo l’espletamento dell’atto, sulle eventuali sanzioni processuali derivanti da una violazione delle predette garanzie. Si esaminano, infine, le regole di apprezzamento della prova che guidano il giudice nella delicata fase valutativa.
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Il bacino ligure, pur facendo parte della più grande area marina protetta del Mar Mediterraneo, il Santuario Pelagos, risulta essere una regione in cui le attività umane stanno condizionando la presenza di numerose specie di Cetacei. Fra tutte Tursiops truncatus, in virtù della sua distribuzione limitata per lo più alle acque basse (<200 metri) è la specie maggiormente soggetta alle conseguenze dirette e indirette dell’impatto antropico. Questo elaborato è stato condotto all’interno del più ampio progetto “Delfini Metropolitani” coordinato dall’Acquario di Genova. L’area di studio presa in esame è l’intero levante ligure con tre stazioni di ormeggio: Genova, Rapallo e Lerici. Tramite la tecnica della cattura-ricattura fotografica è stato possibile analizzare la distribuzione ed effettuare delle stime di abbondanza per il periodo di studio 2005 – 2012. Dai risultati e dal confronto con altri studi è emerso che il tursiope vive entro la piattaforma continentale e sembrerebbe che all’aumentare di quest’ultima aumenti la dimensione della popolazione. Per il periodo di studio considerato la popolazione non fa registrare trend demografici significativi, rimanendo costante fra 150 - 250 individui. In questo elaborato si sono anche studiate le differenze fra maschi e femmine nell’evoluzione dei marcaggi naturali. I risultati preliminari hanno mostrato una differenza significativa fra i due sessi. Il maschio ha un valore maggiore come cambiamento rispetto alle femmine, questo è dovuto al fatto che gli individui maschi hanno interazioni spesso aggressive per poter accedere alle femmine. Infine grazie all’analisi dell’evoluzione dei marcaggi naturali e delle differenze trovate, si è proposto un nuovo metodo per poter sessare gli animali. Questo qui proposto, comunque, è un metodo derivante da uno studio preliminare e si ha bisogno di successivi studi per testarne l’efficienza e l’affidabilità.
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In the present thesis, the geochemistry, petrology and geochronology of ophiolite complexes from central northern Greece were studied in detail in order to gain insights on the petrogenetic pathways and geodynamic processes that lead to their formation and evolution. The major- and trace-element content of minerals and whole rocks from all four ophiolite complexes was determined using high-precision analytical equipment. These results were then coupled with Nd and Sr isotopic measurements. In order to precisely place the evolution of these ophiolites in time, U-Pb geochronology on zircons was conducted using a SHRIMP-II. The data obtained suggest that the ophiolites studied invariably show typical characteristics of subduction-zone magmatism (e.g. negative Nb anomalies, Th enrichment). In N-MORB-normalised multielement profiles the high field-strength elements display patterns that vary from depleted to N-MORB-like. Chondrite-normalised rare-earth element (REE) profiles show flat heavy-REE patterns suggesting a shallow regime of source melting for all the ophiolites, well within the stability field of spinel lherzolite. The majority of the samples have light-REE depleted patterns. 87Sr/86Sr isotopic ratios range from 0.703184 to 0.715853 and are in cases influenced by alteration. The εNd values are positive (the majority of the mafic samples is typically 7.1-3.1) but lower than N-MORB and depleted mantle. With the exception of the Thessaloniki ophiolite that has uniform island-arc tholeiitic chemical characteristics, the rest of the ophiolites show dual chemistry consisting of rocks with minor subduction-zone characteristics that resemble chemically back-arc basin basalts (BABB) and rocks with more pronounced subduction-zone characteristics. Tectonomagmatic discrimination schemes classify the samples as island-arc tholeiites and back-arc basin basalts or N-MORB. Melting modelling carried out to evaluate source properties and degree of melting verifies the dual nature of the ophiolites. The samples that resemble back-arc basin basalts require very small degrees of melting (<10%) of fertile sources, whereas the rest of the samples require higher degrees (25-15%) of melting. As deduced from the present geochemical and petrological investigation, the ophiolites from Guevguely, Oraeokastro, Thessaloniki, and Chalkidiki represent relics of supra-subduction zone crust that formed in succeeding stages of island-arc rifting and back-arc spreading as well as in a fore arc setting. The geochronological results have provided precise determination of the timing of formation of these complexes. The age of the Guevguely ophiolite has been determined as 167±1.2 Ma, that of Thessaloniki as 169±1.4 Ma, that of Kassandra as 167±2.2 Ma and that of Sithonia as 160±1.2 Ma.
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The thesis objectives are to develop new methodologies for study of the space and time variability of Italian upper ocean ecosystem through the combined use of multi-sensors satellite data and in situ observations and to identify the capability and limits of remote sensing observations to monitor the marine state at short and long time scales. Three oceanographic basins have been selected and subjected to different types of analyses. The first region is the Tyrrhenian Sea where a comparative analysis of altimetry and lagrangian measurements was carried out to study the surface circulation. The results allowed to deepen the knowledge of the Tyrrhenian Sea surface dynamics and its variability and to defined the limitations of satellite altimetry measurements to detect small scale marine circulation features. Channel of Sicily study aimed to identify the spatial-temporal variability of phytoplankton biomass and to understand the impact of the upper ocean circulation on the marine ecosystem. An combined analysis of the satellite of long term time series of chlorophyll, Sea Surface Temperature and Sea Level field data was applied. The results allowed to identify the key role of the Atlantic water inflow in modulating the seasonal variability of the phytoplankton biomass in the region. Finally, Italian coastal marine system was studied with the objective to explore the potential capability of Ocean Color data in detecting chlorophyll trend in coastal areas. The most appropriated methodology to detect long term environmental changes was defined through intercomparison of chlorophyll trends detected by in situ and satellite. Then, Italian coastal areas subject to eutrophication problems were identified. This work has demonstrated that satellites data constitute an unique opportunity to define the features and forcing influencing the upper ocean ecosystems dynamics and can be used also to monitor environmental variables capable of influencing phytoplankton productivity.
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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.
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La Colonia Reggiana, situata a Riccione presso la foce del fiume Marano, è stata costruita nel 1934, dal progetto dell’arch. C. Costantini. Nata come colonia marina per i bambini di Reggio Emilia, ha mantenuto la sua funzione fino agli anni ‘80, quando, in seguito al passaggio di proprietà dalla regione Emilia Romagna al comune di Riccione, è caduta in disuso. Dal 1989 una parte dell’edificio ha ospitato associazioni di sport acquatici fino all’estate del 2012, quando è stato vietato l’accesso alla colonia a scopo cautelativo, a causa dell’attività sismica che ha colpito la regione Emilia Romagna. La Colonia si inserisce in una porzione periferica del comune di Riccione. La zona del Marano, caratterizzata da una concentrazione elevata di colonie marine, si trova in un’area di confine tra i comuni di Riccione e di Rimini, caratterizzata da un’interruzione del waterfront, da una minore densità di edifici e da una natura urbanistica irrisolta, nonostante la posizione strategica di ‘porta della città’ e il pregio di essere una delle ultime zone libere lungo la costa. In particolare, l’ambito di interesse è l’area delimitata a est dal mare, a ovest dalla linea ferroviaria, a sud dal fiume Marano e a nord dal confine comunale, che coincide con il Rio dell’Asse. La pianificazione comunale, in accordo con le indicazioni di livello sovraordinato, prevede la riqualificazione degli ampi spazi lasciati incolti e il potenziamento della zona attraverso uno sviluppo di carattere alberghiero, ma anche residenziale e di servizi di vicinato. L’area dovrebbe perdere il suo carattere isolato dal resto della città e il progetto presentato da questa tesi, riportando le indicazioni comunali per lo sfruttamento delle aree verdi secondo piani già approvati, propone per la Colonia Reggiana una funzione diversa da quella alberghiera prevista. Mantenendo il carattere ricettivo richiesto dalla pianificazione urbanistica, il progetto si prefigge di riqualificare l’edificio convertendolo in una residenza socio-assistenziale per anziani. La funzione risulta adatta alla tipologia della colonia, nata come residenza estiva per bambini a scopo curativo, oltre che ricreativo, rispondendo quindi alla natura dell’edificio. La posizione, inoltre, appare positiva e piacevole per la permanenza di persone anziane che, nel periodo più avanzato della propria vita, possono godere del paesaggio e dell’aria marina, invece di ritrovarsi in edifici isolati. Il progetto di recupero della colonia consiste nel restauro o sostituzione delle parti degradate, conservando l’immagine e la natura del progetto, e nel miglioramento delle prestazioni dell’involucro in modo tale che, inserendo un sistema impiantistico adeguato, si possa raggiungere una buona prestazione energetica. La tesi si propone di valutare la possibilità di recuperare la colonia sia dal punto funzionale che da quello energetico, nel rispetto delle normative vigenti.