919 resultados para Produzione di neutroni, Scattering di neutroni, Small-angle neutron scattering


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La storia naturale dell’epatopatia HCV-relata passa dall’epatite cronica alla cirrosi ed eventualmente all’epatocarcinoma fino ad arrivare alla possibile necessità del trapianto di fegato. HCV non esercita citolisi diretta, pertanto i fattori immunologici giocano il duplice ruolo di determinare l’evoluzione dell’infezione e il danno epatico. All’interno del sistema immunitario esistono linfociti in grado di inibire l’attivazione delle cellule effettrici modulando la risposta immunitaria; la popolazione regolatoria meglio conosciuta è costituita dai cosiddetti T-reg caratterizzati dal fenotipo CD4+CD35hiFoxp3+. Scopo di questo studio è stato determinare fenotipo e funzione dei T-reg, valutandone le correlazioni con caratteristiche cliniche e parametri biochimici e virologici, nelle diverse fasi della malattia epatica da HCV, a partire dall’epatite cronica, passando per la cirrosi, l’epatocarcinoma e terminando con il follow-up post-trapianto di fegato. Sono stati reclutati 80 pazienti con infezione cronica da HCV non in trattamento antivirale, di cui 52 con epatite cronica, 12 con cirrosi e 16 con epatocarcinoma. Di questi, 11 sono andati incontro a trapianto di fegato e sono stati poi seguiti fino a 36 mesi di follow up. Ventinove soggetti avevano transaminasi persistentemente nella norma e 28 mostravano ALT costantemente oltre 2.5x i valori normali. Quaranta donatori di sangue sono stati utilizzati come controlli sani. Marcatori di superficie (CD4, CD25) ed intracellulari (Foxp3) sono stati valutati in citofluorimetria su sangue intero periferico per tutti i soggetti al basale ed ogni 2-4 settimane dopo trapianto. In una quota di pazienti i T-reg sono stati estratti dai linfociti del sangue periferico con metodi immunomagnetici e la loro funzione valutata come percentuale di inibizione di proliferazione e produzione di IFN-γ da parte delle cellule bersaglio CD4+CD25- in esperimenti di co-coltura effettuati al basale e dopo 24-36 settimane dal trapianto. La percentuale di T-reg e l’espressione del Foxp3 sono risultate aumentate nei soggetti con HCV rispetto ai controlli sani, in particolare in coloro con cirrosi, HCC e nei pazienti con transaminasi normali indipendentemente dallo stadio di malattia, correlando inversamente con i livelli di transaminasi e direttamente con il punteggio MELD. La produzione di IFN-γ è incrementata in tutti i pazienti HCV ma efficacemente controllata solamente dai T-reg dei pazienti con transaminasi normali. Dopo il trapianto di fegato, si verifica una precoce e reversibile riduzione delle T-reg circolanti. Alla 24ma e 36ma settimana dal trapianto la percentuale dei T-reg circolanti è sovrapponibile al basale e i loro effetti, sia in termini di proliferazione che di produzione di IFN-γ, sulle cellule bersaglio, già dotate di una ridotta attività intrinseca, appaiono particolarmente incisivi. In conclusione, l’epatopatia cronica da HCV è caratterizzata da una popolazione di T-reg espansa che però, con l’eccezione dei soggetti con transaminasi normali, non appare in grado di limitare il danno epatico immuno-mediato e potrebbe favorire lo sviluppo e la crescita di lesioni tumorali nei pazienti con malattia avanzata. Il trapianto di fegato, probabilmente a causa della terapia immunosoppressiva, si associa ad un marcato e transitorio declino dei T-reg le cui numerosità e funzione vengono completamente recuperate a sei mesi dall’intervento. La migliore conoscenza dei meccanismi alla base delle cinetica e della funzione delle cellule regolatorie potrà fornire utili strumenti per il loro utilizzo come adiuvanti nella terapia dell’epatopatia cronica HCV relata.

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Dünne Polymerfilme besitzen einen weiten Anwendungsbereich in vielen High-Tech Applikationen. All diese Anwendungen erfordern ein bestimmtes Anwendungsprofil des dünnen Films. Diese Anforderungen umschließen sowohl die physikalischen Eigenschaften des Films als auch seine Struktur. Um sie zu realisieren, werden oftmals Mischungsfilme aus verschiedenen Polymeren verwendet. Diese neigen jedoch in vielen Fällen zur bereits während der Präparation zu Phasenseparation.Vor diesem Hintergrund wurde untersucht welchen Einfluss die Verträglichkeit der gemischten Polymere auf die Strukturbildung des dünnen Films ausüben. Als Modellsystem hierfür dienten Mischungen statistischer Poly-styrol-stat-para brom-styrol Copolymere.Die Oberflächenstrukturen, die sich währen der Präparation der Mischungsfilme einstellten, wurden mit Rasterkraftmikroskopie untersucht. wobei die Topologie einer statistischen Analyse unterzogen wurde. Zum einen wurde hierzu die spektrale Leistungsdichte der Oberflächenkontour zum anderen die zugehörigen Minkowski-Funktionale berechnet.Neben Oberflächenstrukturen bilden sich während der Präparation auch Entmischungsstrukturen im inneren des Filmes. Zur Charakterisierung dieser Strukturen wurden die Filme durch Streuung unter streifendem Einfall untersucht. Durch eine modellfreie Interpretation der Streuexperimente gelang der Nachweis der inneren StrukturenFür nur schwach unverträglich Filme konnte auf Basis der Streuexperimente eine Replikation der Oberflächenstruktur des Substrates auf die Filmoberflächen nachgewiesen werden. Diese Replikation wurde für verschieden raue Substrate und bezueglich der Kinetik ihrer Abnahme beim Quellen der Filme untersucht.

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L’enzima indoleamina 2,3-diossigenasi (IDO) catalizza la conversione dell’aminoacido essenziale triptofano in chinurenine. Questa proprietà conferisce a IDO la capacità di inibire la risposta immunitaria sia causando la deplezione dal microambiente di triptofano, che è necessario ai linfociti T per proliferare ed espandersi, sia producendo metaboliti che possono causare l’apoptosi dei linfociti T. Nel presente studio è stata indagata la funzione di IDO in cellule dendritiche normali e leucemiche. Lo studio dell’espressione di IDO in cellule dendritiche normali ha permesso di osservare che, quando immature, IDO è poco espresso, mentre durante la maturazione IDO viene up-regolato. In particolare, l’incremento nell’espressione di IDO non è strettamente legato al livello di maturazione, ma alla qualità dello stimolo maturativo. Infatti uno stimolo endogeno come il ligando di CD40 ha una scarsa efficacia nell’up-regolazione di IDO, uno stimolo batterico come l’LPS ha un’efficacia intermedia, mentre uno stimolo rappresentato da citochine pro-infiammatorie ha un’efficacia massima. L’espressione di IDO risulta direttamente propozionale alla produzione di chinurenine, all’inibizione della proliferazione dei linfociti T e all’induzione di una popolazione di linfociti T regolatori. Lo studio dell’espressione di IDO in cellule dendritiche leucemiche ha permesso di osservare che IDO è espresso a un livello intermedio nelle cellule dendritiche leucemiche immature e viene up-regolato durante la maturazione. La conseguenza principale dell’espressione di IDO in cellule dendritiche leucemiche è l’induzione di una popolazione di linfociti T regolatori fortemente in grado di limitare sia la risposta CD4+ che la risposta CD8+ anti-leucemica e capaci di inibire la maturazione di altre cellule dendritiche. Nel complesso, i dati emersi da questo studio hanno permesso di concludere che, in cellule dendritiche normali, IDO rappresenta un meccanismo tollerogenico la cui intensità di espressione è correlata all’intensità dello stimolo attivatorio da controbilanciare, a cui è sottoposta la cellula dendritica. Nelle cellule dendritiche leucemiche IDO rappresenta un meccanismo di tumor-escape in grado di inibire l’attivazione di cellule dendritiche, linfociti CD4+ e linfociti CD8+.

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ZusammenfassungDie ATP-Synthase koppelt im Energiestoffwechsel der Zellen den Protonentransport über die biologische Membran mit der Synthese des energiespeichernden Moleküls ATP aus ADP und Phosphat. ATP-Synthasen bestehen aus 2 Subkomplexen, wobei der katalytische F1-Teil von der membranständigen Domäne abgelöst werden kann und nur zur ATP-Hydrolyse fähig ist. Der hochkooperative Reaktionsmechanismus der dreizentrigen ATP-Synthasen ist weitgehend unklar.Im Rahmen dieser Arbeit wurde der ATP-Synthasekomplex und ihr wasserlösliches katalytisches F1-Fragment aus Micrococcus luteus in präparativem Maßstab mittels chromatographischer Trennmethoden isoliert. Die Überprüfung der Funktionalität beider Enzyme erfolgte mit enzymatischen Methoden. Durch zeitaufgelöste Röntgenkleinwinkelstreuung wurde die Strukturdynamik der arbeitenden ATP-Synthase und ihres F1-Fragmentes aus Micrococcus luteus im Laufe des ATP-Hydrolysezyklus untersucht. Diese Methode diente zum Nachweis weiträumiger Konformationsänderungen innerhalb der arbeitenden Enzyme unter nativen physiologischen Bedingungen. Die zeitaufgelösten Streuexperimente fanden an der ESRF (Europäische Synchrotronstrahlungsquelle) in Grenoble (F) statt. Dort wurden für beide Enzyme im Laufe des ATP-Hydrolysezykus molekulare Bewegungen nachgewiesen. Als Referenz zu den zeitaufgelösten Messungen dienten statische Messungen zur Strukturuntersuchung der Proteine am schwächeren DESY. Anhand dieser Strukturdaten wurden Molekülmodelle der F1-ATPase und ATP-Synthase aus Micrococcus luteus konstruiert. Das Molekülmodell der F1-ATPase war die Grundlage zur Modellierung einzelner Teilschritte des ATP-Hydrolysezyklus bei 20°C. Die experimentellen Daten wurden mit einer Kippbewegung der membranseitigen Domäne der katalytischen b-Untereinheiten der F1-ATPase während des ATP-Hydrolysezyklus interpretiert.

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Le fioriture algali rappresentano un problema emergente che colpisce le attività ricreative costiere negli ultimi decenni e molta responsabilità è attribuita alla pressione antropica sulle coste, anche se fondamentalmente i fenomeni di fioriture dannose rimangono imprevedibili. Un tempo confinate in aree tropicali e sub-tropicali, nuove alghe tossiche produttrici di composti palitossina-simili, quali Ostreopsis spp., si sono diffuse anche in regioni temperate, come il Mediterraneo. Le condizioni di sviluppo di queste fioriture sono legate a fattori ambientali quali irraggiamento, temperatura, concentrazione di nutrienti e alle caratteristiche biologiche delle singole specie. Per valutare il rischio reale sulla salute dell’uomo, vi è necessità di conoscere i parametri ambientali ottimali alla proliferazione delle specie, in termini di temperatura, intensità luminosa e disponibilità di nutrienti, così come di chiarire la struttura delle tossine e le condizioni che possono favorire la loro produzione. In questo studio un ceppo della dinoflagellata Ostreopsis ovata e un ceppo della dinoflagellata Prorocentrum lima sono stati coltivati in colture batch a tre diverse temperature (20°C, 25°C, 30°C) come monocolture e come colture miste. La raccolta è avvenuta nel periodo della loro presunta fase stazionaria. Le informazioni circa il comportamento delle microalghe nelle diverse colture sono state raccolte tramite calcolo del tasso di crescita, analisi del consumo di nutrienti, valutazione dell’efficienza fotosintetica, produzione di tossine. E’ stato applicato un nuovo metodo di misura per il calcolo dei biovolumi. Tra le due microalghe, O. ovata ha esibito maggiore variabilità morfologica, tassi di crescita più elevati e migliore efficienza fotosintetica, mostrando però di subire stress alla temperatura di 30°C. P. lima ha presentato tassi di crescita inferiori, incompleto utilizzo dei nitrati e minore efficienza fotosintetica, accompagnata da grande dissipazione di energia sotto forma di calore. Nelle colture miste, l’uptake più rapido di nitrati da parte di O. ovata ha fatto sì che il numero di cellule di P. lima fosse notevolmente inferiore a quello sviluppatosi nelle colture pure. Ciononostante, la produzione di acido okadaico da parte di P. lima non si è modificata in presenza di O. ovata. Il ceppo di O. ovata utilizzato è stato in grado di produrre ovatossina-a, la tossina maggiormente presente nelle cellule, e quantità circa quattro volte inferiori di ovatossine d+e, oltre a piccole quantità di palitossina putativa. Non è stato invece in grado di produrre le altre due ovatossine conoscisute, l’ovatossina-b e l’ovatossina-c. La produzione di tossine ha dimostrato di essere correlata positivamente con l’aumento della temperatura quando espressa su unità di biovolume, ed è stata inferiore nelle colture miste rispetto alle colture pure. Grazie alla maggiore capacità di crescita, al miglior utilizzo di nutrienti e alla migliore efficienza fotosintetica, O. ovata si dimostra in grado di dare origine a importanti eventi di fioritura, mentre per P. lima i parametri di crescita studiati non evidenziano questa capacità. Le analisi in corso circa la quantità di tossine emesse nel mezzo di coltura permetterano di completare il quadro delineato dal presente studio. Allo stato attuale, non si può concludere che esista attività allelopatica di una specie nei confronti dell’altra.

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Il lavoro di ricerca esplora il panorama dell’efficienza energetica dei sistemi acquedottistici, soffermandosi a considerare possibili indicatori che possano valutarla in maniera corretta e completa, in particolare nei confronti della presenza di perdite in rete. Si prendono in considerazione con maggiore attenzione, tra tutte le strategie per aumentare l’efficienza energetica, quelle che contemporaneamente producono anche risparmi idrici, come la riduzione della pressione e la ricerca attiva delle perdite . Dopo un inquadramento internazionale, sono stati analizzati mediante mappe tematiche di intensità energetica, i consumi energetici specifici sui sistemi acquedottistici della regione Emilia Romagna per gli anni 2006 e 2007, si è passati ad una analisi critica degli indicatori attualmente in uso. Inoltre per casi di studio sintetici e tutti i casi di studio proposti, si sono valutate curve di relazione tra percentuale di perdita idrica e aumento del consumo energetico, in grado di dare indicazioni su come ciascun sistema reagisce, in termini di aumento dell’energia consumata, all’aumentare del livello di perdita. Questa relazione appare fortemente influenzata da fattori come la modalità di pompaggio, la posizione delle rotture sulla rete e la scabrezza delle condotte. E’ emersa la necessità solo poter analizzare separatamentel’influenza sull’efficienza energeticadei sistemi di pompaggio e della rete, mostrando il ruolo importante con cui questa contribuisce all’efficienza globale del sistema. Viene proposto uno sviluppo ulteriore dell’indicatore GEE Global Energy Efficiency (Abadia, 2008), che consente di distinguere l’impatto sull’efficienza energetica dovuto alle perdite idriche e alla struttura intrinseca della rete, in termini di collocazione reciproca tra risorsa idrica e domanda e schema impiantistico.Questa metodologia di analisi dell’efficienza energetica è stata applicata ai casi di studio, sia sintetici che reali, il distretto di Marzaglia (MO) e quello di Mirabello (FE), entrambi alimentati da pompe a giri variabili.. La ricerca ha consentito di mostrare inoltre il ruolo della modellazione numerica in particolare nell’analisi dell’effetto prodotto sull’efficienza energetica dalla presenza di perdite idriche. Nell’ultimo capitolo si completa la panoramica dei benefici ottenibili attraverso la riduzione della pressione, che nei casi citati viene conseguita tramite pompe asservite ad inverter, con il caso di studio del distretto Bolognina all’interno del sistema di distribuzione di Bologna, che vede l’utilizzo di valvole riduttrici di pressione. Oltre a stimare il risparmio energetico derivante dalla riduzione delle perdite ottenuta tramite le PRV, sono stati valutati su modello i benefici energetici conseguenti all’introduzione nel distretto di turbine per la produzione di energia

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La catena respiratoria mitocondriale è principalmente costituita da proteine integrali della membrana interna, che hanno la capacità di accoppiare il flusso elettronico, dovuto alle reazioni redox che esse catalizzano, al trasporto di protoni dalla matrice del mitocondrio verso lo spazio intermembrana. Qui i protoni accumulati creano un gradiente elettrochimico utile per la sintesi di ATP ad opera dell’ATP sintasi. Nonostante i notevoli sviluppi della ricerca sulla struttura e sul meccanismo d’azione dei singoli enzimi della catena, la sua organizzazione sovramolecolare, e le implicazioni funzionali che ne derivano, rimangono ancora da chiarire in maniera completa. Da questa problematica trae scopo la presente tesi volta allo studio dell’organizzazione strutturale sovramolecolare della catena respiratoria mediante indagini sia cinetiche che strutturali. Il modello di catena respiratoria più accreditato fino a qualche anno fa si basava sulla teoria delle collisioni casuali (random collision model) che considera i complessi come unità disperse nel doppio strato lipidico, ma collegate funzionalmente tra loro da componenti a basso peso molecolare (Coenzima Q10 e citocromo c). Recenti studi favoriscono invece una organizzazione almeno in parte in stato solido, in cui gli enzimi respiratori si presentano sotto forma di supercomplessi (respirosoma) con indirizzamento diretto (channeling) degli elettroni tra tutti i costituenti, senza distinzione tra fissi e mobili. L’importanza della comprensione delle relazioni che si instaurano tra i complessi , deriva dal fatto che la catena respiratoria gioca un ruolo fondamentale nell’invecchiamento, e nello sviluppo di alcune malattie cronico degenerative attraverso la genesi di specie reattive dell’ossigeno (ROS). E’ noto, infatti, che i ROS aggrediscono, anche i complessi respiratori e che questi, danneggiati, producono più ROS per cui si instaura un circolo vizioso difficile da interrompere. La nostra ipotesi è che, oltre al danno a carico dei singoli complessi, esista una correlazione tra le modificazioni della struttura del supercomplesso, stress ossidativo e deficit energetico. Infatti, la dissociazione del supercomplesso può influenzare la stabilità del Complesso I ed avere ripercussioni sul trasferimento elettronico e protonico; per cui non si può escludere che ciò porti ad un’ulteriore produzione di specie reattive dell’ossigeno. I dati sperimentali prodotti a sostegno del modello del respirosoma si riferiscono principalmente a studi strutturali di elettroforesi su gel di poliacrilammide in condizioni non denaturanti (BN-PAGE) che, però, non danno alcuna informazione sulla funzionalità dei supercomplessi. Pertanto nel nostro laboratorio, abbiamo sviluppato una indagine di tipo cinetico, basata sull’analisi del controllo di flusso metabolico,in grado di distinguere, funzionalmente, tra supercomplessi e complessi respiratori separati. Ciò è possibile in quanto, secondo la teoria del controllo di flusso, in un percorso metabolico lineare composto da una serie di enzimi distinti e connessi da intermedi mobili, ciascun enzima esercita un controllo (percentuale) differente sull’intero flusso metabolico; tale controllo è definito dal coefficiente di controllo di flusso, e la somma di tutti i coefficienti è uguale a 1. In un supercomplesso, invece, gli enzimi sono organizzati come subunità di una entità singola. In questo modo, ognuno di essi controlla in maniera esclusiva l’intero flusso metabolico e mostra un coefficiente di controllo di flusso pari a 1 per cui la somma dei coefficienti di tutti gli elementi del supercomplesso sarà maggiore di 1. In questa tesi sono riportati i risultati dell’analisi cinetica condotta su mitocondri di fegato di ratto (RLM) sia disaccoppiati, che accoppiati in condizioni fosforilanti (stato 3) e non fosforilanti (stato 4). L’analisi ha evidenziato l’associazione preferenziale del Complesso I e Complesso III sia in mitocondri disaccoppiati che accoppiati in stato 3 di respirazione. Quest’ultimo risultato permette per la prima volta di affermare che il supercomplesso I+III è presente anche in mitocondri integri capaci della fosforilazione ossidativa e che il trasferimento elettronico tra i due complessi possa effettivamente realizzarsi anche in condizioni fisiologiche, attraverso un fenomeno di channeling del Coenzima Q10. Sugli stessi campioni è stata eseguita anche un analisi strutturale mediante gel-elettroforesi (2D BN/SDS-PAGE) ed immunoblotting che, oltre a supportare i dati cinetici sullo stato di aggregazione dei complessi respiratori, ci ha permesso di evidenziare il ruolo del citocromo c nel supercomplesso, in particolare per il Complesso IV e di avviare uno studio comparativo esteso ai mitocondri di cuore bovino (BHM), di tubero di patata (POM) e di S. cerevisiae.

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Kolloidale Suspensionen eignen sich aufgrund der für sierelevanten Längeskalen hervorragend zur Beobachtung mittelsoptischer Mikroskopie. Die Verwendung speziellerKontrastierverfahren kann bestimmte Aspekte kolloidalerStrukturen besonders hervorheben und eine verbesserteAnalyse von Nichtgleichgewichtszuständen in kolloidalenSystemen ermöglichen. Mittels Phasen- und Interferenzkontrast konnte die Ursachedes Kleinwinkelstreumaximums in der Lichtstreuung an einerSuspension aus Mikronetzteilchen auf die unterschiedlichenStrukturfaktoren von Kristall und Korngrenze zurückgeführtwerden.Der Zusammenhang von Struktur und Farbe eingetrockneterMultilagen wurde in hochauflösender Durchlichtmikroskopiedemonstriert und zur Analyse der inneren Struktur derKristalldomänen inklusive von Versetzungen und Stapelfehlernbenutzt.Mit der Polarisationsmikroskopie konnte die Veränderung derPartikelzahldichte um ein Ionentauscherbruchstück auf einenSalzkonzentrationsgradienten zurückgeführt werden. Die Untersuchung kolloidaler Suspensionen in einem Scherfeldmittels Fourier-Mikroskopie lieferte im Bereich fluiderGleichgewichtsstrukturen den Nachweis scherinduzierterhexagonaler Strukturen. Die Ultramikroskopie mit erweiterterSchärfentiefe ermöglichte die direkte Beobachtung desGleitmechanismus von verscherten hexagonalen Lagen und dieKlassifizierung durch die entwickelte2D-Partikelkorrelation. Die Scherung induziert in fluidenStrukturen hexagonale Ordnung und zerstört bei großenScherraten existierende Ordnung. Es wird eineWandstabilisierung der hexagonalen Strukturen beobachtet. Mittels Bragg-Mikroskopie konnte unter Scherung dieHomogenität der Struktur innerhalb der Scherzelledokumentiert werden sowie nach Scherung die Entstehung derGleichgewichts bcc Phase.

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Lo scopo della seguente trattazione, è quello di introdurre il concetto di efficienza energetica all’interno delle aziende, qualunque sia il loro campo d’applicazione. Per far ciò l’ISO ha emanato una nuova normativa a livello internazionale che ha il compito di aiutare le imprese ad implementare un corretto Sistema di Gestione dell’Energia. Dopo una breve introduzione sul panorama energetico nazionale, nel secondo capitolo verranno introdotte le due normative energetiche e verranno spiegate e commentate. Successivamente ci si concentrerà, a partire dal terzo capitolo, sulla grande distribuzione organizzata, la quale è stata analizzata come caso applicativo; in prima analisi verranno introdotti gli impianti presenti all’interno dei supermercati e che maggiormente impattano sul consumo energetico, in secondo analisi verranno analizzate alcune soluzioni che se correttamente implementate potrebbero portare miglioramenti in termini energetici ed economici all’interno delle GDO. Nell’ultimo capitolo si affronterà una vera e propria diagnosi energetica relativa ad un punto vendita nel quale è stato effettuato un sopralluogo per la raccolta dei dati e si analizzerà l’andamento dei consumi energetici e si introdurranno degli indici di performance appositamente pensati per un monitoraggio efficiente dei consumi energetici, infine si proporranno soluzioni espressamente pensate per il suddetto punto vendita. L’intero lavoro è stato svolto in collaborazione con una società di consulenza, la NIER Ingegneria; una società di servizi che ha come scopo la ricerca delle soluzioni più idonee a problemi di carattere prevalentemente organizzativo e tecnologico in riferimento ai settori ambiente, qualità, sicurezza, energia. Fondata nel 1977, il primo ambito lavorativo fu l’Energia: effettuò ricerche, realizzò simulazioni e banche dati, come la prima Banca Dati Metereologica italiana (su base oraria) e il calcolo dei gradi giorno per tutti i Comuni italiani. Caso raro in Italia, sono rimasti impegnati anche nel Nucleare occupandosi, prima, di sicurezza di reattori a fusione, poi di affidabilità e sicurezza della nuova macchina a fusione, l'ambizioso progetto internazionale Net/Iter. Negli anni '80, dal nucleare si sono allargati al settore dei Rischi e Incidenti rilevanti in campo industriale fornendo assistenza alle imprese e alla pubblica amministrazione e, successivamente, negli anni '90, alle attività di Analisi ambientali e di sicurezza con la produzione di piani di emergenza, manuali operativi, corsi di formazione e strategie di comunicazione ambientale. Infine, l’ Ambiente nelle sue molteplici articolazioni. Acqua, aria, suolo e sottosuolo sono stati oggetto di studi, ricerche e progetti svolti per Autorità Pubbliche, Enti di Ricerca e industrie nella direzione di uno sviluppo durevole e sostenibile. In ambito energetico si occupano diDiagnosi e certificazioni energetiche • ISO 50001:2011 - Sistema di gestione per l'energia • Piani energetici ambientali • Simulazioni dinamiche di edifici ed impianti • Energie rinnovabili • Risparmio energetico • Attività di ricerca

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In der vorliegenden Arbeit wurden Untersuchungen zur Aufklärung des Versagens thermisch verschweißter Polymergrenzflächen (hier: Polymethylmethacrylat) durchgeführt. Solch ein Wissen kommt in der Praxis bei sogenannten Sollbruchstellen zum Einsatz. Dabei muss die Grenzschicht bis zu einer bestimmten Belastungsintensität stabil bleiben bei höherer Belastung jedoch brechen. Zudem ist eine stabile Risspropagation entlang der Grenzschicht wichtig.Neben der Bruchstabilitätsbestimmung mit Hilfe des Double Cantilever Beam Tests wurden die beim Versagen der Grenzschicht entstandenen Defekte untersucht. Die Analyse der Bruchfläche erfolgte mit Mikroskopie und Höhenprofilometrie. Defekte im Volumen wurden durch Scanning-Ultra Small Angle X-ray Scattering und Scanning Microfokus-Small Angle X-ray Scattering untersucht.Im Modellsystem können Sollbruchstellen bis zu einer Belastungsintensität von maximal 280J/m² durch die Verschweißungsdauer eingestellt werden. Die Untersuchung der Bruchflächen lieferte ein kombiniertes Modell aus Ausheil- und Interdiffusionsprozess. Ferner folgt aus den Streuuntersuchungen, dass beim Modellsystem keine hochgeordneten Defektstrukturen vorliegen. Die entstandenen Strukturen folgen einem Modell diffuser Defektgrenzflächen. Über die gemessene Diffusivität kann zudem auf die Energiedissipation im Bereich um das Rissende geschlossen werden. Sie ist im unmittelbaren Rissbereich am Höchsten und nimmt mit Entfernung davon ab. Dabei haben die Defektbereiche eine Größe bis zu 650µm. Die Richtung der von außen angelegten Belastung spielt bei der räumlichen Orientierung der Defekte keine Rolle.

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Le politiche di promozione e sostegno delle bioenergie sono state predisposte in relazione al raggiungimento di specifici obiettivi quali non sempre facilmente conciliabili: la riduzione delle emissioni di gas clima alteranti; la diminuzione della dipendenza energetica dai combustibili fossili; la creazione di nuove opportunità per le imprese agricole e forestali; il sostegno allo sviluppo rurale. All’interno del dibattito agricolo-economico la tematica delle bio-energie risulta di estrema attualità: ai potenziali vantaggi si contrappongono le critiche nei confronti della loro sostenibilità ambientale, economica e sociale. La bio-energia può però anche essere interpretata come un esempio di innovazione che coinvolge il settore agricolo e le aree rurali. Obiettivo del presente lavoro è infatti quello di proporre una rilettura del tema delle bioenergie attraverso l’approccio alla tematica dell’innovazione sviluppato nell’ambito del progetto europeo In-Sight, il quale parte dal presupposto che qualsiasi cambiamento nel sistema di produzione, di consumo e di distribuzione è in grado di generare innovazione. Tale approccio è stato utilizzato per analizzare il processo innovativo che ha condotto alla realizzazione di un impianto di teleriscaldamento a biomasse legnose in Toscana. Il caso studio dimostra come anche nel caso delle bioenergie gli elementi innovativi vadano oltre al di là del solo aspetto tecnologico.

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Numerosi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di regolazione della cromatina svolgano un ruolo centrale nel controllare la trascrizione genica. E’ stato infatti dimostrato che complessi inibitori come SWI/SNF e gli enzimi ad esso associati quali istone deacetilasi (HDAC) e protein arginin-metiltrasferasi (PRMT), siano coinvolti nel controllo della crescita, differenziazione e proliferazione cellulare. Diversi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione genica svolgano un ruolo di primo piano nel promuovere la sopravvivenza cellulare in leucemie/linfomi di derivazione dai linfociti B come la leucemia linfatica cronica, il linfoma mantellare ed i linfomi associati al virus di Epstein-Barr (EBV). Tuttavia, molto poco e’ conosciuto circa i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione che divengono operativi e che contribuiscono al processo di trasformazione dei linfociti B. PRMT5 e’ un enzima che di-metila specificamente residui argininici sugli istoni (H) 3 (H3R8) ed 4 (H4R3). PRMT5 ed HDAC lavorano in concerto per reprimere la trascrizione di specifici geni oncosoppressori. In questo progetto sono stati studiati i meccanismi e le conseguenze dell’iperespressione di PRMT5 durante il processo di trasformazione dei linfociti B indotto da EBV, e’ stata dimostrata l’importanza di questo enzima nel processo di trasformazione, e sono stati studiati nuovi metodi per inibirne l’espressione/attivita’. In particolare si e’ dimostrato che l’espressione di PRMT5 e’ ridotta o assente in linfociti B normali (o attivati da stimoli fisiologici) ed elevata in linee cellulari linfoblastoidi immortalizzate o completamente trasformate. Elevati livelli citosolici di PRMT5 sono detectabili dopo 4 giorni dall’infezione di linfociti B normali con EBV, PRMT5 e’ detectabile a livello nucleare, dove esercita la sua funzione repressoria la trascrizione, a partire dal giorno 8. L’utilizzo di specifici small interference RNAs (siRNA) in linee cellulari linfoblastoidi ha permesso di dimostrare la riduzione dell’espressione di PRMT5, la riduzione della metilazione degli istoni target di PRMT5, inibizione della proliferazione cellulare e abbassamento della soglia di sensibilita’ cellulare a stimoli pro-apoptotici. Esperimenti di co-immunoprecipitazione cromatinica hanno permesso di evidenziare che in queste cellule PRMT5 e’ parte di un complesso proteico a funzione inibitoria e che questo complesso si lega alla regione promotrice di specifici geni oncosoppressori quali ST7, GAS e NM23, inibendone la trascrizione. Si e’ inoltre provveduto a sviluppare una categoria di inibitori allosterici di PRMT5: l’attivita’ terapeutica/la specificita’ in vitro e la modalita’ di somministrazione ottimale in modelli murini di linfoma non-Hodgkin, sono in corso di valutazione.

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Oggetto di lavoro della tesi, è un programma di riqualificazione dell’area urbana riguardante il bastione Miralfiore a Pesaro, situato in un punto strategico, poiché compreso tra la stazione ferroviaria, l’accesso sud alla città da via Miralfiore, e il Teatro Rossini, che affaccia su Piazza Lazzarini. L’obiettivo principale del programma, è la creazione di un polo culturale, che possa valorizzare le caratteristiche storiche e morfologiche dell’area, ridando vita alle antiche mura del bastione, e riportando in auge il nome del teatro cittadino, il Teatro Rossini. Il bastione, attualmente ospita la sede dell’Azienda Ospedaliera San Salvatore, per la quale è in sede di discussione, la proposta della realizzazione di un nuovo polo ospedaliero tra Pesaro e Fano, che di fatto porterebbe alla graduale liberazione di un vuoto urbano all’interno del centro storico. L’intervento, prevede la creazione di due musei, il primo dei quali dedicato all’esposizione permanente, che ospiterà apparati di produzione, di scena, di pubblicistica e didattici riguardanti Rossini e l’opera. L’altro museo è adibito all’esposizione temporanea, pensata per ospitare mostre e rappresentazioni, sia durante l’Opera Rossini Festival, in parallelo al Museo Permanente, che durante il restante periodo dell’anno. Al teatro originario è stato affiancato un Auditorium, dotato di una sala da 1200 posti, che permetterà alla città di ospitare spettacoli e rappresentazioni di portata maggiore. Sono stati predisposti inoltre degli edifici per uffici, insieme all’edificio dell’ex ospedale, che assume così una nuova funzione, i quali ospiteranno oltre agli uffici di pertinenza dei due musei, la Fondazione Rossini ed altre istituzioni, A completare il progetto, abbiamo previsto una stecca di edifici residenziali che affacciano su via Oberdan, ed un Presidio Sanitario Territoriale, conforme alle nuove norme sanitarie nazionali, che garantisce una presenza medica costante. L’intero complesso è immerso nel verde, in parte privato, adibito ad area espositiva esterna del Museo Temporaneo, ed in parte pubblico, che oltre ad avvolgere l’area del bastione, continua sulla fascia di via della Liberazione, fino a congiungersi con il bastione degli Orti Giulii.

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Gegenstand dieser Arbeit ist die Untersuchung der smektischen Phasen von Polysiloxanen mit flüssigkristallinen Seitengruppen (LC-Polysiloxane). Der erste Teil der vorliegenden Arbeit befasste sich mit der Herstellung verschiedener flüssigkristalliner ferroelektrischer Polysiloxane. Die Polymere wurden in Bezug auf das verwendete Polymerrückgrat (Homo- und Copolysiloxan) sowie durch den zusätzlichen Einbau von vernetzbaren Seitengruppen variiert. Im zweiten Teil der Arbeit wurden die Eigenschaften der smektischen Phasen der hergestellten Substanzen näher untersucht. Ein erster Untersuchungsgegenstand war das Dehnungsverhalten von freistehenden flüssigkristallinen Elastomerfilmen (LCE). Bei der Verwendung eines Polymers, in dem nur ein Teil des Polysiloxanrückgrats mit Seitengruppen substituiert ist, wird die uniaxiale Dehnung des Films parallel zu den smektischen Schichten durch eine gleichmäßige Kontraktion in der Filmebene und parallel zur Schichtnormalen ausgeglichen, was auf einen außergewöhnlich niedrigen smektischen Schichtkompressionsmodul zurückzuführen ist. Im Gegensatz dazu ist dieser Modul bei den Homopolymersystemen so groß, dass praktisch senkrecht zu den smektischen Schichten keine Kontraktion stattfindet. Ein zweiter Untersuchungsgegenstand der Netzwerkbildung bestand in der Bestimmung der dynamisch-mechanischen Eigenschaften der LC-Polysiloxane mittels eines Oszillationsrheometers. Hier erfolgten die Messungen von Speicher- und Verlustmodul in Abhängigkeit vom Polymerrückgrat und von der Vernetzung. Die unvernetzten Systeme zeigten in den smektischen Phasen (oberhalb Tg) noch – im wesentlichen – Festkörpereigenschaften (physikalische Vernetzung) mit einem dominierenden Speichermodul beim LC-Homopolysiloxan. Beim LC-Copolysiloxan haben beide Module eine gleiche Größenordnung. Am Phasenübergang in die isotrope Phase wurden beide Module absolut kleiner, der Verlustmodul aber relativ größer. In der isotropen Phase verhalten sich die LC-Polymere damit überwiegend wie viskose Schmelzen. Außerdem korrelierten die mittels DSC bestimmten Phasenübergangstemperaturen mit einer Änderung der dynamisch-mechanischen Eigenschaften. Nach der Vernetzung dominierte der Speichermodul sowohl beim LC-Homo- als auch beim LC-Copolysiloxan bis in die isotrope Phase, und es war aufgrund der Bildung einer festen Netzwerkstruktur keine Abhängigkeit der Module von Phasenübergängen mehr erkennbar. Als dritter Untersuchungsgegenstand wurde der Phasenübergang zwischen den beiden smektischen Phasen (SmC* nach SmA*) der flüssigkristallinen Polysiloxane näher behandelt. Als wichtigstes Ergebnis ist festzuhalten, dass die verdünnten LC-Polysiloxane an diesem Übergang fast keine Schichtdickenänderung aufweisen. Dazu wurde jeweils die röntgenographisch ermittelte Schichtdicke mit der aus den optischen Tiltwinkeln theoretisch berechneten Schichtdicke verglichen. Dadurch konnte gezeigt werden, dass sich die Phasenübergänge nach dem de Vries-Modell verhalten. Damit konnte zum ersten Mal an Polymersystemen ein de Vries-Verhalten nachgewiesen werden. Im Gegensatz dazu zeigte das Homopolysiloxan mit dem Dreiringmesogen beim Übergang von SmC* nach SmA* einen ausgeprägten Sprung in der Schichtdicke. Wie auch durch DSC-Messungen nachweisbar, lag ein Phasenübergang 1. Ordnung vor. Bei den LC-Copolysiloxanen liegt dagegen ein Phasenübergang 2. Ordnung vor. Schließlich wurde die Schichtdicke unter dem Einfluss der Vernetzung untersucht. Beim LC-Copolysiloxan mit dem Dreiringmesogen und einem Anteil an vernetzbaren Gruppen von 15 % wurde eine Stabilisierung der smektischen Phasen erreicht. Zum einen war die Änderung der Schichtdicke am SmC*-SmA*-Phasenübergang geringer im Vergleich zum unvernetzten System und zum anderen war noch 50 °C über der ursprünglichen Klärtemperatur eine smektische Schichtstruktur röntgenographisch nachzuweisen. Insgesamt ist es mit den verschiedenen Untersuchungsmethoden gelungen, einen systematischen Unterschied zwischen smektischen Homo- und Copolysiloxanen aufzuzeigen, der seinen Ursprung – aller Wahrscheinlichkeit nach – in der Mikrophasenseparation von Mesogenen und Polysiloxanketten findet.

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Kolloidale Suspensionen, bei denen man die kolloidalen Teilchen als "Makroatome" in einem Kontinuum aus Lösungsmittelmolekülen auffaßt, stellen ein geeignetes Modellsystem zur Untersuchung von Verfestigungsvorgängen dar. Auf Grund der typischen beteiligten Längen- und Zeitskalen können Phasenübergänge bequem mit optischen Verfahren studiert werden. In der vorliegenden Arbeit wurde die Kinetik der Kristallisation in drei kolloidalen Systemen unterschiedlicher Teilchen-Teilchen-Wechselwirkung mit Lichtstreu- und mikroskopischen Methoden untersucht. Zur Untersuchung von Suspensionen aus sterisch stabilisierten PMMA-Teilchen, die in guter Näherung wie harte Kugeln wechselwirken, wurde ein neuartiges Laserlichtstreuexperiment aufgebaut, das die gleichzeitige Detektion von Bragg- und Kleinwinkelstreuung an einer Probe erlaubt. Damit konnte der zeitliche Verlauf der Kristallisation verfolgt sowie u.a. Nukleationsraten und erstmals auch Wachstumsgeschwindigkeiten bestimmt werden; diese wurden mit klassischer Nukleationstheorie sowie Wilson-Frenkel-Wachstum verglichen. In beiden Fällen konnte sehr gute Übereinstimmung mit der Theorie festgestellt werden. In Systemen geladener Partikel wurden mit Bragg-Mikroskopie die Wachstumsgeschwindigkeiten heterogener, an der Wand der Probenzelle aufwachsender Kristalle untersucht. Die Anpassung eines Wilson-Frenkel-Wachstumsgesetzes gelingt auch hier, wenn man die dazu eingeführte reskalierte Energiedichte auf den Schmelzpunkt bezieht. Geeignete Reskalierung der Daten erlaubt den Vergleich mit den Hartkugelsystemen. Zum ersten Mal wurde die Kristallisationskinetik in zwei verschiedenen kolloidalen binären Mischungen bestimmt und ausgewertet: In Beimischungen einer nichtkristallisierenden Teilchensorte zu einer kristallisierenden Suspension konnten die Daten mit einem modifizierten Wilson-Frenkel-Gesetz beschrieben werden, während in Mischungen aus zwei kristallisierenden Partikelsystemen eine unerwartet hohe Abnahme der Wachstumsgeschwindigkeiten beobachtet wurde. Kolloidale Suspensionen hartkugelähnlicher Mikrogel-Partikel konnten mit Hilfe des Lichtstreuaufbaues ebenfalls zum ersten Mal untersucht werden. Es wurde eine ähnliche Kristallisationskinetik wie in den PMMA-Systemen gefunden, jedoch auch einige wichtige Unterschiede, die insbesondere den Streumechanismus im Kleinwinkelbereich betrafen. Hier wurden verschiedene Interpretationsvorschläge diskutiert.