873 resultados para Liberté


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La geolocalizzazione è l’insieme di metodi e tecniche che permette di mettere in relazione una certa informazione con un punto specifico della superficie terrestre. Il punto è generalmente indicato in maniera assoluta tramite coordinate latitudinali e longitudinali, oppure in maniera relativa ad altri punti noti. Nello specifico il concetto di geolocalizzazione enfatizza l’aspetto dinamico, riferendosi ad informazioni in tempo reale relative alla posizione, direzione e velocità del soggetto analizzato, e la conseguente analisi di percorso e comportamento. Tutto questo rende possibile la realizzazione di un sistema di localizzazione efficiente. La geolocalizzazione è considerata tra i più rivoluzionari campi di sviluppo in ambito sociale ed economico, pur avendo potenziali problemi legati alla privacy e libertà individuale di non semplice soluzione. In particolare è di interesse di ricerca e in ambito di commercio trovare un sistema di localizzazione adeguato non solo per l’esterno ma anche per situazioni indoor. In questa tesi verranno analizzati i vari metodi di posizionamento fino ad oggi studiati, sia indoor che outdoor per arrivare a proporre un sistema di localizzazione indoor basato su geomagnetismo dell’ambiente. Nel primo capitolo il documento presenta una riflessione storica sull’evoluzione del concetto di localizzazione, partendo dai primi tentativi di navigazione, fino ad arrivare ai più moderni sistemi tecnologici. Vedremo quindi nello specifico quali sono gli ultimi studi e tecnologie per un sistema di localizzazione indoor, concentrandosi sull’analisi dei vantaggi offerti da nuovi dispositivi con gli smartphones. Infine verrà descritto nel dettaglio il lavoro effettuato per la realizzazione di un prototipo di sistema di localizzazione indoor basato su geomagnetismo in sede aziendale GetConnected, dove si è svolta l’attività di tesi, e presso un grosso centro commerciale come caso d’uso pratico.

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Il presente elaborato si propone di analizzare i moderni sistemi d’isolamento sismico. In particolare si studiano il funzionamento e le procedure di calcolo degli isolatori a pendolo scorrevole, facendo riferimento alle prescrizioni dell’attuale normativa tecnica e si analizza l’affidabilità sismica di una struttura isolata con tali dispositivi. Nell’ottica di voler introdurre i concetti base della progettazione antisismica, nel primo capitolo, vengono descritte le origini del fenomeno sismico, per arrivare alla definizione di accelerogramma di un terremoto. Per comprendere il passaggio da accelerogramma a spettro dell’azione sismica, si introduce la dinamica dei sistemi ad un grado di libertà per poi arrivare a definire gli spettri di risposta previsti dall’attuale normativa. Nel secondo capitolo vengono illustrati gli scopi e le funzionalità dell’isolamento sismico per poi passare in rassegna le principali tipologie di dispositivi antisismici attualmente in commercio. Nel terzo capitolo si analizza nel dettaglio il funzionamento degli isolatori a pendolo scorrevole, studiandone la modellazione matematica alla base e le procedure di calcolo previste dall’Eurocodice 8 e dalle NTC 08. Nello stesso capitolo viene progettato un dispositivo di isolamento a pendolo scorrevole, secondo l'analisi lineare equivalente. Nel quarto capitolo viene illustrata l’analisi sismica effettuata dagli ingegneri Castaldo, Palazzo e Della Vecchia, dell’università di Salerno, i cui risultati sono riportati nella rivista scientifica Engeneering structures, n. 95, 2015, pp. 80-93. Lo studio è effettuato sul modello strutturale tridimensionale di un edificio in calcestruzzo armato, isolato alla base con dispositivi a pendolo scorrevole.

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Il presente lavoro si propone di analizzare il calcestruzzo armato come materiale da costruzione, in particolare focalizzando l’attenzione sulle tecniche di prevenzione di alcuni tipi di degrado con l’utilizzo di trattamenti superficiali. Il calcestruzzo è uno dei materiali da costruzione più utilizzati in quanto presenta molteplici vantaggi come la libertà di forma, il basso costo dei materiali ed il buon comportamento strutturale. Nonostante quanto detto, si possono evidenziare delle criticità inerenti all’utilizzo di questo materiale, il tema centrale di questo lavoro è quello di analizzare nuove tecniche di protezione atte a salvaguardare la struttura da tre diverse tipologie di degrado, valutandone l’effettiva efficacia nell’ottenere quello per cui sono state previste. Nei primi capitoli si esaminerà il calcestruzzo come materiale da costruzione e saranno spiegati i processi che il conglomerato cementizio deve compiere per diventare un materiale indurito e resistente. Nel terzo capitolo si affronteranno, senza entrare nella descrizione puntuale di ciascuna di esse, le diverse cause di degrado del calcestruzzo armato. Infine nel quarto ed ultimo capitolo, verranno esposti tre casi studio: il primo tratta di un tipo di degrado spesso non preso in considerazione ma causante ingenti danni all’aspetto paesaggistico e al patrimonio storico: si analizzano i rivestimenti da poter applicare al calcestruzzo per rendere più semplificato il processo di rimozione dai graffiti. Il secondo si ripromette di analizzare l’efficacia nel proteggere le armature di acciaio dalla corrosione per mezzo un nuovo tipo di pigmenti core-shell poco costosi ma soprattutto ecosostenibili. Infine si porrà lo sguardo su un problema non indifferente ovvero quello della protezione del calcestruzzo armato dalle alte temperature anche in questo caso utilizzando un trattamento superficiale volto a migliorare le performance del calcestruzzo durante l’incendio.

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Ce mémoire explore les dynamiques propres à la mise en place de politiques de revitalisation dans un quartier urbain montréalais. La revitalisation, accompagnée de nombreux autres « processus » connexes, comme la participation citoyenne et la concertation, participe à une tentative de gouvernement des espaces urbains à travers ce que j’ai appelé ici le dispositif de revitalisation. Le dispositif de revitalisation du quartier Sainte-Marie est le résultat de la mise en place d’une série de pratiques gouvernementales ainsi que de mutations dans la façon de gérer les affaires publiques propres au Québec, et plus particulièrement, à la grande région de Montréal. L’analyse se centre ici sur l’évolution de différentes tendances tant au niveau associatif, communautaire que privé et institutionnel afin de cerner les dynamiques propres au fonctionnement actuel du dispositif dans le quartier de Sainte-Marie, situé dans l’arrondissement Ville-Marie. La formation de ce dispositif est une partie d’un phénomène plus large de transformation des espaces urbains par différentes interventions gouvernementales et privées, à l’ère du néolibéralisme contemporain. Le dispositif est ancré dans tout un florilège d’idées et de pratiques qui doivent être justifiées par le recours à un nouveau vocabulaire et à des concepts qui demeurent volontairement flous et mal définis afin d’en arriver, pour les acteurs concernés, à conserver une liberté d’action nécessaire et d’en restreindre l’accès.

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Les crimes sexuels génèrent beaucoup d’inquiétudes chez la société, particulièrement quand vient le temps de libérer certains délinquants sexuels à risque élevé de récidive. Les évaluations du risque sont ainsi pertinentes puisque la majorité des délinquants sexuels sont libérés suivant une peine d’emprisonnement déterminée (Wilson, Picheca and Prinzo, 2005). Certaines méthodes sont donc mises en place servant à gérer les délinquants sexuels en communauté. Un cadre légal impose certaines conditions de remise en liberté et vise à réduire le risque de récidive (Hanson and Morton-Bourgon, 2005). Toutefois, une fois leur sentence complétée, certains délinquants posent toujours un risque pour la société. Pour répondre à ce problème, des partenariats ont été développés au Québec entre les services correctionnels et policiers. Ils imposent une surveillance accrue des personnes à risque élevé de récidive (PRER). Les décisions qui sont prises peuvent être lourdes de conséquences. Il est donc important d’évaluer si les méthodes de ciblage sont efficaces, soit orientées vers les individus à haut risque de récidive. Les données utilisées dans le cadre de ce mémoire proviennent de deux sources. Premièrement, un échantillon comparatif issu d’une compilation de données comprenant l’ensemble des délinquants sexuels condamnés depuis 20 ans a été utilisé (n = 235). Puis, un registre développé depuis 10 ans regroupant l’ensemble des individus soumis au programme a été analysé (n = 235). Les participants ont été évalués en fonction des variables disponibles de la Statique-99R. L’utilité de l’outil pour la police a été mise en perspective. Le programme ne semble pas n’impliquer que des délinquants sexuels à haut risque de récidive. Les taux de récidive sont relativement bas et similaires dans les deux échantillons. Les services de police ont des données pertinentes qui permettent d’étudier la qualité du ciblage fait dans le cadre du programme. Des évaluations plus fiables pourraient améliorer l’allocation des ressources et les stratégies de ciblage.

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Dans Dialectique de la Raison, Adorno et Horkheimer tentent d’esquisser le pourquoi et le comment de ce retour à la barbarie qu’a connu la civilisation européenne, lors du troisième Reich. Quelles sont ces conditions qui ont rendu possibles les massacres administrés sous le régime nazi? La résolution de cette énigme qui se solde sur l’échec de l’Auflkärung nous dévoile une nécessité, celle d’une transformation radicale à la fois de l’éthique et de la métaphysique dans sa conception de la vérité. Celle-ci se présente à nous sous la forme d’une norme morale : « Dans leur état de non-liberté, Hitler a imposé aux hommes un nouvel impératif catégorique; penser et agir en sorte qu’Auschwitz ne se répète pas ». Quelles modalités de penser et d’agir nous exhortent ce nouvel impératif catégorique? La philosophie d’Adorno, critiqué pour n’avoir été que négative dans son entreprise, est-elle en mesure de nous fournir des prescriptions normatives capables de réorienter le penser théorétique et l’éthique?

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À l’heure actuelle, au Canada, un détenu sous responsabilité fédérale sur cinq est âgé de plus de cinquante ans, ce qui représente une augmentation de 101% depuis le début des années 2000. Alors que tout semble indiquer qu’un nombre croissant de détenus âgés seront remis en liberté, très peu d’études se concentrent sur ce qu’ils vivent après la détention. Ce mémoire propose donc de comprendre leur expérience de retour en communauté et de faire ressortir le regard qu’ils posent sur celle-ci. Pour atteindre ces objectifs, nous nous sommes intéressées au vécu de dix-sept hommes âgés de cinquante ans et plus ayant purgé leur peine au sein d’établissements carcéraux québécois. Par l’entremise d’entrevues semi-dirigées, nous sommes parvenues à mettre en avant que le retour en communauté des détenus âgés est marqué par de multiples difficultés, exacerbées par leur âge, leur statut pénal et le cadre institutionnel dans lequel ils évoluent. Toutefois, cette expérience est vécue différemment selon la présence de solidarités familiales qui leur permettent d’accéder à un statut social valorisant et leur offrent la possibilité d’exister socialement.

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La présente étude explore la trajectoire de vie d’un détenu condamné à une peine à perpétuité qui bénéficie d’une libération conditionnelle totale afin d’identifier laquelle ou lesquelles des cinq grandes conceptualisations théoriques du désistement criminel permettent le mieux d’expliquer sa trajectoire de désistement. Pour atteindre cet objectif, une méthodologie qualitative de type exploratoire a été privilégiée. Un homme purgeant une peine à perpétuité dans la collectivité a été rencontré en contexte d’entretiens afin de restituer en profondeur son histoire de vie et cerner, à la lumière des théories recensées, les concepts applicables à son désistement criminel. Une série de neuf entretiens d’environ une heure et demie a été réalisée. Le récit de vie de monsieur P est présenté et analysé pour illustrer l’applicabilité des principales conceptualisations théoriques du désistement criminel qui ont été recensées dans le présent mémoire. L’analyse des données recueillies a permis de faire ressortir l’importance de considérer le concept identitaire dans le processus de désistement et le changement psychologique qui l’accompagne. La discussion aborde quelques pistes d’interventions susceptibles de soutenir le travail des membres du personnel qui œuvrent auprès des délinquants qui purgent de longues peines. Celles-ci prennent en compte les défis posés par la clientèle particulière des détenus à perpétuité et cherchent à maximiser leur réintégration sociale lors de leur mise en liberté.

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Cet article se veut une exploration du concept de propriété dans la pensée républicaine. Il sera question d’aborder notre réflexion avec la définition de la propriété de John Christmann, ce qui nous permettra de faire ressortir des nuances importantes dans le concept d'autonomie, notamment la nécessité, pour son existence, d'un certain contrôle. Nous verrons que le républicanisme, en insistant sur l'importance du contrôle comme élément fondamental à la liberté, offre un outil important pour le design des institutions économiques.

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Cet article se veut une exploration du concept de propriété dans la pensée républicaine. Il sera question d’aborder notre réflexion avec la définition de la propriété de John Christmann, ce qui nous permettra de faire ressortir des nuances importantes dans le concept d'autonomie, notamment la nécessité, pour son existence, d'un certain contrôle. Nous verrons que le républicanisme, en insistant sur l'importance du contrôle comme élément fondamental à la liberté, offre un outil important pour le design des institutions économiques.

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Dans Sept études sur Éric Weil, Gilbert Kirscher et Jean Quillien considèrent l’oeuvre philosophique d’Éric Weil comme "l’une des plus importantes de la seconde moitié du XXe siècle". Très pénétré par les grandes philosophies du passé, celles d’Aristote, de Kant et de Hegel, Éric Weil les a en effet repensées en fonction des problèmes contemporains. Ainsi les thèmes de la violence, de la société et de l’État sont-ils repris en profondeur et de façon systématique. Cette thèse se propose de faire de ces thèmes une présentation d’ensemble. Une première distinction s’impose entre la société moderne et l’État. Toute société est "essentiellement en lutte avec la nature extérieure" et, par conséquent, est une communauté de travail. En plus de posséder ce caractère, la société moderne est moderne parce qu’elle se connaît comme société: elle se veut rationnelle, tournée vers l’efficacité et est inévitablement "calculatrice, matérialiste et mécaniste". En principe, la société moderne est mondiale car les modes de production, de distribution et de maîtrise de la nature ainsi que l’économie sont partout identiques, l’individu dans cette société trouve sa sécurité mais non le sens de son existence. Il est déchiré. De plus la société moderne s’oppose radicalement à l’État. Celui-ci est l’organisation d’une communauté historique. Il présente deux aspects. L’État moderne est absorbé par des conflits avec les autres États ou tout au moins engagé dans une compétition qui l’oblige à exiger des citoyens une loyauté totale. À ce point de vue, l’État est agressif et autoritaire. Mais il est aussi comme État le lieu de l’amitié et, selon l’enseignement des Anciens, celui de la vertu. Ce second aspect est complètement annulé par le premier. La perspective d’institutions mondiales qui prolongeraient la société moderne pourrait cependant, selon Éric Weil, permettre à l’État d’assumer son rôle véritable: éduquer à l’universel concret et rendre possible la vie sensée. L’État redeviendrait ce qu’était la cité grecque. Seul le point de vue autarcique aurait été abandonné. La société mondiale comporte certes des risques, mais la liberté recherchée justifie qu’on accepte ces risques.

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Dans sa Philosophie politique, Éric Weil constate que le langage de la réflexion oppose, "comme entités autonomes et hostiles", "la civilisation et la tradition , le matériel et l’idéal, le nécessaire et le désirable, l’organisation et la justice, l’intérêt commun et la liberté des individus". Délaissant la pure réflexion, le philosophe a le devoir de montrer que la civilisation du travail se fonde en définitive sur la tradition morale porteuse de sens qui bénéficie en retour de sa rationalité et son universalité. Les couples mentionnés plus haut ne se séparent donc pas, mais s’impliquent et se confortent. L’action politique est l’illustration de cet entrelacement ou ce chiasme: elle transforme "ce qui est coexistence en conflit" ou ce qui se présente comme désaccordé et disparate en une unité indissociable, si on exclut la réflexion. Le mouvement de la philosophie politique d’Éric Weil laisse ainsi place à des rapprochements et à des réconciliations. La société, qui est l’organisation rationnelle de la lutte avec la nature et la négation de l’individualité, trouve son achèvement dans l’État moderne qu’elle rend possible et qui, conformément à son concept, est pour l’individu, le lieu du sens. Cet entrecroisement se vérifie de nouveau au plan de la politique étrangère. C’est grâce à la mise sur pied d’une société mondiale de gestion et de contrôle que les États particuliers, sans renoncer à leur souveraineté externe, en arrivent à considérer la question internationale comme d’intérêt commun et peuvent, libérés de la nécessité des préparatifs militaires, se consacrer à leur vocation essentielle: l’épanouissement de l’individu raisonnable. La violence cède peu à peu devant les institutions rationnelles et raisonnables: elle devient consciente dans la marche de l’histoire et la satisfaction des justes revendications laisse entrevoir le moment où elle sera inutile. La violence pure est certes irréductible, mais elle est démasquée comme discours incohérent ou comme silence sans pensée.

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Les femmes occupent une place considérable au XVIIIe siècle, comme à toutes les époques. Que ce soit sur le plan du travail, au sein du ménage ou pour l’éducation des enfants, on ne peut occulter leurs rôles. Cependant, sur le plan juridique, elles sont la plupart du temps assujetties à l’autorité des hommes. Pendant leur minorité, elles sont « filles de », donc sous l’autorité du père, avant de devenir « femmes de » et de passer sous l’autorité du mari une fois le mariage contracté. Il y a malgré tout des moments d’autonomie. Le veuvage est celui qui a été le plus étudié. Cet état a été considéré par certaines historiennes comme un moment de libération, où les femmes récupèrent le droit d’administrer leurs biens et d’ester en justice. L’absence d’homme est aussi un de ces moments – dont la durée varie – qui permet à certaine femme d’avoir une plus grande autonomie. Pour finir, il y a les femmes qui sont autonomes juridiquement et capables d’administrer leurs biens en permanence, dès l’âge de la majorité – 25 ans –, les femmes célibataires laïques. Ces femmes n’ont été l’objet d’aucune étude pour le XVIIIe siècle canadien. Pourtant, dans une société où le mariage est la norme, on peut se demander pourquoi certaines femmes se retrouvent sans époux. Ont-elles choisi le célibat ou leur a- t-il été imposé? Est-ce qu’il s’agit d’une source de liberté pour ces femmes émancipées d’une tutelle masculine? Quel est leur rôle dans la famille et sur le plan du travail? Comprendre le statut de ces femmes n’est pas aisé, il se situe à la jonction de plusieurs éléments, comme la noblesse, les titres et le niveau de fortune. Il en va de même pour comprendre les motifs qui peuvent expliquer le célibat. Le contexte familial, l’agentivité et le hasard sont autant d’éléments qui peuvent permettre d’expliquer le célibat. C’est sur le plan du travail que le célibat féminin permet de mieux appréhender l’étendue du rôle des femmes dans la famille et dans la société. Loin d’être en marge du monde, plusieurs femmes étaient très actives dans le commerce. Elles entretenaient aussi des liens affectifs avec les membres de leur famille, comme en témoignent les legs testamentaires. Malgré leur petit nombre au sein de la société canadienne du XVIIIe siècle, ces femmes avaient une grande importance pour bien des familles et de nombreux individus. Étudier ces femmes permet d’éclairer encore un peu plus l’histoire de la famille et des femmes pour la période préindustrielle.

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Au Québec, comme partout dans les pays développés, le vieillissement de la population oblige à repenser les méthodes d’intervention (Couturier et al., 2013). De plus, vieillir chez soi en conservant la meilleure qualité de vie possible est un souhait cher à la majorité des personnes aînées (Mauriat et al., 2009). Pour prendre en considération ce souhait, malgré la complexité de la situation biopsychosociale de plusieurs, le système de santé et de services sociaux offre un service de soutien à domicile dans lequel des coordonnateurs dédiés (ex. : gestionnaires de cas, travailleuses sociales pivots) coordonnent les différents services requis afin de répondre aux besoins des personnes vivant à domicile avec une autonomie fonctionnelle diminuée (Couturier et al., 2013). Plusieurs personnes aînées en situation biopsychosociale complexe refusent les services offerts (Corvol et al., 2012). Ce refus peut aller de la simple décision de ne pas prendre sa médication ou de ne pas accepter l’aide à la toilette à celle de refuser l’aide alimentaire ou des soins et services essentiels, et, ce faisant, d’encourir d’importants risques quant à leur sécurité, voire leur survie (Balard et Somme, 2011). Au Québec, sauf dans les cas d’exception prévus par la loi, la liberté de consentir ou non à des soins est un droit reconnu à chaque personne, consacrant ainsi les principes d’intégrité et d’inviolabilité de la personne (gouvernement du Québec, n.d.). Le cadre professionnel des travailleuses sociales, via leur formation et les lignes directrices de l’Ordre des travailleurs sociaux et des thérapeutes conjugaux et familiaux du Québec (OTSTCFQ), favorise également l’autonomie de la personne à travers des approches visant l’empowerment. Cependant, les mêmes cadres leur donnent également un rôle central à jouer lorsqu’il est question de reconnaître l’inaptitude des personnes à décider pour elles-mêmes, notamment à travers l’acte d’évaluation psychosociale dans un tel contexte. Plus largement, la société donne plus ou moins formellement un mandat de protection des personnes vulnérables aux travailleuses sociales. Ce mandat de protection est au cœur de leur métier, mais il ne fait pas l’objet d’une reconnaissance légale forte, comme c’est le cas pour l’objet aptitude/inaptitude. Pour la réalisation de ce mémoire, 10 entretiens semi-directifs furent menés auprès de travailleuses sociales en soutien à domicile afin de nous permettre de comprendre comment les travailleuses sociales prennent en compte le refus de services des personnes aînées. Pour ce faire, nous répondons à quatre objectifs. Premièrement, nous dégageons le sens qu’accordent les travailleuses sociales au refus de services et la façon dont elles le reçoivent. Deuxièmement, nous décrivons les stratégies d’adaptation au refus des travailleuses sociales. Troisièmement, nous tentons de comprendre les liens entre le sens donné au refus de services et les stratégies d’adaptation des travailleuses sociales. Finalement, nous explorons comment les relations de pouvoir expliquent en partie ces adaptations. Cette recherche nous a permis de montrer que dans de nombreux cas, les stratégies impliquant une prise de pouvoir lors de situations de refus n’étaient pas légitimées par une volonté de faire vivre la personne le plus longtemps possible en la protégeant, mais plutôt par le discours valorisant son autonomie. Nous croyons que ce discours, en constante évolution, pourrait prendre de plus en plus de place dans les prochaines années et qu’en conséquence, si nous souhaitons que les modèles de prise de décision partagée (par exemple l’usager-partenaire) soient appliqués de la bonne façon, il est essentiel d’outiller les travailleuses sociales pour éviter que les personnes résistant au discours de l’autonomie soient perçues comme de mauvais usagers.

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Les méthodes d'opération permettant la stabilisation temporaire de fractures du fémur ont peu changé dans les dernières décennies. Ce mémoire illustre d'abord les différentes techniques chirurgicales présentement utilisées. Ces dernières sont principalement des outils manuels très simples. Un survol des recherches universitaires sur le sujet démontre que l'effort se porte principalement sur des manipulateurs robotisés complexes qui sont peu susceptibles d'être utilisés dans les salles d'opération à court terme. Avec l'aide de chirurgiens, il a été possible de connaître les besoins de ceux-ci en ce qui concerne la réduction et la stabilisation de fractures. Un appareil mécanique transparent à la radiographie a été conçu. Pour ce faire, plusieurs éléments de machine et mécanismes ont dû être développés en matériaux plastiques ou composites. L'appareil permet aux chirurgiens de déplacer un des fragments de l'os dans les six degrés de liberté puis de le maintenir stable. Un prototype a été fabriqué. Des essais avec un simulateur de fracture ont permis de récolter les commentaires de chirurgiens.