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These are intriguing times in the exploration of other solar-system bodies. Continuing discoveries about life on Earth and the return of data suggesting the presence of liquid water environments on or under the surfaces of other planets and moons have combined to suggest the significant possibility that extraterrestrial life may exist in this solar system. Similarly, not since the Viking missions of the mid-1970s has there been as great an appreciation for the potential for Earth life to contaminate other worlds. Current plans for the exploration of the solar system include constraints intended to prevent biological contamination from being spread by solar-system exploration missions.

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Hearing underlies our ability to locate sound sources in the environment, our appreciation of music, and our ability to communicate. Participants in the National Academy of Sciences colloquium on Auditory Neuroscience: Development, Transduction, and Integration presented research results bearing on four key issues in auditory research. How does the complex inner ear develop? How does the cochlea transduce sounds into electrical signals? How does the brain's ability to compute the location of a sound source develop? How does the forebrain analyze complex sounds, particularly species-specific communications? This article provides an introduction to the papers stemming from the meeting.

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The increased prevalence of multidrug-resistant bacterial pathogens motivated us to attempt to enhance the therapeutic efficacy of bacteriophages. The therapeutic application of phages as antibacterial agents was impeded by several factors: (i) the failure to recognize the relatively narrow host range of phages; (ii) the presence of toxins in crude phage lysates; and (iii) a lack of appreciation for the capacity of mammalian host defense systems, particularly the organs of the reticuloendothelial system, to remove phage particles from the circulatory system. In our studies involving bacteremic mice, the problem of the narrow host range of phage was dealt with by using selected bacterial strains and virulent phage specific for them. Toxin levels were diminished by purifying phage preparations. To reduce phage elimination by the host defense system, we developed a serial-passage technique in mice to select for phage mutants able to remain in the circulatory system for longer periods of time. By this approach we isolated long-circulating mutants of Escherichia coli phage lambda and of Salmonella typhimurium phage P22. We demonstrated that the long-circulating lambda mutants also have greater capability as antibacterial agents than the corresponding parental strain in animals infected with lethal doses of bacteria. Comparison of the parental and mutant lambda capsid proteins revealed that the relevant mutation altered the major phage head protein E. The use of toxin-free, bacteria-specific phage strains, combined with the serial-passage technique, may provide insights for developing phage into therapeutically effective antibacterial agents.

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Background: sulla base delle evidenze emerse dalle rassegne sistematiche in materia (Johnstone, 1994; Cohen et al.,1998; Robson et al., 2012; Burke et al., 2006; Ricci et al., 2015) si è ipotizzato che la formazione alla salute e sicurezza sul lavoro sia maggiormente efficace quando non è presentata come obbligatoria e venga articolata su più livelli di apprendimento, attraverso metodologie adeguate per ogni livello, con docenti che abbiano caratteristiche corrispondenti allo specifico obiettivo di apprendimento e la cui durata sia parametrata all’obiettivo stesso. Obiettivo di questa ricerca è valutare se esista e quanto sia intensa la relazione causale tra la formazione alla sicurezza sul lavoro e i suoi effetti sul miglioramento delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei comportamenti, degli esiti per la salute, del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione. Metodo: la variabile indipendente è costituita dell’intervento formativo erogato, articolato in tre condizioni: formazione obbligatoria, formazione non obbligatoria, gruppo di controllo: sono stati posti a confronto due interventi di pari durata (16 settimane, per 10h complessive), realizzati con identiche modalità (step1 audio-visivo; step2 affiancamento su lavoro da parte del preposto; step3 discussione di auto-casi), ma differenziati rispetto all’essere presentati uno come formazione obbligatoria, l’altro come non obbligatoria. I due gruppi sono anche stati confrontati con un gruppo di controllo per il quale la formazione è prevista successivamente. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo con obbligo formativo, senza obbligo formativo, di controllo. Sono stati presi come indicatori (variabili dipendenti) per valutare l’effetto della formazione: I livello – conoscenze: riconoscimento o produzione di un maggior numero di risposte corrette. II livello – atteggiamenti e credenze: maggiore propensione a mettere in atto comportamenti auto ed etero protettivi. III livello – comportamenti: comportamenti osservati più adeguati per la tutela della salute propria e altrui. IV livello – salute: maggior grado di benessere bio-psico-sociale auto-riferito. Le misure di esito consistono nella variazione tra la rilevazione iniziale e ogni rilevazione successiva, sulla base delle diverse misure registrate per ognuno dei quattro livelli dell’intervento formativo. Lo stesso confronto del tempo è stato realizzato per le misure del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione, quest’ultimo misurato solo immediatamente al termine dell’intervento. Risultati: le condizioni di intervento non differiscono in termini di efficacia, la formazione determina infatti gli stessi risultati per i partecipanti del gruppo obbligo formativo e di quello non obbligo, con una significativa differenza post-intervento rispetto al gruppo di controllo. La formazione ha un effetto forte nel miglioramento delle conoscenze che solo parzialmente decade nel tempo, ma comunque mantenendo un livello maggiore rispetto ai valori iniziali. In relazione al miglioramento di atteggiamenti e comportamenti sicuri nel lavoro al Videoterminale, l’effetto della formazione è modesto: per gli atteggiamenti si registra solo un miglioramento verso l’applicazione delle procedure come utili realmente e non come mero adempimento, ma tale effetto decade entro quattro mesi riportando i partecipanti su valori iniziali; i comportamenti invece migliorano nel tempo, ma con deboli differenze tra partecipanti alla formazione e gruppo di controllo, tuttavia tale miglioramento non decade in seguito. Non si registrano invece effetti della formazione nella direzione attesa in termini di esiti per la salute, per il miglioramento del clima di sicurezza e come maggior controllo comportamentale percepito, non risultano nemmeno dati evidenti di moderazione degli effetti dovuti a caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Inoltre emerge che il gradimento per la formazione è correlato con migliori atteggiamenti (strumento audio-visivo), il miglioramento del clima di sicurezza e un maggior controllo comportamentale percepito (studio di auto-casi), ovvero gli step che hanno visto l’intervento di formatori qualificati. Infine, la formazione ha determinato migliori condizioni operative e l’adeguamento delle procedure interne. Conclusioni: la presente ricerca ci consente di affermare che la formazione erogata è stata efficace, oltre che molto gradita dai partecipanti, in particolare quando il formatore è qualificato per questa attività (step1 e 3). L’apprendimento prodotto è tanto più stabile nel tempo quanto più i contenuti sono in stretta relazione con l’esperienza lavorativa quotidiana dei partecipanti, mentre negli altri casi il decremento degli effetti è alquanto rapido, di conseguenza ribadiamo la necessità di erogare la formazione con continuità nel tempo. E’ risultato comunque modesto l’effetto della formazione per migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti nel lavoro al VDT, ma, al di là di alcuni limiti metodologici, sono obiettivi ambiziosi che richiedono più tempo di quanto abbiamo potuto disporre in questa occasione e il cui conseguimento risente molto delle prassi reali adottate nel contesto lavorativo dopo il termine della formazione. Le evidenze finora prodotte non hanno poi chiarito in modo definitivo se attraverso la formazione si possano determinare effetti significativi nel miglioramento di esiti per la salute, anche eventualmente attraverso interventi di supporto individuale. Inoltre l’assenza di differenze significative negli effetti tra i partecipanti assegnati alla condizione di obbligo e quelli di non obbligo, eccezion fatta in direzione opposta alle attese per la misura del danno da lavoro, suggeriscono che nell’erogare la formazione, occorre sottolineare in misura molto rilevante l’importanza dell’intervento che viene realizzato, anche qualora esistesse una prescrizione normativa cogente. Infine, la ricerca ci ha fornito anche indicazioni metodologiche e misure valide che invitano ad estendere questa formazione, e la sua valutazione di efficacia, a diversi comparti economici e svariate mansioni. Nel fare questo è possibile fare riferimento, e testare nuovamente, un modello che indica la corretta percezione del rischio (conoscenza) come fattore necessario, ma non sufficiente per ottenere, con la mediazione di atteggiamenti favorevoli allo specifico comportamento, azioni sicure, attraverso le quali si rinforza l’atteggiamento e migliorano le conoscenze. La formazione, per raggiungere i propri obiettivi, deve tuttavia agire anche sui meccanismi di conformismo sociale favorevoli alla safety, questi originano da conoscenze e azioni sicure e reciprocamente le rinforzano.

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Esta pesquisa discute a Comunicação em Saúde no contexto das Práticas Integrativas e Complementares (PIC) no Sistema Único de Saúde (SUS), no que concerne ao tratamento do câncer realizado num hospital público de Campinas. O arcabouço teórico se debruça sobre as diretrizes do ideário da Promoção da Saúde e sobre as discussões da Educação em Saúde, por serem premissas fundamentais para que a Comunicação em Saúde seja participativa e democrática, e que a Comunicação das PIC conquiste maior espaço na Saúde Pública. O objetivo geral foi investigar o processo de comunicação entre profissionais de saúde e usuários do SUS participantes do Projeto de Construção do Cuidado Integrativo (PCCI). A metodologia utilizada foi a qualitativa tendo como instrumentos pesquisa documental e entrevistas semi-estruturadas para a coleta dos dados. Os participantes do estudo foram usuários que fizeram parte do grupo de Acupuntura e de Fitoterapia e usaram práticas complementares ao tratamento convencional do câncer, e também os profissionais de saúde envolvidos no PCCI realizado no Hospital de Clínicas da Universidade Estadual de Campinas (UNICAMP)/SP. Os dados foram analisados por meio da análise temática de conteúdo de Bardin, que permitiu identificar as seguintes categorias: Medo da intervenção, Analgesia como resultado, Continuidade do tratamento, Falta de informação e Divulgação das práticas. Os resultados mostraram que houve dificuldades de comunicação, indicando lacunas importantes em relação à infraestrutura, à falta de divulgação e continuidade do tratamento complementar com as PIC, a falta de valorização da participação popular e estímulo à autonomia como preconiza o ideário da Promoção da Saúde. Concluiu-se que o modelo de saúde vigente, de base biomédica, não tem permitido a participação dos usuários, e, mais ainda, tem dificultado o desenvolvimento da comunicação democrática, humanizada e solidária. O Projeto (PCCI) foi importante em sua execução, uma vez que trouxe resultados positivos com o uso das PIC por melhorar as condições da qualidade de vida dos usuários e ter promovido analgesia, conferido maior disposição e recuperação dos movimentos. Entretanto, o Projeto (PCCI) não teve potencial o suficiente para provocar uma mudança na lógica do tratamento convencional que está hegemonicamente imerso no modelo biomédico, com isso limitando a inserção e a comunicação das PIC na Saúde Pública e dificultando a abertura para o diálogo entre os diferentes saberes. Entende-se que este é um dos principais desafios da Medicina Tradicional e Complementar (MTC).

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Introdução: O Direito Humano a Alimentação Adequada (DHAA), na perspectiva da Segurança Alimentar e Nutricional (SAN), destacou-se devido à compreensão dos determinantes para a Promoção da Saúde (PS). A Educação Alimentar e Nutricional (EAN) é uma ferramenta capaz de promover a reflexão dos cidadãos sobre como realizar esse direito. No Brasil, o quadro de insegurança alimentar entre crianças e adolescentes torna os profissionais de saúde da Atenção Primária à Saúde (APS) atores promissores para a reversão desse quadro, já que esses trabalham com os principais influenciadores desse público: a família. Objetivo: Analisar a atuação de profissionais de saúde não nutricionistas coordenadores de grupos educativos com conteúdo de alimentação e nutrição, desenvolvidos na APS do município de São Paulo. Métodos: Estudo qualitativo, com aplicação de entrevistas semiestruturadas e análise por meio do Discurso do Sujeito Coletivo. Foram levantados os dados a respeito da formação desses profissionais e identificadas suas percepções sobre seus papéis nos grupos que coordenam e a importância atribuída a eles. Resultados: A profissão dos 21 entrevistados reflete a atual configuração da Estratégia Saúde da Família. Há predominância de profissionais do sexo feminino com pós-graduação em temas de saúde coletiva. Foram identificadas 13 Ideias Centrais dividas em 2 Eixos Temáticos. Levantaram-se percepções contrárias e outras a favor aos referenciais teóricos trabalhados. Como favoráveis, identificou-se a valorização dos grupos como espaços de participação, troca de experiências e criação de vínculo entre seus membros, sendo o coordenador do grupo responsável pela condução desses. A importância na atuação interprofissional para o atendimento integral à saúde e atualização entre os profissionais também foi destacada. Já as desfavoráveis trouxeram a desvalorização das atividades em grupo, ou a atribuição de sua importância como forma de acesso a serviços, medicamentos ou informação, a identificação dos coordenadores como responsáveis por mudanças de comportamentos nos participantes, modelos a serem seguidos, e sendo considerados detentores do conhecimento, o que parece sobrecarregá-los, desmotivá-los e frustrá-los. Assim, alguns buscam seu reconhecimento trazendo atividades que agradam os usuários, independentemente da constatação das necessidades do território. Conclusões: A percepção dos profissionais parece refletir a forma em que atuam, evidenciando um momento heterogêneo sobre as formas de se abordar os aspectos relacionados à alimentação, além do despreparo para a coordenação de grupos. Dessa forma, recomenda-se a aproximação entre os campos da saúde e da educação, visando práticas mais significativas e libertadoras, bem como a reflexão sobre a formação desses profissionais, já que suas atuações parecem refletir a educação na qual foram moldados. Os princípios da PS, do DHAA, da SAN, da EAN e das características essenciais a um coordenador de grupos, devem ser trabalhados com esses atores, e, para tanto, como produto dessa pesquisa, sugeriu-se um curso de atualização.

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A aprovação da norma contábil IAS 41- Agriculture em 2001 trouxe uma série de desafios nas práticas contábeis das empresas, sendo a principal delas o reconhecimento de ganhos/perdas durante o crescimento biológico de um ativo e a mensuração destes ganhos/perdas pelo valor justo. Toda forma de reconhecimento e mensuração apresenta relação com o modelo de negócios da empresa e irá afetar o relacionamento entre os envolvidos neste contexto e a forma como os usuários da informação contábil avaliam a gestão dos recursos investidos na entidade, que é o stewardship. Desta forma o objetivo deste trabalho foi discutir quais e como os fatores internos e externos presentes no contexto social das organizações, contribuíram para que a informação contábil a valor justo atingisse o objetivo de stewardship. Para isto foi realizado um estudo etnográfico por meio de entrevistas direcionadas aos responsáveis pela informação contábil em onze empresas de diferentes segmentos do agronegócio. O modelo de analise primeiramente se ateve ao entendimento do Modelo de Mensuração dos ativos biológicos dentro destas empresas, e como esta informação é utilizada para fins de stewardship. Em três empresas, a informação contábil referente ao ativo biológico é utilizada para fins de avaliação de performance global e do gestor e para o relacionamento com o credor, que constituem elementos para a proxy do stewardship. O processo de mudança nestas empresas, analisado conforme modelo desenvolvido por Miller (1991) se deu primeiramente pela Problematização ocorrida no contexto social destas empresas, em que seu modelo de negócios tem a madeira como produto final, bem como no modelo de gestão que visa em primeiro lugar o retorno do capital investido, mensurado pela valorização da floresta ao longo dos anos. Os atores que agem para que isto se torne numa mudança efetiva, denominados de Comunidades Epistêmicas, são os acionistas e os credores destas empresas. Os acionistas que são fundos de investimentos têm que apresentar aos seus cotistas a valorização destes investimentos, e o credor (em uma das empresas) vincula a garantia dos empréstimos ao valor da floresta. Também atua neste processo de uma forma mais distante (Ação à Distância) a cultura dos fundos de investimentos, em que a gestora florestal é responsável pela formação e venda de novas áreas florestais, bem como a legislação específica da constituição destes fundos. Nas outras empresas, além de o ativo biológico ser um insumo de produção no modelo de negócios na maioria dos casos analisados, o modelo de gestão é baseado na eficiência operacional. Desta forma, a mensuração a ser utilizada deve ser relacionada tanto ao modelo de negócios como ao modelo de gestão da empresa, que são fatores que revelam como os ativos estão sendo geridos, e isto influencia na perspectiva de geração de caixa do negócio. Apesar da obrigatoriedade que uma norma contábil impõe, a prática contábil segue suas próprias leis no âmbito social que operam as empresas, e qualquer alteração imposta passa por um extenso processo de problematização antes de esta norma ser socialmente aceita.

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A Educação para a Conservação é um campo de pesquisa que se dedica ao estudo das reflexões éticas e das atitudes humanas direcionadas para com o respeito que se deve ter com o ambiente, principalmente pelo estabelecimento de ações conservacionistas pautadas em interações educativas. Os Zoos, de modo geral, estão inseridos nessa perspectiva, uma vez que se apresentam como instituições de cunho educativo voltadas para a conservação da biodiversidade. No entanto, o discurso expositivo apresentado por esses aparatos culturais no Brasil, muitas vezes, não contempla tais elementos em suas exposições. Por este motivo, buscou-se a análise de exposições zoológicas também no exterior, que contemplassem discursos sobre a conservação da biodiversidade em suas exposições, tendo sido escolhida a exposição do Zoo de Barcelona, Espanha, para a realização desta investigação. A pesquisa teve por objetivos compreender como a conservação da biodiversidade é abordada na exposição deste zoológico catalão, com base na formulação de saberes de referência constituídos a partir de diferentes áreas: os Movimentos Ambientalistas, a Filosofia da Conservação e as Éticas Ambientais. Igualmente, buscou-se compreender como o discurso expositivo sobre conservação encontra-se apresentado nos aparatos expográficos distribuídos ao longo da exposição, bem como em livros e documentos. Compreendendo a investigação como um Estudo de Caso, foram acessados documentos institucionais de acesso público encontrados no site da instituição e textos presentes nos painéis expositivos. As análises foram realizadas com base no referencial teórico da Transposição Didática/Museográfica, que permite o estudo da exposição por ao menos três lógicas: a lógica do discurso; a lógica do espaço; e a lógica do gesto. Além disso, o mesmo referencial prevê o estabelecimento de um saber de referência ou saber sábio pautado no conhecimento epistemológico sobre a conservação da biodiversidade e, nesta pesquisa, no discurso de pesquisadores da área, que foram entrevistados sobre este assunto. Este saber de referência ou saber sábio possibilitou a criação de um conjunto de categorias de análise que pautou a análise do discurso expositivo apresentado pelo Zoo de Barcelona. As categorias criadas foram classificadas em duas dimensões: a dos Valores e a das Ações. Duas categorias, a Antropocêntrica e a Não antropocêntrica constituíram a Dimensão dos Valores e quatro categorias, a Desenvolvimentista, a Sustentabilista, a Sócio-humanística e a Técnico-científica constituíram a Dimensão das Ações. Os resultados apontaram que o discurso expositivo é composto predominantemente por informações Técnico-científicas e Sustentabilistas, ambas as categorias contextualizadas por uma visão não antropocêntrica de valorização da natureza. A forma como o discurso expositivo encontra-se apresentado na parte textual da exposição corrobora a linha conceitual de assuntos abordados nos grandes eventos globais promovidos pela ONU ao longo dos últimos 40 anos, sobre a conservação do meio ambiente. Categorias como a Sócio-humanística, a Antropocêntrica e a Dimensão dos Valores foram pouco abordadas. A categoria Desenvolvimentista não foi encontrada na exposição. Pelas evidências levantadas durante a análise dos dados pode-se concluir que o Zoo de Barcelona apresenta um discurso expositivo conservacionista e que há elementos suficientes na exposição para se apontar o desenvolvimento de uma Educação para a Conservação.

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The literature on Iranians who immigrated to countries with modern cultures is sparse. This paper presents a theoretical understanding of the research with a particular appreciation on issues related to gender roles, sexuality, and acculturation within this population. In addition, treatment suggestions with this Iranian immigrant population will be presented through the lens of self psychology and a new perspective about the effects on the sense of self of young immigrant Iranian females will be discussed.

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"In 1559, Pieter Bruegel the Elder‘s depiction of {7f2015}Netherlandish Proverbs‖ illustrated his profound understanding of the Dutch love for proverbs, their contemporary values, and appreciation for moral lessons in art forms. Depicting gestures and poses that represented proverbial phrases enabled Bruegel‘s leap from didactic labels employed by other artists to his inscription-free success of {7f2015}Netherlandish Proverbs.‖ My examination reveals that Bruegel‘s employment of gestural imagery, indicating rhetorical phrases or proverbs, was reinforced by a history of scholarly curatorship for written proverb collections, humanist interest in proverbs, and use of Dutch vernacular to bolster protonational pride"

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Le développement des mauvaises herbes dans la plaine de Sidi Bel Abbes (Algérie) constituent un facteur agroécologique déterminant sur la qualité de la récolte et des rendements. L’impact sur les agrosystèmes reste important et est tributaire de deux paramètres climatiques : précipitations et températures. Lutter efficacement contre les mauvaises herbes dans les agrosystèmes exige une connaissance de leur dynamisme. Les mauvaises herbes se développent en relation avec les précipitations et présentent un spectre différent chaque année. Une connaissance des espèces à forte présence constitue une base fondamentale pour diminuer leur présence. Cerner le spectre de développement des principales espèces végétales nuisibles dans les céréales et l’appréciation de leur dynamisme est le but de cette étude. Le développement des mauvaises herbes dans les céréales reste un problème préoccupant et sa prise en charge pour organiser une lutte efficace passe par une compréhension de la dynamique phytoécologique.

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Presentamos la Investigación Acción Participativa (IAP) que hemos llevado a cabo en un barrio de las afueras de Albacete, cuyo nombre popular, “las 500”, evidencia su condición marginal (perfil social, patologías constructivas, viviendas mínimas) de polígono de vivienda social promovido por la Obra Sindical del Hogar en los primeros 60. Ha consistido en aprovechar la oportunidad que nos brindaba la inauguración de su nueva iglesia para buscar la documentación y estudiar la arquitectura y el urbanismo del barrio, permitiendo su conocimiento y su valoración para darlo a conocer y a valorar y para irlo mejorando. La acción principal se ha concretado en una exposición itinerante que conmemora su 50 aniversario.

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PAS1192-2 (2013) outlines the “fundamental principles of Level 2 information modeling”, one of these principles is the use of what is commonly referred to as a Common Data Environment (CDE). A CDE could be described as an internet-enabled cloudhosting platform, accessible to all construction team members to access shared project information. For the construction sector to achieve increased productivity goals, the next generation of industry professionals will need to be educated in a way that provides them with an appreciation of Building Information Modelling (BIM) working methods, at all levels, including an understanding of how data in a CDE should be structured, managed, shared and published. This presents a challenge for educational institutions in terms of providing a CDE that addresses the requirements set out in PAS1192-2, and mirrors organisational and professional working practices without causing confusion due to over complexity. This paper presents the findings of a two-year study undertaken at Ulster University comparing the use of a leading industry CDE platform with one derived from the in-house Virtual Learning Environment (VLE), for the delivery of a student BIM project. The research methodology employed was a qualitative case study analysis, focusing on observations from the academics involved and feedback from students. The results of the study show advantages for both CDE platforms depending on the learning outcomes required.

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Some would argue that there is a need for the traditional lecture format to be rethought in favour of a more active approach. However, this must form part of a bipartite strategy, considered in conjunction with the layout of any new space to facilitate alternative learning and teaching methods. With this in mind, this paper begins to examine the impact of the learning environment on the student learning experience, specifically focusing on students studying on the Architectural Technology and Management programme at Ulster University. The aim of this study is two-fold: to increase understanding of the impact of learning space layout, by taking a student centered approach; and to gain an appreciation of how technology can impact upon the learning space. The study forms part of a wider project being undertaken at Ulster University known as the Learning Landscape Transition Project, exploring the relationship between learning, teaching and space layout. Data collection was both qualitative and quantitative, with use of a case study supported by a questionnaire based on attitudinal scaling. A focus group was also used to further analyse the key trends resulting from the questionnaire. The initial results suggest that the learning environment, and the technology within it, can not only play an important part in the overall learning experience of the student, but also assist with preparation for the working environment to be experienced in professional life.

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Relatório de Prática Clínica apresentado à Escola Superior de Saúde Dr. Lopes Dias do Instituto Politécnico de Castelo Branco para cumprimento dos requisitos necessários à obtenção do grau de Mestre em Cuidados Paliativos, realizada sob a orientação científica da Diretora da ESALD Doutora Ana Paula Gonçalves Antunes Sapeta, do Instituto Politécnico de Castelo Branco, e orientação científica do Assistente Convidado pela Escola Superior de Saúde Dr. Lopes Dias, Mestre Eduardo Manuel Neves Oliveira Carqueja.