922 resultados para Non-invasive sampling
Resumo:
Metastasi ossee, osteoporosi e traumi sono le cause più comuni di fratture vertebrali che possono portare a conseguenze severe. In particolare, le fratture determinate da patologie e dall’invecchiamento colpiscono soprattutto il tratto toraco-lombare che è quello che sopporta la maggior parte dei carichi. Inoltre, le attività quotidiane inducono dei complessi scenari di carico sulla colonna vertebrale. Pertanto la misura di carichi in vivo ha un grande interesse clinico e biomeccanico dal momento che può essere necessaria per studiare il mal di schiena, le fratture vertebrali, il progetto di impianti, ecc. Tuttavia, le misure in vivo hanno il limite di essere invasive. Invece, le prove sperimentali hanno il vantaggio di essere non invasive, anche se presentano alcune limitazioni intrinseche quali la difficoltà di misurare le tensioni o le deformazioni che non siano sulla superficie delle vertebre e l’aumento della complessità e del costo delle prove nel momento in cui si vogliano fare misurazioni addizionali o sperimentare condizioni diverse. In alternativa, il comportamento meccanico delle strutture ossee può essere investigato con modelli numerici agli elementi finiti validati da prove sperimentali. È in questo contesto che va inserito il presente lavoro. Questa tesi ha lo scopo di cominciare un progetto sulla caratterizzazione biomeccanica di vertebre toraciche e lombari di soggetti affetti da osteoporosi da cui si ricaveranno i dati necessari per validare un modello agli elementi finiti. In particolare, durante i test meccanici si vuole riprodurre la tipica fattura vertebrale causata dall’osteoporosi, l’anterior wedge fracture. Le prove meccaniche sono state eseguite nel Laboratorio di Biomeccanica del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna, mentre il modello agli elementi finiti sarà sviluppato dal Laboratorio di Tecnologia Medica dell’Istituto Ortopedico Rizzoli. Una volta validato, il modello sarà utilizzato per fare simulazioni di rottura in vivo.
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Il cancro della prostata (PCa) è il tumore maligno non-cutaneo più diffuso tra gli uomini ed è il secondo tumore che miete più vittime nei paesi occidentali. La necessità di nuove tecniche non invasive per la diagnosi precoce del PCa è aumentata negli anni. 1H-MRS (proton magnetic resonance spectroscopy) e 1H-MRSI (proton magnetic resonance spectroscopy imaging) sono tecniche avanzate di spettroscopia in risonanza magnetica che permettono di individuare presenza di metaboliti come citrato, colina, creatina e in alcuni casi poliammine in uno o più voxel nel tessuto prostatico. L’abbondanza o l’assenza di uno di questi metaboliti rende possibile discriminare un tessuto sano da uno patologico. Le tecniche di spettroscopia RM sono correntemente utilizzate nella pratica clinica per cervello e fegato, con l’utilizzo di software dedicati per l’analisi degli spettri. La quantificazione di metaboliti nella prostata invece può risultare difficile a causa del basso rapporto segnale/rumore (SNR) degli spettri e del forte accoppiamento-j del citrato. Lo scopo principale di questo lavoro è di proporre un software prototipo per la quantificazione automatica di citrato, colina e creatina nella prostata. Lo sviluppo del programma e dei suoi algoritmi è stato portato avanti all’interno dell’IRST (Istituto Romagnolo per lo Studio e la cura dei Tumori) con l’aiuto dell’unità di fisica sanitaria. Il cuore del programma è un algoritmo iterativo per il fit degli spettri che fa uso di simulazioni MRS sviluppate con il pacchetto di librerie GAMMA in C++. L’accuratezza delle quantificazioni è stata testata con dei fantocci realizzati all’interno dei laboratori dell’istituto. Tutte le misure spettroscopiche sono state eseguite con il nuovo scanner Philips Ingenia 3T, una delle machine di risonanza magnetica più avanzate per applicazioni cliniche. Infine, dopo aver eseguito i test in vitro sui fantocci, sono stati acquisiti gli spettri delle prostate di alcuni volontari sani, per testare se il programma fosse in grado di lavorare in condizioni di basso SNR.
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L'elaborato illustra una possibile soluzione al problema della correzione del movimento respiratorio in dati ecografici di perfusione epatica per la valutazione della pressione portale. La tecnica proposta si basa sul segnale monogenico e sull’informazione di fase dell’immagine. Inizialmente sono stati presentati gli strumenti atti alla valutazione della vascolaritá epatica, con una particolare focalizzazione sulle tecniche non invasive per diagnosticare l’ipertensione portale. Tra di esse l’ecografia con mezzo di contrasto si impone come uno dei metodi più efficaci e soprattutto meno invasivi. In seguito è stato presentato un recente studio secondo cui, tramite l’elaborazione delle curve di enhancement ottenute dalla sequenza ecografica, è possibile stimare dei parametri correlati al valore di pressione portale. Tuttavia, durante l’esecuzione dell’esame ecografico, i movimenti respiratori del paziente non sempre consentono una corretta valutazione di tali parametri. In questa tesi è stata indagata la possibilità di compensare questi artefatti mediante l'applicazione di una metodo di tracking basato sul vincolo di conservazione della fase dell'immagine. Il metodo è stato testato qualitativamente su sequenze di immagini ecografiche acquisite all’ospedale di Barcellona e all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, con risultati promettenti.
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In this work we study a model for the breast image reconstruction in Digital Tomosynthesis, that is a non-invasive and non-destructive method for the three-dimensional visualization of the inner structures of an object, in which the data acquisition includes measuring a limited number of low-dose two-dimensional projections of an object by moving a detector and an X-ray tube around the object within a limited angular range. The problem of reconstructing 3D images from the projections provided in the Digital Tomosynthesis is an ill-posed inverse problem, that leads to a minimization problem with an object function that contains a data fitting term and a regularization term. The contribution of this thesis is to use the techniques of the compressed sensing, in particular replacing the standard least squares problem of data fitting with the problem of minimizing the 1-norm of the residuals, and using as regularization term the Total Variation (TV). We tested two different algorithms: a new alternating minimization algorithm (ADM), and a version of the more standard scaled projected gradient algorithm (SGP) that involves the 1-norm. We perform some experiments and analyse the performance of the two methods comparing relative errors, iterations number, times and the qualities of the reconstructed images. In conclusion we noticed that the use of the 1-norm and the Total Variation are valid tools in the formulation of the minimization problem for the image reconstruction resulting from Digital Tomosynthesis and the new algorithm ADM has reached a relative error comparable to a version of the classic algorithm SGP and proved best in speed and in the early appearance of the structures representing the masses.
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La tesi descrive il T1 mapping, un metodo diagnostico non invasivo emergente per l’identificazione e la quantificazione della fibrosi atriale. Nel primo capitolo ci si è soffermati sulle caratteristiche del tessuto fibrotico e sulle cause che generano tale patologia tra cui la fibrillazione atriale. Nel secondo capitolo vengono descritte le tecniche non invasive comunemente più utilizzate per la valutazione della fibrosi tra cui: sistemi di mappaggio elettronanatomico e risonanza magnetica cardiaca con l’uso di mezzo di contrasto. Nel terzo capitolo sono approfondite tutte le sequenze necessarie per la costruzione di mappe di tempi T1 indagando anche sui fattori a cui la tecnica è più sensibile. Infine è stato dedicato ampio spazio a ricerche mediche sulla correlazione tra i tempi T1 delle camere cardiache, i potenziali elettroanatomici delle stesse e la probabilità di sviluppare fibrillazioni atriali recidive in alcuni pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere.
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L’epilessia è una patologia neurologica cronica caratterizzata dalla tendenza, in un dato soggetto, a generare crisi convulsive spontanee, accompagnate generalmente da perdita di coscienza. Rappresenta uno fra i più frequenti disturbi neurologici cronici: l’1% della popolazione mondiale (circa 50 milioni) ne è affetta. Il presente elaborato di tesi ha analizzato le tecniche di imaging biomediche non invasive per lo studio dell’epilessia. Le tecniche PET, MEG e fMRI contribuiscono non solo a fornire una migliore comprensione dell’anatomia, della fisiologia e della connettività funzionale di specifiche aree cerebrali, ma consentono anche di localizzare determinate aree legate all’insorgenza e alla propagazione della crisi epilettica. Sono stati riportati studi clinici recenti che hanno investigato sull’uso di queste tecniche al fine di localizzare la zona epilettogena nei pazienti. Inoltre, gli studi si sono incentrati anche sullo sviluppo e sulla propagazione della crisi epilettica, fornendo delle indicazioni sulle possibili prospettive future relative alla tecnologia e all’elaborazione dei dati. L’analisi verrà condotta approfondendo le principali apparecchiature responsabili degli attuali sviluppi nelle ricerche sull’epilessia. Nello specifico, si effettuerà l’analisi della strumentazione partendo dai principi fisici alla base del suo funzionamento, per poi descriverne la struttura, le modalità di impiego per la specifica indagine e i futuri sviluppi.
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Il caranto è un celebre paleosuolo della laguna di Venezia. Esso si presenta come uno strato argilloso di alcuni metri di spessore, a profondità variabile tra 1 e 25 m, fortemente consolidato, al punto che, secondo la tradizione locale, sarebbe il livello sul quale si impostano i pali di fondazione della città di Venezia. Misure di microtremore sismico ambientale nell’area lagunare acquisite in precedenza hanno mostrato amplificazioni delle onde sismiche per risonanza stratigrafica a frequenze medio-alte (sopra 3 Hz), ricollegabili a riflettori sismici superficiali. Tali amplificazioni riguardano frequenze di interesse ingegneristico per le strutture della città lagunare e delle altre isole, in quanto a frequenze superiori a 3 Hz risuona la maggior parte degli edifici in muratura più bassi di 5 piani, come quelli della città. Questo li renderebbe particolarmente vulnerabili per fenomeni di doppia-risonanza in caso di terremoto. Attraverso misure di risonanza del sottosuolo eseguite ad hoc e reperite in letteratura, abbiamo cercato se esista una correlazione tra le frequenze misurate e le profondità stimate del caranto da dati di sondaggio. Abbiamo trovato che tale correlazione esiste ed è netta a patto di assumere che la velocità di propagazione delle onde di taglio nel sottosuolo sia diversa tra centro storico e zona dei litorali della laguna. Tale differenza di valori, oltre ad essere perfettamente in linea con la geologia locale, che prevede argille nella zona insulare e sabbie nelle zone litoranee, è confermata dalle risultanze di prove sismiche multicanale a onde di superficie effettuate in anni passati per la microzonazione sismica della provincia. Si propone infine una relazione tra unità geologiche e valori di velocità delle onde di taglio nelle stesse, che permette di stimare la profondità del caranto a partire da misure di risonanza, del tutto non invasive. I risultati ottenuti sono utili sia in senso geologico che in senso ingegneristico sismico, poiché identificano le frequenze di massima amplificazione sismica del terreno
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Objective To evaluate the impact of tumour necrosis factor α (TNFα) blockers on the presence of liver fibrosis in patients with rheumatoid arthritis (RA) and psoriatic arthritis (PsA) treated with methotrexate (MTX). Methods Participants were consecutive patients with RA and PsA who had undergone MTX treatment for at least 1 year ± TNF blockade for over 6 months. Liver fibrosis was assessed using non-invasive transient elastography (FibroScan). Regression models were used to compare FibroScan values of patients with RA and patients with PsA receiving TNFα blockers with those who were not. Results FibroScan assessments were performed on 51 patients with RA and 43 patients with PsA. Compared to patients with RA, those with PsA were predominantly young men, received lower cumulative dosages of MTX and exhibited a higher incidence of liver steatosis and hyperlipidaemia. An abnormal result was observed in 7.1% of the anti-TNFα-naïve and in 13% of the anti-TNFα-treated patients in the RA group and in 30% of the anti-TNFα-naïve and 4.3% of the anti-TNFα-treated patients in the PsA group (OR=0.11, 95% CI 0.02 to 0.98). Results of the PsA group were robust when adjusted for baseline characteristics. Conclusion The results suggest a protective effect of TNFα inhibitors against the development of liver fibrosis in patients with PsA.
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Non-invasive excitability studies of motor axons in patients with amyotrophic lateral sclerosis (ALS) have revealed a changing pattern of abnormal membrane properties with disease progression, but the heterogeneity of the changes has made it difficult to relate them to pathophysiology. The SOD1(G93A) mouse model of ALS displays more synchronous motoneuron pathology. Multiple excitability measures of caudal and sciatic nerves in mutant and wild-type mice were compared before onset of signs and during disease progression (4-19 weeks), and they were related to changes in muscle fiber histochemistry. Excitability differences indicated a modest membrane depolarization in SOD1(G93A) axons at about the time of symptom onset (8 weeks), possibly due to deficient energy supply. Previously described excitability changes in ALS patients, suggesting altered sodium and potassium conductances, were not seen in the mice. This suggests that those changes relate to features of the human disease that are not well represented in the animal model.
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After myocardial infarction, optimal clinical management depends critically on cardiac imaging. Remodelling and heart failure, presence of inducible ischaemia, presence of dysfunctional viable myocardium, future risk of adverse events including risk of ventricular arrhythmias, need for anticoagulation, and other questions should be addressed by cardiac imaging. Strengths and weaknesses, recent developments, choice, and timing of the different non-invasive techniques are reviewed for this frequent clinical scenario.
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Diffusion-weighted magnetic resonance imaging (DW-MRI) appears to hold promise as a non-invasive imaging modality in the detection of early microstructural and functional changes of different organs. DW-MRI is an imaging technique with a high sensitivity for the detection of a large variety of diseases in the urogenital tract. In kidneys, DW-MRI has shown promise for the characterization of solid lesions. Also in focal T1 hyperintense lesions DW-MRI was able to differentiate hemorrhagic cysts from tumours according to the lower apparent diffusion coefficient (ADC) values reported for renal cell carcinomas. Promising results were also published for the detection of prostate cancer. DW-MRI applied in addition to conventional T2-weighted imaging has been found to improve tumour detection. On a 3 T magnetic resonance unit ADC values were reported to be lower for tumours compared with the normal-appearing peripheral zone. The combined approach of T2-weighted imaging and DW-MRI also showed promising results for the detection of recurrent tumour in patients after radiation therapy. DW-MRI may improve the performance of conventional T2-weighted and contrast-enhanced MRI in the preoperative work-up of bladder cancer, as it may help in distinguishing superficial from muscle invasive bladder cancer, which is critical for patient management. Another challenging application of DW-MRI in the urogenital tract is the detection of pelvic lymph node metastases. As the ADC is generally reduced in malignant tumours and increased under inflammatory conditions, reduced ADC values were expected in patients with lymph node metastases.
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Extracranial application of diffusion-weighted magnetic resonance imaging (MRI) has gained increasing importance in recent years. As a result of technical advances, this new non-invasive functional technique has also been applied in head and neck radiology for several clinical indications. In cancer imaging, diffusion-weighted MRI can be performed for tumour detection and characterization, monitoring of treatment response as well as the differentiation of recurrence and post-therapeutic changes after radiotherapy. Even for lymph node staging promising results have been reported recently. This review article provides overview of potential applications of diffusion-weighted MRI in head and neck with the main focus on its applications in oncology.
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The development of imaging technologies has contributed to the understanding of the genesis and pathophysiological mechanisms of geographic atrophy (GA) secondary to age-related macular degeneration (AMD). Fundus autofluorescence (FAF) imaging allows accurate discrimination of the boundaries of atrophic patches. Furthermore, predictive markers for disease progression can be identified. Non-invasive FAF imaging now represents the gold standard for evaluating progressive enlargement of atrophic areas. By means of high resolution optical coherence tomography (OCT) microstructural retinal changes in GA can be identified. Anatomical endpoints are now being used in interventional GA trials and represent meaningful outcome parameters as surrogate markers in an overall slowly progressive disease which may not affect the fovea until later stages of the disease.
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The application of non-invasive imaging technologies using X-radiation (diagnostic radioentomology, ‘DR’) is demonstrated for the study of amber-entombed social bees. Here, we examine the external and internal morphology of an Early Miocene (Burdigalian) stingless bee (Apinae: Meliponini) from the Dominican Republic using non-destructive X-ray microtomography analysis. The study permits the accurate reconstruction of features otherwise obscured or impossible to visualize without destroying the sample and allows diagnosis of the specimen as a new species, Proplebeia adbita Greco and Engel.
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Evaluation of a novel non-invasive tool for postoperative follow-up of patients postelective saphenous vein coronary artery bypass graft (CABG) was performed. Ten patients were included. Their bypass grafts supplied the right coronary artery (7), marginal branches (1), diagonal branches (2), and the circumflex artery (n=1). Each bypass was examined intraoperatively using Doppler flow measurement. Patients were examined with a 3-Tesla magnetic resonance imaging (MRI) scanner (MAGNETOM Verio, Siemens, Erlangen, Germany) within one week postsurgery using MR-angiography with an intravasal contrast agent and velocity encoded phase-contrast flow measurements. Intraoperative Doppler flow measurements revealed regular flow patterns in all vascular territories supplied. The median intraoperative flow rate was 50 ml/min with an inter-quartile range (IQR) of 42-70 ml/min. The clinical postoperative course was uneventful. MRI showed all grafts to be patent. The median postoperative flow rate was 50 ml/min (IQR: 32-65 ml/min). MRI flow rates agreed well with intraoperative Doppler flow measurements (mean difference: -2.8±20.1 ml/min). This initial study demonstrates that 3-Tesla MRI flow measurements correlated well with Doppler thus reconfirming the graft patency postCABG. Further refinement and broader application of this technique may facilitate follow-up postCABG potentially replacing empiric clinical judgment by reliable non-invasive imaging.