939 resultados para Gram-negative


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PR-39 is a porcine 39-aa peptide antibiotic composed of 49% proline and 24% arginine, with an activity against Gram-negative bacteria comparable to that of tetracycline. In Escherichia coli, it inhibits DNA and protein synthesis. PR-39 was originally isolated from pig small intestine, but subsequent cDNA cloning showed that the gene is expressed in the bone marrow. The open reading frame of the clone showed that PR-39 is made as 173-aa precursor whose proregion belongs to the cathelin family. The PR39 gene, which is rather compact and spans only 1784 bp has now been sequenced. The coding information is split into four exons. The first exon contains the signal sequence of 29 residues and the first 37 residues of the cathelin propart. Exons 2 and 3 contain only cathelin information, while exon 4 codes for the four C-terminal cathelin residues and the mature PR-39 peptide extended by three residues. The sequenced upstream region (1183 bp) contains four potential recognition sites for NF-IL6 and three for APRF, transcription factors known to regulate genes for both cytokines and acute phase response factors. Genomic hybridizations revealed a fairly high level of restriction fragment length polymorphism and indicated that there are at least two copies of the PR39 gene in the pig genome. PR39 was mapped to pig chromosome 13 by linkage and in situ hybridization mapping. The gene for the human peptide antibiotic FALL-39 (also a member of the cathelin family) was mapped to human chromosome 3, which is homologous to pig chromosome 13.

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Shigella flexneri is a Gram-negative bacterial pathogen that can grow directly in the cytoplasm of infected host cells and uses a form of actin-based motility for intra- and intercellular spread. Moving intracellular bacteria are associated with a polarized "comet tail" composed of actin filaments. IcsA, a 120-kDa outer membrane protein necessary for actin-based motility, is located at a single pole on the surface of the organism, at the junction with the actin tail. Here, we demonstrate that stable expression of IcsA on the surface of Escherichia coli is sufficient to allow actin-dependent movement of E. coli in cytoplasmic extracts, at rates comparable to the movement of S. flexneri in infected cells. Thus, IcsA is the sole Shigella-specific factor required for actin-based motility. Continuous protein synthesis and polarized distribution of the protein are not necessary for actin tail formation or movement. Listeria monocytogenes is an unrelated bacterial pathogen that exhibits similar actin-based intracytoplasmic motility. Actin filament dynamics in the comet tails associated with the two different organisms are essentially identical, which indicates that they have independently evolved mechanisms to interact with the same components of the host cytoskeleton.

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To persist in macrophages and in granulomatous caseous lesions, pathogenic mycobacteria must be equipped to withstand the action of toxic oxygen metabolites. In Gram-negative bacteria, the OxyR protein is a critical component of the oxidative stress response. OxyR is both a sensor of reactive oxygen species and a transcriptional activator, inducing expression of detoxifying enzymes such as catalase/hydroperoxidase and alkyl hydroperoxidase. We have characterized the responses of various mycobacteria to hydrogen peroxide both phenotypically and at the levels of gene and protein expression. Only the saprophytic Mycobacterium smegmatis induced a protective oxidative stress response analogous to the OxyR response of Gram-negative bacteria. Under similar conditions, the pathogenic mycobacteria exhibited a limited, nonprotective response, which in the case of Mycobacterium tuberculosis was restricted to induction of a single protein, KatG. We have also isolated DNA sequences homologous to oxyR and ahpC from M. tuberculosis and Mycobacterium avium. While the M. avium oxyR appears intact, the oxyR homologue of M. tuberculosis contains numerous deletions and frameshifts and is probably nonfunctional. Apparently the response of pathogenic mycobacteria to oxidative stress differs significantly from the inducible OxyR response of other bacteria.

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Riassunto La spettrometria di massa (MS) nata negli anni ’70 trova oggi, grazie alla tecnologia Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight (MALDI-TOF), importanti applicazioni in diversi settori: biotecnologico (per la caratterizzazione ed il controllo di qualità di proteine ricombinanti ed altre macromolecole), medico–clinico (per la diagnosi di laboratorio di malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici mirati), alimentare ed ambientale. Negli ultimi anni, questa tecnologia è diventata un potente strumento anche per la diagnosi di laboratorio in microbiologia clinica, rivoluzionando il flusso di lavoro per una rapida identificazione di batteri e funghi, sostituendo l’identificazione fenotipica convenzionale basata su saggi biochimici. Attualmente mediante MALDI-TOF MS sono possibili due diversi approcci per la caratterizzazione dei microrganismi: (1) confronto degli spettri (“mass spectra”) con banche dati contenenti profili di riferimento (“database fingerprints”) e (2) “matching” di bio-marcatori con banche dati proteomiche (“proteome database”). Recentemente, la tecnologia MALDI-TOF, oltre alla sua applicazione classica nell’identificazione di microrganismi, è stata utilizzata per individuare, indirettamente, meccanismi di resistenza agli antibiotici. Primo scopo di questo studio è stato verificare e dimostrare l’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF MS mediante approccio di comparazione degli spettri di differenti microrganismi di interesse medico per i quali l’identificazione risultava impossibile a causa della completa assenza o presenza limitata, di spettri di riferimento all’interno della banca dati commerciale associata allo strumento. In particolare, tale scopo è stato raggiunto per i batteri appartenenti a spirochete del genere Borrelia e Leptospira, a miceti filamentosi (dermatofiti) e protozoi (Trichomonas vaginalis). Secondo scopo di questo studio è stato valutare il secondo approccio identificativo basato sulla ricerca di specifici marcatori per differenziare parassiti intestinali di interesse medico per i quali non è disponibile una banca dati commerciale di riferimento e la sua creazione risulterebbe particolarmente difficile e complessa, a causa della complessità del materiale biologico di partenza analizzato e del terreno di coltura nei quali questi protozoi sono isolati. Terzo ed ultimo scopo di questo studio è stata la valutazione dell’applicabilità della spettrometria di massa con tecnologia MALDI-TOF per lo studio delle resistenze batteriche ai carbapenemi. In particolare, è stato messo a punto un saggio di idrolisi dei carbapenemi rilevata mediante MALDI-TOF MS in grado di determinare indirettamente la produzione di carbapenemasi in Enterobacteriaceae. L’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF mediante l’approccio di comparazione degli spettri è stata dimostrata in primo luogo per batteri appartenenti al genere Borrelia. La banca dati commerciale dello strumento MALDI-TOF MS in uso presso il nostro laboratorio includeva solo 3 spettri di riferimento appartenenti alle specie B. burgdorferi ss, B. spielmani e B. garinii. L’implementazione del “database” con specie diverse da quelle già presenti ha permesso di colmare le lacune identificative dovute alla mancanza di spettri di riferimento di alcune tra le specie di Borrelia più diffuse in Europa (B. afzelii) e nel mondo (come ad esempio B. hermsii, e B. japonica). Inoltre l’implementazione con spettri derivanti da ceppi di riferimento di specie già presenti nel “database” ha ulteriormente migliorato l’efficacia identificativa del sistema. Come atteso, il ceppo di isolamento clinico di B. lusitaniae (specie non presente nel “database”) è stato identificato solo a livello di genere corroborando, grazie all’assenza di mis-identificazione, la robustezza della “nuova” banca dati. I risultati ottenuti analizzando i profili proteici di ceppi di Borrelia spp. di isolamento clinico, dopo integrazione del “database” commerciale, indicano che la tecnologia MALDI-TOF potrebbe essere utilizzata come rapida, economica ed affidabile alternativa ai metodi attualmente utilizzati per identificare ceppi appartenenti a questo genere. Analogamente, per il genere Leptospira dopo la creazione ex-novo della banca dati “home-made”, costruita con i 20 spettri derivati dai 20 ceppi di riferimento utilizzati, è stata ottenuta una corretta identificazione a livello di specie degli stessi ceppi ri-analizzati in un esperimento indipendente condotto in doppio cieco. Il dendrogramma costruito con i 20 MSP-Spectra implementati nella banca dati è formato da due rami principali: il primo formato dalla specie non patogena L. biflexa e dalla specie a patogenicità intermedia L. fainei ed il secondo che raggruppa insieme le specie patogene L. interrogans, L. kirschneri, L. noguchii e L. borgpetersenii. Il secondo gruppo è ulteriormente suddiviso in due rami, contenenti rispettivamente L. borgpetersenii in uno e L. interrogans, L. kirschneri e L. noguchii nell’altro. Quest’ultimo, a sua volta, è suddiviso in due rami ulteriori: il primo comprendente la sola specie L. noguchii, il secondo le specie L. interrogans e L. kirshneri non separabili tra loro. Inoltre, il dendrogramma costruito con gli MSP-Spectra dei ceppi appartenenti ai generi Borrelia e Leptospira acquisiti in questo studio, e appartenenti al genere Brachyspira (implementati in un lavoro precedentemente condotto) mostra tre gruppi principali separati tra loro, uno per ogni genere, escludendo possibili mis-identificazioni tra i 3 differenti generi di spirochete. Un’analisi più approfondita dei profili proteici ottenuti dall’analisi ha mostrato piccole differenze per ceppi della stessa specie probabilmente dovute ai diversi pattern proteici dei distinti sierotipi, come confermato dalla successiva analisi statistica, che ha evidenziato picchi sierotipo-specifici. È stato, infatti, possibile mediante la creazione di un modello statistico dedicato ottenere un “pattern” di picchi discriminanti in grado di differenziare a livello di sierotipo sia i ceppi di L. interrogans sia i ceppi di L. borgpetersenii saggiati, rispettivamente. Tuttavia, non possiamo concludere che i picchi discriminanti da noi riportati siano universalmente in grado di identificare il sierotipo dei ceppi di L. interrogans ed L. borgpetersenii; i picchi trovati, infatti, sono il risultato di un’analisi condotta su uno specifico pannello di sierotipi. È stato quindi dimostrato che attuando piccoli cambiamenti nei parametri standardizzati come l’utilizzo di un modello statistico e di un programma dedicato applicato nella routine diagnostica è possibile utilizzare la spettrometria di massa MALDI-TOF per una rapida ed economica identificazione anche a livello di sierotipo. Questo può significativamente migliorare gli approcci correntemente utilizzati per monitorare l’insorgenza di focolai epidemici e per la sorveglianza degli agenti patogeni. Analogamente a quanto dimostrato per Borrelia e Leptospira, l’implementazione della banca dati dello spettrometro di massa con spettri di riferimento di miceti filamentosi (dermatofiti) si è rilevata di particolare importanza non solo per l’identificazione di tutte le specie circolanti nella nostra area ma anche per l’identificazione di specie la cui frequenza nel nostro Paese è in aumento a causa dei flussi migratori dalla zone endemiche (M. audouinii, T. violaceum e T. sudanense). Inoltre, l’aggiornamento del “database” ha consentito di superare la mis-identificazione dei ceppi appartenenti al complesso T. mentagrophytes (T. interdigitale e T. mentagrophytes) con T. tonsurans, riscontrata prima dell’implementazione della banca dati commerciale. Il dendrogramma ottenuto dai 24 spettri implementati appartenenti a 13 specie di dermatofiti ha rivelato raggruppamenti che riflettono quelli costruiti su base filogenetica. Sulla base dei risultati ottenuti mediante sequenziamento della porzione della regione ITS del genoma fungino non è stato possibile distinguere T. interdigitale e T. mentagrophytes, conseguentemente anche gli spettri di queste due specie presentavano picchi dello stesso peso molecoalre. Da sottolineare che il dendrogramma costruito con i 12 profili proteici già inclusi nel database commerciale e con i 24 inseriti nel nuovo database non riproduce l’albero filogenetico per alcune specie del genere Tricophyton: gli spettri MSP già presenti nel database e quelli aggiunti delle specie T. interdigitale e T. mentagrophytes raggruppano separatamente. Questo potrebbe spiegare le mis-identificazioni di T. interdigitale e T. mentagrophytes con T. tonsurans ottenute prima dell’implementazione del database. L’efficacia del sistema identificativo MALDI-TOF è stata anche dimostrata per microrganismi diversi da batteri e funghi per i quali la metodica originale è stata sviluppata. Sebbene tale sistema identificativo sia stato applicato con successo a Trichomonas vaginalis è stato necessario apportare modifiche nei parametri standard previsti per l’identificazione di batteri e funghi. Le interferenze riscontrate tra i profili proteici ottenuti per i due terreni utilizzati per la coltura di questo protozoo e per i ceppi di T. vaginalis hanno, infatti, reso necessario l’utilizzo di nuovi parametri per la creazione degli spettri di riferimento (MSP-Spectra). L’importanza dello sviluppo del nuovo metodo risiede nel fatto che è possibile identificare sulla base del profilo proteico (e non sulla base di singoli marcatori) microorganismi cresciuti su terreni complessi che potrebbero presentare picchi nell'intervallo di peso molecolare utilizzato a scopo identificativo: metaboliti, pigmenti e nutrienti presenti nel terreno possono interferire con il processo di cristallizzazione e portare ad un basso punteggio identificativo. Per T. vaginalis, in particolare, la “sottrazione” di picchi dovuti a molecole riconducibili al terreno di crescita utilizzato, è stata ottenuta escludendo dall'identificazione l'intervallo di peso molecolare compreso tra 3-6 kDa, permettendo la corretta identificazione di ceppi di isolamento clinico sulla base del profilo proteico. Tuttavia, l’elevata concentrazione di parassita richiesta (105 trofozoiti/ml) per una corretta identificazione, difficilmente ottenibile in vivo, ha impedito l’identificazione di ceppi di T. vaginalis direttamente in campioni clinici. L’approccio identificativo mediante individuazione di specifici marcatori proteici (secondo approccio identificativo) è stato provato ed adottato in questo studio per l’identificazione e la differenziazione di ceppi di Entamoeba histolytica (ameba patogena) ed Entamoeba dispar (ameba non patogena), specie morfologiacamente identiche e distinguibili solo mediante saggi molecolari (PCR) aventi come bersaglio il DNA-18S, che codifica per l’RNA della subunità ribosomiale minore. Lo sviluppo di tale applicazione ha consentito di superare l’impossibilità della creazione di una banca dati dedicata, a causa della complessità del materiale fecale di partenza e del terreno di coltura impiagato per l’isolamento, e di identificare 5 picchi proteici in grado di differenziare E. histolytica da E. dispar. In particolare, l’analisi statistica ha mostrato 2 picchi specifici per E. histolytica e 3 picchi specifici per E. dispar. L’assenza dei 5 picchi discriminanti trovati per E. histolytica e E. dispar nei profili dei 3 differenti terreni di coltura utilizzati in questo studio (terreno axenico LYI-S-2 e terreno di Robinson con e senza E. coli) permettono di considerare questi picchi buoni marcatori in grado di differenziare le due specie. La corrispondenza dei picchi con il PM di due specifiche proteine di E. histolytica depositate in letteratura (Amoebapore A e un “unknown putative protein” di E. histolytica ceppo di riferimento HM-1:IMSS-A) conferma la specificità dei picchi di E. histolytica identificati mediante analisi MALDI-TOF MS. Lo stesso riscontro non è stato possibile per i picchi di E. dispar in quanto nessuna proteina del PM di interesse è presente in GenBank. Tuttavia, va ricordato che non tutte le proteine E. dispar sono state ad oggi caratterizzate e depositate in letteratura. I 5 marcatori hanno permesso di differenziare 12 dei 13 ceppi isolati da campioni di feci e cresciuti in terreno di Robinson confermando i risultati ottenuti mediante saggio di Real-Time PCR. Per un solo ceppo di isolamento clinico di E. histolytica l’identificazione, confermata mediante sequenziamento della porzione 18S-rDNA, non è stata ottenuta mediante sistema MALDI-TOF MS in quanto non sono stati trovati né i picchi corrispondenti a E. histolytica né i picchi corrispondenti a E. dispar. Per questo ceppo è possibile ipotizzare la presenza di mutazioni geno/fenotipiche a livello delle proteine individuate come marcatori specifici per E. histolytica. Per confermare questa ipotesi sarebbe necessario analizzare un numero maggiore di ceppi di isolamento clinico con analogo profilo proteico. L’analisi condotta a diversi tempi di incubazione del campione di feci positivo per E. histolytica ed E. dipar ha mostrato il ritrovamento dei 5 picchi discriminanti solo dopo 12 ore dall’inoculo del campione nel terreno iniziale di Robinson. Questo risultato suggerisce la possibile applicazione del sistema MALDI-TOF MS per identificare ceppi di isolamento clinico di E. histolytica ed E. dipar nonostante la presenza di materiale fecale che materialmente può disturbare e rendere difficile l’interpretazione dello spettro ottenuto mediante analisi MALDI-TOF MS. Infine in questo studio è stata valutata l’applicabilità della tecnologia MALDI-TOF MS come saggio fenotipico rapido per la determinazione di ceppi produttori di carbapenemasi, verificando l'avvenuta idrolisi del meropenem (carbapeneme di riferimento utilizzato in questo studio) a contatto con i ceppi di riferimento e ceppi di isolamento clinico potenzialmente produttori di carbapenemasi dopo la messa a punto di un protocollo analitico dedicato. Il saggio di idrolisi del meropenem mediante MALDI-TOF MS ha dimostrato la presenza o l’assenza indiretta di carbapenemasi nei 3 ceppi di riferimento e nei 1219 (1185 Enterobacteriaceae e 34 non-Enterobacteriaceae) ceppi di isolamento clinico inclusi nello studio. Nessuna interferenza è stata riscontrata per i ceppi di Enterobacteriaceae variamente resistenti ai tre carbapenemi ma risultati non produttori di carbapenemasi mediante i saggi fenotipici comunemente impiegati nella diagnostica routinaria di laboratorio: nessuna idrolisi del farmaco è stata infatti osservata al saggio di idrolisi mediante MALDI-TOF MS. In un solo caso (ceppo di K. pneumoniae N°1135) è stato ottenuto un profilo anomalo in quanto presenti sia i picchi del farmaco intatto che quelli del farmaco idrolizzato. Per questo ceppo resistente ai tre carbapenemi saggiati, negativo ai saggi fenotipici per la presenza di carbapenemasi, è stata dimostrata la presenza del gene blaKPC mediante Real-Time PCR. Per questo ceppo si può ipotizzare la presenza di mutazioni a carico del gene blaKPC che sebbene non interferiscano con il suo rilevamento mediante PCR (Real-Time PCR positiva), potrebbero condizionare l’attività della proteina prodotta (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia negativi) riducendone la funzionalità come dimostrato, mediante analisi MALDI-TOF MS, dalla presenza dei picchi relativi sia all’idrolisi del farmaco sia dei picchi relativi al farmaco intatto. Questa ipotesi dovrebbe essere confermata mediante sequenziamento del gene blaKPC e successiva analisi strutturale della sequenza amminoacidica deducibile. L’utilizzo della tecnologia MALDI-TOF MS per la verifica dell’avvenuta idrolisi del maropenem è risultato un saggio fenotipico indiretto in grado di distinguere, al pari del test di Hodge modificato impiegato comunemente nella routine diagnostica in microbiologia, un ceppo produttore di carbapenemasi da un ceppo non produttore sia per scopi diagnostici che per la sorveglianza epidemiologica. L’impiego del MALDI-TOF MS ha mostrato, infatti, diversi vantaggi rispetto ai metodi convenzionali (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia) impiegati nella routine diagnostica di laboratorio i quali richiedono personale esperto per l’interpretazione del risultato e lunghi tempi di esecuzione e di conseguenza di refertazione. La semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questa tecnica un metodo accurato e rapido. Inoltre, il metodo risulta conveniente dal punto di vista economico, con un costo totale stimato di 1,00 euro per ceppo analizzato. Tutte queste considerazioni pongono questa metodologia in posizione centrale in ambito microbiologico anche nel caso del rilevamento di ceppi produttori di carbapenemasi. Indipendentemente dall’approccio identificativo utilizzato, comparato con i metodi convenzionali il MALDI-TOF MS conferisce in molti casi un guadagno in termini di tempo di lavoro tecnico (procedura pre-analititca per la preparazione dei campioni) e di tempo di ottenimento dei risultati (procedura analitica automatizzata). Questo risparmio di tempo si accentua quando sono analizzati in contemporanea un maggior numero di isolati. Inoltre, la semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questo un metodo di identificazione accurato e rapido risultando più conveniente anche dal punto di vista economico, con un costo totale di 0,50 euro (materiale consumabile) per ceppo analizzato. I risultati ottenuti dimostrano che la spettrometria di massa MALDI-TOF sta diventando uno strumento importante in microbiologia clinica e sperimentale, data l’elevata efficacia identificativa, grazie alla disponibilità sia di nuove banche dati commerciali sia di aggiornamenti delle stesse da parte di diversi utenti, e la possibilità di rilevare con successo anche se in modo indiretto le antibiotico-resistenze.

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During my PhD course, I focused my research on antimicrobial peptides (AMPs), in particular on the aspects of their computational design and development. This work led to the development of a new family of AMPs that I designed, starting from the amino acid sequence of a snake venom toxin, the cardiotoxin 1 (CTX-1) of Naja atra. Naja atra atra cardiotoxin 1, produced by Chinese cobra snakes belonging to Elapidae family, is included in the three-finger toxin family and exerts high cytotoxicity and antimicrobial activity too. This toxin family is characterized by specific folding of three beta-sheet loops (“fingers”) extending from the central core and by four conserved disulfide bridges. Using as template the first loop of this toxin, different sequences of 20 amino acids linear cationic peptides have been designed in order to avoid toxic effects but to maintain and strengthen the antimicrobial activity. As a result, the sequence NCP-0 (Naja Cardiotoxin Peptide-0) was designed as ancestor and subsequently other 4 variant sequences of NCP0 were developed. These variant sequences have shown microbicidal activity towards a panel of reference strains of Gram-positive and Gram-negative bacteria, fungi and an enveloped virus. In particular, the sequence designed as NCP-3 (Naja Cardiotoxin Peptide-3) and its variants NCP-3a and NCP-3b have shown the best antimicrobial activity together with low cytotoxicity against eukaryotic cells and low hemolytic activity. Bactericidal activity has been demonstrated by minimum bactericidal concentration (MBC) assay at values below 10 μg/ml for Pseudomonas aeruginosa ATCC 27853, Acinetobacter baumannii ( clinical isolates), Moraxella catharralis ATCC 25238, MRSA ATCC 43400, while towards Staphylococcus aureus ATCC 25923, Enterococcus hirae ATCC 10541 and Streptococcus agalactiae ATCC 13813 the bactericidal activity was demonstrated even below 1.6 μg/ml concentration. This potent antimicrobial activity was confirmed even for unicellular fungi Candida albicans, Candida glabrata and Malassezia pachydermatis (MBC 32.26-6.4 μg/ml), and also against the fast-growing mycobacteria Mycobacterium smegmatis DSMZ 43756 and Mycobacterium fortuitum DSMZ 46621 (MBC 100 μg/ml). Moreover, NCP-3 has shown a virucidal activity on the enveloped virus Bovine Herpesvirus 1 (BoHV1) belonging to herpesviridae family. The bactericidal activity is maintained in a high salt concentration (125 and 250 mM NaCl) medium and PB +20% Mueller Hinton Medium for E. coli, MRSA and Pseudomonas aeruginosa reference strains. Considering these in vitro obtained data, we propose NCP-3 and its variants NCP-3a and NCP-3b as promising antimicrobial candidates. For this reason, the whole novel AMPs family has been protected by a national patent (n°102015000015951).

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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.

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Coxiella burnetii is a Gram-negative obligate parasitic bacterium that causes the disease Q-fever in humans. To establish its intracellular niche, it utilizes the Icm/Dot type IVB secretion system (T4BSS) to inject protein effectors into the host cell cytoplasm. The host targets of most cognate and candidate T4BSS-translocated effectors remain obscure. We used the yeast Saccharomyces cerevisiae as a model to express and study six C. burnetii effectors, namely AnkA, AnkB, AnkF, CBU0077, CaeA and CaeB, in search for clues about their role in C. burnetii virulence. When ectopically expressed in HeLa cells, these effectors displayed distinct subcellular localizations. Accordingly, GFP fusions of these proteins produced in yeast also decorated distinct compartments, and most of them altered cell growth. CaeA was ubiquitinated both in yeast and mammalian cells and, in S. cerevisiae, accumulated at juxtanuclear quality-control compartments (JUNQs) and insoluble protein deposits (IPODs), characteristic of aggregative or misfolded proteins. AnkA, which was not ubiquitinated, accumulated exclusively at the IPOD. CaeA, but not AnkA or the other effectors, caused oxidative damage in yeast. We discuss that CaeA and AnkA behavior in yeast may rather reflect misfolding than recognition of conserved targets in the heterologous system. In contrast, CBU0077 accumulated at vacuolar membranes and abnormal ER extensions, suggesting that it interferes with vesicular traffic, whereas AnkB associated with the yeast nucleolus. Both effectors shared common localization features in HeLa and yeast cells. Our results support the idea that C. burnetii T4BSS effectors manipulate multiple host cell targets, which can be conserved in higher and lower eukaryotic cells. However, the behavior of CaeA and AnkA prompt us to conclude that heterologous protein aggregation and proteostatic stress can be a limitation to be considered when using the yeast model to assess the function of bacterial effectors.

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Arcobacter spp. é um micro-organismo Gram negativo que provoca diarreia aquosa e sepse em seres humanos. A. butzleri, A. cryaerophilus e A. skirrowii são espécies patogênicas para humanos. O objetivo deste estudo foi detectar a presença de Arcobacter spp. na carne de aves comercializadas em açougues na cidade de São Paulo, verificando os genes de virulência e o perfil genotípico. Um total de 300 cortes de carne de frango foram submetidos ao cultivo e isolamento sob condições aeróbicas, a 30°C por 72 horas. Colônias suspeitas de Arcobacter spp. foram selecionadas para a detecção molecular pela reacção em cadeia da polimerase (PCR), a fim de determinar as espécies e os genes de virulência. Os resultados revelaram a presença de Arcobacter spp. em 18.3% (55/300) de amostras de carne de aves, sendo identificado como A. butzleri 63,6% (35/55) e A. cryaerophilus 36,3% (20/55). Os genes de virulência pesquisados demonstraram positividade de 100% (55/55) para o ciaB e mviN, seguidos de cj1349 98,1% (54/55), pldA 94,4% (52/55), cadF 72,7% (40/55), tlyA 92,7% (51/55), hecA 49% (27/55), irgA 47,2% (26/55) e hecB 34,5% (19/55). Estas cepas foram submetidas ao AFLP gerando dois dendogramas. Foram identificados 19 perfis genotípicos para A. butzleri e 17 para A. cryaerophilus. Os resultados desta pesquisa apontam a presença de A. butzleri e A. cryaerophilus na fase final da distribuição de carne de frangos nos açougues. A falta de inocuidade dos alimentos de origem animal, bem como a presença de estirpes virulentas representam riscos de Saúde Pública, com especial atenção para a possibilidade de contaminação cruzada gerados por alimentos crus e utensílios de cozinha

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O comportamento materno consiste em um conjunto de mudanças comportamentais e fisiológicas, exercidas pelos indivíduos adultos em torno dos indivíduos reprodutivamente imaturos, garantindo sua sobrevivência e a propagação de sua espécie. A interação mãe e filhote é tida tipicamente como simbiótica. Os filhotes quando separados da mãe sinalizam para serem recolhidos através de dicas olfativas, visuais e da vocalização que representa uma forma de comunicação filhote e mãe. O modelo de febre clássico e amplamente empregado envolve a utilização do lipopolissacarídeo (LPS), principal componente da parede celular de bactérias Gram-Negativas. Além da febre, as infecções apresentam uma cadeia de respostas não especificas do hospedeiro que se sabe estarem envolvidos em muitas das funções vitais, incluindo a resposta imune estas incluem a hipozinquemia. Sendo assim, fêmeas virgens, gestantes e lactantes receberam LPS (100 µg/kg, i.p.) e foram tratadas com zinco (2 mg/kg, s.c.) O peso corporal, consumo de água, ração, e a temperatura corporal foram medidas por noventa e seis horas, duas horas após a administração do LPS. No quinto dia de lactação foram observados o comportamento maternal, a atividade geral em campo aberto e a vocalização ultrassônica nos filhotes. No dia do desmame os filhotes dessas fêmeas receberam um desafio com LPS (50 µg/kg, i.p.) e duas horas após a administração, foram observados a atividade geral em campo aberto, e o burst e fagocitose de neutrófilos. Observamos que: 1) Em ratas virgens, gestantes e lactantes, a exposição ao LPS e o tratamento com zinco modificou de forma específica a temperatura e peso corporal, consumo de água e ração e a atividade geral observadas em campo aberto; 2) No período de lactação, houve redução da latência para busca do primeiro filhote. Na prole das fêmeas lactantes verificou-se que: 3) Houve alteração no padrão de vocalização dos filhotes; 4) houve alteração na atividade geral observada em campo aberto e no burst e fagocitose de neutrófilos no vigésimo primeiro dia pós natal, após um desafio com a endotoxina, Assim, os resultados indicam que a administração de LPS e o tratamento com zinco têm seus efeitos modulados conforme o estágio fisiológico em que a fêmea se encontra, e interfere com a interação mãe/filhote, resultando em efeitos de curto e longo prazo sobre o comportamento dos filhotes. A partir deste trabalho, a possibilidade da exposição de mães à endotoxina bacteriana e da modulação de seus efeitos pelo zinco programar as respostas inflamatórias dos filhos torna-se factível

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Introdução: Infecções relacionadas à assistência de saúde (IRAS) representam hoje um dos principais desafios da qualidade do cuidado do paciente, principalmente em pacientes submetido a transplante de células tronco e hematopoiéticas (TCTH) O banho diário com a clorexidina (CHG) degermante a 2% tem sido proposto principalmente em unidades de terapia intensivas (UTIs) para diminuir a colonização bacteriana do paciente e assim diminuir IRAS. O objetivo deste estudo foi avaliar o impacto do banho com CHG degermante a 2% em unidade de internação de TCTH na incidência de infecção e colonização por patógenos multirresistentes e ainda avaliar seu impacto na sensibilidade das bactérias ao antisséptico. Métodos: Foi realizado um estudo quasi-experimental, com duração de 9 anos, com início em janeiro/2005 até dezembro/2013. A intervenção foi iniciada em agosto de 2009, sendo que os períodos pré e pós-intervenção tiveram duração de 4,5 anos. As taxas de IRAS, infecção por gram-negativos multirresistentes e infecção e colonização por enterococo resistente a vancomicina (VRE) foram avaliadas através de série temporal, para estudar o impacto da intervenção. As concentrações inibitórias mínimas (CIM) das bactérias para a CHG com e sem o inibidor de bomba de efluxo (CCCP) foram avaliadas nos dois períodos. Os genes de resistência a CHG foram estudados por meio da PCR e a clonalidade dos isolados por eletroforese em campo pulsátil. Resultados: Foi observada redução significativa na incidência de infecção e colonização de VRE na unidade no período pós-intervenção (p: 0,001). Essa taxa permaneceu estável em outras UTIs clínicas do hospital. Contudo as taxas de infecção por Gram negativos multirresistentes aumentou nos últimos anos na unidade. Não ocorreu diminuição na taxa de IRAS na unidade. As CIMs testadas de CHG aumentaram nas amostras de VRE e K. pneumoniae após o período de exposição ao antisséptico, com queda importante da CIM após o uso do CCCP, revelando ser a bomba de efluxo, um importante mecanismo de resistência à CHG. As amostras de A. baumannii e P. aeruginosa não apresentaram aumento da CIM após período de exposição à clorexidina. As bombas de efluxo Ade A, B e C estiveram presentes na maioria dos A. baumannii do grupo controle (66%). A bomba cepA foi encontrada em 67% de todas as K. pneumoniae testadas e em 44,5% das P. aeruginosas do grupo pré intervenção. Observamos uma relação positiva entre a presença da CepA nas amostras de K. pneumoniae e a resposta ao CCCP: de todas as 49 amostras CepA positivas 67,3% obtiveram redução do seu MIC em 4 diluições após adição do CCCP. A avaliação de clonalidade demonstrou padrão policlonal das amostras de VRE, K. pneumoniae e A. baumannii avaliadas. Em relação às amostras de P. aeruginosa foi observado que no período pós-intervenção ocorreu predominância de um clone com > 80% semelhança em 10 das 22 amostras avaliadas pelo dendrograma. Conclusões: O banho de clorexidina teve impacto na redução da incidência de infecção e colonização por VRE na unidade de TCTH, e não teve o mesmo impacto nas bactérias gram-negativas. Os mecanismos moleculares de resistência à clorexidina estão intimamente ligados à presença de bomba de efluxo, sendo provavelmente o principal mecanismo de resistência e tolerância das bactérias ao antisséptico

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Durante uma infecção, uma complexa seqüência de eventos é inkiada após a invasão do hospedeiro por microrganismos patogênicos. Escherichia coli enteroinvasora (EIEC), assim como Shigella, causa disenteria através da invasão da mucosa do cólon, levando à destruição tecidual e inflamação. Para que ocorra um processo infeccioso, porém, são necessários inóculos de 102 Shigella e 106 EIEC. Foram avaliados aspectos da resposta inflamatória desencadeada pela infecção por EIEC em modelo murino, comparativamente a Shigella. A infecção de macrófagos J774 por EIEC resultou em fagocitose bacteriana, comprometimento da viabilidade do macrófago e produção de citocinas. Macrófagos de camundongos C57BU6 infectados com EIEC produziram NO, que parece ser importante no controle da infecção. Foi observado que camundongos INOS nocaute apresentaram maior produção de citocinas pró-inflamatórias e maior letalidade após infecção do que os selvagens. EIEC induziu a migração de granulócitos e monócitos para o peritônio, e a secreção de citocinas por estas células. Houve proliferação de linfócitos em resposta aos antígenos solúveis de EIEC, mas não foi detectada produção de citocinas por estes linfócitos.Comparativamente a Shigella, EIEC escapou mais lentamente do macrófago, induziu menor produção de citocinas pró-inflamatórias e NO, e menor ativação dos linfócitos T. Estes dados sugerem o desafio com EIEC desencadeia uma resposta menos severa no hospedeiro do que Shigella, o que explicaria a forma mais branda de disenteria e resolução mais rápida do processo infeccioso causado por EIEC.

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O operon groESL de C. crescentus apresenta dupla regulação. A indução deste operon por choque térmico é dependente do fator sigma de choque térmico σ32. A temperaturas fisiológicas, a expressão de groESL apresenta regulação temporal durante o ciclo celular da bactéria e o controle envolve a proteína repressora HrcA e o elemento CIRCE (controlling inverted repeat of chaperonin expression). Para estudar a atividade da proteína repressora in vitro, produzimos e purificamos de E. coli a HrcA de C. creseentus contendo uma cauda de histidinas e a ligação especifica ao elemento CIRCE foi analisada em ensaios de migração retardada em gel de poliacrilamida (EMRGP). A quantidade de DNA retardada pela ligação a HrcA aumentou significativamente na presença de GroES/GroEL, sugerindo que estas proteínas modulam a atividade de HrcA. Corroboração desta modulação foi obtida analisando fusões de transcrição da região regulatória de groESL com o gene lacZ, em células de C. crescentus produzindo diferentes quantidades de GroES/EL. HrcA contendo as substituições Pro81 AJa e Arg87Ala, aminoácidos que se localizam no domínio putativo de ligação ao DNA da proteína, mostraram ser deficientes na ligação a CIRCE, tanto in vitro como in vivo. Em adição, HrcA Ser56Ala expressa na mesma célula juntamente com a proteína selvagem produziu um fenótipo dominante-negativo, indicando que a HrcA de C. crescentus liga-se a CIRCE como um oligômero, provavelmente um dímero. As tentativas de obtenção de mutantes nulos para os genes groESL ou dnaKJ falharam, indicando que as proteínas GroES/GroEL e DnaK/DnaJ são essenciais em C. crescentus, mesmo a temperaturas normais. Foram então construídas no laboratório as linhagens mutantes condicionais SG300 e SG400 de C. crescentus, onde a expressão de groESL e de dnaKJ, respectivamente, está sob controle de um promotor induzido por xilose (PxyIX). Estas linhagens foram caracterizadas quanto á sua morfologia em condições permissivas ou restritivas, assim como quanto à capacidade de sobrevivência frente a vários tipos de estresse. As células da linhagem SG300, exauridas de GroES/GroEL, são resistentes ao choque térmico a 42°C e são capazes de adquirir alguma termotolerância. Entretanto, estas células são sensíveis aos estresses oxidativo, salino e osmótico. As células da linhagem SG400, exauridas de DnaKlJ, são sensíveis ao choque térmico, à exposição a etanol e ao congelamento, e são incapazes de adquirir termotolerância. Além disso, tanto as células exauridas de GroES/GroEL quanto as exauridas de DnaK/DnaJ apresentam problemas na sua morfologia. As células de SG300 exauridas de GroES/GroEL formam filamentos longos que possuem constrições fundas e irregulares. As células de SG400 exauridas de DnaK/DnaJ são apenas um pouco mais alongadas que as células pré-divisionais selvagens e a maioria das células não possuem septo. Estas observações indicam bloqueio da divisão celular, que deve ocorrer em diferentes estágios em cada linhagem.

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A nanotecnologia tem sido aplicada para o desenvolvimento de materiais para diversas aplicações inclusive na inativação de patógenos. As nanopartículas de sílica (npSi) destacam-se pela alta área superficial, facilidade na alteração da superfície para aumento da eficiência adsortiva, penetrabilidade e toxicidade para bactérias gram-negativas sendo biocompatíveis para células de mamíferos e mais foto-estáveis que a maioria dos compostos orgânicos. Devido as suas vantagens, as npSi podem ser usadas para veicular fotossensibilizadores (FSs) uma vez que permitem sua utilização em solução aquosa em que os FSs geralmente são insolúveis. Além disso, o uso de FSs em vez de antibióticos, permite a inativação microbiológica pela Terapia Fotodinâmica sem que as bactérias adquiram resistência por mecanismos genéticos. Esse processo ocorre pela interação entre um FS, luz e oxigênio molecular produzindo oxigênio singleto que é extremamente reativo danificando estruturas celulares. O objetivo desse estudo foi otimizar a fotoinativação dinâmica de E .coli utilizando Azul de Metileno (AM) e Azul de Toluidina O (ATO) veiculados por npSi. As npSi foram preparadas pela metodologia sol-gel, caracterizadas por microscopia eletrônica de varredura (MEV) e submetidas à adsorção de AM e ATO em sua superfície. A presença de AM e ATO na superfície das npSi foram analisadas por espectroscopia no infravermelho; espectroscopia de fluorescência por raio-X e análise termogravimétrica. O planejamento experimental, iniciado pelo fatorial 23 e modelado ao composto central em busca das condições ótimas foi adotado pela primeira vez nessa aplicabilidade, visando a fotoinativação de E. coli empregando AM e ATO em solução e em seguida com npSi. AM e ATO veiculados por npSi permitem a fotoinativação em concentrações mais baixas de FS (20 e 51% respectivamente), causando desestruturação da integridade bacteriana demonstrada por MEV. Os resultados sugerem que a veiculação de AM e ATO por npSi é extremamente efetiva para a fotoinativação dinâmica de E. coli e que o planejamento composto central pode levar à completa inativação das bactérias.

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O jacaré-de-papo (Caiman latirostris) é considerado um crocodiliano de médio porte que apresenta uma ampla distribuição latitudinal na América do Sul. Possivelmente a espécie possui a situação mais complexa entre os crocodilianos brasileiros quanto ao aspecto da conservação, basicamente porque suas populações encontram-se fragmentadas em grande parte de sua área de distribuição original e por utilizarem áreas com fortes atividades antrópicas. Embora a espécie possua aparentemente um processo adaptativo frente a estas pressões, um aspecto fisiológico pode ainda sofrer rápida alteração quando submetido a elas: o estado sanitário. Desta maneira, este estudo objetivou determinar o estado sanitário do maior predador aquático, utilizando duas áreas distintas no Estado de São Paulo, através da determinação dos perfis hematológicos e bioquímicos do sangue, além da caracterização da microbiota oral, servindo de modelo à conservação da espécie em ambientes alterados. No primeiro capítulo foram determinados o perfil hematológico e bioquímico do sangue utilizando-se 29 indivíduos (19 machos e 10 fêmeas) capturados em Angatuba e 11 indivíduos (2 machos, 4 fêmeas e 5 filhotes) capturados em Cubatão. Diferenças estatísticas significativas foram encontradas nos valores de creatinina na comparação entre fêmeas de ambas as áreas de estudo (p = 0,033) e nos valores de alanina aminotransferase (p = 0,003), hemácias (p = 0,034), hemoglobina (p = 0,049) e volume corpuscular médio (p = 0,027) quando da comparação entre sexos. No segundo capítulo determinou-se a microbiota oral destes animais através do isolamento, identificação e caracterização bacteriana, em conjunto com o teste de perfil de susceptibilidade aos antimicrobianos. Foram determinados 14 diferentes tipos de bactérias na área de Angatuba, sendo uma classificada como baciliforme aeróbio Gram-positivo, uma como bacilo Gram-negativo e 12 classificadas como Enterobactérias Gram-negativas. Na área de Cubatão foram isolados cinco tipos de bactérias, sendo quatro classificadas como Enterobactérias Gram-negativas e uma como baciliforme aeróbio Gram-positivo. Considerando que o uso de antimicrobianos é um processo primário no tratamento de animais e pessoas, principalmente nos casos que envolvam infecções provocadas pela interação homem x animais, para ambas as áreas de estudo, as quinolonas Enrofloxacina e Norfloxacina, além do aminoglicosídeo Gentamicina, foram os antimicrobianos que apresentaram os menores índices de resistência frente aos isolados testados.

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Active edible films were prepared by adding carvacrol into sodium caseinate (SC) and calcium caseinate (CC) matrices plasticized with two different glycerol concentrations (25 and 35 wt%) prepared by solvent casting. Functional characterisation of these bio-films was carried out by determination of some of their physico-chemical properties, such as colour, transparency, oxygen barrier, wettability, dye permeation properties and antibacterial effectiveness against Gram negative and Gram positive bacteria. All films exhibited good performance in terms of optical properties in the CIELab space showing high transparency. Carvacrol was able to reduce CC oxygen permeability and slightly increased the surface hydrophobicity. Dye diffusion experiments were performed to evaluate permeation properties. The diffusion of dye through films revealed that SC was more permeable than CC. The agar diffusion method was used for the evaluation of the films antimicrobial effectiveness against Escherichia coli and Staphylococcus aureus. Both SC and CC edible films with carvacrol showed inhibitory effects on both bacteria.