890 resultados para inflation targeting


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B-lymphocyte-specific class switch recombination is known to occur between pairs of 2- to 10-kb switch regions located immediately upstream of the immunoglobulin constant heavy-chain genes. Others have shown that the recombination is temporally correlated with the induction of transcription at the targeted switch regions. To determine whether this temporal correlation is due to a mechanistic linkage, we have developed an extrachromosomal recombination assay that closely recapitulates DNA deletional class switch recombination. In this assay, the rate of recombination is measured between 24 and 48 hr posttransfection. We find that recombinants are generated in a switch sequence-dependent manner. Recombination occurs with a predominance within B-cell lines representative of the mature B-cell stage and within a subset of pre-B-cell lines. Transcription stimulates the switch sequence-dependent recombination. Importantly, transcription activates recombination only when directed in the physiologic orientation but has no effect when directed in the nonphysiologic orientation.

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It has previously been shown that mRNA encoding the arginine vasopressin (AVP) precursor is targeted to axons of rat magnocellular neurons of the hypothalamo-neurohypophyseal tract. In the homozygous Brattle-boro rat, which has a G nucleotide deletion in the coding region of the AVP gene, no such targeting is observed although the gene is transcribed. RNase protection and heteroduplex analyses demonstrate that, in heterozygous animals, which express both alleles of the AVP gene, the wild-type but not the mutant transcript is subject to axonal compartmentation. In contrast, wild-type and mutant AVP mRNAs are present in dendrites. These data suggest the existence of different mechanisms for mRNA targeting to the two subcellular compartments. Axonal mRNA localization appears to take place after protein synthesis; the mutant transcript is not available for axonal targeting because it lacks a stop codon preventing its release from ribosomes. Dendritic compartmentation, on the other hand, is likely to precede translation and, thus, would be unable to discriminate between the two mRNAs.

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Negli ultimi anni i modelli VAR sono diventati il principale strumento econometrico per verificare se può esistere una relazione tra le variabili e per valutare gli effetti delle politiche economiche. Questa tesi studia tre diversi approcci di identificazione a partire dai modelli VAR in forma ridotta (tra cui periodo di campionamento, set di variabili endogene, termini deterministici). Usiamo nel caso di modelli VAR il test di Causalità di Granger per verificare la capacità di una variabile di prevedere un altra, nel caso di cointegrazione usiamo modelli VECM per stimare congiuntamente i coefficienti di lungo periodo ed i coefficienti di breve periodo e nel caso di piccoli set di dati e problemi di overfitting usiamo modelli VAR bayesiani con funzioni di risposta di impulso e decomposizione della varianza, per analizzare l'effetto degli shock sulle variabili macroeconomiche. A tale scopo, gli studi empirici sono effettuati utilizzando serie storiche di dati specifici e formulando diverse ipotesi. Sono stati utilizzati tre modelli VAR: in primis per studiare le decisioni di politica monetaria e discriminare tra le varie teorie post-keynesiane sulla politica monetaria ed in particolare sulla cosiddetta "regola di solvibilità" (Brancaccio e Fontana 2013, 2015) e regola del GDP nominale in Area Euro (paper 1); secondo per estendere l'evidenza dell'ipotesi di endogeneità della moneta valutando gli effetti della cartolarizzazione delle banche sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria negli Stati Uniti (paper 2); terzo per valutare gli effetti dell'invecchiamento sulla spesa sanitaria in Italia in termini di implicazioni di politiche economiche (paper 3). La tesi è introdotta dal capitolo 1 in cui si delinea il contesto, la motivazione e lo scopo di questa ricerca, mentre la struttura e la sintesi, così come i principali risultati, sono descritti nei rimanenti capitoli. Nel capitolo 2 sono esaminati, utilizzando un modello VAR in differenze prime con dati trimestrali della zona Euro, se le decisioni in materia di politica monetaria possono essere interpretate in termini di una "regola di politica monetaria", con specifico riferimento alla cosiddetta "nominal GDP targeting rule" (McCallum 1988 Hall e Mankiw 1994; Woodford 2012). I risultati evidenziano una relazione causale che va dallo scostamento tra i tassi di crescita del PIL nominale e PIL obiettivo alle variazioni dei tassi di interesse di mercato a tre mesi. La stessa analisi non sembra confermare l'esistenza di una relazione causale significativa inversa dalla variazione del tasso di interesse di mercato allo scostamento tra i tassi di crescita del PIL nominale e PIL obiettivo. Risultati simili sono stati ottenuti sostituendo il tasso di interesse di mercato con il tasso di interesse di rifinanziamento della BCE. Questa conferma di una sola delle due direzioni di causalità non supporta un'interpretazione della politica monetaria basata sulla nominal GDP targeting rule e dà adito a dubbi in termini più generali per l'applicabilità della regola di Taylor e tutte le regole convenzionali della politica monetaria per il caso in questione. I risultati appaiono invece essere più in linea con altri approcci possibili, come quelli basati su alcune analisi post-keynesiane e marxiste della teoria monetaria e più in particolare la cosiddetta "regola di solvibilità" (Brancaccio e Fontana 2013, 2015). Queste linee di ricerca contestano la tesi semplicistica che l'ambito della politica monetaria consiste nella stabilizzazione dell'inflazione, del PIL reale o del reddito nominale intorno ad un livello "naturale equilibrio". Piuttosto, essi suggeriscono che le banche centrali in realtà seguono uno scopo più complesso, che è il regolamento del sistema finanziario, con particolare riferimento ai rapporti tra creditori e debitori e la relativa solvibilità delle unità economiche. Il capitolo 3 analizza l’offerta di prestiti considerando l’endogeneità della moneta derivante dall'attività di cartolarizzazione delle banche nel corso del periodo 1999-2012. Anche se gran parte della letteratura indaga sulla endogenità dell'offerta di moneta, questo approccio è stato adottato raramente per indagare la endogeneità della moneta nel breve e lungo termine con uno studio degli Stati Uniti durante le due crisi principali: scoppio della bolla dot-com (1998-1999) e la crisi dei mutui sub-prime (2008-2009). In particolare, si considerano gli effetti dell'innovazione finanziaria sul canale dei prestiti utilizzando la serie dei prestiti aggiustata per la cartolarizzazione al fine di verificare se il sistema bancario americano è stimolato a ricercare fonti più economiche di finanziamento come la cartolarizzazione, in caso di politica monetaria restrittiva (Altunbas et al., 2009). L'analisi si basa sull'aggregato monetario M1 ed M2. Utilizzando modelli VECM, esaminiamo una relazione di lungo periodo tra le variabili in livello e valutiamo gli effetti dell’offerta di moneta analizzando quanto la politica monetaria influisce sulle deviazioni di breve periodo dalla relazione di lungo periodo. I risultati mostrano che la cartolarizzazione influenza l'impatto dei prestiti su M1 ed M2. Ciò implica che l'offerta di moneta è endogena confermando l'approccio strutturalista ed evidenziando che gli agenti economici sono motivati ad aumentare la cartolarizzazione per una preventiva copertura contro shock di politica monetaria. Il capitolo 4 indaga il rapporto tra spesa pro capite sanitaria, PIL pro capite, indice di vecchiaia ed aspettativa di vita in Italia nel periodo 1990-2013, utilizzando i modelli VAR bayesiani e dati annuali estratti dalla banca dati OCSE ed Eurostat. Le funzioni di risposta d'impulso e la scomposizione della varianza evidenziano una relazione positiva: dal PIL pro capite alla spesa pro capite sanitaria, dalla speranza di vita alla spesa sanitaria, e dall'indice di invecchiamento alla spesa pro capite sanitaria. L'impatto dell'invecchiamento sulla spesa sanitaria è più significativo rispetto alle altre variabili. Nel complesso, i nostri risultati suggeriscono che le disabilità strettamente connesse all'invecchiamento possono essere il driver principale della spesa sanitaria nel breve-medio periodo. Una buona gestione della sanità contribuisce a migliorare il benessere del paziente, senza aumentare la spesa sanitaria totale. Tuttavia, le politiche che migliorano lo stato di salute delle persone anziane potrebbe essere necessarie per una più bassa domanda pro capite dei servizi sanitari e sociali.

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Há mais de uma década o controle dos níveis de preço na economia brasileira é realizado dentro do escopo do Regime de Metas de Inflação, que utiliza modelos macroeconômicos como instrumentos para guiar as tomadas de decisões sobre política monetária. Após um período de relativo êxito (2006 - 2009), nos últimos anos apesar dos esforços das autoridades monetárias na aplicação das políticas de contenção da inflação, seguindo os mandamentos do regime de metas, esta tem se mostrado resistente, provocando um debate em torno de fatores que podem estar ocasionando tal comportamento. Na literatura internacional, alguns trabalhos têm creditado aos choques de oferta, especialmente aos desencadeados pela variação dos preços das commodities, uma participação significativa na inflação, principalmente em economias onde os produtos primários figuram como maioria na pauta exportadora. Na literatura nacional, já existem alguns trabalhos que apontam nesta mesma direção. Sendo assim, buscou-se, como objetivo principal para o presente estudo, avaliar como os choques de oferta, mais especificamente os choques originados pelos preços das commodities, têm impactado na inflação brasileira e como e com que eficiência a política monetária do país tem reagido. Para tanto, foi estimado um modelo semiestrutural contendo uma curva de Phillips, uma curva IS e duas versões da Função de Reação do Banco Central, de modo a verificar como as decisões de política monetária são tomadas. O método de estimação empregado foi o de Autorregressão Vetorial com Correção de Erro (VEC) na sua versão estrutural, que permite uma avaliação dinâmica das relações de interdependência entre as variáveis do modelo proposto. Por meio da estimação da curva de Phillips foi possível observar que os choques de oferta, tanto das commodities como da produtividade do trabalho e do câmbio, não impactam a inflação imediatamente, porém sua relevância é crescente ao longo do tempo chegando a prevalecer sobre o efeito autorregressivo (indexação) verificado. Estes choques também se apresentaram importantes para o comportamento da expectativa de inflação, produzindo assim, uma indicação de que seus impactos tendem a se espalhar pelos demais setores da economia. Através dos resultados da curva IS constatou-se a forte inter-relação entre o hiato do produto e a taxa de juros, o que indica que a política monetária, por meio da fixação de tal taxa, influencia fortemente a demanda agregada. Já por meio da estimação da primeira função de reação, foi possível perceber que há uma relação contemporânea relevante entre o desvio da expectativa de inflação em relação à meta e a taxa Selic, ao passo que a relação contemporânea do hiato do produto sobre a taxa Selic se mostrou pequena. Por fim, os resultados obtidos com a segunda função de reação, confirmaram que as autoridades monetárias reagem mais fortemente aos sinais inflacionários da economia do que às movimentações que acontecem na atividade econômica e mostraram que uma elevação nos preços das commodities, em si, não provoca diretamente um aumento na taxa básica de juros da economia.

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This paper studies inflation persistence with time-varying coefficient autoregressions for twelve central European countries,in comparison with the United States and the euro area. Inflation persistence tends to be higher in times of high inflation. Since the oil price shocks, inflation persistence has declined both in the US and euro-area. In most central and eastern European countries, for which our study covers 1993-2012, inflation persistence has also declined, with the main exceptions of the Czech Republic, Slovakia and Slovenia, where persistence seems to be rather stable.

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There are clear benefits to price stability. High inflation can distort corporate investment decisions and the consumption behaviour of households. Changes to inflation redistribute real wealth and income between different segments of society, such as savers and borrowers, or young and old. Price stability is therefore a fundamental public good and it became a fundamental principle of European Economic and Monetary Union. But the European Treaties do not define price stability. It was left to the Governing Council of the European Central Bank (ECB) to quantify it: "Price stability is defined as a year-on-year increase in the Harmonised Index of Consumer Prices (HICP) for the euro area of below 2%"[1]. The Governing Council has also clarified that it aims to maintain inflation below, but close to, two percent over the medium term, though it has not quantified what 'closeness' means, nor has it given a precise definition of the 'medium term'[2]. The clarification has been widely interpreted to mean that the actual target of the ECB is close to, but below, two percent inflation in the medium term.

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Inflation rates can differ across regions of monetary unions. We show that in the euro area, the US, Canada, Japan and Australia, inflation rates have been substantially and persistently different in different regions. Differences were particularly substantial in the euro area. Inflation differences can reflect normal adjustment processes such as price convergence or the Balassa-Samuelson effect, or can reflect the different cyclical position of regions. But they can also be the result of economic distortions resulting from segmented markets or unsustainable demand and credit developments fueled by low real interest rates. In normal times, the European Central Bank cannot influence such developments with its single interest rate instrument. However, unconventional policy measures can have different effects on different countries depending on the chosen instrument, and should be used to reduce fragmentation and ensure the proper transmission of monetary policy. The new macro prudential policy tools are unlikely to be practical in addressing inflation divergences. It is crucial to keep the average inflation rate close to two percent so that inflation differentials are possible without deflation in some parts of the euro area, which in turn might endanger area-wide financial stability and price stability.

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This paper develops a new underlying inflation gauge (UIG) for China which differentiates between trend and noise, is available daily and uses a broad set of variables that potentially influence inflation. Its construction follows the works at other major central banks, adopts the methodology of a dynamic factor model that extracts the lower frequency components as developed by Forni et al (2000) and draws on the experience of the People’s Bank of China in modelling inflation.