1000 resultados para Grafi,Basi di dati a grafo,interrogazioni,GraphVista,Graphite,SPARQL
Resumo:
La Tomografia Computerizzata perfusionale (TCp) è una tecnica che permette di effettuare studi funzionali di natura emodinamica dei tessuti ispezionati, misurandone la perfusione attraverso l’analisi temporale della diffusione del mezzo di contrasto. Ricerche recenti indicano come alcuni parametri (ad esempio, il blood flow) della perfusione ematica dell’organo interessato rappresentino un valido strumento per la valutazione dell’efficacia delle terapie anti-angiogenetiche. Valutazione che, potendo avvenire già in fase precoce, senza attendere i più tardivi cambiamenti dimensionali, consente un eventuale adeguamento, altrettanto precoce, della terapia in caso di risultati parziali o di insuccesso. Tuttavia diversi problemi, tra cui la difficoltà ad ottenere misure riproducibili, dovuta alla estrema variabilità delle cause di errore, costituiscono un ostacolo alla standardizzazione e, conseguentemente, alla trasposizione in clinica della TCp. Il lavoro di tesi ha avuto come obiettivo quello di identificare le principali sorgenti di errore in tutto il processo di preparazione dell’esame, generazione e archiviazione dei dati TCp al fine di fornire a IRST-IRCCS un protocollo perfusionale che consente di tenere sotto controllo, innanzitutto, tutti i parametri relativi alla somministrazione del mezzo di contrasto e alla fase di acquisizione delle immagini. Successivamente, è stato creato un catalogo di esami perfusionali, facilmente consultabile sia dal personale medico sia da quello ingegneristico. Infine, è stato fornito il supporto, sia ai medici sia agli ingegneri, per la messa a punto di un metodo di validazione visiva dei risultati ottenuti. Contestualmente, uno dei principali risultati del lavoro di Tesi è stato quello di creare, all’interno di IRST-IRCCS, una figura che funga da “collettore” fra i radiologi e gli ingegneri dell’Università di Bologna. Proprio in questo modo è stato possibile standardizzare le procedure di esecuzione degli esami perfusionali e implementare, attraverso l’interfacciamento tra il personale medico ed i ricercatori dell’Università, i protocolli per la gestione ed il trattamento dei dati acquisiti.
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Funzioni di adattatività delle frizioni: Sono state ricercate ed individuate le cause dei diversi risultati delle adaption riscontrati tra costruttore cambi e Ferrari Torque Map (mappe pressione-slip-coppia): E’ stato realizzato uno strumento in grado di calcolare e simulare il funzionamento delle stesse a partire dalle misure a banco: esito positivo dei test in vettura con i nuovi dati Considerazioni sul processo di rodaggio delle frizioni: E’ stata valutata l’efficacia della nuova procedura in relazione a quanto fatto in precedenza in seguito alla bassa stabilità riscontrata nelle frizioni
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In questo studio sarà trattato lo sviluppo degli algoritmi genetici, uno strumento di calcolo nato ispirandosi alle leggi Darwiniane sull’evoluzione naturale. Questi algoritmi, le cui basi furono introdotte a partire dagli anni '40, mirano alla risoluzione di una vasta categoria di problemi computazionali utilizzando un approccio differente, basato sulle regole di mutazione e ricombinazione proprie della genetica. Essi permettono infatti di valutare delle soluzioni di partenza e, grazie alle variazioni introdotte dalla modifica casuale o dalla ricombinazione di queste, crearne di nuove nel tentativo di convergere verso soluzioni ottimali. Questo studio si propone come una descrizione di questo strumento, dei suoi sviluppi e delle sue potenzialità in ambito bioingegneristico, focalizzandosi sul suo utilizzo recente nell’ identificazione parametrica di modelli cardiaci.
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Il presente lavoro di tesi è stato svolto presso la DTU, Technical University of Denmark, nel Department of Energy Conversion and Storage, Riso Campus. Lo scopo del periodo di soggiorno estero è stato quello di caratterizzare appropriati moduli termoelettrici forniti da aziende del settore, utilizzando un opportuno apparato di caratterizzazione. Quest’ultimo è noto come “module test system” e, nello specifico, è stato fornito dalla PANCO GmbH, azienda anch’essa attiva nel campo delle tecnologie termoelettriche. Partendo da uno studio teorico dei fenomeni fisici interessati (effetto Seebeck per la produzione di potenza termoelettrica), si è cercato in seguito di analizzare le principali caratteristiche, ed elementi, del “module test system”. Successivamente a questa prima fase di analisi, sono stati condotti esperimenti che, con l’aiuto di modelli computazionali implementati attraverso il software Comsol Multiphysics, hanno permesso di studiare l’affidabilità del sistema di caratterizzazione. Infine, una volta acquisite le basi necessarie ad una corretta comprensione dei fenomeni fisici e delle caratteristiche relative alla strumentazione, sono stati analizzati moduli termoelettrici di tipo commerciale. In particolare, sono stati estrapolati dati quali correnti, tensioni, gradienti di temperatura, che hanno permesso di ricavare flussi termici, efficienze, e potenze che caratterizzano il modulo in questione durante le condizioni di funzionamento. I risultati ottenuti sono stati successivamente comparati con dati forniti dal produttore, presenti sul catalogo.
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Il plasma, quarto stato della materia, rappresenta un gas ionizzato in cui ioni ed elettroni si muovono a diverse energie sotto l’azione di un campo elettro-magnetico applicato dall’esterno. I plasmi si dividono in plasmi di equilibrio e di non equilibrio termodinamico, quest’ultimi sono caratterizzati da un’alta temperatura elettronica (oltre 10000 K) e da una bassa temperatura traslazionale degli ioni e delle specie neutre (300-1000 K). I plasmi di non equilibrio trovano largo impiego nella microelettronica, nei processi di polimerizzazione, nell’industria biomedicale e del packaging, consentendo di effettuare trattamenti di sterilizzazione e attivazione superficiale. Il lavoro di tesi è incentrato sui processi di funzionalizzazione e polimerizzazione superficiale con l’obbiettivo di realizzare e caratterizzare sorgenti di plasma di non equilibrio a pressione atmosferica operanti in ambiente controllato. È stata realizzata una sorgente plasma operante a pressione atmosferica e in ambiente controllato per realizzare trattamenti di modifica superficiale e di polimerizzazione su substrati polimerici. L’efficacia e l’omogeneità dei trattamenti eseguiti sono stati valutati tramite misura dell’angolo di contatto. La caratterizzazione elettrica ha consentito di determinare i valori di densità di energia superficiale trasferita sui substrati al variare delle condizioni operative. Lo strato depositato durante il processo di polimerizzazione è stato analizzato qualitativamente tramite l’analisi chimica in spettroscopia infrarossa. L’analisi delle prove di funzionalizzazione dimostra l’uniformità dei processi plasma eseguiti; inoltre i valori dell’angolo di contatto misurati in seguito ai trattamenti risultano confrontabili con la letteratura esistente. Lo studio dei substrati trattati in atmosfera satura d’azoto ha rivelato una concentrazione superficiale di azoto pari al 3% attribuibile alla presenza di ammine, ammine protonate e gruppi ammidici; ciò conferma la bontà della soluzione realizzata e dei protocolli operativi adottati per la funzionalizzazione delle superfici. L’analisi spettroscopica dei trattamenti di polimerizzazione, ha fornito spettri IR confrontabili con la letteratura esistente indicando una buona qualità del polimero depositato (PEG). I valori misurati durante la caratterizzazione elettrica della sorgente realizzata risulteranno fondamentali in futuro per l’ottimizzazione del dispositivo. I dati raccolti infatti, determineranno le linee guida per il tailoring dei trattamenti plasma e per lo sviluppo della sorgente. Il presente lavoro di tesi, pur prendendo in esame una piccola parte delle applicazioni industriali dei plasmi non termici, conferma quanto queste siano pervasive nei comuni processi industriali evidenziandone le potenzialità e i numerosi campi d’applicazione. La tecnologia plasma è destinata ad essere imprescindibile per la ricerca di soluzioni innovative ai limiti dei processi tradizionali.
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Il presente lavoro di tesi ha avuto come oggetto l’analisi geochimica dei sedimenti superficiali della Pialassa Piomboni, area umida in comunicazione con il porto-canale Candiano, situata nel comune di Ravenna. Tale analisi si inserisce nell’ambito di un progetto di riqualificazione dell’area che prevede il dragaggio dei sedimenti superficiali. In particolare, è stato determinato il contenuto chimico totale degli elementi maggiori e in traccia tramite spettrometria a fluorescenza a raggi X (XRF). Sono stati individuati i principali fattori che determinano la distribuzione spaziale degli elementi nell’area di studio. Particolare interesse è stato attribuito allo studio dei metalli pesanti (As, Cr, Cu, Ni, Pb, Zn), per i quali si è voluto studiare se le concentrazioni riscontrate all’interno della Pialassa Piomboni sono dovute a variabilità naturale o ad attività antropiche. A tal fine, i valori di concentrazione ottenuti sono stati paragonati con quelli ricavati da studi precedenti condotti in sedimenti provenienti dallo stesso ambiente deposizionale di laguna; sulla base di questi dati è stato calcolato il valore di fondo naturale dei metalli pesanti. Le concentrazioni degli elementi nella Pialassa Piomboni sono state poi confrontate con le soglie di qualità chimica indicate dal manuale ICRAM per la movimentazione dei sedimenti marini (ICRAM-APAT, 2007).
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Questa tesi di laurea è stata redatta presso l’azienda Sacmi Imola S.C. ed in particolare all’interno della divisione Closures, che si occupa della progettazione e della realizzazione di linee per la produzione di varie tipologie di capsule. Lo scopo dell’elaborato è descrivere lo sviluppo di un sistema di tracciabilità di prodotto; sistemi di questo tipo, adottati inizialmente nel settore alimentare, stanno acquisendo sempre maggiore importanza anche in altri campi produttivi, poiché rivestono un ruolo strategico al fine della realizzazione di prodotti caratterizzati da livelli elevati di performance e di qualità, capaci di emergere nel mercato moderno caratterizzato da una concorrenza estesa a livello mondiale e molto attento alle esigenze dei clienti. Nel caso specifico di Sacmi il sistema di tracciabilità si rivolge ad una pressa, la CCM (Continuous Compression Moulder), realizzata dall’azienda per la produzione di capsule in materiale termoplastico tramite la tecnologia dello stampaggio a compressione. In particolare il sistema si concentra sugli stampi della macchina CCM, i quali ne rappresentano gli elementi critici dal punto di vista sia tecnico che economico. A livello generale, un sistema di tracciabilità è costituito da due componenti fondamentali: il primo è un sistema di identificazione che permetta di rendere distinguibili ed individuabili le unità da tracciare, mentre il secondo è un sistema di raccolta dati in grado di raccogliere le informazioni desiderate. Queste sono poi archiviate in un apposito database ed attribuite alle entità corrispondenti sfruttando le proprietà del sistema di identificazione. Il primo passo da compiere quando si intende sviluppare un sistema di tracciabilità all’interno di un contesto produttivo già consolidato è la ricostruzione del processo produttivo presente in azienda: si tratta di individuare tutti gli enti aziendali che concorrono al processo e che saranno interessati dall’introduzione del nuovo sistema. Una volta definiti gli attori, è necessario anche capire come questi siano collegati dai flussi di materiale e di informazioni. Il processo produttivo di Sacmi era caratterizzato dalla quasi totale assenza di un flusso strutturato di informazioni a supporto di quello di materiale, ed il sistema di tracciabilità ha provveduto a colmare proprio questa mancanza. Il sistema deve essere in grado di integrarsi perfettamente nel contesto produttivo aziendale: è necessario trovare il giusto compromesso per quanto riguarda la quantità di informazioni da raccogliere, che devono garantire una corretta copertura di tutto il processo senza però appesantirlo eccessivamente. E’ bene che la raccolta dati sia basata su procedure standard che assicurino la ripetibilità delle operazioni di prelievo delle informazioni. Come è logico immaginarsi, l’introduzione di numerose novità nell’ambito di un contesto già strutturato ha fatto emergere un certo numero di problematiche, come ad esempio difficoltà nello stoccaggio e ritardi di produzione; queste devono essere risolte chiedendo uno sforzo aggiuntivo agli enti interessati o, nel medio/lungo periodo, evolvendo ed affinando il sistema con soluzioni più snelle.
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Il presente studio si è proposto di fornire un contributo per la definizione dello stato ecologico delle zone umide d’acqua dolce ravennati (Punte Alberete, Valle Mandriole e uno stagno temporaneo creatosi nella limitrofa Pineta di San Vitale), attraverso lo studio della fauna macrobentonica presente nei sedimenti e nella vegetazione emergente. Sono stati prelevati campioni d’acqua con lo scopo di analizzare alcuni parametri chimico fisici, per relazionarli con i dati ecologici sulle comunità oggetto di studio. Inoltre è stato valutato il potenziale effetto sulle comunità macrozoobentoniche della attuale gestione di Valle Mandriole, che prevede il prosciugamento estivo della zona meridionale al fine di consentire operazioni di sflacio della vegetazione. Per valutare questo tipo di impatto è stato applicato un disegno di campionamento di tipo Beyond-BACI. Sono stati definiti quattro siti di controllo ed un sito potenzialmente impattato. Sono stati definiti due punti di campionamento su ciascun sito e sono stati campionati in totale quattro volte ciascuno, due volte prima del periodo estivo, corrispondente alla messa in secca del sito impattato, e due volte in autunno. I dati raccolti sul benthos e sulle acque sono poi stati analizzati attraverso l’analisi statistica multivariata PERMANOVA. I risultati dei test statistici non hanno rilevato nessun tipo di impatto associabile alla pratica di gestione attuata a Valle Mandriole, mentre l’analisi delle comunità macrozoobentoniche ha evidenziato, attraverso confronti temporali con dati storici e con altri studi, una situazione di degrado dal punto di vista delle stato ecologico di Punte Alberete e Valle Mandriole, molto probabilmente associabile all’abbondante presenza del gambero della Louisiana. La condizione di stato ecologico non soddisfacente può oltretutto essere imputabile anche alla qualità ecologica scarsa dei corsi d’acqua deputati al ricarico delle zone umide considerate. Lo studio ha inoltre sottolineato l’importanza dal punto di vista conservazionistico dello stagno in Pineta San Vitale.
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L’elevata presenza dei residui dei farmaci nell’ambiente acquatico desta preoccupazione per la salute della fauna acquatica e per un eventuale rischio per l’uomo. Dopo l’assunzione, i farmaci vengono escreti come tali o come metaboliti attivi, risultando spesso resistenti ai processi di trattamento delle acque. Per questo motivo alcuni di essi sono pseudo-persistenti raggiungendo concentrazioni di ng-µg/L. I farmaci sono molecole disegnate per essere biologicamente attive a basse concentrazioni su bersagli specifici, per questo motivo possono indurre effetti anche su specie non target con bersagli molecolari simili all’uomo a concentrazioni ambientali. A tal proposito il presente lavoro intende investigare gli effetti della caffeina, ampiamente usata come costituente di bevande e come farmaco, presente nelle acque superficiali a concentrazioni di ng-µg/L. Come organismo di studio è stato scelto il Mytilus galloprovincialis, sfruttando le conoscenze disponibili in letteratura circa le sue risposte ai contaminanti ambientali. I mitili sono stati esposti in acquario a caffeina (5, 50 e 500 ng/L) per 7 giorni e poi analizzati attraverso una batteria di otto biomarker, alterazioni fisiologiche o biochimiche che forniscono informazioni circa lo stato di salute degli animali. I metodi utilizzati sono stati diversi a seconda dei biomarker (analisi citochimiche e saggi enzimatici). Le concentrazioni sono state scelte nel range ambientale. L’esposizione ha prodotto alterazioni della stabilità della membrana lisosomiale negli emociti e l’instaurarsi di processi di detossificazione nella ghiandola digestiva, evidenziati dall’aumento dell’attività della glutatione S-transferasi. Gli altri biomarker non mettono in evidenza che la caffeina, in queste condizioni sperimentali, possa indurre alterazioni della funzionalità lisosomiale, effetti ossidativi o neurotossici. I dati ottenuti sui mitili, quindi, suggeriscono che la caffeina, anche nel range di concentrazioni ambientali più elevato, possa essere considerata un contaminante che desta bassa preoccupazione.
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In accordo con la filosofia della Software Defined Radio è stato progettato un decoder LDPC software che utilizza una GPU per ottenere prestazioni migliori. Il lavoro, che comprende anche l'encoder e un simulatore di canale AWGN, può essere utilizzato sia per eseguire simulazioni che per elaborare dati in real time. Come caso di studio si sono considerati i codici LDPC dello standard DVB-S2.
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Lo studio ha posto l'attenzione sul rapporto costo-efficacia tra le metodiche più utilizzate per la rimozione di carcinomi basocellulari: l'asportazione chirurgica e la terapia fotodinamica. Dai dati si evince che la rimozione chirurgica è la metodica più efficace per la minore frequenza di recidive (4.7%) rispetto alla terapia fotodinamica (6%). Questo dato è valido unicamente per i carcinomi superficiali; per i carcinomi nodulari la frequenza di recidiva con la terapia fotodinamica risulta essere più elevata (35%). La chirurgia è una metodica più costosa rispetto alla fotodinamica. La variabile dolore risulta essere minore per la chirurgia rispetto alla fotodinamica. Il risultato estetico invece è migliore per la fotodinamica rispetto alla terapia chirurgica. I costi invece sono più elevati per la terapia chirurgica. Rimane un'ultima considerazione: la terapia fotodinamica richiede talvolta un nuovo intervento a distanza di mesi o anni e pertanto questa scelta comporta costi aggiuntivi.
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La messa a punto di tecniche come il patch clamp e la creazione di doppi strati lipidici artificiali (artificial bilayers) ha permesso di effettuare studi su canali ionici per valutarne la permeabilità, la selettività ionica, la dipendenza dal voltaggio e la cinetica, sia in ambito di ricerca, per analizzarne il funzionamento specifico, sia in quello farmaceutico, per studiare la risposta cellulare a nuovi farmaci prodotti. Tali tecniche possono essere inoltre impiegate nella realizzazione di biosensori, combinando così i vantaggi di specificità e sensibilità dei sistemi biologici alla veloce risposta quantitativa degli strumenti elettrochimici. I segnali in corrente che vengono rilevati con questi metodi sono dell’ordine dei pA e richiedono perciò l’utilizzo di strumentazioni molto costose e ingombranti per amplificarli, analizzarli ed elaborarli correttamente. Il gruppo di ricerca afferente al professor Tartagni della facoltà di ingegneria di Cesena ha sviluppato un sistema miniaturizzato che possiede molte delle caratteristiche richieste per questi studi. L’obiettivo della tesi riguarda la caratterizzazione sperimentale di tale sistema con prove di laboratorio eseguite in uno spazio ridotto e senza l’impiego di ulteriori strumentazioni ad eccezione del PC. In particolare le prove effettuate prevedono la realizzazione di membrane lipidiche artificiali seguita dall’inserimento e dallo studio del comportamento di due particolari canali ionici comunemente utilizzati per questa tipologia di studi: la gramicidina A, per la facilità d’inserimento nella membrana e per la bassa conduttanza del singolo canale, e l’α-emolisina, per l’attuale impiego nella progettazione e realizzazione di biosensori. Il presente lavoro si sviluppa in quattro capitoli di seguito brevemente riassunti. Nel primo vengono illustrate la struttura e le funzioni svolte dalla membrana cellulare, rivolgendo particolare attenzione ai fosfolipidi e alle proteine di membrana; viene inoltre descritta la struttura dei canali ionici utilizzati per gli esperimenti. Il secondo capitolo comprende una descrizione del metodo utilizzato per realizzare i doppi strati lipidici artificiali, con riferimento all’analogo elettrico che ne risulta, ed una presentazione della strumentazione utilizzata per le prove di laboratorio. Il terzo e il quarto capitolo sono dedicati all’elaborazione dei dati raccolti sperimentalmente: in particolare vengono prima analizzati quelli specifici dell’amplificatore, quali quelli inerenti il rumore che si somma al segnale utile da analizzare e la variabilità inter-prototipo, successivamente si studiano le prestazioni dell’amplificatore miniaturizzato in reali condizioni sperimentali e dopo aver inserito i canali proteici all’interno dei bilayers lipidici.
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In questo elaborato è stata trattata la caratterizzazione tramite simulazioni e prove in laboratorio di un circuito in grado di estrarre e accumulare energia elettrica, la quale viene generata da vibrazioni meccaniche tramite l'uso di dispositivi piezoelettrici. Partendo da una tipologia di circuito già esistente è stata studiata una variante nel sistema di conversione dell'energia, in questo caso il convertitore implementato è un convertitore di tipo flyback. Dopo aver studiato il circuito in dettaglio, è stata realizzata una prima simulazione circuitale mediante software Ltspice. Sono stati quindi analizzati gli andamenti delle tensioni di uscita e di ingresso durante il processo di carica della capacità, applicando in ingresso differenti tensioni. Infine i dati ottenuti sono stati elaborati in un foglio elettronico per poter ricavare l'andamento del rendimento.
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Negli ultimi anni sono stati sintetizzati numerosi oligomeri e polimeri del tiofene che, grazie alle loro proprietà di semiconduttori, hanno trovano largo impiego in molti campi di interesse tecnologico come, ad esempio, transistor ad effetto di campo, diodi elettroluminescenti, dispositivi ottici non lineari e celle fotovoltaiche. Più recentemente, oligomeri tiofenici ossidati allo zolfo hanno trovato applicazione sia in campo elettronico, come materiali accettori in blenda con il poli(3-esiltiofene) (P3HT) usato come materiale donatore, in celle solari di tipo Bulk Hetero Junction (BHJ), ma anche in campo biologico come marcatori fluorescenti di proteine e oligonucleotidi. Tuttavia la sintesi di queste specie richiede condizioni di reazione spinte e al contempo rischiose dovute all’utilizzo in largo eccesso di agenti ossidanti molto forti. Uno degli obiettivi di questa tesi è stato lo sviluppo di metodi più versatili per la mono e di-ossidazione selettiva allo zolfo del tiofene di building-blocks dibromurati di diversa natura. Successivamente i building-blocks S-monossido e S,S-diossido derivati sono stati impiegati per la sintesi di oligomeri e polimeri tramite reazioni di cross-coupling Palladio catalizzate. I composti finali sono stati caratterizzati sia dal punto di vista spettroscopico UV-Vis che elettrochimico, mettendo in evidenza le relazioni che esistono fra gli andamenti dei dati sperimentali ottenuti con il diverso stato di ossidazione dei composti tiofenici diversamente sostituiti. Infine i composti finali sono stati testati sia in campo fotovoltaico che biologico.
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In questo elaborato viene studiato un nuovo strumento satellitare chiamato MIPAS2k: uno spettrometro a trasformata di Fourier, in grado di misurare gli spettri di emissione dei gas atmosferici attraverso la tecnica di misure al lembo. Lo scopo di MIPAS2k è quello di determinare la distribuzione spaziale di quantità atmosferiche tra cui il VMR delle specie chimiche: ozono, acqua, acido nitrico e protossido di azoto. La necessità di idearne un successore è nata dopo la perdita di contatto con lo strumento MIPAS da cui MIPAS2k, pur preservandone alcune caratteristiche, presenta differenze fondamentali quali: i parametri osservazionali, il tipo di detector utilizzato per eseguire le scansioni al lembo e la logica attraverso cui vengono ricavate le distribuzioni dei parametri atmosferici. L’algoritmo attraverso cui viene effettuata l’inversione dei dati di MIPAS2k, chiamato FULL2D, usa la stessa logica di base di quello utilizzato per MIPAS chiamato Geo-Fit. La differenza fondamentale tra i due metodi risiede nel modo in cui i parametri sono rappresentati. Il Geo-Fit ricostruisce il campo atmosferico delle quantità da determinare tramite profili verticali mentre il FULL2D rappresenta i valori del campo atmosferico all’interno degli elementi della discretizzazione bidimensionale dell’atmosfera. Non avendo a disposizione misure del nuovo strumento si è dovuto valutarne le performance attraverso l’analisi su osservati simulati creati ricorrendo al modello diretto del trasferimento radiativo e utilizzando un’atmosfera di riferimento ad alta risoluzione. Le distribuzioni bidimensionali delle quantità atmosferiche di interesse sono state quindi ricavate usando il modello di inversione dei dati FULL2D applicato agli osservati simulati di MIPAS2k. I valori dei parametri ricavati sono stati confrontati con i valori dell’atmosfera di riferimento e analizzati utilizzando mappe e quantificatori. Con i risultati di queste analisi e' stato possibile determinare la risoluzione spaziale e la precisione dei prodotti di MIPAS2k per due diverse risoluzioni spettrali.