947 resultados para Golgi stain
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The experimental manipulation of peptide growth hormones and their cellular receptors is central to understanding the pathways governing cellular signaling and growth control. Previous work has shown that intracellular antibodies targeted to the endoplasmic reticulum (ER) can be used to capture specific proteins as they enter the ER, preventing their transport to the cell surface. Here we have used this technology to inhibit the cell surface expression of the alpha subunit of the high-affinity interleukin 2 receptor (IL-2R alpha). A single-chain variable-region fragment of the anti-Tac monoclonal antibody was constructed with a signal peptide and a C-terminal ER retention signal. Intracellular expression of the single-chain antibody was found to completely abrogate cell surface expression of IL-2R alpha in stimulated Jurkat T cells. IL-2R alpha was detectable within the Jurkat cells as an immature 40-kDa form that was sensitive to endoglycosidase H, consistent with its retention in a pre- or early Golgi compartment. A single-chain antibody lacking the ER retention signal was also able to inhibit cell surface expression of IL-2R alpha although the mechanism appeared to involve rapid degradation of the receptor chain within the ER. These intracellular antibodies will provide a valuable tool for examining the role of IL-2R alpha in T-cell activation, IL-2 signal transduction, and the deregulated growth of leukemic cells which overexpress IL-2R alpha.
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To complete the molecular characterization of coatomer, the preformed cytosolic complex that is involved in the formation of biosynthetic transport vesicles, we have cloned and characterized the gene for non-clathrin-coat protein alpha (alpha-COP) from Saccharomyces cerevisiae. The derived protein, molecular weight of 135,500, contains four WD-40 repeated motifs (Trp/Asp-containing motifs of approximately 40 amino acids). Disruption of the yeast alpha-COP gene is lethal. Comparison of the DNA-derived primary structure with peptides from bovine alpha-COP shows a striking homology. alpha-COP is localized to coated transport vesicles and coated buds of Golgi membranes derived from CHO cells.
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Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.
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Riassunto Il linfoma è una delle neoplasie più diffuse nel gatto. Questa neoplasia è stata classificata in base alla localizzazione anatomica nella forma Mediastinica (che interessa il timo e/o i linfonodi mediastinici), Alimentare, Multicentrica (che interessa diversi linfonodi e/o la milza e/o il fegato, Extranodale (che coinvolge i reni, SNC o la cute). Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da diverse sottopopolazioni, che sono definite tramite immunofenotipizzazione ottenuta mediante tecniche immunoistochimiche (IHC), così che possano essere classificate come cellule B o T o non B/non T. I gatti infetti dal virus della leucemia felina (FeLV, Gammaretrovirus) presentano elevata incidenza di linfomi rispetto ai gatti non infetti. I meccanismi proposti di sviluppo neoplastico sono mutagenesi inserzionali o stimolazione persistente delle cellule immunitarie dell’ospite da parte di antigeni virali, i quali possono promuovere la trasformazione in senso maligno dei linfociti. Lo scopo di questo lavoro è stato esaminare i rilievi patologici, l’espressione di FeLV e l’immonofenotipo (B, T, nonB/nonT) nei reni felini affetti da linfoma. Abbiamo effettuato colorazione Ematossilina- Eosina ed Immunoistochimica per FeLV gp70, CD3 e CD79. Nello studio sono stati inclusi i tessuti di 49 gatti presentati all’Unità Operativa di Anatomia Patologica e Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università degli studi di Parma. Il 39% dei casi (19/49) sono caratterizzati dalla presenza di lesioni linfomatose a livello renale. Questa popolazione è costituita dal 52,6% 3 (10/19) maschi e dal 47,4% (9/19) femmine. L’età è compresa tra 8 mesi e 17 anni ed in particolare 26,6% (5/19) sono giovani (0-2 anni), 47,4% (9/19) sono adulti (2-10 anni) e 26,3% (5/19) sono anziani (>10 anni). Per quanto riguarda la classificazione anatomica la forma renale appare primitiva in 5 casi (25%), in 8 casi (42%) appare secondaria a linfomi multicentrici, in 3 casi (15,7%) a linfomi mediastinici e in altri 3 casi (15,7%) a linfomi gastrici e intestinali. Per quanto riguarda l’immunofenotipizzazione sono risultati CD3 positivi il 73,7% (14/19) e CD3 negativi il 27,3% (5/19); CD79 alpha positivi il 26,3% (5/19) e CD79 alpha negativi il 73,7% (14/19); l’espressione della proteina gp70 è stata individuata nel 78,9% (15/19) delle neoplasie renali, mentre il 21,1% (4/19) non presentava espressione della proteina. Nei 4 anni presi in considerazione nello studio si evince un’elevata incidenza della localizzazione anatomica renale sul totale di linfomi osservati. Non si è notata correlazione statistica tra linfomi renali, età e sesso dei soggetti presi in esame ma vi è un’elevata percentuale di animali adulti ed anziani affetti dalla patologia. Nella valutazione fenotipica dell’infiltrato neoplastico si è osservata l’elevata espressione di CD3, caratterizzando i linfociti come appartenenti alla sottopopolazione T. Inoltre si è evidenziato come un elevato numero di cellule neoplastiche esprimano gp70; ciò permette di affermare che i linfociti neoplastici sono infettati dal virus FeLV, il quale inoltre è in attiva replicazione. I marker CD3 e gp70 sono risultati fortemente correlati statisticamente; si può affermare perciò che l’espansione clonale dei linfociti T è correlata alla presenza e replicazione del virus.
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Toxins have been thoroughly studied for their use as therapeutic agents in search of an improvement in toxic efficiency together with a minimization of their undesired side effects. Different studies have shown how toxins can follow different intracellular pathways which are connected with their cytotoxic action inside the cells. The work herein presented describes the different pathways followed by the ribotoxin a-sarcin and the fungal RNase T1,as toxic domains of immunoconjugates with identical binding domain, the single chain variable fragment of a monoclonal antibody raised against the glycoprotein A33. According to the results obtained both immunoconjugates enter the cells via early endosomes and, while a-sarcin can translocate directly into the cytosol to exert its deathly action, RNase T1 follows a pathway that involves lysosomes and the Golgi apparatus. These facts contribute to explaining the different cytotoxicity observed against their targeted cells, and reveal how the innate properties of the toxic domain, apart from its catalytic features, can be a key factor to be considered for immunotoxin optimization.
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La endocitosis y el tráfico de proteínas lisosomales son eventos esenciales en los parásitos patógenos ya que están directamente vinculados a procesos específicos vitales tales como la invasión de células hospedadoras, la nutrición y la diferenciación celular a estadios resistentes. En el parásito unicelular G. lamblia, las moléculas que participan en estos procesos fueron analizadas por nuestro grupo e incluyen la acción de las proteínas adaptadoras AP-1 y AP-2 y del coatómero clatrina, con implicancia incierta de otras proteínas adaptadoras. Recientemente, hemos identificado a la proteína GlENTHp (Giardia lamblia ENTH protein) que contiene un dominio de ENTH presente en las proteínas adaptadoras monoméricas epsina o epsinaR (proteína relacionada a epsina), que participan en la endocitosis y el tráfico de proteínas desde el aparato de Golgi a los endosomas, respectivamente, en otros tipos celulares. Hemos encontrado que GlENTHp se une clatrina y ubiquitina y, notablemente, también interactúa con la subunidad alfa de la AP-2 (que participan en la endocitosis) y la subunidad gamma de la AP-1 (implicada en el tráfico de Golgi-a-lisosoma). Encontramos también que GlENTHp estaría asociada a membrana a través de su unión a fosfoinosítidos vinculados al anclaje a la membrana plasmática y membrana de Golgi en células de mamífero. La reducción de la expresión de GlENTHp o la sobreexpresión de una mutante de GlENTHp no funcional mostró una acumulación inusual de material electrodenso en las vacuolas lisosomales periféricas o PVs, estando gravemente afectado el crecimiento de los trofozoítos. Un hallazgo similar se observó en trofozoítos salvajes tratados con lactoferrina, un metabolito antimicrobiano natural y una de las barreras de defensa del hospedador más importantes contra G. lamblia. El mismo efecto, se vió luego de la exposición de trofozoítos a LY294002, un inhibidor de las enzimas PI3 quinasas capaces de fosforilar fosfatidilinositol a fosfoinosítidos. Estos estudios acerca de la función molecular de drogas antiparasitarias y el análisis de su relación con la maquinaria endocítica nos permitirían inferir la utilidad clínica de esta droga natural en particular pero también nos permitirán establecer nuevas bases en la investigación de un enfoque de administración de drogas específicas a través de receptores de alta afinidad en general. Por lo tanto, en este proyecto nos proponemos continuar con el estudio del tráfico de proteínas mediado por clatrina implicado en el mantenimiento de la homeostasis de las PVs y su implicancia en la incorporación de giardicidas naturales. Nuevos hallazgos posiblemente nos darán una visión diferente de la función de las PVs y pueden brindar información sobre vías de intervención terapéutica alternativas contra Giardia y otros parásitos relacionados.
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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ADP-ribosylation factor-1 (ARF1) est une petite GTPase principalement connue pour son rôle dans la formation de vésicules au niveau de l’appareil de Golgi. Récemment, dans des cellules de cancer du sein, nous avons démontré qu’ARF1 est aussi un médiateur important de la signalisation du récepteur du facteur de croissance épidermique (EGFR) contrôlant la prolifération, la migration et l'invasion cellulaire. Cependant, le mécanisme par lequel l’EGFR active la GTPase ainsi que le rôle de cette dernière dans la régulation de la fonction du récepteur demeure inconnue. Dans cette thèse, nous avions comme objectifs de définir le mécanisme d'activation de ARF1 dans les cellules de cancer du sein hautement invasif et démontrer que l’activation de cette isoforme de ARF joue un rôle essentiel dans la résistance de ces cellules aux inhibiteurs de l'EGFR. Nos études démontrent que les protéines d’adaptatrices Grb2 et p66Shc jouent un rôle important dans l'activation de ARF1. Alors que Grb2 favorise le recrutement d’ARF1 à l'EGFR ainsi que l'activation de cette petite GTPase, p66Shc inhibe le recrutement du complexe Grb2-ARF1 au récepteur et donc contribue à limiter l’activation d’ARF1. De plus, nous démontrons que ARF1 favorise la résistance aux inhibiteurs des tyrosines kinases dans les cellules de cancer du sein hautement invasif. En effet, une diminution de l’expression de ARF1 a augmenté la sensibilité descellules aux inhibiteurs de l'EGFR. Nous montrons également que de hauts niveaux de ARF1 contribuent à la résistance des cellules à ces médicaments en améliorant la survie et les signaux prolifératifs à travers ERK1/2, Src et AKT, tout en bloquant les voies apoptotiques (p38MAPK et JNK). Enfin, nous mettons en évidence le rôle de la protéine ARF1 dans l’apoptose en réponse aux traitements des inhibiteurs de l’EGFR. Nos résultats indiquent que la dépletion d’ARF1 promeut la mort cellulaire induite par gefitinib, en augmentant l'expression de facteurs pro-apoptotiques (p66shc, Bax), en altérant le potentiel de la membrane mitochondriale et la libération du cytochrome C. Ensemble, nos résultats délimitent un nouveau mécanisme d'activation de ARF1 dans les cellules du cancer du sein hautement invasif et impliquent l’activité d’ARF1 comme un médiateur important de la résistance aux inhibiteurs EGFR.
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The political activity and growing independence of Chechnya’s leader Ramzan Kadyrov raises questions about his loyalty and the possibility of his openly renouncing his servitude to Moscow. Such a scenario seems unlikely because of the dependence of Kadyrov’s regime on Russia. He is burdened by his republic’s financial dependence, the stain of collaboration and the crimes committed on his own people, and so his regime cannot exist without Moscow’s support. However, Kadyrov’s dependence on Moscow and the apparent stability of the situation in Chechnya do not mean that a lasting peace has been established there. The current plan for governing the republic and the relationship between Moscow and Grozny is a temporary solution, based not on durable solutions, but on the situational convergence of the Kremlin and Kadyrov’s interests. A change of government in the Kremlin, or to an even greater degree a domestic crisis in Russia which weakens its position in the Caucasus, would mean the fall of Kadyrov’s regime, and the reactivation of pro-independence rhetoric in Chechnya.
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Rhomboid intramembrane proteases are the enzymes that release active epidermal growth factor receptor (EGFR) ligands in Drosophila and C. elegans, but little is known about their functions in mammals. Here we show that the mammalian rhomboid protease RHBDL4 (also known as Rhbdd1) promotes trafficking of several membrane proteins, including the EGFR ligand TGFα, from the endoplasmic reticulum (ER) to the Golgi apparatus, thereby triggering their secretion by extracellular microvesicles. Our data also demonstrate that RHBDL4-dependent trafficking control is regulated by G-protein coupled receptors, suggesting a role for this rhomboid protease in pathological conditions, including EGFR signaling. We propose that RHBDL4 reorganizes trafficking events within the early secretory pathway in response to GPCR signaling. Our work identifies RHBDL4 as a rheostat that tunes secretion dynamics and abundance of specific membrane protein cargoes.
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Mode of access: Internet.
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The relationship between spot volume and variation for all protein spots observed on large format 2D gels when utilising silver stain technology and a model system based on mammalian NSO cell extracts is reported. By running multiple gels we have shown that the reproducibility of data generated in this way is dependent on individual protein spot volumes, which in turn are directly correlated with the coefficient of variation. The coefficients of variation across all observed protein spots were highest for low abundant proteins which are the primary contributors to process error, and lowest for more abundant proteins. Using the relationship between spot volume and coefficient of variation we show it is necessary to calculate variation for individual protein spot volumes. The inherent limitations of silver staining therefore mean that errors in individual protein spot volumes must be considered when assessing significant changes in protein spot volume and not global error. (C) 2003 Elsevier Science (USA). All rights reserved.
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Epstein-Barr virus (EBV)-infected B cell lymphomas are resistant to apoptosis during cancer development and treatment with therapies. The molecular controls that determine why EBV infection causes apoptosis resistance need further definition. EBV-positive and EBV-negative BJA-B B cell lymphoma cell lines were used to compare the expression of selected apoptosis-regulating Bcl-2 and caspase proteins in EBV-related apoptosis resistance, after 8 hr or 18-24 hr etoposide treatment (80 muM). Apoptosis was quantified using morphology and verified with Hoechst 33258 nuclear stain and electron microscopy. Fluorescence activated cell sorting (FACS) was used to analyse effects on cell cycle of the EBV infection as well as etoposide treatment. Anti-apoptotic Bcl-2 and Bcl-XL, pro-apoptotic Bax, caspase-3 and caspase-9 expression and activation were analysed using Western immunoblots and densitometry. EBV-positive cultures had significantly lower levels of apoptosis in untreated and etoposide-treated cultures in comparison with EBV-negative cultures (p < 0.05). FACS analysis indicated a strong G2/M block in both cell sublines after etoposide treatment. Endogenous Bcl-2 was minimal in the EBV-negative cells in comparison with strong expression in EBV-positive cells. These levels did not alter with etoposide treatment. Bcl-XL was expressed endogenously in both cell lines and had reduced expression in EBV-negative cells after etoposide treatment. Bax showed no etoposide-induced alterations in expression. Pro-caspase-9 and -3 were seen in both EBV-positive and -negative cells. Etoposide induced cleavage of caspase-9 in both cell lines, with the EBV-positive cells having proportionally less cleavage product, in agreement with their lower levels of apoptosis. Caspase-3 cleavage occurred in the EBV-negative etoposide-treated cells but not in the EBV-positive cells. The results indicate that apoptosis resistance in EBV-infected B cell lymphomas is promoted by an inactive caspase-3 pathway and elevated expression of Bcl-2 that is not altered by etoposide drug treatment.
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Growth hormone (GH) stimulates mandibular growth but its effect on the mandibular condylar cartilage is not well. understood. Objective: This study was designed to understand the influence of GH on mitotic activity and on chondrocytes maturation. The effect of GH on cartilage thickness was also determined. Design: An animal model witt differences in GH status was determined by comparing mutant Lewis dwarf rats with reduced pituitary GH synthesis (dwarf), with normal rats and dwarf animals treated with GH. Six dwarf rats were injected with GH for 6 days, while other six normal rats and six dwarf rats composed other two groups. Mandibular condylar tissues were processed and stained for Herovici's stain and immunohistochemistry, for proliferating cell nuclear antigen (PCNA) and alkaline phosphatase (ALP). Measurements of cartilage thickness as well as the numbers of immunopositive cells for each antibody were analysed by one-way analysis of variance. Results: Cartilage thickness was significantly reduced in the dwarf animals treated with GH. PCNA expression was significant lower in the dwarf rats, but significantly increased when these animals were treated with GH. ALP expression was significant higher in the dwarf animals, while it was significantly reduced in the dwarf animals treated with GH. Conclusions: The results from this study showed that GH stimulates mitotic activity and delays cartilage cells maturation in the mandibular condyte. This effect at the cellular Level may produce changes in the cartilage thickness. (C) 2004 Elsevier Ltd. All rights reserved.
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Plant vacuoles are multi-functional, developmentally varied and can occupy up to 90% of plant cells. The N-terminal propeptide (NTPP) of sweet potato sporamin and the C-terminal propeptide (CTPP) of tobacco chitinase have been developed as models to target some heterologous proteins to vacuoles but so far tested on only a few plant species, vacuole types and payload proteins. Most studies have focused on lytic and protein-storage vacuoles, which may differ substantially from the sugar-storage vacuoles in crops like sugarcane. Our results extend the evidence that NTPP of sporamin can direct heterologous proteins to vacuoles in diverse plant species and indicate that sugarcane sucrose-storage vacuoles (like the lytic vacuoles in other plant species) are hostile to heterologous proteins. A low level of cytosolic NTPP-GFP (green fluorescent protein) was detectable in most cell types in sugarcane and Arabidopsis, but only Arabidopsis mature leaf mesophyll cells accumulated NTPP-GFP to detectable levels in vacuoles. Unexpectedly, efficient developmental mis-trafficking of NTPP-GFP to chloroplasts was found in young leaf mesophyll cells of both species. Vacuolar targeting by tobacco chitinase CTPP was inefficient in sugarcane, leaving substantial cytoplasmic activity of rat lysosomal beta-glucuronidase (GUS) [ER (endoplasmic reticulum)-RGUS-CTPP]. Sporamin NTPP is a promising targeting signal for studies of vacuolar function and for metabolic engineering. Such applications must take account of the efficient developmental mis-targeting by the signal and the instability of most introduced proteins, even in storage vacuoles.