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Resumo:
A pesquisa teve como objetivo avaliar a influência do estágio pós-doutoral sobre a produção científica, notadamente das hard sciences de docentes atuantes em programas de pós-graduação da Universidade de São Paulo (USP). O estudo busca a mensuração de variações da produção registrada em periódicos científicos em um panorama ex ante e ex post e encontra-se circunscrito nessas quatro grandes áreas do conhecimento: Biológicas, Engenharias, Exatas e da Terra e Saúde. O pós-doutorado pode ser visualizado como um local privilegiado para a complementaridade da capacitação docente enquanto forma de atualização e/ou reciclagem profissional, com a lógica embutida e a expectativa de que haja benefícios, também, para o programa de pós-graduação de origem. Como toda atividade de pesquisa não pode ficar implícita, as atividades de pesquisa do pós-doutorado, também, necessitam ser tornadas públicas via conhecimento externalizado que se traduz no conhecimento cristalizado sob a forma de publicações científicas que são compartilhadas pela comunidade acadêmica. Com uma população de 86 doutores que realizaram pósdoutorado até junho de 2005, os dados levantados com o confronto da produção em Ciência e Tecnologia (C&T), antes e depois do treinamento pós-doutoral apontam para um comportamento de variação da produtividade em mídia qualificada cujo resultado demonstra uma "homogeneização" relativa entre publicações registradas em periódicos Qualis 'B' e 'C', nacionais e/ou internacionais, mas sugere haver diferenças no que tange a uma influência sobre o aumento de publicações em revistas Internacionais Qualis 'A' possuindo influência positiva mais visível sobre essa produção para estágios realizados no Exterior, nas grandes áreas do conhecimento investigadas.
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Introdução - Disciplina: História da Vida na Terra e Distribuição Atual da Vida no Planeta
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El primer objetivo de este trabajo consite en rediseñar un nuevo sistema defijación del injerto de LCA, basado en la expansión radial, partiendo del desarrollo en el D.I.M de la ULPGC. El segundo objetivo es validar experimentalmente este dispositivo medienat ensayos, en diferentes medios, comparando los resultados con el dispositivo más utilizado en la actualidad de acción interferencial. Se llega a la conclusión de que el tornillo de expansión precisa una mayor fuerza y de un mayor número de ciclos para la extracción del implante , culminando el objetivo básico de la tesis de validar experimentalmente el dispositivo.
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Uric acid is a major inducer of inflammation in renal interstitium and may play a role in the progression of renal damage in hyperuricemic subjects with primary nephropathies, renal vascular disease, and essential hypertension. At the same time, UA also acts as a water-soluble scavenger of reactive oxygen species. We evaluated the cellular effects of UA on cultured HMC as a potential interstitial target for abnormally elevated levels in acute and chronic renal disease. Intracellular free Ca2+ ([Ca2+]i) was monitored by microfluorometry of fura 2-loaded cells, while oxidation of intracellularly trapped non-fluorescent 2,7-dichlorofluorescein diacetate (DCFHDA, 20 uM) was employed to assess the generation of reactive oxygen species during 12-hr incubations with various concentrations of UA or monosodium urate. Fluorescent metabolites of DCFH-DA in the culture media of HMC were detected at 485/530 nm excitation/emission wavelengths, respectively. UA dose-dependently lowered resting [Ca2+]i (from 102±9 nM to 95±3, 57±2, 48±6 nM at 1-100 uM UA, respectively, p <0.05), leaving responses to vasoconstrictors such as angiotensin II unaffected. The effect was not due to Ca2+/H+ exchange upon acidification of the bathing media, as acetate, glutamate, lactate and other organic acids rather increased [Ca2+]i (to max. levels of 497±42 nM with 0.1 mM acetate). The decrease of [Ca2+]i was abolished by raising extracellular Ca2+ and not due to effects on Ca2+ channels or activation of Ca2+-ATPases, since unaffected by thapsigargin. The process rather appeared sensitive to removal of extracellular Na+ in combination with blockers of Na+/Ca2+ exchange, such as 2’,4’-dichlorobenzamil, pointing to a countertransport mechanism. UA dose-dependently prompted the extracellular release of oxidised DCFH (control 37±2 relative fluorescence units (RFU)/ml, 0.1uM 47±2, 1 uM 48±2, 10 uM 51±4, 0.1 mM 53±4; positive control, 10 uM sodium nitroprusside 92±5 RFU/ml, p<0.01). In summary, UA interferes with Ca2+ transport in cultured HMC, triggering oxidative stress which may initiate a sequence of events leading to interstitial injury and possibly amplifying renal vascular damage and/or the progression of chronic disease.
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Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Università di Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondità di indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.
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L’obiettivo della tesi riguarda l’utilizzo di immagini aerofotogrammetriche e telerilevate per la caratterizzazione qualitativa e quantitativa di ecosistemi forestali e della loro evoluzione. Le tematiche affrontate hanno riguardato, da una parte, l’aspetto fotogrammetrico, mediante recupero, digitalizzazione ed elaborazione di immagini aeree storiche di varie epoche, e, dall’altra, l’aspetto legato all’uso del telerilevamento per la classificazione delle coperture al suolo. Nel capitolo 1 viene fatta una breve introduzione sullo sviluppo delle nuove tecnologie di rilievo con un approfondimento delle applicazioni forestali; nel secondo capitolo è affrontata la tematica legata all’acquisizione dei dati telerilevati e fotogrammetrici con una breve descrizione delle caratteristiche e grandezze principali; il terzo capitolo tratta i processi di elaborazione e classificazione delle immagini per l’estrazione delle informazioni significative. Nei tre capitoli seguenti vengono mostrati tre casi di applicazioni di fotogrammetria e telerilevamento nello studio di ecosistemi forestali. Il primo caso (capitolo 4) riguarda l’area del gruppo montuoso del Prado- Cusna, sui cui è stata compiuta un’analisi multitemporale dell’evoluzione del limite altitudinale degli alberi nell’arco degli ultimi cinquant’anni. E’ stata affrontata ed analizzata la procedura per il recupero delle prese aeree storiche, definibile mediante una serie di successive operazioni, a partire dalla digitalizzazione dei fotogrammi, continuando con la determinazione di punti di controllo noti a terra per l’orientamento delle immagini, per finire con l’ortorettifica e mosaicatura delle stesse, con l’ausilio di un Modello Digitale del Terreno (DTM). Tutto ciò ha permesso il confronto di tali dati con immagini digitali più recenti al fine di individuare eventuali cambiamenti avvenuti nell’arco di tempo intercorso. Nel secondo caso (capitolo 5) si è definita per lo studio della zona del gruppo del monte Giovo una procedura di classificazione per l’estrazione delle coperture vegetative e per l’aggiornamento della cartografia esistente – in questo caso la carta della vegetazione. In particolare si è cercato di classificare la vegetazione soprasilvatica, dominata da brughiere a mirtilli e praterie con prevalenza di quelle secondarie a nardo e brachipodio. In alcune aree sono inoltre presenti comunità che colonizzano accumuli detritici stabilizzati e le rupi arenacee. A questo scopo, oltre alle immagini aeree (Volo IT2000) sono state usate anche immagini satellitari ASTER e altri dati ancillari (DTM e derivati), ed è stato applicato un sistema di classificazione delle coperture di tipo objectbased. Si è cercato di definire i migliori parametri per la segmentazione e il numero migliore di sample per la classificazione. Da una parte, è stata fatta una classificazione supervisionata della vegetazione a partire da pochi sample di riferimento, dall’altra si è voluto testare tale metodo per la definizione di una procedura di aggiornamento automatico della cartografia esistente. Nel terzo caso (capitolo 6), sempre nella zona del gruppo del monte Giovo, è stato fatto un confronto fra la timberline estratta mediante segmentazione ad oggetti ed il risultato di rilievi GPS a terra appositamente effettuati. L’obiettivo è la definizione del limite altitudinale del bosco e l’individuazione di gruppi di alberi isolati al di sopra di esso mediante procedure di segmentazione e classificazione object-based di ortofoto aeree in formato digitale e la verifica sul campo in alcune zone campione dei risultati, mediante creazione di profili GPS del limite del bosco e determinazione delle coordinate dei gruppi di alberi isolati. I risultati finali del lavoro hanno messo in luce come le moderne tecniche di analisi di immagini sono ormai mature per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissi nelle tre applicazioni considerate, pur essendo in ogni caso necessaria una attenta validazione dei dati ed un intervento dell’operatore in diversi momenti del processo. In particolare, le operazioni di segmentazione delle immagini per l’estrazione di feature significative hanno dimostrato grandi potenzialità in tutti e tre i casi. Un software ad “oggetti” semplifica l’implementazione dei risultati della classificazione in un ambiente GIS, offrendo la possibilità, ad esempio, di esportare in formato vettoriale gli oggetti classificati. Inoltre dà la possibilità di utilizzare contemporaneamente, in un unico ambiente, più sorgenti di informazione quali foto aeree, immagini satellitari, DTM e derivati. Le procedure automatiche per l’estrazione della timberline e dei gruppi di alberi isolati e per la classificazione delle coperture sono oggetto di un continuo sviluppo al fine di migliorarne le prestazioni; allo stato attuale esse non devono essere considerate una soluzione ottimale autonoma ma uno strumento per impostare e semplificare l’intervento da parte dello specialista in fotointerpretazione.
Resumo:
La sedimentazione clastica di mare profondo è attualmente uno dei principali argomenti della ricerca sedimentologica sia in ambito puramente accademico che in ambito petrolifero-industriale. Gli studi recenti hanno enfatizzato l'influenza fondamentale della topografia preesistente del fondo marino sulla crescita e la morfologia sui fan di mare profondo; si è visto come, in molti systemi torbiditici, l’evoluzione dei processi deposizionali sia stata da moderatamente a fortemente controllata dall’ effetto di confinamento di scarpate tettoniche, ridge strutturali e seamounts. Scopo di questo lavoro è studiare l'effetto del confinamento alla scala di bacino sui principali sistemi torbiditici del margine orientale della Sardegna che rappresenta un margine passivo articolato di bacini di intraslope confinati verso mare da seamounts. Lo studio dei sistemi deposizionali è stato eseguito attraverso l'interpretazione di dati di batimetria multibeam ad alto dettaglio acquisiti dall’ISMAR di Bologna durante la crociera Tir99. L’ interpretazione multibeam è stata integrata con l’ analisi di profili sismici a riflessione per comprendere la morfologia l’organizzazione interna e l’evoluzione nel tempo dei principali elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. Tre bacini di intraslope (Olbia, Baronie e il settore settentrionale del bacino Ogliastra) sono stati investigati. Il bacino di Olbia è il bacino più settentrionale del margine orientale della Sardegna ed è limitato verso mare dai seamount Etruschi e Baronie. Il principale sistema torbiditico del bacino di Olbia è costituito dal Caprera, articolato in un sistema di canyon alimentatori nella piattaforma e nella scarpata continentale e da un ampio canale con argini alla base della scarpata. Il Caprera è fiancheggiato da un ampia piattaforma continentale, e questa, fungendo da “magazzino” per il materiale piu grossolando, può spiegare la peculiare architettura sedimentaria del suo fan. L'effetto di confinamento del bacino sulla forma e sull'evoluzione del fan del Caprera è evidente soprattutto sull'asimmetria dei leve e su fenomeni di avulsione che hanno coinvolto il canale. Il bacino di intraslope di Olbia appare completamente riempito, e, nel bordo orientale, è presente il canyon di intrabacino verso il bacino sottostante. Gli effetti dell'abbassamento del livello di base sono visibili nel settore distale del sistema, dove si ha lo sviluppo di canali distributari e di valli erosive a basso rilievo, che rappresentano le porzioni "upslope" dei canyon di "bypass". Il bacino di intraslope del Baronie è il bacino centrale del margine, confinato verso mare dal seamount delle Baronie, e presenta una via di fuga laterale rappresentato dal sistema di canyon di Gonone-Orosei. Il Posada è il sistema torbiditico principale, consiste di un canyon profondamente inciso nella piattaforma e nella scarpata, e sviluppa alla base della scarpata un piccolo fa radiale. La morfologia del è il risultato dell'interazione complessa tra la geoemtria del bacino ricevente ed il comportamento dei flussi sedimentari. La forma del bacino ha costretto il sistema torbiditico a cambiare la direzione di sviluppo, da est verso sud. Processi di framanento in massa a grande scala hanno inoltre contribuito alla riorganizzazione del sistema torbiditico. Il bacino dell’Ogliastra è localizzato nel settore meridionale del margine, limitato verso mare dal seamount Quirra. Il settore settentrionale della scarpata continentale del bacino Ogliastra è caratterizzato da canyon e incisioni di carattere ibrido, con tratti deposizionali ed erosivi. L'Arbatax è il principale sistema torbiditico del bacino di Ogliastra caratterizzato da un settore meridionale dominato da un canale alimentatore e da un settore settentrionale abbandonato, caratterizzato da fenomeni di smantellamento e instabilità gravitativa. In generale i risultati dello studio evidenziano l'importanza della combinazione dei fattori di controllo esterni, e della topografia preesistente, nello sviluppo dei processi sedimentari e degli elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. In particolare, appare evidente come lo stile deposizionale dei sistemi torbiditici in ambiente confinato diverga sostanzialmente da quello previsto dai modelli di fan sottomarini usati come strumenti predittivi nella esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.
Governance territoriale e difesa dell'ambiente per uno sviluppo sostenibile. Alcuni casi a confronto