924 resultados para terminologia ammortizzatori sociali disoccupazione diritto del lavoro germania


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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.

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La contaminazione da fonti diffuse e locali può determinare perdite di funzionalità del suolo e ripercuotesi a cascata nelle catene alimentari, attraverso la contaminazione di falde e corpi d'acqua, l'assorbimento da parte dei vegetali e degli animali fino all'uomo. Industrializzazione, urbanizzazione e pratiche agricole sono le tre principali sorgenti di metalli nei suoli. In questo lavoro di tesi, che ha avuto come area oggetto di studio parte del territorio del Comune di Ravenna, sono stati analizzati gli arricchimenti di Cr, Ni, Cu, Zn e Pb applicando una metodica impostata sul confronto tra le concentrazioni totali rinvenute in superficie e in profondità mediante il calcolo dell'Indice di Geoaccumulo. La sola determinazione delle aliquote dei metalli negli orizzonti superficiali del suolo, non è, di per sé, in grado di fornire indicazioni esaustive circa lo stato di contaminazione dei suoli. Infatti, tale informazione, non permette la distinzione tra origine naturale o arricchimento determinato da attività antropica. In più lo studio ha valutato la possibile relazione con le caratteristiche del substrato (origine del sedimento) e l'uso del suolo. Alte concentrazioni di Cr e Ni, in corrispondenza della Pineta San Vitale (area naturale) non sono attribuibili a contaminazioni di natura antropica, bensì dipendono dal parent material. La distribuzione delle anomalie per Cu, Zn e Pb, invece, sembra dipendere invece dall'uso dei suoli presenti nell'area oggetto di studio. Il contenuto naturale di questi metalli può variare notevolmente a seconda del materiale su cui si è sviluppato il suolo e questo riflette i tenori di fondo per le diverse unità. I tenori di fondo del Cr calcolati per il deposito di cordone litorale (DCL), dove oggi è impostata la Pineta San Vitale (area naturale), sono maggiori rispetto ai limiti di concentrazione previsti dal Decreto Legislativo n°152 del 2006 per questa tipologia di aree. Cu, Zn e Pb, invece, presentano tenori di fondo bassi in corrispondenza del deposito del cordone litorale (DCL), costituito da materiale a granulometria grossolana. Per questi metalli è il fattore granulometria ad avere un ruolo fondamentale nello stabilire i valori di background negli altri depositi. In ultima analisi, per valutare gli effetti e i rischi associati in presenza di alte concentrazioni di Cr, Ni, Cu, Zn e Pb, è stata quantificata la frazione che può essere resa biodisponibile con DTPA. Le anomalie riscontrate sono state confrontate in primo luogo con alcuni campioni di controllo, coerenti con i valori di background per i cinque metalli. La bassa biodisponibilità osservata per Cr e Ni riflette il forte legame di questi metalli con la fase mineralogica, non rappresentando un pericolo per le piante e di conseguenza per gli animali superiori. Cu, Zn e Pb presentano, in alcuni casi, concentrazioni biodisponibili sia proporzionali all'entità dell'anomalia evidenziata con il calcolo dell'Indice di Geoaccumulo, sia maggiori rispetto a quelle dei campioni selezionati come controlli.

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La nanotecnologia è una scienza innovativa che sviluppa e utilizza materiali di dimensioni nanometriche (< 100 nm). Lo sviluppo e il mercato delle nanoparticelle in merito alle loro interessanti proprietà chimico‐fisiche, é accompagnato da una scarsa conoscenza relativa al destino finale e agli effetti che questi nano materiali provocano nell’ ambiente [Handy et al., 2008]. La metodologia LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita) è riconosciuta come lo strumento ideale per valutare e gestire gli impatti ambientali indotti dalle ENPs, nonostante non sia ancora possibile definire, in maniera precisa, un Fattore di Caratterizzazione CF per questa categoria di sostanze. Il lavoro di questa tesi ha l’obbiettivo di stimare il Fattore di Effetto EF per nanoparticelle di Diossido di Titanio (n‐TiO2) e quindi contribuire al calcolo del CF; seguendo il modello di caratterizzazione USEtox, l’EF viene calcolato sulla base dei valori di EC50 o LC50 relativi agli organismi appartenenti ai tre livelli trofici di un ecosistema acquatico (alghe, crostacei, pesci) e assume valore pari a 49,11 PAF m3/Kg. I valori tossicologici utilizzati per il calcolo del Fattore di Effetto derivano sia da un’accurata ricerca bibliografica sia dai risultati ottenuti dai saggi d’inibizione condotti con n‐TiO2 sulla specie algale Pseudokirchneriella Subcapitata. La lettura dei saggi è stata svolta applicando tre differenti metodi quali la conta cellulare al microscopio ottico (media geometrica EC50: 2,09 mg/L, (I.C.95% 1,45‐ 2,99)), l’assorbanza allo spettrofotometro (strumento non adatto alla lettura di test condotti con ENPs) e l’intensità di fluorescenza allo spettrofluorimetro (media geometrica EC50: 3,67 mg/L (I.C.95% 2,16‐6,24)), in modo tale da confrontare i risultati e valutare quale sia lo strumento più consono allo studio di saggi condotti con n‐TiO2. Nonostante la grande variabilità dei valori tossicologici e la scarsa conoscenza sui meccanismi di tossicità delle ENPs sulle specie algali, il lavoro sperimentale e la ricerca bibliografica condotta, hanno permesso di individuare alcune proprietà chimico‐fisiche delle nanoparticelle di Diossido di Titanio che sembrano essere rilevanti per la loro tossicità come la fase cristallina, le dimensioni e la foto attivazione [Vevers et al., 2008; Reeves et al., 2007]. Il lavoro sperimentale ha inoltre permesso di ampliare l’insieme di valori di EC50 finora disponibile in letteratura e di affiancare un progetto di ricerca dottorale utilizzando il Fattore di Effetto per n‐ TiO2 nel calcolo del Fattore di Caratterizzazione.

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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.

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Negli ultimi anni, parallelamente all’espansione del settore biologico, si è assistito a un crescente interesse per i modelli alternativi di garanzia dell’integrità e della genuinità dei prodotti biologici. Gruppi di piccoli agricoltori di tutto il mondo hanno iniziato a sviluppare approcci alternativi per affrontare i problemi connessi alla certificazione di terza parte. Queste pratiche sono note come Sistemi di Garanzia Partecipativa (PGS). Tali modelli: (i) si basano sugli standard di certificazione biologica dell’IFOAM, (ii) riguardano il complesso dei produttori di una comunità rurale, (iii) comportano l’inclusione di una grande varietà di attori e (iv) hanno lo scopo di ridurre al minimo burocrazia e costi semplificando le procedure di verifica e incorporando un elemento di educazione ambientale e sociale sia per i produttori sia per i consumatori. Gli obiettivi di questo lavoro di ricerca: • descrivere il funzionamento dei sistemi di garanzia partecipativa; • indicare i vantaggi della loro adozione nei Paesi in via di sviluppo e non; • illustrare il caso della Rede Ecovida de Agroecologia (Brasile); • offrire uno spunto di riflessione che riguarda il consumatore e la relativa fiducia nel modello PGS. L’impianto teorico fa riferimento alla Teoria delle Convenzioni. Sulla base del quadro teorico è stato costruito un questionario per i consumatori con lo scopo di testare l’appropriatezza delle ipotesi teoriche. I risultati finali riguardano la stima del livello di conoscenza attuale, la fiducia e la volontà d’acquisto dei prodotti PGS da parte dei consumatori nelle aree considerate. Sulla base di questa ricerca sarà possibile adattare ed esportare il modello empirico in altri paesi che presentano economie diverse per cercare di comprendere il potenziale campo di applicazione dei sistemi di garanzia partecipativa.

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Il presente lavoro ha avuto lo scopo di identificare le caratteristiche di filtrabilità della birra attraverso lo svolgimento di prove tecnologiche di filtrazione in scala di laboratorio e su scala pilota, utilizzando diverse tipologie di sistemi filtranti e sperimentando diversi materiali di membrana. La fase preliminare della caratterizzazione della filtrabilità della birra è stata condotta presso i laboratori del Campden-BRI – The Brewing Research International, Inghilterra, mentre le prove tecnologiche su scala pilota si sono svolte presso il CERB – Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra. Le prove di filtrazione e le analisi sui campioni hanno permesso di verificare le performance delle diverse membrane utilizzate in risposta alla variazione dei principali parametri del processo di filtrazione tangenziale. Sono stati analizzati diversi parametri di qualità della birra filtrata attraverso il monitoraggio del processo e lo svolgimento di prove analitiche sul prodotto volte ad evidenziare gli effetti delle differenti tecnologie adottate. Per quanto riguarda le prove di laboratorio per la caratterizzazione della filtrabilità della birra, l’analisi della PCS (Photon Correlation Spectroscopy) è stata utilizzata per verificare l’influenza di diversi trattamenti enzimatici sulla efficienza del processo di filtrazione e la loro influenza sulla stabilità colloidale della birra filtrata. Dai risultati ottenuti è emerso che il PCS è un valido strumento per determinare la distribuzione in classi di diametro e il diametro medio effettivo delle particelle solide in sospensione nella birra e può essere utilizzato sia per predire la stabilità della birra filtrata, sia per monitorare il processo di filtrazione in tempo reale.

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La tesi qui presentata è stata svolta all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale “Architettura sostenibile" e propone la riqualificazione di un edificio ACER, sito a Bologna in via Gandusio, un’area strategicamente centrale a ridosso del centro storico e al contempo inserita all’interno delle dinamiche urbane della prima periferia. Si tratta di un complesso di edilizia residenziale sociale e, perciò, è stato necessario elaborare preliminarmente una sorta di quadro conoscitivo per individuare le problematiche e le tendenze comuni sia a casistiche italiane che europee. Dopo un inquadramento generale sulla situazione dei modelli famigliari e dell’abitare; è stata effettuata una panoramica su alcuni interventi europei, dai quali si è cercato di attingere e elaborare soluzioni e metodologie di intervento innovative, prendendo in considerazione sia elementi di rigenerazione del tessuto urbano, sia soluzioni tecnologiche e costruttive applicate a casi specifici. La situazione dell’edilizia residenziale sociale, attualmente, vede una forte scarsità di alloggi, tale da non riuscire a soddisfare tutte le richieste della popolazione. Negli ultimi trenta anni, la quota di produzione di alloggi di edilizia sociale è progressivamente calata, contrariamente agli altri paesi europei, caratterizzati da un andamento costante. Al contempo, si è registrato l’aumento di persone in condizioni di disagio abitativo e sociale. Il progetto risponde alle eterogenee esigenze dei rinnovati modelli famigliari contemporanei, prevedendo opere di completamento funzionale e una diversificazione dell’offerta tipologica degli alloggi, unita all’integrazione di nuovi servizi per gli abitanti e alla rivalorizzazione dell’identità dell’edificio in quanto manufatto polarizzante. Il progetto adotta il metodo della riqualificazione sostenibile e delle tematiche ad essa inerenti, approfondite durante il percorso di lavoro svolto all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale “Architettura Sostenibile”. Tutti gli interventi eseguiti sul manufatto sono stati incentrati sul tema della sostenibilità, per ridurre l’uso dei materiali e l’uso del territorio. Sono stati ridotti i deficit tecnologici e soprattutto energetici dell’involucro edilizio, combinando all’applicazione di soluzioni tecnologiche la riqualificazione dello spazio urbano e della funzionalità degli spazi dell’abitare. Questo lavoro si propone di confrontarsi con la condizione attuale dell’housing sociale, cercando di rispondere alle esigenze abitative contemporanee, riqualificando e ripensando gli spazi e migliorandone il comportamento strutturale in caso di evento sismico. Per evitare di trattarlo come un episodio sporadico, un’anomalia, l’intervento ha cercato di collocarsi all’interno del contesto urbano e del tessuto insediativo, dialogando con essi per fornire risposte a problematiche concrete e reali. Per questo si è deciso di intervenire anche sulle aree adiacenti, provando a fornire soluzioni alle dinamiche incompiute e alle esigenze sociali del quartiere.

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In questa Tesi di Dottorato di Ricerca sono state studiate le caratteristiche strutturali e le relative prestazioni dei sistemi strutturali cellulari a pareti tozze di tipo sandwich in c. a. gettato in opera realizzate con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene. Tali sistemi strutturali sono caratterizzati da numerose peculiarità; infatti, (i) il comportamento globale delle strutture risulta essere di tipo cellulare, e, le pareti che costituiscono il sistema resistente alle azioni sia orizzontali che verticali risultano essere: (ii) tozze, (iii) di tipo sandwich e caratterizzate da: (iv) basse percentuali di armatura, (v) ridotti tassi di lavoro a sforzo assiale e (vi) stesso quantitativo di armatura orizzontale e verticale. Date le specificità dei sistemi strutturali in esame, si è, in primo luogo, cercato di inquadrare le peculiarità strutturali sopra elencate nell’ambito scientifico. Ciò ha consentito di riscontrare una profonda carenza nella conoscenza relativa al comportamento di tali strutture specialmente nei confronti delle azioni orizzontali di tipo sismico. Pertanto i due principali obiettivi di questa Tesi di Dottorato sono stati: (1) la sistematizzazione scientifica e la relativa interpretazione di 10 anni di prove sperimentali condotte sul sistema strutturale in esame; e (2) la progettazione, la realizzazione e l’interpretazione preliminare dei risultati di una prova su tavola vibrante di una struttura a tre piani con pianta rettangolare, realizzata con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene (la prova è stata effettuata nell’ambito del progetto di ricerca Europeo SERIES). Questa ricerca ha dunque consentito di far luce sul comportamento (in particolar modo, nei confronti delle azioni orizzontali di tipo sismico) dei sistemi strutturali composti da pareti tozze di tipo sandwich in c. a. gettato in opera realizzati con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene.

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Sommario Il polo chimico di Ferrara, situato nella periferia nord occidentale del territorio comunale, rappresenta un’area ad alta concentrazione di stabilimenti, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 334/99 e s.m.i., ovvero un’area in cui sono presenti diversi stabilimenti a rischio di incidente rilevante, così definiti in base alle caratteristiche di pericolosità e dei quantitativi delle sostanze chimiche presenti. Per tali aree la norma di legge prevede la realizzazione di uno Studio di Sicurezza Integrato d’Area o SSIA. Allo SSIA del polo chimico ferrarese è stato dato avvio nel corso del 2012, in seguito ad un accordo tra la Regione Emilia Romagna, l’Agenzia Regionale di Protezione Civile, la Provincia di Ferrara, l’Ufficio Territoriale del Governo, il Comune di Ferrara, la Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, l’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente e le stesse aziende presenti nel polo. La realizzazione dello SSIA prevede 6 fasi: 1) la definizione dei criteri metodologici da adottare per l’analisi del rischio; 2) la raccolta e l’analisi critica dei dati necessari all'analisi del rischio; 3) l’individuazione e la caratterizzazione delle sorgenti di rischio; 4) l’analisi delle conseguenze e la stima della frequenza di accadimento degli scenari incidentali che possono scaturire da ogni sorgente di rischio; 5) la ricomposizione, per tutti gli scenari di ogni sorgente e per tutte le sorgenti, delle frequenze e delle conseguenze negli indici di rischio; 6) l’analisi e la valutazione dei risultati ottenuti, al fine di interventi eventuali interventi per la riduzione e la mitigazione del rischio stesso. Il presente lavoro di tesi si inserisce nello Studio di Sicurezza Integrato d’Area del polo chimico di Ferrara ed in particolare nelle fasi 2), 3) e 4) sopra citate. Esso ha preso avvio durante un tirocinio svolto presso l’Agenzia Regionale di Protezione Civile ed ha avuto ad oggetto il trasporto di sostanze pericolose via strada e ferrovia nell'area dello SSIA. Il lavoro di tesi è così strutturato: a valle del capitolo 1 avente carattere introduttivo, si è descritta nel dettaglio l’area oggetto dello SSIA, con particolare riferimento alle vie di trasporto delle sostanze pericolose (capitolo 2). Successivamente (capitolo 3) si è illustrata la metodologia utilizzata per effettuare il censimento dei dati di trasporto delle sostanze pericolose forniti dalle aziende del polo e si sono presentati i risultati ottenuti. Infine (capitolo 4) si è eseguita l’analisi delle conseguenze degli scenari incidentali associati al trasporto di alcune delle sostanze movimentate per strada e ferrovia.

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L’esigenza di affrontare la questione della tutela del mare dalle diverse fonti di inquinamento si è posta con forza soprattutto a partire al 1970, in parallelo con l’affinamento della sensibilità ambientale a fronte del crescente processo di industrializzazione in atto in tutto il mondo. Tuttavia, a fronte di questa attenzione al bersaglio “ambiente” citata dalle convenzioni e dalle norme, si constata la mancanza di indici quantitativi per la stima del rischio di contaminazione per tutti i comparti ambientali ed anche per il mare e, conseguentemente, anche l’assenza di metodologie per il loro calcolo. Misure di rischio quantitative consolidate e modelli condivisi per la loro stima riguardano esclusivamente l’uomo, con la conseguenza che la valutazione di rischio per il bersaglio “ambiente” rimane ad un livello qualitativo o, al più, semi-quantitativo. La ricerca presentata in questo lavoro vuole rappresentare un contributo per colmare questa lacuna. L’attenzione è rivolta al comparto delle acque marine ed agli sversamenti di liquidi oleosi, ovvero di idrocarburi insolubili in acqua e più leggeri dell’acqua stessa.

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La tesi ha ad oggetto lo studio e l’approfondimento delle forme di promozione commerciale presenti in Rete caratterizzate, più che da una normale evoluzione, da continue metamorfosi che ridefiniscono ogni giorno il concetto di pubblicità. L’intento è quello di analizzare il quadro giuridico applicabile alla pubblicità via Web, a fronte della varità di forme e di modalità che essa può assumere. Nel lavoro vengono passate in rassegna le caratteristiche che differenziano la pubblicità commerciale on-line rispetto a quella tradizionale; tra le quali, particolare rilievo assume la capacità d’istaurare una relazione – diretta e non mediata – tra impresa e consumatore. Nel prosieguo viene affrontato il problema dell’individuazione, stante il carattere a-territoriale della Rete, della legge applicabile al web advertising, per poi passare ad una ricognizione delle norme europee ed italiane in materia, senza trascurare quelle emanate in sede di autodisciplina. Ampio spazio è dedicato, infine, all’esame delle diverse e più recenti tecniche di promozione pubblicitaria, di cui sono messi in evidenza gli aspetti tecnico-informatici, imprescindibili ai fini di una corretta valutazione del tema giuridico. In particolare, vengono approfonditi il servizio di posizionamento a pagamento offerto dai principali motori di ricerca (keywords advertising) e gli strumenti di tracciamento dei “comportamenti” on-line degli utenti, che consentono la realizzazione di campagne pubblicitarie mirate (on-line behavioural advertising). Il Web, infatti, non offre più soltanto la possibilità di superare barriere spaziali, linguistiche o temporali e di ampliare la propria sfera di notorietà, ma anche di raggiungere l’utente “interessato” e, pertanto, potenziale acquirente. Di queste nuove realtà pubblicitarie vengono vagliati gli aspetti più critici ed esaminata la disciplina giuridica eventualmente applicabile anche alla luce delle principali decisioni giurisprudenziali nazionali ed europee in materia, nonché delle esperienze giuridiche nord-americane e di tipo autoregolamentare.

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La tesi sviluppa le proposte teoriche della Linguistica Cognitiva a proposito della metafora e propone una loro possibile applicazione in ambito didattico. La linguistica cognitiva costituisce la cornice interpretativa della ricerca, a partire dai suoi concetti principali: la prospettiva integrata, l’embodiment, la centralità della semantica, l’attenzione per la psicolinguistica e le neuroscienze. All’interno di questo panorama, prende vigore un’idea di metafora come punto d’incontro tra lingua e pensiero, come criterio organizzatore delle conoscenze, strumento conoscitivo fondamentale nei processi di apprendimento. A livello didattico, la metafora si rivela imprescindibile sia come strumento operativo che come oggetto di riflessione. L’approccio cognitivista può fornire utili indicazioni su come impostare un percorso didattico sulla metafora. Nel presente lavoro, si indaga in particolare l’uso didattico di stimoli non verbali nel rafforzamento delle competenze metaforiche di studenti di scuola media. Si è scelto come materiale di partenza la pubblicità, per due motivi: il diffuso impiego di strategie retoriche in ambito pubblicitario e la specificità comunicativa del genere, che permette una chiara disambiguazione di fenomeni che, in altri contesti, non potrebbero essere analizzati con la stessa univocità. Si presenta dunque un laboratorio finalizzato al miglioramento della competenza metaforica degli studenti che si avvale di due strategie complementari: da una parte, una spiegazione ispirata ai modelli cognitivisti, sia nella terminologia impiegata che nella modalità di analisi (di tipo usage-based); dall’altra un training con metafore visive in pubblicità, che comprende una fase di analisi e una fase di produzione. È stato usato un test, suddiviso in compiti specifici, per oggettivare il più possibile i progressi degli studenti alla fine del training, ma anche per rilevare le difficoltà e i punti di forza nell’analisi rispetto sia ai contesti d’uso (letterario e convenzionale) sia alle forme linguistiche assunte dalla metafora (nominale, verbale, aggettivale).

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Il tema oggetto della presente tesi di dottorato trae spunto dall'analisi dell'art. 2468 c.c. nel quale può dirsi contenuto il nucleo fondamentale della disciplina della partecipazione sociale. In primo luogo vi è un'analisi comparata dell'istituto in esame con quelli previsti negli altri paesi europei. Dopo una breve analisi di diritto comparato ci si è concentrati sulla legislazione italiana ed, in particolare, l'elaborato cerca di dare una risposta ai seguenti interrogativi: a) quali sono i “particolari diritti” ex art. 2468 c.c.? b) si può parlare di “categorie speciali di partecipazioni”? Con riferimento al primo interrogativo va considerato che il modello legale prevede che i diritti particolari attribuibili ai soci riguardano l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Tale disciplina sussiste quando l’atto costitutivo attribuisce i particolari diritti senza disporre nulla sulla loro trasferibilità, modificabilità ed inerenza alla partecipazione sociale piuttosto che alla persona del socio. Ci si è chiesti quali siano i confini delle due categorie espressamente previste dall’art. 2468, 3 c.c. e se tale previsione sia tassativa piuttosto che esemplificativa, aprendosi quindi la strada alla libera determinabilità dei diritti sociali, alla stregua di quanto sancisce l’art. 2348, 2 c.c., in merito alle azioni “speciali”. Si giunge così alla conclusione che la previsione sia esemplificativa e che anche nelle s.r.l. le parti sono libere di attribuire ai soci diritti sociali diversi da quelli derivanti dal modello legale, nei limiti derivanti da specifiche norme imperative. Nel secondo capitolo sono stati approfonditi i principi dettati dall’art. 2468 c.c., la natura di tali "particolari diritti" ed i loro profili di qualificazione nonché le loro esplicazioni contenutistiche Nel terzo capitolo si è analizzato cosa accade ai "particolari diritti" in caso di vicende modificative. Nel quarto capitolo poi è stato affrontata la controversa questione relativa alla possibilità di creare delle “categorie di quote”.

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Il mio lavoro di tesi si intitola "Alla ricerca dell'autenticità. Kathy Acker e Vladimir Sorokin a confronto". La comparazione riflette sulle inaspettate similarità sociali, e di conseguenza letterarie, di Usa e Urss dagli anni Settanta agli anni Novanta, indagate attraverso l'arte dei due scrittori citati nel titolo.  Kathy Acker è nata nel 1947 a New York e durante gli anni Settanta frequentò assiduamente la comunità artistica definita "Downtown New York". Vladimir Sorokin è nato nel 1955 nei dintorni di Mosca e negli stessi anni entrò all'intorno del circolo "Moskovskij Konzeptualism" della grande città. Queste due comunità artistiche erano create dalla libera aggregazione di artisti, scultori, letterati, poeti, musicisti.. in un vortice creativo in contrasto con la chiusura sociale e artistica degli ambiti definibili come accademici o ufficiali.  Con le loro opere Acker e Sorokin cercarono di distruggere le norme sovraimposte e arrivare all'"autenticità" riguardo al sé, all'homo sovieticus, all'uomo americano e riguardo al genere umano in generale.  Nell'arco del mio studio l'utopia del radioso avvenire sovietico e l'utopia del sogno americano d'oltreoceano si sono rivelati come prigioni della vita di ogni giorno, in grado di allontanare l'uomo dai suoi desideri veri e dai suoi impulsi più umani. Le risposte artistiche delle due comunità in generale e dei due scrittori in particolare sono volte alla liberazione dai vincoli dell'utopia e alla riscoperta di ciò che è ritenuto come debolezza e bassezza dell'uomo. Le due comunità artistiche cercarono il contatto con un vasto pubblico non elitario, cercano un linguaggio comprensibile da tutti. Contemporaneamente il corpo con tutte le sue pulsioni cerca di riguadagnare il proprio spazio in un sè egemonizzato dalla mente. Ma quel che queste comunità artistiche soprattutto fanno è porre domande alla coscienza e incoscienza della società. Cercano di trasformare il terrore quotidiano in qualcosa di comprensibile e scaricabile, un ruolo che una volta era proprio dei rituali trasgressivi del popolo e che dal Novecento, con la trasformazione del popolo in massa omologata, sono venuti a mancare. Acker e Sorokin cercano strutture narrative e artistiche in grado di proporre alla “corporealtà collettiva” una via di redenzione ritualistica. Questi artisti non si conformano e sono in grado di illuminare, di dare sostentamento all'individuo nella ricerca personale di una lingua, di un pensiero, di un mito in cui vivere. Reagiscono al balbettio omologante delle società di massa, non si adeguano a nessuna forma fissa e anche la loro arte continua a evolvere, a fallire, a cercare.

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Scopo della presente trattazione è quello di andare ad osservare in che modo il legislatore della riforma abbia cercato di offrire una disciplina ad un fenomeno sempre più in espansione nell’economia italiana: i gruppi di impresa. In particolare, l’elaborato è composto da 3 nuclei. Il primo analizza la disciplina, introdotta nel 2003, relativa all’attività di direzione e coordinamento (art. 2497 c.c. e ss) rintracciandone le regole generali e il rapporto con le norme del codice civile. Una seconda parte approfondisce gli elementi costitutivi dell'attivita' di direzione e coordinamento, i presupposti affinche' si possa configurare una responsabilita' da parte della societa' capogruppo e i soggetti conivolti all'interno di un gruppo. La terza parte e' invece dedicata allo studio delle problematiche legate all’azione risarcitoria introdotta con la disposizione di cui all’art. 2497 c.c., soprattutto confrontando la posizione dei soci di minoranza con quella dei creditori sociali. In particolare, vengono descritte le modalità con le quali i soci e i creditori sociali possono esercitare l’azione a tutela dei propri interessi e dunque tentare di trovare pieno ristoro ai danni sofferti; danni che in qualche modo risultano legati alle scelte operate dal gruppo di comando e, più tecnicamente, dalla società che esercita l’attività di direzione e coordinamento, la c.d. capogruppo.