980 resultados para tDCS sperimentale clinico elettrostimolazione
Resumo:
La caratterizzazione di sedimenti contaminati è un problema complesso, in questo lavoro ci si è occupati di individuare una metodologia di caratterizzazione che tenesse conto sia delle caratteristiche della contaminazione, con analisi volte a determinare il contenuto totale di contaminanti, sia della mobilità degli inquinanti stessi. Una adeguata strategia di caratterizzazione può essere applicata per la valutazione di trattamenti di bonifica, a questo scopo si è valutato il trattamento di soil washing, andando ad indagare le caratteristiche dei sedimenti dragati e del materiale in uscita dal processo, sabbie e frazione fine, andando inoltre a confrontare le caratteristiche della sabbia in uscita con quelle delle sabbie comunemente usate per diverse applicazioni. Si è ritenuto necessario indagare la compatibilità dal punto di vista chimico, granulometrico e morfologico. Per indagare la mobilità si è scelto di applicare i test di cessione definiti sia a livello internazionale che italiano (UNI) e quindi si sono sviluppate le tecnologie necessarie alla effettuazione di test di cessione in modo efficace, automatizzando la gestione del test a pHstat UNI CEN 14997. Questo si è reso necessario a causa della difficoltà di gestire il test manualmente, per via delle tempistiche difficilmente attuabili da parte di un operatore. Le condizioni redox influenzano la mobilità degli inquinanti, in particolare l’invecchiamento all’aria di sedimenti anossici provoca variazioni sensibili nello stato d’ossidazione di alcune componenti, incrementandone la mobilità, si tratta quindi di un aspetto da considerare quando si individuano le adeguate condizioni di stoccaggio-smaltimento, si è eseguita a questo scopo una campagna sperimentale.
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L’oggetto di questa tesi è l’individuazione di un metodo in grado di rilevare uno squilibrio cilindrico rilevante in un motore a combustione interna ad accensione comandata, sovralimentato dinamicamente. Il progetto si basa sull’osservazione sperimentale di un forte incremento dei valori assunti da indici basati sulla differenza dei tempi dente della ruota fonica, al manifestarsi di un brusco squilibrio di titolo in uno dei quattro cilindri. Ciò ha permesso di rilevare eventuali sbilanciamenti di titolo mediante una diagnosi intrusiva in grado di esaltarli. Questa metodologia a differenza di quelle basate sul segnale proveniente dalla sonda lambda, non risente del problema del mixing dei pacchetti di gas combusti all’interno della turbina. Il lavoro di tesi è consistito nel concepire un indice di rilevamento capace di esaltare il fenomeno sopra descritto, nel creare in ambiente Matlab-Simulink un modello che simuli la strategia in questione e renda possibile la realizzazione di un prototipo, per mezzo del quale è stata validata la strategia a bordo del veicolo. This thesis proposes a methodology to detect a relevant cylinder imbalance by means of flywheel speed fluctuation analysis in a turbocharged internal combustion engine. The main idea behind this project is the evidence that every time a significant cylinder imbalance is present, it is noticed an important increase of index based on tooth time sampled via flywheel. For this reason, it is possible to develop an intrusive strategy, which higliaghts a possible cylinder imbalance presence, in order to detect it. This method, unlike others based on the signal coming from Lambda sensor, doesn’t suffer from the presence of exhaust gases mixing effect inside the turbine. The objective of this thesis is to conceive a detection index able to put in evidence the phenomena described above, and to design a model inside the Matlab-Simulink environment, able to simulate the strategy and to make possible tests on the vehicle by means of a prototype.
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Il lavoro è parte integrante di un progetto di ricerca del Ministero della Salute ed è stato sviluppato presso la Fisica Sanitaria ed il reparto di Radioterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena. L’obiettivo è la realizzazione di modelli predittivi e di reti neurali per tecniche di warping in ambito clinico. Modifiche volumetrico-spaziali di organi a rischio e target tumorali, durante trattamenti tomoterapici, possono alterare la distribuzione di dose rispetto ai constraints delineati in fase di pianificazione. Metodologie radioterapiche per la valutazione di organ motion e algoritmi di registrazione ibrida permettono di generare automaticamente ROI deformate e quantificare la divergenza dal piano di trattamento iniziale. Lo studio si focalizzata sulle tecniche di Adaptive Radiation Therapy (ART) mediante la meta-analisi di 51 pazienti sottoposti a trattamento mediante Tomotherapy. Studiando il comportamento statistico del campione, sono state generate analisi predittive per quantificare in tempo reale divergenze anatomico dosimetriche dei pazienti rispetto al piano originale e prevedere la loro ripianificazione terapeutica. I modelli sono stati implementati in MATLAB, mediante Cluster Analysis e Support Vector Machines; l’analisi del dataset ha evidenziato il valore aggiunto apportabile dagli algoritmi di deformazione e dalle tecniche di ART. La specificità e sensibilità della metodica è stata validata mediante l’utilizzo di analisi ROC. Gli sviluppi del presente lavoro hanno aperto una prospettiva di ricerca e utilizzo in trattamenti multicentrici e per la valutazione di efficacia ed efficienza delle nuove tecnologie in ambito RT.
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Background. Abiraterone acetate is a potent inhibitor of cytochrome P450 17 α-hydrolase (CYP17A1) that causes a reduction in the synthesis of testosterone in the adrenal glands, testes and tumor microenvironment. Blocking androgen production, abiraterone has been shown to prolong progression-free survival (PFS) and overall survival (OS) in patients with metastatic castration-resistant prostate cancer (CRPC) previously submitted to chemotherapy. The aim of our study was to verify the role of single nucleotide polymorphisms (SNPs) in predicting clinical outcome in CRPC patients treated with abiraterone after chemotherapy. Methods. We analyzed 48 CRPC consecutive patients treated with abiraterone after at least one chemotherapeutic regimen with docetaxel. DNA was extracted from peripheral blood and genotyped for four polymorphisms in the CYP17A1 gene (rs743572, rs10883783, rs17115100, rs284849). PFS and OS survival curves were used to identify statistical associations between haplotypes and clinical outcome. Results. Forty-eight Caucasian patients with metastatic CRPC treated with abiraterone were genotyped for polymorphisms in the CYP17A1 gene. All samples were evaluable for both sequencing and TaqMan Genotyping assay. The CRPC patients treated with abiraterone had a median PFS and OS of 7.6 months (95% CI: 4.3-10.5) and 17.6 months (95% CI: 10.5-19.0), respectively Statistical analyses highlighted a difference approaching statistical significance (log-rank test p = 0.0534) between rs10883783 and PFS. Other polymorphisms were not associated with a benefit from treatment with abiraterone. Conclusions. In our case series of 48 treated patients, rs10883783 only was identified as a possible predictive marker, results showing a trend toward statistical significance. Further analysis of this polymorphism is needed in larger series of patients to confirm our findings.
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Lo studio è stato effettuato su esemplari di Palinurus elephas, decapodi appartenenti alla famiglia dei Palinuridae. Tali organismi oltre ad essere importanti dal punto di vista bio-ecologico, data l’ampia distribuzione geografica e il ruolo critico che rivestono in numerose reti trofiche marine, costituiscono una risorsa commerciale considerevole in tutto il Mediterraneo. Questo studio nasce dall’assunzione che il rumore di natura antropica potrebbe avere effetti negativi sugli stock di aragoste, andando a mascherare sia il suono del fondo marino, avente un ruolo di orientamento nelle fasi larvali di molti decapodi, sia i suoni d’importanza bio-ecologica prodotti da conspecifici e non. Negli ultimi anni si sono indagati i meccanismi d’emissione acustica di Palinurus elephas dimostrando che questi stimoli sonori, chiamati Rasp (range di frequenza = 2-75 kHz), avvengono in associazione a comportamenti anti-predatoriali, ossia in tutti quei comportamenti che implicano un movimento dell’apparato antennale. Tuttavia ben poco si conosce sull’ecologia di questa specie, in particolare per quanto concerne la comunicazione intraspecifica e l’abilità di questi animali nella percezione di segnali acustici (inclusi quelli emessi da conspecifici) a diverse frequenze. Nel corso di questo studio si sono volute indagare le risposte comportamentali di questo crostaceo a suoni di diversa natura: Sweep Basso = 0.1-20 kHz; Sweep Alto = 20-80 kHz; Rasp = 2-75 kHz, desumendo la sensibilità di questa specie a spettri sonori diversi in frequenza e ampiezza. Le alterazioni del comportamento sono state monitorate e analizzate attraverso filmati audio-visivi. Nella fase sperimentale, sono state valutate 6 diverse variabili comportamentali: Distanza Percorsa, Mobilità, Velocità, Movimento, Tail Flip ed Emissioni Acustiche, al fine di evidenziare eventuali differenze significative tra i gruppi esposti a uno dei tre segnali e il gruppo di controllo.
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Nel capitolo 1 si riassumono le proprietà fisiche della superficie dei semiconduttori e sono descritti i principi teorici dell' effetto di fototensione superficiale (SPV) con particolare attenzione sullo studio della SPV in film sottili semiconduttori. Nel capitolo 2 si presenta la strumentazione sperimentale per l'analisidella fototensione superficiale fornendo alcuni esempi di set-up generici e più particolari. Infine nel capitolo 3 si descrivono alcune applicazioni della spettroscopia di fototensione superficiale (SPS).
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I materiali per applicazioni fotovoltaiche hanno destato un interesse crescente nella comunità scienti�ca negli ultimi decenni. Le celle HIT (Het- erojunction Intrinsic Thin Layer ) sono dispositivi di ultima generazione che hanno raggiunto e�cienza elevata mantenendo bassi i costi di pro- duzione, e impiegano silicio amorfo (a-Si) come strato emettitore per il suo buon assorbimento della luce e silicio cristallino come regione attiva. La struttura amorfa del silicio presenta però una bassa conducibilità, oltre ad e�etti di degradazione che limitano considerevolmente la durevolezza di una cella. Per questo motivo si stanno cercando possibili alternative al silicio amorfo, in particolare strutture multifase e composti di silicio, ossigeno ed azoto. In questo lavoro sono esposti i risultati dell'analisi di sottili lay- er di Silicon Oxynitride ossigenato (SiOx Ny :H), in forma microcristallina, deposti tramite PECVD (P lasma-Enhanced Chemical Vapor Deposition) su vetro presso l'università di Costanza. La forma microcristallina è una distribuzione di agglomerati cristallini dell'ordine di grandezza di un mi- crometro in una matrice di silicio amorfo, e attualmente le sue proprietà ottiche ed elettroniche non sono ancora state studiate in maniera appro- fondita. Nonostante ciò, è invece evidente che la fase microstallina non presenta tanti difetti intrinseci come la forma amorfa e ne è quindi una val- ida alternativa. In questa ottica, si è svolto uno studio sperimentale delle proprietà ottiche di layers in forma microcristallina di SiOx Ny :H, quali la misura del gap energetico. I risultati sperimentali, volti a trovare la dipen- denza delle caratteristiche dai parametri di deposizione dei layers, hanno mostrato una riduzione del gap energetico con la concentrazione di N2 O, uno dei gas precursori utilizzati nella deposizione dei layers in camera di processo. In conclusione si può dire che il μc−SiOx Ny :H ha le buone carat- teristiche tipiche dei semiconduttori cristallini, che unite alla possibilità di regolare il valore del gap energetico in base alle scelte in fase di deposizione, gli conferisce buone prospettive per applicazioni in celle fotovoltaiche, come emettitore in celle ad eterogiunzione.
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In questo studio ci siamo proposti di investigare i sistemi di modulazione automatica della dose sui sistemi TC Multislice (Automatic Exposure Control – AEC) da tre diversi produttori, aventi differenti indicatori di qualità delle immagini. Il presente lavoro è stato svolto presso il Servizio di Fisica Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria - Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e consiste in un’analisi quantitativa della dose impiegata durante esami di Tomografia Computerizzata Multi-Slice (TCMS) e delle rispettive immagini radiologiche. Le immagini sono state acquisite con : GE LightSpeed VCT 64 e GE LightSpeed 16 (AEC AutomA 3D longitudinale e angolare), Siemens Sensation 16 (AEC CARE Dose 4D combinato), Philips Brilliance 16 e iCT 64 (separati in AEC ZDOM longitudinale e AEC DDOM angolare). Le acquisizioni TCMS sono state effettuate a differenti kV e mA di riferimento, al fine di investigarne gli effetti sulla modulazione, impiegando algoritmi di ricostruzione standard presenti su ogni macchina. Due fantocci antropomorfi simulanti la zona del torace e dell’addome sono stati utilizzati per simulare un paziente standard posizionato come in un esame clinico di routine ; a questo proposito, sono stati impiegati protocolli elicoidali standard con e senza modulazione. Sono inoltre stati testati differenti valori di indice di qualità delle immagini. Il profilo dei mA lungo la lunghezza è stato ottenuto utilizzando ImageJ, un programma open source comunemente utilizzato per l’elaborazione di immagini; i mAs sono stati normalizzati ad un fattore che tiene conto delle differenti geometrie e delle filtrazioni dei diversi scanner tomografici analizzati nell’esperienza. Il rumore è stato valutato tramite la scelta di determinate ROI (Region Of Interest) localizzate in aree il più possibili uniformi disponibili lungo i fantocci. Abbiamo registrato che una variazione del Noise Index o dei mAs di riferimento a seconda della tipologia di macchina analizzata risulta in uno shift dei profili di dose; lo stesso si è verificato quando sono stati cambiato kV o mA nella scout di acquisizione. Sistemi AEC longitudinali e combinati hanno mostrato profili di mAs normalizzati simili tra loro, con valori elevati evidenziati nella zona delle spalle e zona pelvi; sono state osservate differenze del 30-40% tra i differenti scanner tomografici. Solo in un caso di macchina analizzata si è verificato un comportamento opposto rispetto alle altre due tipologie di macchina in esame. A dispetto della differente natura dei sistemi AEC, i risultati ottenuti dai protocolli combinati e longitudinali sono simili tra loro. Il rumore presente nelle immagini è aumentato ad un livello accettabile e la sua uniformità lungo la direzione di scan è migliorata.
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La formazione, in ambito sanitario, è considerata una grande leva di orientamento dei comportamenti, ma la metodologia tradizionale di formazione frontale non è la più efficace, in particolare nella formazione continua o “long-life education”. L’obiettivo primario della tesi è verificare se l’utilizzo della metodologia dello “studio di caso”, di norma utilizzata nella ricerca empirica, può favorire, nel personale sanitario, l’apprendimento di metodi e strumenti di tipo organizzativo-gestionale, partendo dalla descrizione di processi, decisioni, risultati conseguiti in contesti reali. Sono stati progettati e realizzati 4 studi di caso con metodologia descrittiva, tre nell’Azienda USL di Piacenza e uno nell’Azienda USL di Bologna, con oggetti di studio differenti: la continuità di cura in una coorte di pazienti con stroke e l’utilizzo di strumenti di monitoraggio delle condizioni di autonomia; l’adozione di un approccio “patient-centred” nella presa in carico domiciliare di una persona con BPCO e il suo caregiver; la percezione che caregiver e Medici di Medicina Generale o altri professionisti hanno della rete aziendale Demenze e Alzheimer; la ricaduta della formazione di Pediatri di Libera Scelta sull’attività clinica. I casi di studio sono stati corredati da note di indirizzo per i docenti e sono stati sottoposti a quattro referee per la valutazione dei contenuti e della metodologia. Il secondo caso è stato somministrato a 130 professionisti sanitari all’interno di percorso di valutazione delle competenze e dei potenziali realizzato nell’AUSL di Bologna. I referee hanno commentato i casi e gli strumenti di lettura organizzativa, sottolineando la fruibilità, approvando la metodologia utilizzata, la coniugazione tra ambiti clinico-assistenziali e organizzativi, e le teaching note. Alla fine di ogni caso è presente la valutazione di ogni referee.
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Background: sebbene la letteratura recente abbia suggerito che l’utilizzo degli impianti corti possa rappresentare una alternative preferibile alle procedure di rigenerazione ossea nelle aree posteriori atrofiche, perché è un trattamento più semplice e con meno complicazioni, esistono solo pochi studi a medio e lungo termine che abbiano comparato queste tecniche. Scopo: lo scopo di questo studio retrospettivo è quello di valutare se gli impianti corti (6-8 mm) (gruppo impianti corti) possano presentare percentuali di sopravvivenza e valori di riassorbimento osseo marginali simili a impianti di dimensioni standard (≥11 mm) inseriti contemporaneamente ad una grande rialzo di seno mascellare. Materiali e Metodi: in totale, 101 pazienti sono stati inclusi: 48 nel gruppo impianti corti e 53 nel gruppo seno. In ciascun paziente da 1 a 3 impianti sono stati inseriti e tenuti sommersi per 4-6 mesi. I parametri clinici e radiografici valutati sono: i fallimenti implantari, le complicazioni, lo stato dei tessuti molli, e il riassorbimento osseo marginale. Tutti i pazienti sono stati seguiti per almeno 3 anni dal posizionamento implantare. Risultati: il periodo di osservazione medio è stato di 43.47 ± 6.1 mesi per il gruppo impianti corti e 47.03 ± 7.46 mesi per il gruppo seno. Due su 101 impianti corti e 6 su 108 impianti standard sono falliti. Al follow-up finale, si è riscontrato un riassorbimento osseo medio di 0.47 ± 0.48 mm nel gruppo impianti corti versus 0.64 ± 0.58 mm nel gruppo seno. Non sono presenti differenze statisticamente significative fra i gruppi in termini di fallimenti implantari, complicazioni protesiche, tessuti molli, e riassorbimento osseo. Il gruppo seno ha presentato, invece, un maggior numero di complicazioni chirurgiche. Conclusioni: entrambe le tecniche hanno dimostrato un simile tasso di successo clinico e radiografico, ma gli impianti corti hanno ridotto il numero di complicazioni chirurgiche.
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E2F-1 is a transcription factor that plays a key role in cell-cycle control at G1/S check-point level by regulating the timely expression of many target genes whose products are required for S phase entry and progression. In mammalian cells, E2F-1 is negatively regulated by hypo-phosphorylated Retinoblastoma protein (pRb) whereas it is protected against degradation by its binding to Mouse Double Minute 2 protein (MDM2). In this study we experimented a drug combination in order to obtain a strong down-regulation of E2F-1 by acting on two different mechanisms of E2F-1 regulation mentioned above. This was achieved by combining drugs inhibiting the phosphorylation of pRb with drugs inactivating the MDM2 binding capability. The mechanism of action of these drugs in down-regulating E2F-1 level and activity is p53 independent. As expected, when combined, these drugs strongly inhibits E2F-1 and hinder cell proliferation in p53-/- and p53-mutated cells by blocking them in G1 phase of cell cycle, suggesting that E2F-1 down-regulation may represent a valid chemotherapeutic approach to inhibit proliferation in tumors independently of p53 status.
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In molti sistemi di distribuzione idrici una percentuale significativa di acqua viene persa passando dagli impianti di trattamento alle utenze, a causa di danneggiamenti nei diversi componenti delle reti. Le perdite idriche sono un problema costoso, non solo in termini di spreco di una preziosa risorsa naturale, ma anche in termini economici. L’obiettivo principale di questo lavoro è stato quello di identificare possibili sviluppi per le attrezzature e metodi già esistenti al fine di rilevare in modo automatico perdite idriche in condotte in plastica. A questo proposito è stata studiata l’efficacia di metodi basati sull’analisi di vibrazioni e suoni. In particolare ci si è concentrati sull’uso di accelerometri e idrofoni e, successivamente, sull’uso di sensori di emissioni acustiche. Dopo una prima fase di ricerca approfondita sulla dinamica dei fenomeni vibro-acustici che si verificano nelle condotte, sulla teoria delle emissioni acustiche, sulla caratterizzazione di segnali di perdita in condotte in plastica e sulle principali attrezzature usate attualmente per l’individuazione delle perdite, si è passati alla fase sperimentale. La fase sperimentale può essere distinta in due parti. La prima ha avuto come obiettivo il confronto tra segnali acquisiti da accelerometro e idrofono relativamente all’efficacia nell’individuazione di perdite idriche mediante apposito algoritmo ed ha coinvolto numerosi test sul campo, eseguiti sotto condizioni controllate in un impianto di rilevamento perdite sperimentale, appositamente costruito, adiacente alla sede della Divisione Reti R & S di Hera a Forlì. La seconda fase, invece, ha avuto come obiettivo la determinazione dell’efficacia del metodo delle emissioni acustiche per l’individuazione di perdite idriche ed ha visto l’esecuzione di altrettanti test, eseguiti sotto condizioni controllate, in un impianto sperimentale più semplice del precedente.
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Tesi svolta in collaborazione con Officine Maccaferri S.p.A e con il LIDR (Laboratorio di Ingegneria Idraulica) dell’Università di Bologna. Descrive caratteristiche tecniche di condotte in acciaio, polietilene ad alta densità (PEAD) e resina poliestere rinforzata con fibre di vetro (PRFV), evidenziando vantaggi/svantaggi del loro impiego. Fornisce una descrizione delle modalità di posa delle condotte in relazione ai fattori che condizionano la scelta della tecnica più idonea. Affronta il problema della stabilizzazione e protezione delle condotte soggette all’azione idrodinamica di onde e correnti nelle zona sotto costa e a possibili fattori di rischio esterni. Descrive tecniche di protezione delle condotte sottomarine: interramento (trenching), ricoprimento con materiale roccioso (rock dumping), stabilizzazione con elementi puntuali di appesantimento (concrete collars).Sono descritte le soluzioni di protezione offerte da Officine Maccaferri: materassi articolati in blocchi di calcestruzzo (ACBM) e materassi in geotessuto riempiti di materiale bituminoso (SARMAC). Essi vengono posati sopra la condotta, in posizione longitudinale o trasversale al suo asse, e hanno duplice scopo: (i) incrementarne il peso e la stabilità ai carichi idrodinamici esercitati da onde e correnti e (ii) proteggere la condotta da urti. Partendo dai risultati del modello sperimentale descritto in Gaeta et al. (2012) che evidenziano problemi di erosione localizzata intorno a condotta posata su fondale mobile protetta con materasso ACBM dovuti alla discontinuità materiale del mezzo si valuta, attraverso uno studio numerico, la opportunità di modificare il materasso, ponendo sotto i blocchetti un geotessile. Utilizzando un modello numerico, COBRAS, per la simulazione 2DV del campo idrodinamico si analizza l’effetto di smorzamento del campo di velocità e di vorticità indotto dall’aggiunta del geotessuto simulato come mezzo poroso. I dati sono stati elaborati con MATLAB per ricavare le mappature attorno alla condotta. I test numerici riguardano 3 configurazioni: SARMAC, ACBM, GEO (ACBM+Geotessuto) poggiate su una condotta di diametro costante e sono state analizzate per 2 condizioni di onde regolari di diversa altezza e periodo. Dagli studi emerge che, per casi di condotta posata su fondo mobile, si consiglia l’utilizzo di materassi SARMAC o materassi ACBM modificati con aggiunta di geotessuto. Inoltre il geotessuto svolge anche funzione filtrante, per cui permette il passaggio dell’acqua ma allo stesso tempo trattiene il materiale solido movimentato, senza pericolo di erosione. La presenza dello strato di geotessile non incide sui parametri caratteristici di stabilità globale del materasso ACBM. Si è compiuta un’analisi comparativa tra SARMAC e ACBM per valutare la convenienza delle due soluzioni. Si propone un esempio di dimensionamento nel caso di protezione di un cavo sottomarino comparando caratteristiche tecniche dei materassi SARMAC e ACBM senza geotessile e facendo valutazioni economiche di massima da cui emerge la maggiore convenienza dei materassi ACBM.
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Introduzione Attualmente i principali punti critici del trattamento dell’HCC avanzato sono: 1) la mancanza di predittori di risposta alla terapia con sorafenib, 2) lo sviluppo resistenze al sorafenib, 3) la mancanza di terapie di seconda linea codificate. Scopo della tesi 1) ricerca di predittori clinico-laboratoristici di risposta al sorafenib in pazienti ambulatoriali con HCC; 2) valutazione dell’impatto della sospensione temporanea-definitiva del sorafenib in un modello murino di HCC mediante tecniche ecografiche; 3) valutazione dell’efficacia della capecitabina metronomica come seconda linea dell’HCC non responsivo a sorafenib. Risultati Studio-1: 94 pazienti con HCC trattato con sorafenib: a presenza di metastasi e PVT-neoplastica non sembra inficiare l’efficacia del sorafenib. AFP basale <19 ng/ml è risultata predittrice di maggiore sopravvivenza, mentre lo sviluppo di nausea di una peggiore sopravvivenza. Studio -2: 14 topi con xenografts di HCC: gruppo-1 trattato con placebo, gruppo-2 trattato con sorafenib con interruzione temporanea del farmaco e gruppo-3 trattato con sorafenib con sospensione definitiva del sorafenib. La CEUS targettata per il VEGFR2 ha mostrato al giorno 13 valori maggiori di dTE nel gruppo-3 confermato da un aumento del VEGFR2 al Western-Blot. I tumori del gruppo-2 dopo 2 giorni di ritrattamento, hanno mostrato un aumento dell’elasticità tissutale all’elastonografia. Studio-3:19 pazienti trattati con capecitabina metronomica dopo sorafenib. Il TTP è stato di 5 mesi (95% CI 0-10), la PFS di 3,6 mesi (95% CI 2,8-4,3) ed la OS di 6,3 mesi (95% CI 4-8,6). Conclusioni Lo sviluppo di nausea ed astenia ed AFP basale >19, sono risultati predittivi di una minore risposta al sorafenib. La sospensione temporanea del sorafenib in un modello murino di HCC non impedisce il ripristino della risposta tumorale, mentre una interruzione definitiva tende a stimolare un “effetto rebound” dell’angiogenesi. La capecitabina metronomica dopo sorafenib ha mostrato una discreta attività anti-neoplastica ed una sicurezza accettabile.
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OBIETTIVO : Quantificare le CECs/ml nei pazienti affetti da ischemia critica (IC) degli arti inferiori, eventuali correlazioni tra i fattori di rischio, lo stadio clinico con l’ aumento delle CECs. Valutare i cambiamenti strutturali (calcificazione ed infiltratto infiammatorio) e l’ angiogenesi (numero di capillari /sezione) della parete arteriosa. MATERIALI E METODI: Da Maggio 2006 ad Aprile 2008 in modo prospettico abbiamo arruolato paziente affetti da IC da sottoporre ad intervento chirurgico. In un data base abbiamo raccolto : caratteristiche demografiche, fattori di rischio, stadiazione dell'IC secondo Leriche-Fontaine (L-F), il tipo di intervento chirurgico. Per ogni paziente abbiamo effettuato un prelievo ematico di 2 ml per la quantificazione immunomagnetica delle CECs e prelievo di parete arteriosa. RISULTATI: In modo consecutivo abbiamo arruolato 33 pazienti (75.8% maschi) con età media di 71 aa (range 34-91aa), affetti da arteriopatia ostruttiva cronica periferica al IV stadio di L-F nel 84.8%, da cardiopatia ischemica cronica nel 60.6%, da ipertensione arteriosa nel 72.7% e da diabete mellito di II tipo nel 66.6%. Il valore medio di CECs/ml è risultato significativamente più elevato (p= 0.001) nei soggetti affetti da IC (CECs/ml =531.24 range 107- 3330) rispetto ai casi controllo (CECs/ml = 125.8 range 19-346 ). Le CECs/ml nei pazienti diabetici sono maggiori rispetto alle CECs/ml nei pazienti non diabetici ( 726.7 /ml vs 325.5/ml ), p< 0.05 I pazienti diabetici hanno presentato maggior incidenza di lesioni arteriose complesse rispetto ai non diabetici (66% vs 47%) e minor densità capillare (65% vs 87%). Conclusioni : Le CECs sono un marker sierologico attendibile di danno vascolare parietale, la loro quantità è maggiore nei pazienti diabetici e ipertesi. La minor capacità angiogenetica della parete arteriosa in presenza di maggior calcificazioni ed infiltrato infiammatorio nei diabetici, dimostra un danno istopatologico di parete maggiore .