951 resultados para Photographic reproduction of plans, drawings, etc.
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It has long been known that cholera outbreaks can be initiated when Vibrio cholerae, the bacterium that causes cholera, is present in drinking water in sufficient numbers to constitute an infective dose, if ingested by humans. Outbreaks associated with drinking or bathing in unpurified river or brackish water may directly or indirectly depend on such conditions as water temperature, nutrient concentration, and plankton production that may be favorable for growth and reproduction of the bacterium. Although these environmental parameters have routinely been measured by using water samples collected aboard research ships, the available data sets are sparse and infrequent. Furthermore, shipboard data acquisition is both expensive and time-consuming. Interpolation to regional scales can also be problematic. Although the bacterium, V. cholerae, cannot be sensed directly, remotely sensed data can be used to infer its presence. In the study reported here, satellite data were used to monitor the timing and spread of cholera. Public domain remote sensing data for the Bay of Bengal were compared directly with cholera case data collected in Bangladesh from 1992–1995. The remote sensing data included sea surface temperature and sea surface height. It was discovered that sea surface temperature shows an annual cycle similar to the cholera case data. Sea surface height may be an indicator of incursion of plankton-laden water inland, e.g., tidal rivers, because it was also found to be correlated with cholera outbreaks. The extensive studies accomplished during the past 25 years, confirming the hypothesis that V. cholerae is autochthonous to the aquatic environment and is a commensal of zooplankton, i.e., copepods, when combined with the findings of the satellite data analyses, provide strong evidence that cholera epidemics are climate-linked.
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Mineral surfaces were important during the emergence of life on Earth because the assembly of the necessary complex biomolecules by random collisions in dilute aqueous solutions is implausible. Most silicate mineral surfaces are hydrophilic and organophobic and unsuitable for catalytic reactions, but some silica-rich surfaces of partly dealuminated feldspars and zeolites are organophilic and potentially catalytic. Weathered alkali feldspar crystals from granitic rocks at Shap, north west England, contain abundant tubular etch pits, typically 0.4–0.6 μm wide, forming an orthogonal honeycomb network in a surface zone 50 μm thick, with 2–3 × 106 intersections per mm2 of crystal surface. Surviving metamorphic rocks demonstrate that granites and acidic surface water were present on the Earth’s surface by ∼3.8 Ga. By analogy with Shap granite, honeycombed feldspar has considerable potential as a natural catalytic surface for the start of biochemical evolution. Biomolecules should have become available by catalysis of amino acids, etc. The honeycomb would have provided access to various mineral inclusions in the feldspar, particularly apatite and oxides, which contain phosphorus and transition metals necessary for energetic life. The organized environment would have protected complex molecules from dispersion into dilute solutions, from hydrolysis, and from UV radiation. Sub-micrometer tubes in the honeycomb might have acted as rudimentary cell walls for proto-organisms, which ultimately evolved a lipid lid giving further shelter from the hostile outside environment. A lid would finally have become a complete cell wall permitting detachment and flotation in primordial “soup.” Etch features on weathered alkali feldspar from Shap match the shape of overlying soil bacteria.
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Mature female sperm whales (Physeter macrocephalus) live in socially cohesive groups of 10-30, which include immature animals of both sexes, and within which there is communal care of the young. We examined kinship in such groups using analyses of microsatellite DNA, mitochondrial DNA sequence, and sex-linked markers on samples of sloughed skin collected noninvasively from animals in three groups off the coast of Ecuador. Social groups were defined through photographic identification of individuals. Each group contained about 26 members, mostly female (79%). Relatedness was greater within groups, as compared to between groups. Particular mitochondrial haplotypes were characteristic of groups, but all groups contained more than one haplotype. The data are generally consistent with each group being comprised of several matrillines from which males disperse at about the age of 6 years. There are indications of paternal relatedness among grouped individuals with different mitochondrial haplotypes, suggesting long-term associations between different matrilines.
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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
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Esta pesquisa interdisciplinar centrada no segmento da fotografia de acervo de intelectual apresenta o estudo de caso de 84 imagens feitas pelo fotógrafo amador Ulysses Freyre de alguns prédios e ruas das cidades de Olinda e do Recife entre 1923 e 1925. Ulysses fotografou durante passeios de bicicleta aos domingos ao lado do irmão, o sociólogo Gilberto Freyre. Objetiva-se traçar os dois usos dados por Gilberto às fotos de Ulysses: de base aos desenhos de Manoel Bandeira para o \"Livro do Nordeste\", organizado pelo sociólogo em 1925 para o centenário do Diário de Pernambuco; e como parte da concepção de inventário de edificações da arquitetura civil que serviu à Inspetoria de Monumentos Estaduais em 1928 em Pernambuco. Vale-se do campo acerca do circuito fotográfico nestas cidades, que estavam sob reformas urbanas no início do século XX, a fim de situar e revelar a fotografia de Ulysses como artefato de memória propulsor do embrionário projeto político-intelectual de Gilberto neste período. As fotos estão no acervo da Fundação Gilberto Freyre, em Recife, Pernambuco.
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This dissertation uses a political ecology approach to examine the relationship between tourism development and groundwater in southwest Nicaragua. Tourism in Nicaragua is a booming industry bolstered by ‘unspoiled’ natural beauty, low crime rates, and government incentives. This growth has led to increased infrastructure, revenue, and employment opportunities for many local communities along the Pacific coast. Not surprisingly, it has also brought concomitant issues of deeper poverty, widening gaps between rich and poor, and competition over natural resources. Adequate provisions of freshwater are necessary to sustain the production and reproduction of tourism; however, it remains uncertain if groundwater supplies can keep pace with demand. The objective of this research is to assess water supply availability amidst tourism development in the Playa Gigante area. It addresses the questions: 1) are local groundwater supplies sufficient to sustain the demand for freshwater imposed by increased tourism development? and 2) is there a power relationship between tourism development and control over local freshwater that would prove inequitable to local populations? Integrating the findings of groundwater monitoring, geological mapping, and ethnographic and survey research from a representative stretch of Pacific coastline, this dissertation shows that diminishing recharge and increased groundwater consumption is creating conflict between stakeholders with various levels of knowledge, power, and access. Although national laws are structured to protect the environment and ensure equitable access to groundwater, the current scramble to secure water has powerful implications on social relations and power structures associated with tourism development. This dissertation concludes that marginalization due to environmental degradation is attributable to the nexus of a political promotion of tourism, poorly enforced state water policies, insufficient water research, and climate change. Greater technical attention to hydrological dynamics and collaboration amongst stakeholders are necessary for equitable access to groundwater, environmental sustainability, and profitability of tourism.
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Film-based photographic collections of nitrate negatives pose major challenges to preservation and access because of unstable media and the lack of item-level indexing. Digitization offers an opportunity to capture the content of deteriorating negatives, to extend access to them, and to restore their usefulness as information resources. Digitization as a preservation strategy has been the subject of ongoing debate. This article contributes to the discussion by exploring access to and the preservation of film-based photographic collections and by presenting the digiti- zation project at the American Geographical Society Library as a case study. The project, Saving and Sharing the AGS Library’s Historic Nitrate Negative Images, was undertaken from 2010 to 2012 to preserve and provide access to over 69,000 nitrate negatives from its historic collections.
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Paper submitted to the 43rd International Symposium on Robotics (ISR), Taipei, Taiwan, August 29-31, 2012.
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This is a case study that analyzes photographic documents of the social protest in Spain between 2011 and 2013. The analysis is qualitative and considers the use of space, the visual expression of the messages and the orientation toward the causes or effects of political, economic and social changes. Visual sociology allows us to appreciate, in the case of the Spanish Revolution, a dynamic of “reflexivity” unrecognizable from other research approaches. Two successive waves of social mobilization in response to two different shocks can be appreciated. The first is given by political corruption, unemployment and the threat to consumer society. The second shock is caused by the savage cuts in the Welfare State. Social mobilization is expressed differently in each phase, and the forms taken by the protests show how the class structure in post industrial society shapes the reactions to the crisis of the Welfare State.
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Aquestes fotografies de Nova York i de Boston, totes en blanc i negre, es van fer en abril del 1990, amb una cambra rèflex Asahi Pentax Spotmatic II amb objectiu de 50 mm, tot fent servir negatius Kodak Safety Film 5063. El Museu de la Universitat d’Alacant en conserva una col·lecció completa; vuitanta-set còpies fotogràfiques de 32 x 24 cm amb tintes Ultrachrome sobre paper Ilford Gold Fibre Silk de 310 gr/m² realitzades al “Estudio Paco Mora” de València l’any 2015, amb digitalització prèvia a partir dels negatius originals mitjançant un escàner Haselblad Flextight X 1 a una resolució de 3.200 punts per polzada.
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The intention of the Niagara Parks Commission to undertake restorations of Fort George, Fort Mississauga and Fort Erie has inspired this survey. The aim has not been to create an historical narrative - so many already exist - but rather to present an accurate description of the original appearance, structure and design of each of the Niagara Forts. This it is hoped may be of some practical assistance to those in charge of the actual work of restoration. In the case of Fort Mississauga which was maintained as a military post until 1857, vary complete information has been available. Fort George and Fort Erie were abandoned for military purposes after the War of 1812 and fewer plans and contemporary accounts have survived. While the work of research, involving the collection of every possible plan of the works and every drawing of their appearance as well as the piecing together of material, has been more difficult in the case of the latter forts, it is felt that the essential information has been secured. The use of a number of military terms in the description of the fortifications has been unavoidable and a glossary of these is included on page 66. The list of plans and illustrations is as complete as possible.
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Recently, resilience has become a catchall solution for some of the world’s most pressing ecological, economic and social problems. This dissertation analyzes the cultural politics of resilience in Kingston, Jamaica by examining them through their purported universal principles of adaptation and flexibility. On the one hand, mainstream development regimes conceptualize resilience as a necessary and positive attribute of economies, societies and cultures if we are to survive any number of disasters or disturbances. Therefore, in Jamaican cultural and development policy resilience is championed as both a means and an end of development. On the other hand, critics of resilience see the new rollout of resilience projects as deepening neoliberalism, capitalism and new forms of governmentality because resilience projects provide the terrain for new forms of securitization and surveillance practices. These scholars argue that resilience often forecloses the possibilities to resist that which threatens us. However, rather than dismissing resilience as solely a sign of domination and governmentality, this dissertation argues that resilience must be understood as much more ambiguous and complex, rather than within binaries such as subversion vs. neoliberal and resistance vs. resilience. Overly simplistic dualities of this nature have been the dominant approach in the scholarship thus far. This dissertation provides a close analysis of resilience in both multilateral and Jamaican government policy documents, while exploring the historical and contemporary production of resilience in the lives of marginalized populations. Through three sites within Kingston, Jamaica—namely dancehall and street dances, WMW-Jamaica and the activist platform SO((U))L HQ—this dissertation demonstrates that “resilience” is best understood as an ambiguous site of power negotiations, social reproduction and survival in Jamaica today. It is often precisely this ambiguous power of ordinary resilience that is capitalized on and exploited to the detriment of vulnerable groups. At once demonstrating creative negotiation and reproduction of colonial capitalist social relations within the realms of NGO, activist work and cultural production, this dissertation demonstrates the complexity of resilience. Ultimately, this dissertation draws attention to the importance of studying spaces of cultural production in order to understand the power and limits of contemporary policy discourses and political economy.
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[Introduction.] It is generally believed that while the principle of the autonomy of the EU legal order, in the sense of constitutional and institutional autonomy that is to say what concerns the autonomous decision-making of the EU, has been clearly strengthened by the most recent jurisprudence of the Court of Justice (eg. Moxplant3, Intertanko or the Kadi/Al Baraakat judgements or the Opinion 1/2009 of the CJEU etc.) as well as, in my opinion, in many aspects by the Treaty of Lisbon, it is still valid to add that the principle of a favourable approach, stemming from the Court jurisprudence, for the enhanced openness of the EU legal order to international law has remained equally important for the EU4. On the other hand, it should be also seen that in a globalized world, and following the increased role of the EU as an international actor, its indispensable and crucial role concerning the creation of world (legal) order in many policy fields ( for example let's think about the G20 issues, the global economic and financial crisis, the role of the EU in promoting and protecting human rights worldwide, the implementation of the multilateral or regional conventional law, developed in the framework the UN (e.g. in the field of agriculture or environment etc) or what concerns the Kyoto process on climate change or the conservation of marine biological resources at international level etc), it seems reasonable and justified to submit that the influence, for example, of the law-making activities of the main stakeholder international organizations in the mentioned policy-areas on the EU (especially on the development of its constantly evolving legal order) or vice-versa the influence of the EU law-making practice on these international organizations is significant, in many aspects mutually interdependent and more and more remarkable. This tendency of the 21st century doesn't mean, however, in my view, that the notion of the autonomy of the EU legal order would have been weakened by this increasing interaction between international law and EU law over the passed years. This contribution is going to demonstrate and prove these departuring points by giving some concrete examples from the most recent practice of the Council (all occuring either in the second half of 2009 or after the entry into force of the Lisbon Treaty), and which relate to two very important policy areas in the EU, namely the protection of human rights and the Common Fishery Policy.
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From the Introduction. The European Court of Justice, partly followed in this by the European legislator, has regulated Community law and policy through a set of general principles of law. For the Community legal order in the first pillar, general legal principles have developed from functional policy areas such as the internal market, the customs union, the monetary union, the common agricultural policy, the European competition policy, etc., which are of great importance for the quality and legitimacy of Community law. The principles in question are not so much general legal principles of an institutional character, such as the priority of Community law, direct effect or Community loyalty, but rather principles of law which shape the fundamental rights and basic rights of the citizen. I refer to the principle of legality, of nulla poena, the inviolability of the home, the nemo tenetur principle, due process, the rights of the defence, etc. Many of these legal principles have been elevated to primary Community law status by the European Court of Justice, often as a result of preliminary questions. Nevertheless, a considerable number of them have also been elaborated in the context of contentious proceedings before the Court of Justice, such as in the framework of European competition law and European public servants law.
Resumo:
The mesozooplankton community, with special emphasis on calanoid copepods, was studied with respect to its species composition, abundance, vertical distribution and developmental structure during the ISPOL expedition to the ice covered western Weddell Sea. Stratified zooplankton tows were carried out nine times between December 1, 2004 and January 2, 2005 with a multiple opening-closing net between 0 and 1000 m depth. Copepods were by far the most abundant taxon contributing more than 94% of the total mesozooplankton. Numerical dominants were cyclopoid copepods, mostly Oncaea spp. A total of 66 calanoid copepod species were identified, but the calanoid copepod community was characterised by the dominance of only a few species. The most numerous species was Microcalanus pygmaeus, which comprised on average 70% of all calanoids. Calanoides acutus and Metridia gerlachei represented other abundant calanoid species contributing an average of 8 and 7%, respectively. All other species comprised less than 3%. The temporal changes in the abundance and population structure of M. pygmaeus and M. gerlachei were small while a shift in the stage frequency distribution of C. acutus was observed during the study: CIV dominated the C. acutus population with 48 to 50% during the first week of December, while CV comprised 48% in late December. CI and CII of C. acutus were absent in the samples and males occurred only in very low numbers in greater depths. In M. gerlachei, CI was not found, whereas all developmental stages of M. pygmaeus occurred throughout the study. All three species showed migratory behaviour, and they occurred in upper water layers towards the end of the investigation. This vertical ascent was most pronounced in C. acutus and relatively weak in the other two species. In M. pygmaeus and M. gerlachei, copepodite stages were responsible for the upward migration in late December, while the vertical distribution of adults did not change. In C. acutus all abundant developmental stages (CIV, CV and females) ascended to upper water layers. Almost exclusively (93%) medium- and semi-ripe females of C. acutus and M. gerlachei were found, and only 3 - 4% of the ovaries were ripe. The absence of CI and the low number of ripe females indicate that the main reproductive period had not started in C. acutus and M. gerlachei until the end of our study in early January. In contrast, the high portion of CI and CII of M. pygmaeus suggests that reproduction of this species had started in October-November and hence, before the onset of the phytoplankton bloom in the water. The community structure did not differ between stations with one exception on December 26, when the station was strongly influenced by the continental shelf.