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Confronto simulativo tra architetture per la mobilità: analisi simulatore MIPv6 e confronto con ABPS
Resumo:
Il presente elaborato tratta il lavoro di studio, analisi e sperimentazione effettuato dal sottoscritto, Giovanni Sitta, in conclusione al Corso di Laurea Magistrale in Informatica presso l'Università degli Studi di Bologna. Questo ha dapprima previsto un periodo di approfondimento di alcune architetture di supporto alla mobilità dei terminali di rete, in particolare di due protocolli allo stato dell'arte, Mobile IPv6 (MIPv6) e Locator/Identifier Separation Protocol (LISP), e di una terza architettura sperimentale denominata Always Best Packet Switching (ABPS). Sono stati in seguito esaminati tre simulatori, uno per ciascuna architettura di supporto alla mobilità considerata, realizzati come estensioni della libreria INET del framework OMNeT++, assicurandosi che fossero conformi alle specifiche del protocollo implementato (almeno entro i limiti di semplificazione rilevanti ai fini del lavoro), e correggendone eventuali problematiche, mancanze e anomalie in caso questi non le rispettassero. Sono poi stati configurati alcuni scenari simulativi utilizzando le tre librerie, in prima battuta di natura molto semplice, utilizzati per verificare il corretto funzionamento dei simulatori in condizioni ideali, e successivamente più complessi, allestendo un ambiente di esecuzione più verosimile, dotato di un maggior numero di host connessi alla rete e di ostacoli per i segnali radio usati nelle comunicazioni wireless. Tramite i risultati sperimentali ottenuti da queste simulazioni è stato infine possibili realizzare un confronto tra le prestazioni di MIPv6, LISP e ABPS.
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L'utilizzo sempre crescente di dispositivi mobili, lo sviluppo di applicazioni mobile in continuo aumento, e la necessità di una sempre migliore qualità della comunicazione, ha portato grande interesse ad analizzare i protocolli di supporto alla mobilità dei terminali. Questi, tra i quali il più conosciuto è forse Mobile IP, vengono posti in esame utilizzando diverse metriche per valutarne le prestazioni. Si confrontano dunque due protocolli: LISP e ABPS; per ognuno dei quali ne viene presentata e descritta l'architettura e le principali funzionalità; entrambe queste architetture per il supporto alla mobilità, prevedono delle specifiche per fornire continuità nella comunicazione durante il roaming di un nodo multihomed. Vengono presentati poi gli strumenti con i quali verrà effettuata il l'analisi: il simulatore a eventi discreti OMNeT++ e il suo framework INET. Successivamente sono descritte le principali componenti dei simulatori per LISP e ABPS, che modellano le meccaniche dei due protocolli analizzati. Questi sono stati sottoposti a modifiche mirate a correggerne eventuali anomalie di comportamento, e ad introdurre nuove funzionalità, soprattutto per quanto riguarda ABPS, che era solo parzialmente implementato. Sono mostrati gli scenari in cui verranno effettuati i test per il confronto delle prestazioni: uno scenario semplice e uno che cerca di proporre una rete urbana verosimile; di seguito vengono elencati i parametri e le configurazioni utilizzate per ognuno dei due scenari. Infine vengono presentati i risultati mettendo a confronto due aspetti della mobilità dei terminali: durata dell'intervallo di indisponibilità e latenza dei pacchetti.
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Poiché nell’ultimo decennio i dispositivi mobile assumono un ruolo sempre più determinante nello svolgimento della vita stessa, nel corso del tempo si sono ricercate e sviluppate app per facilitare le più svariate operazioni quotidiane. Visto la vastità del mercato degli smartphone, nel tempo sono stati sviluppati vari sistemi operativi in grado di governare queste piattaforme. Per una azienda, tuttavia, gestire i costi di implementazione di una stessa app in ambienti differenti risulta più oneroso che gestire i costi di una sola in grado di operare nei diversi sistemi operativi. Quest’ultimo tipo di app viene comunemente denominato app multipiattaforma. Un modo per implementare questo genere di applicazioni vede come strumento di utilizzo Visual Studio, noto IDE. Nel caso specifico Visual Studio ha integrato il progetto Apache Cordova per le creazione di applicativi multipiattaforma. In questo elaborato di tesi tramite i due strumenti appena introdotti si sono sviluppate due differenti app, al fine di valutarne le performance in termini di tempo. La prima app propone la risoluzione di un noto problema di calcolo combinatorio conosciuto con il nome di Knapsack, ovvero il problema dello zaino. La seconda cerca invece di digitalizzare una semplice espressione matematica contenuta in un’immagine e di fornirne quindi il risultato. Dai dati ottenuti si possono operare confronti per determinare la validità dello strumento di sviluppo, mettendo in luce anche possibili evoluzioni di queste due app.
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L’attività di tesi, svolta presso i laboratori dell’Istituto CNR-IMM di Bologna, si è focalizzata sulla crescita tramite Deposizione Chimica da Fase Vapore di schiume di grafene - network tridimensionali costituiti da fogli di grafene interconnessi, in grado di unire le straordinarie proprietà del grafene ad una elevatissima area superficiale - e sulla loro caratterizzazione, con l’obiettivo di sintetizzare strutture 3D di grafene con una porosità controllata e buone caratteristiche strutturali. Nel primo capitolo della tesi vengono illustrate da un punto di vista generale le caratteristiche e proprietà salienti del grafene, sia dal punto di vista strutturale che fisico. il secondo capitolo è dedicato alle tecniche di produzione del materiale, dall’esfoliazione meccaniche, a quella chimica, per arrivare alle tecniche di crescita vere e proprie. Maggiore attenzione viene chiaramente riservata alla Deposizione Chimica da Fase Vapore, utilizzata poi nell’ambito dell’attività sperimentale svolta. Nel terzo capitolo vengono descritti in dettaglio tutti gli apparati sperimentali utilizzati, sia per la sintesi del materiale (il sistema CVD), che per la sua caratterizzazione (microscopia elettronica a scansione, diffrazione a raggi X, spettroscopia fotoelettronica a raggi X e Raman). Il quarto ed il quinto capitolo sono dedicati alla parte sperimentale vera e propria. Nel quarto si descrive e si discute il processo messo a punto per crescere strutture tridimensionali di grafene a partire da schiume metalliche commerciali, mentre nel quinto vengono infine descritti gli approcci originali messi a punto per la sintesi di strutture con porosità controllata. Nelle conclusioni, infine, oltre a tirare le somme di tutto il lavoro svolto, vengono delineate le prospettive applicative dei materiali prodotti e le attività che sono attualmente in corso relative alla loro caratterizzazione e al loro impiego.
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Among the many cell types that may prove useful to regenerative medicine, mounting evidence suggests that human term placenta-derived cells will join the list of significant contributors. In making new cell therapy-based strategies a clinical reality, it is fundamental that no a priori claims are made regarding which cell source is preferable for a particular therapeutic application. Rather, ongoing comparisons of the potentiality and characteristics of cells from different sources should be made to promote constant improvement in cell therapies, and such comparisons will likely show that individually tailored cells can address disease-specific clinical needs. The principle underlying such an approach is resistance to the notion that comprehensive characterization of any cell type has been achieved, neither in terms of phenotype nor risks-to-benefits ratio. Tailoring cell therapy approaches to specific conditions also requires an understanding of basic disease mechanisms and close collaboration between translational researchers and clinicians, to identify current needs and shortcomings in existing treatments. To this end, the international workshop entitled "Placenta-derived stem cells for treatment of inflammatory diseases: moving toward clinical application" was held in Brescia, Italy, in March 2009, and aimed to harness an understanding of basic inflammatory mechanisms inherent in human diseases with updated findings regarding biological and therapeutic properties of human placenta-derived cells, with particular emphasis on their potential for treating inflammatory diseases. Finally, steps required to allow their future clinical application according to regulatory aspects including good manufacturing practice (GMP) were also considered. In September 2009, the International Placenta Stem Cell Society (IPLASS) was founded to help strengthen the research network in this field.
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Pheochromocytomas are rare neoplasias of neural crest origin arising from chromaffin cells of the adrenal medulla and sympathetic ganglia (extra-adrenal pheochromocytoma). Pheochromocytoma that develop in rats homozygous for a loss-of-function mutation in p27Kip1 (MENX syndrome) show a clear progression from hyperplasia to tumor, offering the possibility to gain insight into tumor pathobiology. We compared the gene-expression signatures of both adrenomedullary hyperplasia and pheochromocytoma with normal rat adrenal medulla. Hyperplasia and tumor show very similar transcriptome profiles, indicating early determination of the tumorigenic signature. Overrepresentation of developmentally regulated neural genes was a feature of the rat lesions. Quantitative RT-PCR validated the up-regulation of 11 genes, including some involved in neural development: Cdkn2a, Cdkn2c, Neurod1, Gal, Bmp7, and Phox2a. Overexpression of these genes precedes histological changes in affected adrenal glands. Their presence at early stages of tumorigenesis indicates they are not acquired during progression and may be a result of the lack of functional p27Kip1. Adrenal and extra-adrenal pheochromocytoma development clearly follows diverged molecular pathways in MENX rats. To correlate these findings to human pheochromocytoma, we studied nine genes overexpressed in the rat lesions in 46 sporadic and familial human pheochromocytomas. The expression of GAL, DGKH, BMP7, PHOX2A, L1CAM, TCTE1, EBF3, SOX4, and HASH1 was up-regulated, although with different frequencies. Immunohistochemical staining detected high L1CAM expression selectively in 27 human pheochromocytomas but not in 140 nonchromaffin neuroendocrine tumors. These studies reveal clues to the molecular pathways involved in rat and human pheochromocytoma and identify previously unexplored biomarkers for clinical use.
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High protein diets have been shown to improve hepatic steatosis in rodent models and in high-fat fed humans. We therefore evaluated the effects of a protein supplementation on intrahepatocellular lipids (IHCL), and fasting plasma triglycerides in obese non diabetic women.
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Cardiac patients after an acute event and/or with chronic heart disease deserve special attention to restore their quality of life and to maintain or improve functional capacity. They require counselling to avoid recurrence through a combination of adherence to a medication plan and adoption of a healthy lifestyle. These secondary prevention targets are included in the overall goal of cardiac rehabilitation (CR). Cardiac rehabilitation can be viewed as the clinical application of preventive care by means of a professional multi-disciplinary integrated approach for comprehensive risk reduction and global long-term care of cardiac patients. The CR approach is delivered in tandem with a flexible follow-up strategy and easy access to a specialized team. To promote implementation of cardiac prevention and rehabilitation, the CR Section of the EACPR (European Association of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation) has recently completed a Position Paper, entitled 'Secondary prevention through cardiac rehabilitation: A condition-oriented approach'. Components of multidisciplinary CR for seven clinical presentations have been addressed. Components include patient assessment, physical activity counselling, exercise training, diet/nutritional counselling, weight control management, lipid management, blood pressure monitoring, smoking cessation, and psychosocial management. Cardiac rehabilitation services are by definition multi-factorial and comprehensive, with physical activity counselling and exercise training as central components in all rehabilitation and preventive interventions. Many of the risk factor improvements occurring in CR can be mediated through exercise training programmes. This call-for-action paper presents the key components of a CR programme: physical activity counselling and exercise training. It summarizes current evidence-based best practice for the wide range of patient presentations of interest to the general cardiology community.
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Cardiac rehabilitation (CR) programmes support patients to achieve professionally recommended cardiovascular prevention targets and thus good clinical status and improved quality of life and prognosis. Information on CR service delivery in Europe is sketchy.
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Increasing awareness of the importance of cardiovascular prevention is not yet matched by the resources and actions within health care systems. Recent publication of the European Commission's European Heart Health Charter in 2008 prompts a review of the role of cardiac rehabilitation (CR) to cardiovascular health outcomes. Secondary prevention through exercise-based CR is the intervention with the best scientific evidence to contribute to decrease morbidity and mortality in coronary artery disease, in particular after myocardial infarction but also incorporating cardiac interventions and chronic stable heart failure. The present position paper aims to provide the practical recommendations on the core components and goals of CR intervention in different cardiovascular conditions, to assist in the design and development of the programmes, and to support healthcare providers, insurers, policy makers and consumers in the recognition of the comprehensive nature of CR. Those charged with responsibility for secondary prevention of cardiovascular disease, whether at European, national or individual centre level, need to consider where and how structured programmes of CR can be delivered to all patients eligible. Thus a novel, disease-oriented document has been generated, where all components of CR for cardiovascular conditions have been revised, presenting both well-established and controversial aspects. A general table applicable to all cardiovascular conditions and specific tables for each clinical disease have been created and commented.
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Uromodulin (UMOD) mutations are responsible for three autosomal dominant tubulo-interstitial nephropathies including medullary cystic kidney disease type 2 (MCKD2), familial juvenile hyperuricemic nephropathy and glomerulocystic kidney disease. Symptoms include renal salt wasting, hyperuricemia, gout, hypertension and end-stage renal disease. MCKD is part of the 'nephronophthisis-MCKD complex', a group of cystic kidney diseases. Both disorders have an indistinguishable histology and renal cysts are observed in either. For most genes mutated in cystic kidney disease, their proteins are expressed in the primary cilia/basal body complex. We identified seven novel UMOD mutations and were interested if UMOD protein was expressed in the primary renal cilia of human renal biopsies and if mutant UMOD would show a different expression pattern compared with that seen in control individuals. We demonstrate that UMOD is expressed in the primary cilia of renal tubules, using immunofluorescent studies in human kidney biopsy samples. The number of UMOD-positive primary cilia in UMOD patients is significantly decreased when compared with control samples. Additional immunofluorescence studies confirm ciliary expression of UMOD in cell culture. Ciliary expression of UMOD is also confirmed by electron microscopy. UMOD localization at the mitotic spindle poles and colocalization with other ciliary proteins such as nephrocystin-1 and kinesin family member 3A is demonstrated. Our data add UMOD to the group of proteins expressed in primary cilia, where mutations of the gene lead to cystic kidney disease.
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Scimitar syndrome is a rare congenital heart disease. To evaluate the surgical results, we embarked on the European Congenital Heart Surgeons Association (ECHSA) multicentric study.
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The quassinoid analogue NBT-272 has been reported to inhibit MYC, thus warranting a further effort 7to better understand its preclinical properties in models of embryonal tumors (ET), a family of childhood malignancies sharing relevant biological and genetic features such as deregulated expression of MYC oncogenes. In our study, NBT-272 displayed a strong antiproliferative activity in vitro that resulted from the combination of diverse biological effects, ranging from G(1)/S arrest of the cell cycle to apoptosis and autophagy. The compound prevented the full activation of both eukaryotic translation initiation factor 4E (eIF4E) and its binding protein 4EBP-1, regulating cap-dependent protein translation. Interestingly, all responses induced by NBT-272 in ET could be attributed to interference with 2 main proproliferative signaling pathways, that is, the AKT and the MEK/extracellular signal-regulated kinase pathways. These findings also suggested that the depleting effect of NBT-272 on MYC protein expression occurred via indirect mechanisms, rather than selective inhibition. Finally, the ability of NBT-272 to arrest tumor growth in a xenograft model of neuroblastoma plays a role in the strong antitumor activity of this compound, both in vitro and in vivo, with its potential to target cell-survival pathways that are relevant for the development and progression of ET.