986 resultados para Récepteur de cellule T


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Nella presente tesi indaghiamo la potenzialità di LCM e Reverse Phase Protein microarray negli studi clinici. Si analizza la possibilità di creare una bio banca con line cellular primarie, al fine di conseguire drug test di sensibilità prima di decidere il trattamento da somministrare ai singoli pazienti. Sono stati ottenuti profili proteomici da biopsie pre e post terapia. I risultati dimostrano che questa piattaforma mostra il meccanismo di resistenza acquisito durante la terapia biologica. Questo ci ha portato ad analizzare una possibile stratificazione per pazienti con mCRC . I dati hanno rivelato distinti pathway di attivazione tra metastasi resecabile e non resecabili. I risultati mostrano inoltre due potenziali bersagli farmacologici. Ma la valutazione dell'intero tumore tramite singole biopsie sembra essere un problema a causa dell’eterogeneità intratumorale a livello genomico. Abbiamo indagato questo problema a livello dell'architettura del segnale in campioni di mCRC e ccRCC . I risultati indicano una somiglianza complessiva nei profili proteomici all'interno dello stesso tumore. Considerando che una singola biopsia è rappresentativa di un intera lesione , abbiamo studiato la possibilità di creare linee di cellule primarie, per valutare il profilo molecolare di ogni paziente. Fino ad oggi non c'era un protocollo per creare linee cellulari immortalizzate senza alcuna variazione genetica . abbiamo cosiderato, però, l'approccio innovativo delle CRCs. Ad oggi , non è ancora chiaro se tali cellule mimino il profilo dei tessuti oppure I passaggi in vitro modifichino i loro pathways . Sulla base di un modello di topo , i nostri dati mostrano un profilo di proteomica simile tra le linee di cellule e tessuti di topo LCM. In conclusione, i nostri dati dimostrano l'utilità della piattaforma LCM / RPPA nella sperimentazione clinica e la possibilità di creare una bio - banca di linee cellulari primarie, per migliorare la decisione del trattamento.

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E2F-1 is a transcription factor that plays a key role in cell-cycle control at G1/S check-point level by regulating the timely expression of many target genes whose products are required for S phase entry and progression. In mammalian cells, E2F-1 is negatively regulated by hypo-phosphorylated Retinoblastoma protein (pRb) whereas it is protected against degradation by its binding to Mouse Double Minute 2 protein (MDM2). In this study we experimented a drug combination in order to obtain a strong down-regulation of E2F-1 by acting on two different mechanisms of E2F-1 regulation mentioned above. This was achieved by combining drugs inhibiting the phosphorylation of pRb with drugs inactivating the MDM2 binding capability. The mechanism of action of these drugs in down-regulating E2F-1 level and activity is p53 independent. As expected, when combined, these drugs strongly inhibits E2F-1 and hinder cell proliferation in p53-/- and p53-mutated cells by blocking them in G1 phase of cell cycle, suggesting that E2F-1 down-regulation may represent a valid chemotherapeutic approach to inhibit proliferation in tumors independently of p53 status.

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In this work particular attention was given to the study of secondary metabolites produced by some plants belonging to the Amaryllidaceae family, in the specific case isoquinoline alkaloids. At the first instance were characterized both qualitatively and quantitatively three different plants belonging to Amaryllidaceae family, such as: Crinum angustum Steud., Pancratium illyricum L., and Leucojum nicaeense Ard. The alkaloids extracts obtained were separately tested against enzymes involved in specific diseases or liable in multifactorial pathologies, like: MMPs, AChE,and PPO. From leaves extract of P.illyricum was isolated a new compound, 11α-hydroxy-O-methylleucotamine, with important role in AChE inbition. Considering the protection role against external bodies carried out by these metabolites in plant, extracts were also assayed against ATCC microorganisms and clinical isolates. Plants with promising pharmacological activities have been the basis for development of in vitro plant models.

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La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.

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La PKCε e la PKCδ, chinasi ubiquitariamente distribuite e ad azione pleiotropica, sono implicate del differenziamento, sopravvivenza e proliferazione cellulare. Esse sono coinvolte nel processo differenziativo delle cellule staminali ematopoietiche e in fenomeni patologici associati al compartimento sanguigno. In questa tesi sono presentati i risultati riguardanti lo studio in vitro del ruolo di PKCε e PKCδ nel contesto del differenziamento megacariocitario, in particolare si caratterizza l’espressione e la funzione di queste chinasi nel modello umano e nel modello murino di Megacariocitopoiesi, normale e patologica. Confrontando le cinetiche dei due modelli presi in analisi nello studio è stato possibile osservare come in entrambi PKCε e PKCδ dimostrino avere una chiara e specifica modulazione nel progredire del processo differenziativo. Questi dati, se confrontati, permettono di affermare che PKCε e PKCδ presentano un pattern di espressione opposto e, nel modello umano rispetto a quello murino, reciproco: nell’uomo i livelli di PKCε devono essere down-modulati, mentre nel topo, al contrario, i livelli della chinasi risultano up-modulati durante lo stesso processo. Analogamente, le CD34+ in differenziazione presentano una costante e maggiore espressione di PKCδ durante la maturazione MK, mentre nel modello murino tale proteina risulta down-modulata nella fase più tardiva di formazione della piastrina. Le chinasi mostrano in oltre di agire, nei due modelli, attraverso pathways distinti e cioè RhoA nel topo e Bcl-xL nell’uomo. È stato inoltre verificato che l’aberrante differenziamento MK osservato nella mielofibrosi primaria (PMF), è associato a difetti di espressione di PKCε e di Bcl-xL e che una forzata down-modulazione di PKCε porta ad un ripristino di un normale livello di espressione di Bcl-xL così come della popolazione di megacariociti formanti propiastrine. I dati ottenuti indicano quindi che PKCε e PKCδ svolgono un ruolo importante nel corretto differenziamento MK e che PKCε potrebbe essere un potenziale nuovo target terapeutico nelle PMF.

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Backgrounds:Treatment of patients with relapsed/refractory (R/R) diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL) not eligible to high dose therapy represents an unmet medical need. Panobinostat showed encouraging therapeutic activity in studies conducted in lymphoma cell lines and in vivo in patients with advanced hematologic malignancies.Purpose:FIL-PanAL10 (NCT01523834) is a phase II, prospective multicenter trial of the Fondazione Italiana Linfomi (FIL) to evaluate safety and efficacy of single agent Panobinostat as salvage therapy for R/R DLBCL patients and to evaluate a possible relationships between response and any biological features. Patients and Methods:Patients with R/R DLBCL were included. The treatment plan included 6 induction courses with Panobinostat monotherapy followed by other 6 courses of consolidation. The primary objective was to evaluate Panobinostat activity in terms of overall response (OR); secondary objectives were: CR rate, time to response (TTR), progression-free survival (PFS), safety and feasibility of Panobinostat. We included evaluation of the impact of pharmacogenetics, immunohistochemical patterns and patient’s specific gene expression and mutations as potential predictors of response to Panobinostat as explorative objectives. To this aim a pre-enrollment new tissue biopsy was mandatory. ResultsThirty-five patients, 21 males (60%), were enrolled between June 2011 and March 2014. At the end of induction phase, 7 responses (20%) were observed, including 4 CR (11%), while 28 patients (80%) discontinued treatment due to progressive disease (PD) in 21 (60%) or adverse events in 7 (20%). Median TTR in 9 responders was 2.6 months (range 1.8-12). With a median follow up of 6 months (range 1-34), the estimated 12 months PFS and OS were 27% and 30.5%, respectively. Grade 3-4 thrombocytopenia and neutropenia were the most common toxicities (in 29 (83%) and 12 (34%) patients, respectively. Conclusions The results of this study indicate that Panobinostat might be remarkably active in some patients with R/R DLBCL, showing durable CR

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Al fine di migliorare le tecniche di coltura cellulare in vitro, sistemi a bioreattore sono sempre maggiormente utilizzati, e.g. ingegnerizzazione del tessuto osseo. Spinner Flasks, bioreattori rotanti e sistemi a perfusione di flusso sono oggi utilizzati e ogni sistema ha vantaggi e svantaggi. Questo lavoro descrive lo sviluppo di un semplice bioreattore a perfusione ed i risultati della metodologia di valutazione impiegata, basata su analisi μCT a raggi-X e tecniche di modellizzazione 3D. Un semplice bioreattore con generatore di flusso ad elica è stato progettato e costruito con l'obiettivo di migliorare la differenziazione di cellule staminali mesenchimali, provenienti da embrioni umani (HES-MP); le cellule sono state seminate su scaffold porosi di titanio che garantiscono una migliore adesione della matrice mineralizzata. Attraverso un microcontrollore e un'interfaccia grafica, il bioreattore genera tre tipi di flusso: in avanti (senso orario), indietro (senso antiorario) e una modalità a impulsi (avanti e indietro). Un semplice modello è stato realizzato per stimare la pressione generata dal flusso negli scaffolds (3•10-2 Pa). Sono stati comparati tre scaffolds in coltura statica e tre all’interno del bioreattore. Questi sono stati incubati per 21 giorni, fissati in paraformaldehyde (4% w/v) e sono stati soggetti ad acquisizione attraverso μCT a raggi-X. Le immagini ottenute sono state poi elaborate mediante un software di imaging 3D; è stato effettuato un sezionamento “virtuale” degli scaffolds, al fine di ottenere la distribuzione del gradiente dei valori di grigio di campioni estratti dalla superficie e dall’interno di essi. Tale distribuzione serve per distinguere le varie componenti presenti nelle immagini; in questo caso gli scaffolds dall’ipotetica matrice cellulare. I risultati mostrano che sia sulla superficie che internamente agli scaffolds, mantenuti nel bioreattore, è presente una maggiore densità dei gradienti dei valori di grigio ciò suggerisce un migliore deposito della matrice mineralizzata. Gli insegnamenti provenienti dalla realizzazione di questo bioreattore saranno utilizzati per progettare una nuova versione che renderà possibile l’analisi di più di 20 scaffolds contemporaneamente, permettendo un’ulteriore analisi della qualità della differenziazione usando metodologie molecolari ed istochimiche.

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Il primo obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di sviluppare il primo modello matematico di potenziale d'azione pacemaker umano: è vero che gli studi elettrofisiologici pubblicati sull'uomo non hanno ancora raggiunto la mole di risultati ottenuti, invece, sugli altri mammiferi da laboratorio, ma i tempi possono ritenersi "maturi", in quanto i dati disponibili in letteratura sono sufficienti e adeguati allo scopo. Il secondo obiettivo di questo lavoro di tesi nasce direttamente dall'esigenza clinica di definire le relazioni causa-effetto tra la mutazione T78M della proteina caveolina-3 e le varie forme di aritmie cardiache riscontrate, ad essa associate. Lo scopo è quello di stabilire quale sia il link tra genotipo della mutazione e fenotipo risultante, ovvero colmare il gap esistente tra i dati sperimentali in vitro in possesso ed i meccanismi di alterazione delle correnti ioniche affette, per arrivare a osservare l'effetto che ne deriva sull'attività elettrica delle cellule. Proprio in relazione a quest'ultimo punto, i due obiettivi del lavoro convergono: l'analisi degli effetti indotti dalla mutazione T78M è, infatti, effettuata sul modello di potenziale d'azione di nodo senoatriale umano sviluppato (oltre che su altri modelli atriali).

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L’osteomielite associata all’impianto è un processo infettivo a carico del tessuto osseo spesso accompagnato dalla distruzione dell’osso stesso. La patogenesi delle osteomieliti associate all’impianto si basa su due concetti fondamentali: l’internalizzazione del patogeno all’interno degli osteoblasti e la capacità dei batteri di formare il biofilm. Entrambi i meccanismi consentono infatti di prevenire l’eliminazione del batterio da parte delle difese immunitarie dell’ospite e di ostacolare l’azione della maggior parte degli antibiotici (che non penetrano e non agiscono pertanto su microrganismi intracellulari), così sostenendo ed alimentando l’infezione. Il saggio di invasione messo a punto su micropiastra ha consentito di investigare in modo approfondito e dettagliato il ruolo ed il peso dell’internalizzazione nella patogenesi delle infezioni ortopediche peri-protesiche causate da S. aureus, S. epidermidis, S. lugdunensis ed E. faecalis. Lo studio ha evidenziato che l’invasione delle cellule MG-63 non rappresenta un meccanismo patogenetico delle infezioni ortopediche associate all’impianto causate da S. epidermidis, S. lugdunensis ed E. faecalis; al contrario, in S. aureus la spiccata capacità invasiva rappresenta un’abile strategia patogenetica che consente al patogeno di sfuggire alla terapia sistemica e alla risposta immunitaria dell’ospite. È stato studiato inoltre il ruolo dell’immunità innata nella difesa contro il biofilm batterico. In seguito all’incubazione del biofilm opsonizzato di S. epidermidis con i PMN è stato possibile osservare la formazione delle NETs. Le NETs rappresentano ottime armi nella difesa contro il biofilm batterico, infatti le trappole sono in grado di limitare la diffusione batterica e quindi di confinare l’infezione. La comprensione del ruolo dell’internalizzazione nella patogenesi delle osteomieliti associate all’impianto e lo studio della risposta immunitaria innata a questo tipo di infezioni, spesso caratterizzate dalla presenza di biofilm, sono presupposti per identificare e affinare le migliori strategie terapeutiche necessarie ad eradicare l'infezione.

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Fino dagli albori della metodica scientifica, l’osservazione e la vista hanno giocato un ruolo fondamentale. La patologia è una scienza visiva, dove le forme, i colori, le interfacce e le architetture di organi, tessuti, cellule e componenti cellulari guidano l’occhio del patologo e ne indirizzano la scelta diagnostico-classificativa. L’osservazione del preparato istologico in microscopia ottica si attua mediante l’esame e la caratterizzazione di anomalie ad ingrandimenti progressivamente crescenti, a diverse scale spaziali, che partono dalla valutazione dell’assetto architettonico sovracellulare, per poi spostarsi ad investigare e descrivere le cellule e le peculiarità citomorfologiche delle stesse. A differenza di altri esami di laboratorio che sono pienamente quantificabili, l’analisi istologica è intrinsecamente soggettiva, e quindi incline ad un alto grado di variabilità nei risultati prodotti da differenti patologi. L’analisi d’immagine, l’estrazione da un’immagine digitale di contenuti utili, rappresenta una metodica oggettiva, valida e robusta ormai largamente impiegata a completamento del lavoro del patologo. Si sottolinea come l’analisi d’immagine possa essere vista come fase descrittiva quantitativa di preparati macroscopici e microscopici che poi viene seguita da una interpretazione. Nuovamente si sottolinea come questi descrittori siano oggettivi, ripetibili e riproducibili, e non soggetti a bassa concordanza inter operatore. La presente tesi si snoda attraverso un percorso concettuale orientato ad applicazioni di analisi d’immagine e patologia quantitativa che parte dalle applicazioni più elementari (densità, misure lineari), per arrivare a nozioni più avanzate, quali lo studio di complessità delle forme mediante l’analisi frattale e la quantificazione del pattern spaziale di strutture sovracellulari.

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La labioschisi con o senza palatoschisi non-sindromica (NSCL/P) è tra le più frequenti alterazioni dello sviluppo embrionale, causata dall’interazione di fattori genetici e ambientali, moti dei quali ancora ignoti. L'obiettivo del mio progetto di Dottorato consiste nell’identificazione di fattori di rischio genetico in un processo a due stadi che prevede la selezione di geni candidati e la verifica del loro coinvolgimento nella determinazione della malformazione mediante studi di associazione. Ho analizzato alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) dei geni RFC1 e DHFR, appartenenti alla via metabolica dell’acido folico, evidenziando una debole associazione tra alcuni degli SNPs indagati e la NSCL/P nella popolazione italiana. Presso il laboratorio della Dott.ssa Mangold dell’Università di Bonn, ho valutato il ruolo di 15 diverse regioni cromosomiche nel determinare la suscettibilità alla malattia, evidenziando una significativa associazione per i marcatori localizzati in 8q24 e 1p22. Ho quindi rivolto la mia attenzione al ruolo del complesso Polycomb nell’insorgenza della schisi. Nell’uomo i due complessi Polycomb, PRC1 e PRC2, rimodellano la cromatina agendo da regolatori dei meccanismi trascrizionali alla base della differenziazione cellulare e dello sviluppo embrionale. Ho ipotizzato che mutazioni a carico di geni appartenenti a PRC2 possano essere considerati potenziali fattori di rischio genetico nel determinare la NSCL/P. Il razionale consiste nel fatto che JARID2, una proteina che interagisce con PRC2, è associata all’insorgenza della NSCL/P ed espressa a livello delle cellule epiteliali delle lamine palatine che si approssimano alla fusione. L’indagine condotta analizzando i geni di elementi o partner dei due complessi Polycomb, ha evidenziato un’associazione significativa con alcuni polimorfismi dei geni indagati, associazione ulteriormente confermata dall’analisi degli aplotipi. Le analisi condotte sui geni candidati mi hanno permesso di raccogliere dati interessanti sull’eziologia della malformazione. Studi indipendenti saranno necessari per poter validare l'associazione tra le varianti genetiche di questi geni candidati e la NSCL/P.

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I Gangli della Base svolgono un importante ruolo nel controllo del movimento volontario: questi nuclei sottocorticali localizzati alla base di entrambi gli emisferi cerebrali sono densamente interconnessi con la corteccia cerebrale, il talamo e il tronco dell’encefalo, ma non con il midollo spinale. Facilitano l’esecuzione di un singolo atto motorio, sopprimendo tutti gli altri. Questa funzionalità ha lo scopo di favorire il comando più appropriato, inibendo i restanti per il tempo necessario. I Gangli della Base fungono da vero e proprio filtro, prendendo informazioni dall'intera corteccia, permettendo il passaggio di alcune e bloccandone altre. Per iniziare, verrà descritta l’anatomia e ogni singola parte che compone questi nuclei, elencando le varie interconnessioni sinaptiche. Successivamente, si passerà alla illustrazione della via diretta e della via indiretta e del meccanismo fisiologico che regola l’apprendimento sinaptico e la selezione di azioni, con annessi i principi teorici che ne costituiscono le fondamenta. Si affronterà il modello sviluppato presso l’Università di Bologna da C. Baston e M. Ursino e verranno mostrate varie simulazioni riguardanti tale modello. In conclusione, si tratteranno la malattia di Parkinson, patologia neurodegenerativa che colpisce principalmente le cellule dopaminergiche di alcune aree dei Gangli della Base, e il morbo di Huntington

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CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.

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In questa tesi consideriamo il problema della percezione di immagini, e in particolare la sensibilità al contrasto del nostro sistema visivo. Viene studiato il modello classico di Retinex, che descrive l'immagine percepita come soluzione di un'equazione di Poisson. Questo modello viene reinterpretato utilizzando strumenti di geometria differenziale e derivate covarianti. La controparte neurofisiologica del modello è la descrizione della funzionalità del LGN, e della connettività che le lega. Questa viene modellata come un nucleo soluzione fondamentale dell'equazione di Laplace, con strumenti di teoria delle distribuzioni. L'attività dello strato di cellule è quindi soluzione dell'equazione di Laplace, ovvero la stessa equazione che descrive il Retinex. Questo prova che le cellule sono responsabili della percezione a meno di illuminazione.

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L'elaborato ha lo scopo di esporre la ricerca condotta in campo dei sostituenti sanguigni artificiali. Viene presentata una prima parte di introduzione al tessuto sanguigno spiegando la sua composizione e la sua funzione. Si passa poi ai sostituenti acellulari derivati dall'emoglobina spiegando le loro caratteristiche e i loro impieghi; infine si introducono le cellule artificiali con la rispettiva evoluzione in campo tecnologico e le possibili applicazioni in ambito terapeutico.