964 resultados para Materiali nanostrutturati, titania, fotoelettrolisi.
Resumo:
Negli ultimi anni la produzione di materiale ceramico si è spostata su formati di grandi dimensioni. Questo processo è stato possibile grazie allo sviluppo di nuove tecnologie adeguate alla produzione di lastre in grès porcellanato con spessore sempre più ridotto e in formati sempre più grandi. Molte aziende si sono quindi orientate alla produzione delle grandi lastre servendosi di queste nuove tecnologie innovative, proprio perché questi prodotti sono risultati essere particolarmente versatili. Come le piastrelle di formato tradizionale, anche questi grandi formati devono essere certificati con il marchio CE, quindi devono essere eseguite delle prove di caratterizzazione delle loro caratteristiche fisiche-meccaniche. Tuttavia, cambiando notevolmente le dimensioni, per queste grandi lastre si possono introdurre anche nuovi test di prova per determinare nuove caratteristiche, come ad esempio la possibilità di flettersi per adattarsi alla forma della superficie dove vengono collocate (facciate di edifici, rivestimenti di gallerie autostradali, etc.). Di conseguenza nasce l’esigenza di valutare questi nuovi parametri, tra cui il raggio di curvatura è particolarmente rilevante per valutare appunto la flessibilità della lastra. Nel presente lavoro di tesi sono state svolte prove di caratterizzazione delle proprietà fisiche-meccaniche di piastrelle ceramiche di grande formato. I campioni sono stati sottoposti a prove per la determinazione della freccia e del raggio di curvatura sotto il peso proprio e a rottura nelle configurazioni fronte e retro. Dall’analisi dei dati sperimentali sono state dedotte conclusioni in merito alla possibile dipendenza della freccia e del raggio di curvatura dalle caratteristiche dei campioni. Oltre alle prove di determinazione della freccia e conseguente raggio di curvatura, a completamento del lavoro sperimentale svolto sono state eseguite anche prove di assorbimento di acqua e di analisi d’immagine per determinare la porosità totale.
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L’oggetto di studio della tesi è centrato sulla progettazione di pavimentazioni ad alta resistenza nell’ambito dei porti commerciali. Nel capitolo 1, viene effettuata una descrizione delle caratteristiche principali dei porti, proseguendo con l’esposizione dei principi organizzativi dei porti commerciali. In particolar modo, vengono illustrate le operazioni che si registrano in un terminal container e le proprietà dei diversi mezzi speciali che vi operano. Nel capitolo successivo, si procede con la definizione dei materiali più comunemente utilizzati nella realizzazione delle pavimentazioni di un porto e quindi con la descrizione delle principali tipologie di soluzioni adottate nella progettazione. Successivamente, nel capitolo 3, vengono enunciati i principali metodi di calcolo per la progettazione di una pavimentazione portuale e si prosegue con l’approfondimento del metodo descritto dal manuale pubblicato dalla British Ports Association (BPA):”The structural design of heavy duty pavements for ports and other industries”. Infine, nell’ultimo capitolo, viene illustrato il processo di progettazione in base al metodo BPA, mediante lo svolgimento di un esempio di calcolo della pavimentazione.
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Le celle solari a film sottile sono tra le alternative più promettenti nel campo fotovoltaico. La ricerca di materiali non tossici ed economici per la passivazione delle superfici è di fondamentale importanza. Il presente è uno studio sulla morfologia di film sottili di ZnS. I campioni analizzati sono stati cresciuti tramite DC sputtering a diversa potenza (range 50-150W) per studiare le connessioni tra condizioni di deposizione e proprietà strutturali. Lo studio è stato condotto mediante acquisizione di mappe AFM. E' stata effettuata un'analisi dei buchi (dips) in funzione della potenza di sputtering, per individuare il campione con la minore densità di dips in vista di applicazioni in celle solari a film sottile. I parametri strutturali, quali la rugosità superficiale e la lunghezza di correlazione laterale sono stati determinati con un'analisi statistica delle immagini. La densità e dimensione media dei grani sono state ricavate da una segmentazione delle immagini. Le analisi sono state svolte su due campioni di ZnO per fini comparativi. Tramite EFM sono state ottenute mappe di potenziale di contatto. Tramite KPFM si è valutata la differenza di potenziale tra ZnS e un layer di Al depositato sulla superficie. La sheet resistance è stata misurata con metodo a quattro punte. Dai risultati la potenza di sputtering influenza la struttura superficiale, ma in maniera non lineare. E' stato individuato il campione con la minore rugosità e densità di dips alla potenza di 75 W. Si è concluso che potenze troppo grandi o piccole in fase di deposizione promuovono il fenomeno di clustering dei grani e di aumentano la rugosità e densità di dips. E' emersa una corrispondenza diretta tra morfologia e potenziale di contatto alla superficie. La differenza di potenziale tra Al e ZnS è risultata inferiore al valore noto, ciò può essere dovuto a stati superficiali indotti da ossidi. Il campione risulta totalmente isolante.
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L’interazione spin-orbita (SOI) nel grafene è attualmente oggetto di intensa ricerca grazie alla recente scoperta di una nuova classe di materiali chiamati isolanti topologici. Questi materiali, la cui esistenza è strettamente legata alla presenza di una forte SOI, sono caratterizzati dall’interessante proprietà di avere un bulk isolante ed allo stesso tempo superfici conduttrici. La scoperta teorica degli isolanti topologici la si deve ad un lavoro nato con l’intento di studiare l’influenza dell’interazione spin-orbita sulle proprietà del grafene. Poichè questa interazione nel grafene è però intrinsecamente troppo piccola, non è mai stato possibile effettuare verifiche sperimentali. Per questa ragione, vari lavori di ricerca hanno recentemente proposto tecniche volte ad aumentare questa interazione. Sebbene alcuni di questi studi abbiano mostrato un effettivo aumento dell’interazione spin-orbita rispetto al piccolo valore intrinseco, sfortunatamente hanno anche evidenziato una consistente riduzione della qualità del grafene. L’obbiettivo che ci si pone in questa tesi è di determinare se sia possibile aumentare l’interazione spin-orbita nel grafene preservandone allo stesso tempo le qualità. La soluzione proposta in questo lavoro si basa sull’utilizzo di due materiali semiconduttori, diselenio di tungsteno WSe2 e solfuro di molibdeno MoS2, utilizzati da substrato su cui sopra verrà posizionato il grafene formando così un’eterostruttura -nota anche di “van der Waal” (vdW)-. Il motivo di questa scelta è dovuto al fatto che questi materiali, appartenenti alla famiglia dei metalli di transizione dicalcogenuri (TMDS), mostrano una struttura reticolare simile a quella del grafene, rendendoli ideali per formare eterostrutture e ancora più importante, presentano una SOI estremamente grande. Sostanzialmente l’idea è quindi di sfruttare questa grande interazione spin-orbita del substrato per indurla nel grafene aumentandone così il suo piccolo valore intrinseco.
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I semiconduttori organici presentano proprietà che consentono la produzione di dispositivi impensabili fino a pochi anni fa: sono flessibili, leggeri e robusti, ed inoltre facili ed economici da depositare. La loro capacità di rivelare direttamente la radiazione ionizzante, convertendola in segnale elettrico, li pone come ottimi candidati per una nuova generazione di rivelatori a stato solido per raggi X, utilizzabili in situazioni e luoghi prima inaccessibili a quelli inorganici, o addirittura comodamente indossabili. Tuttavia i fenomeni di fotogenerazione e raccolta di carica in questi materiali non sono ancora completamente compresi. Ottimali per lo studio di queste ed altre proprietà intrinseche sono le forme di impacchettamento a cristallo singolo. Questa tesi analizza e confronta i segnali elettrici di campioni di cristalli singoli di TIPS-pentacene quando esposti a flussi crescenti di radiazione visibile e di raggi X a diversi voltaggi, proponendo dei modelli per la loro interpretazione. Viene inoltre riportato un confronto con le stesse misure effettuate su un campione dello stesso materiale in forma di film sottile.
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L'elaborato fornisce una introduzione al modello di Ising, utilizzato nello studio delle transizioni di fase tra la fase ferromagnetica e quella paramagnetica dei materiali. Nella prima parte viene trattato il modello unidimensionale, di cui viene esposta la soluzione esatta attraverso l'utilizzo delle matrici di trasferimento, dimostrando quindi l'inesistenza di una transizione di fase a temperature finite non nulle. Vengono calcolate le funzioni termodinamiche e se ne dimostra l'indipendenza dalle condizioni al contorno nel limite termodinamico.Viene proposta infine una spiegazione qualitativa del comportamento microscopico, attraverso la lunghezza di correlazione. Nella seconda parte viene trattato il caso a due dimensioni. Inizialmente viene determinata la temperatura critica per reticoli quadrati, attraverso il riconoscimento della presenza di una relazione di dualita tra l'espansione per alte e per basse temperature della funzione di partizione. Successivamente si fornisce la soluzione esatta attraverso una versione modificata del procedimento, originariamente ideato da L.Onsager, di cui e proposta una traccia della dimostrazione. Viene infine brevemente discussa l'importanza che questo risultato ebbe storicamente nella fisica delle transizioni di fase.
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L’attività di tesi, svolta presso i laboratori dell’Istituto CNR-IMM di Bologna, si è focalizzata sulla crescita tramite Deposizione Chimica da Fase Vapore di schiume di grafene - network tridimensionali costituiti da fogli di grafene interconnessi, in grado di unire le straordinarie proprietà del grafene ad una elevatissima area superficiale - e sulla loro caratterizzazione, con l’obiettivo di sintetizzare strutture 3D di grafene con una porosità controllata e buone caratteristiche strutturali. Nel primo capitolo della tesi vengono illustrate da un punto di vista generale le caratteristiche e proprietà salienti del grafene, sia dal punto di vista strutturale che fisico. il secondo capitolo è dedicato alle tecniche di produzione del materiale, dall’esfoliazione meccaniche, a quella chimica, per arrivare alle tecniche di crescita vere e proprie. Maggiore attenzione viene chiaramente riservata alla Deposizione Chimica da Fase Vapore, utilizzata poi nell’ambito dell’attività sperimentale svolta. Nel terzo capitolo vengono descritti in dettaglio tutti gli apparati sperimentali utilizzati, sia per la sintesi del materiale (il sistema CVD), che per la sua caratterizzazione (microscopia elettronica a scansione, diffrazione a raggi X, spettroscopia fotoelettronica a raggi X e Raman). Il quarto ed il quinto capitolo sono dedicati alla parte sperimentale vera e propria. Nel quarto si descrive e si discute il processo messo a punto per crescere strutture tridimensionali di grafene a partire da schiume metalliche commerciali, mentre nel quinto vengono infine descritti gli approcci originali messi a punto per la sintesi di strutture con porosità controllata. Nelle conclusioni, infine, oltre a tirare le somme di tutto il lavoro svolto, vengono delineate le prospettive applicative dei materiali prodotti e le attività che sono attualmente in corso relative alla loro caratterizzazione e al loro impiego.
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I sedimenti superficiali dei fondali circostanti l’arcipelago del Golfo di La Spezia sono stati analizzati dal punto di vista granulometrico e composizionale al fine di ottenere la mappatura delle concentrazioni di coralliti sub-fossili di Cladocora caespitosa nel sedimento. Mediante lo studio del sedimento campionato in trentacinque stazioni, sono state individuate tre zone di accumulo di coralliti: (i) in corrispondenza del capo occidentale dell’Isola Palmaria con le concentrazioni più elevate comprese tra il 25 e 55% (ii) sul lato sud-orientale della stessa isola con concentrazioni tra il 10 e 12% e (iii) una fascia contornante l’Isola del Tinetto con quantità inferiori al 3%. La concentrazione anomala di coralliti è il risultato dello scarico di materiali di dragaggio provenienti dal porto di La Spezia, scaricati al largo delle coste occidentali dell’arcipelago tra gli anni ‘50 e ’70 e progressivamente ridistribuiti verso sud-est dalla deriva litorale.
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This research focused on the to modification of the surface structure of titanium implants with nanostructured morphology of TiO2 nanotubes and studied the interaction of nanotubes with osteoblast cells to understand the parameters that affect the cell growth. The electrical, mechanical, and structural properties of TiO2 nanotubes were characterized to establish a better understanding on the properties of such nanoscale morphological structures. To achieve the objectives of this research work I transformed the titanium and its alloys, either in bulk sheet form, bulk machined form, or thin film deposited on another substrate into a surface of titania nanotubes using a low cost and environmentally friendly process. The process requires only a simple electrolyte, low cost electrode, and a DC power supply. With this simple approach of scalable nanofabrication, a typical result is nanotubes that are each approximately 100nm in diameter and have a wall thickness of about 20nm. By changing the fabrication parameters, independent nanotubes can be fabricated with open volume between them. Titanium in this form is termed onedimensional since electron transport is narrowly confined along the length of the nanotube. My Ph.D. accomplishments have successfully shown that osteoblast cells, the cells that are the precursors to bone, have a strong tendency to attach to the inside and outside of the titanium nanotubes onto which they are grown using their filopodia – cell’s foot used for locomotion – anchored to titanium nanotubes. In fact it was shown that the cell prefers to find many anchoring sites. These sites are critical for cell locomotion during the first several weeks of maturity and upon calcification as a strongly anchored bone cell. In addition I have shown that such a surface has a greater cell density than a smooth titanium surface. My work also developed a process that uses a focused and controllably rastered ion beam as a nano-scalpel to cut away sections of the osteoblast cells to probe the attachment beneath the main cell body. Ultimately the more rapid growth of osteoblasts, coupled with a stronger cell-surface interface, could provide cost reduction, shorter rehabilitation, and fewer follow-on surgeries due to implant loosening.
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El título de esta tesis, utiliza primero una expresión periodística muy conocida sobre esta obra, que expresa muy bien su característica contradictoria, paradójica, siempre entre opuestos, frecuentemente utilizadas por los textos que sobre esta obra se han escrito. La segunda expresión define a esta tesis, incluida en el grupo de investigación sobre el objetivo común de la Crítica Arquitectónica. La casa Malaparte, olvidada durante largo tiempo y venerada en otros momentos, fue elegida por referéndum en 1979 por la revista “Modo (Cien proyectos para recordar)” como la obra más representativa de la arquitectura italiana del siglo XX. Un icono de modernidad en 1979 y paradójicamente no en su momento, ya que difícilmente se podría encuadrar en las tipologías de vivienda moderna de los años treinta. El objetivo de esta tesis es la racionalización del valor de esta obra, admitida de alguna manera en los “manuales de arquitectura moderna”, proponiendo para ello el reconocimiento de sus singularidades y regularidades como elementos de investigación del valor sustantivo de la arquitectura, el polinomio indisociable: contexto, forma, función, construcción. Tenemos datos, textos, hermenéutica. Nuestro método no puede ser otro que la crítica de los datos y texto y la crítica poética. Nuestra tesis, se inserta en este conjunto de crítica arquitectónica, vinculada al método llamado por el Catedrático Dr. Antonio Miranda Regojo “Mírregan-Todorov” que emplearemos como referencia y método para mostrar lo que más nos interesa, la calidad de la arquitectura, su ser, que paradójicamente, difiere de su descripción, de su momento histórico, en fin de todo aquello que en realidad solo la describe, la analiza y la interpreta. Nuestra variación propuesta al modelo de referencia, consta del siguiente desarrollo: 1. Crítica de “La Crítica”. 2. Crítica poética. 3. Conclusiones El primer capítulo, propone “La Crítica”, entendida como ese valor colectivo depositado por los textos escritos sobre la obra contrastado con nuestras observaciones personales respecto de cada uno de ellos. Las críticas seleccionadas muestran una nube de alternativas relativas a la descripción, análisis e interpretación que sobre la obra se han producido. Este capítulo, constituye una compilación de textos ordenada cronológicamente, que introduce al conocimiento de la obra. Recoge las primeras referencias, los artículos, los libros, las películas y anuncios así como alguno de los textos académicos que se han escrito sobre esta obra. 15 Los artículos seleccionados son los siguientes: Aldo Morbelli 1942. A. Alieri M.Clerici F.Palpacelli y G.Vaccaro 1966. Francesco Venezia con G.Petrusch 1973 Vieri Quilici.1977/1981 G.K.Koenig, 1979 John Hejduk 1980 Audrey Batey 1980. Manfredo Tafuri 1981. Francesco Venezia 1983. Joe Bostik 1989. Vittorio Savi, 1989. Marida Talamona 1989. W. Arets, W. Van der Bergh. 1989. Franco Purinni 1991. Marida Talamona 1997. Bruce Chatwin 1997. Los libros seleccionados han sido: Marida Talamona. Casa Malaparte, Milano 1990. Sergio Attanasio. Curzio Malaparte “Casa come me” Punta del Massullo, tel. 160 Capri. Nápoles 1990 Gianni Petenna. CasaMalaparte, Capri, 1999 Michael McDonough. A house like me. Edit.Clarkson Potter,New York 1999 Mario Ferrari. Adalberto Libera “Casa Malaparte en Capri1938-1942” 2008 Las películas seleccionadas: Il Cristo proibito, 1956 Le Mèpris, 1963 La Pelle, 1981 Anuncio de Hugo Boss 2010 16 Los textos académicos recogidos son: Angela delGaudio. Casa Malaparte. Interventi e restauri. 2003 Nicoletta Setola. Casa Malaparte. Il cantiere le tecnologie i materiali. 2004 Gloria Paz Saravia Ortiz. La casa Malaparte de A.libera. 2007 En el capítulo segundo “Crítica poética” se circunscribe, según la definición utilizada, a lo que en particular tiene como nivel de verdad, por la idoneidad de su construcción, tipología e iconología en relación al lugar (entidad propia, identidad auténtica). Existen algunos estudios que proponen a la casa Malaparte comprendida en la poética común de la obra de su arquitecto, Adalberto Libera. Nuestra posición nada tiene que ver con “la manera de hacer de un autor” se inclina a investigar obras enlazadas por estructuras comunes, reflejo y consecuencia especialmente de la propia arquitectura, nos interesa la poética de la arquitectura, no la de un autor. Realizamos tres ensayos, el primero trata de investigar el “Lugar” contexto de la obra, proponiendo el reconocimiento de un sistema lugar-arquitectura, (Conjunto de reglas o principios sobre una materia racionalmente enlazados entre sí) del que formulamos una serie de definiciones como características de esta relación: la analogía, la simpatía, la emulación, la signatura, la nematología y la sinexión. Concluyendo que la relación encontrada en la Malaparte podría explicarse de esta manera: ninguna mimesis, admite cierta analogía, un camuflaje solo geométrico, sin emulación de “tipismo” alguno, con emulación del modelo continuo de la “caja” desde el ataúd a la humilde vivienda , con “simpatía” como una obra contemporánea, con una fuerte signatura sobre el lugar, en correspondencia a lugar señalado por la historia y a la indeterminación iconológica que propone su arquitectura, (fetiche, simulacro) con una relación “nematológica” a través de su implantación y con una vinculación especial de “sinexión” entre la superficie del lugar y el acomodo de esta arquitectura. Continuamos con la relación propia de la obra y el lugar, concluyendo como la casa Malaparte propone el espacio sobre su cubierta, a modo de patio, de recinto. La obra demuestra que no es únicamente la sustancia material quien protagoniza la acción de “recintar”. El vértigo constituye la materia infranqueable del perímetro. En la Malaparte es el plano arquitectónico, (elevado) el recinto descubierto, el plano que posibilita la máxima relación con el exterior en esta arquitectura. En su interior el paisaje deja de ser fondo y el habitante se incorpora al escenario, se incorpora al paisaje. Te encuentras midiendo, relacionando distancias desde las espículas de pino, rocas, acantilados, barcos, islas, mar hasta la costa de Amalfi. Esta posición sobre el paisaje, es comparada con la casa Kaufman de F.L.Wrigth. El segundo ensayo investiga el proyecto de la obra. Distinguimos entre proyecto-forma, proyecto-origen, proyecto programa, proyecto-acción y proyectos-signo. Encontramos que no existe proyecto-forma que explique la casa Malaparte, tenemos proyectoorigen, proyecto-programa y proyectos-signo suficientes para racionalizar esta obra. Nos encontramos con un proyecto-acción, en permanente discusión, debatido hasta la saciedad, con la finalidad de habitar aquella roca, cuyas proposiciones se contrastan en la obra, ampliando el proceso de proyecto a la propia acción de construir, proyecto y construcción no estan disociados. Los proyectos “signo” de esta obra, nos permiten relacionar la permanencia de un programa, una organización, una comunicación y distribución que entendemos continua y conducida por Malaparte. Lo realmente importante previsto y controlable por aquel: programa y distribución. Nos permitimos afirmar que lo significante continuo es un proyecto–programa limitado a una forma necesaria iniciada por Libera, como una semilla. Su forma es el resultado de un procedimiento, arraigado y condicionado a un terreno. Un proceso que consiste en establecer unas alturas tipo sobre un programa distribuido en planta, y limitado con una construcción racional, tipológica sobre muros de carga, capaz de soportar cualquier programa habitacional, que proporciona inevitablemente un resultado seguro. El tercer ensayo propone una “novela” sobre la manera de construcción de la obra, que nos permite explicar la gran escalera de la Malaparte. Encontramos que la construcción de la Malaparte, también forma parte de un sistema. Este sistema es capaz de generar forma, sin recurrir a las mascaras fijadas por la tradición o las modas, manteniendo su libertad de expresión sin concesiones. Consideramos que en el camino de acceso a la obra que hubo que ejecutarse para tal fin están las claves para la comprensión de su escalera. La escalera de la Malaparte la comprendemos desde la propia accesibilidad a la obra. Su trazado abocinado, su forma “strombata”, es consecuencia para nosotros de sus límites físicos, su elevación, resultado de las cotas que responden a los niveles de los planos de trabajo, incluida la terraza –patio. Su expresión geométrica sería visible desde la ejecución de las obras; no es posterior al paralelepípedo inicial, sino previa. Su función de acceso a la terraza no es la principal, excluida desde el proyecto administrativo de Libera, al texto escrito de Malaparte sobre su casa (ninguna escalera exterior). Sus funciones principales subyacentes que quedan envueltas son primeramente abastecer la obra, en segundo lugar como cubierta de la escalera interior que tuvo que salir de su posición centrada en el paralelepípedo inicial, al extremo exterior de este. La solución a estas necesidades acuciantes, mostrarían su función paradigmática en un tercer lugar, su solución como cubierta peldañeada, como fachada remontable, que se produce desde nuestra visión del exterior, la gran escalera de acceso al lugar principal y el hecho único y genial de la Malaparte. Las conclusiones finales de esta tesis están referidas en primer lugar al Texto escrito sobre la obra y en segundo lugar a la obra misma: La Casa es entendida en los textos analizados, como objeto que soporta simultáneamente la idea romántica de emoción-inspiración y la contemporánea de invitación a su conocimiento. Producto de su singular abstracción explicamos su transformación en lo que constatamos dos vías extremas: una como artefacto, trasto inútil y pretencioso que explica las críticas extremas de Koening y Durante. Habría que demoler la Malaparte, y por la otra se produce su transformación en “objeto artístico” (inspiraciónemoción– conocimiento) que hay que venerar. Este trinomio deviene en interpretación y de aquí su provocación hacia la literatura, el cine y la imagen sobre la obra. Ambos extremos podrían originarse por no comprender, por no llegar a explicar cómo este objeto es también casa, casa con patio, habitación, refugio, arquitectura con toda su contingencia que con coherencia, razón y libertad de expresión produce aquel objeto, con la única intencionalidad acuciante de ser construido y habitado. El gran valor “literario-artístico” de la Malaparte recogido en sus textos, debemos admitir pues que tiene su origen en la interpretación de lo arquitectónico, que no es evidente, que entendemos no puede deducirse de su mera imagen, del mismo modo que la escultura asociada a un capitel corintio, que algunos pretenden disociar del apoyo constructivo de un pie derecho, como la solución del tímpano- escultura de una portada barroca, que pretendemos separar de la eficacia del dintel, como la cúpula solución a la cubierta del Panteón de Agripa, que estudiamos aparte como un problema de ingeniería, estos aspectos múltiples, complejos y no evidentes producen la fragmentación de lo arquitectónico, y permiten sus interpretaciones independientes, desguazando la arquitectura en trozos muy visibles que algunos llamaron “arte” y sistemas mas ocultos que otros llamaron “ingeniería y técnica”. Contemplar lo humano con fantasía es también nuestra conclusión deductiva de lo que nos permite la Malaparte, su identidad propia y peculiar deducida del Texto. Una arquitectura que permite examinar lo humano con fantasía, también un gran valor común, literario y arquitectónico que no queremos disociar. Si nos afirmamos en la autonomía de la arquitectura, sin renunciar al Texto, su identidad no es más que materialidad, ni menos que la metáfora del habitar diverso del hombre en la tierra. Ambos discursos permanecerán siempre abiertos para poetas y arquitectos. La Malaparte puede explicarse desde el lugar, de su proyecto y su construcción. Podríamos limitarnos aun más, solamente de su realidad congelada actual lograríamos inferir su valor como arquitectura que ha resuelto el problema; cubriendo, superponiendo con rigurosa limpieza, orden y geometría, al caos de accidentalidad y esfuerzo, un resultado despejado, de la materialidad y la técnica, esto es en definitiva el poder de lo arquitectónico, realizado no como máscara superpuesta, sino como resultado coherente, piel viva sobre huesos y músculos necesarios.
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Using photocatalysis for energy applications depends, more than for environmental purposes or selective chemical synthesis, on converting as much of the solar spectrum as possible; the best photocatalyst, titania, is far from this. Many efforts are pursued to use better that spectrum in photocatalysis, by doping titania or using other materials (mainly oxides, nitrides and sulphides) to obtain a lower bandgap, even if this means decreasing the chemical potential of the electron-hole pairs. Here we introduce an alternative scheme, using an idea recently proposed for photovoltaics: the intermediate band (IB) materials. It consists in introducing in the gap of a semiconductor an intermediate level which, acting like a stepstone, allows an electron jumping from the valence band to the conduction band in two steps, each one absorbing one sub-bandgap photon. For this the IB must be partially filled, to allow both sub-bandgap transitions to proceed at comparable rates; must be made of delocalized states to minimize nonradiative recombination; and should not communicate electronically with the outer world. For photovoltaic use the optimum efficiency so achievable, over 1.5 times that given by a normal semiconductor, is obtained with an overall bandgap around 2.0 eV (which would be near-optimal also for water phtosplitting). Note that this scheme differs from the doping principle usually considered in photocatalysis, which just tries to decrease the bandgap; its aim is to keep the full bandgap chemical potential but using also lower energy photons. In the past we have proposed several IB materials based on extensively doping known semiconductors with light transition metals, checking first of all with quantum calculations that the desired IB structure results. Subsequently we have synthesized in powder form two of them: the thiospinel In2S3 and the layered compound SnS2 (having bandgaps of 2.0 and 2.2 eV respectively) where the octahedral cation is substituted at a â?10% level with vanadium, and we have verified that this substitution introduces in the absorption spectrum the sub-bandgap features predicted by the calculations. With these materials we have verified, using a simple reaction (formic acid oxidation), that the photocatalytic spectral response is indeed extended to longer wavelengths, being able to use even 700 nm photons, without largely degrading the response for above-bandgap photons (i.e. strong recombination is not induced) [3b, 4]. These materials are thus promising for efficient photoevolution of hydrogen from water; work on this is being pursued, the results of which will be presented.
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La caracterización de los cultivos cubierta (cover crops) puede permitir comparar la idoneidad de diferentes especies para proporcionar servicios ecológicos como el control de la erosión, el reciclado de nutrientes o la producción de forrajes. En este trabajo se estudiaron bajo condiciones de campo diferentes técnicas para caracterizar el dosel vegetal con objeto de establecer una metodología para medir y comparar las arquitecturas de los cultivos cubierta más comunes. Se estableció un ensayo de campo en Madrid (España central) para determinar la relación entre el índice de área foliar (LAI) y la cobertura del suelo (GC) para un cultivo de gramínea, uno de leguminosa y uno de crucífera. Para ello se sembraron doce parcelas con cebada (Hordeum vulgare L.), veza (Vicia sativa L.), y colza (Brassica napus L.). En 10 fechas de muestreo se midieron el LAI (con estimaciones directas y del LAI-2000), la fracción interceptada de la radiación fotosintéticamente activa (FIPAR) y la GC. Un experimento de campo de dos años (Octubre-Abril) se estableció en la misma localización para evaluar diferentes especies (Hordeum vulgare L., Secale cereale L., x Triticosecale Whim, Sinapis alba L., Vicia sativa L.) y cultivares (20) en relación con su idoneidad para ser usadas como cultivos cubierta. La GC se monitorizó mediante análisis de imágenes digitales con 21 y 22 muestreos, y la biomasa se midió 8 y 10 veces, respectivamente para cada año. Un modelo de Gompertz caracterizó la cobertura del suelo hasta el decaimiento observado tras las heladas, mientras que la biomasa se ajustó a ecuaciones de Gompertz, logísticas y lineales-exponenciales. Al final del experimento se determinaron el C, el N y el contenido en fibra (neutrodetergente, ácidodetergente y lignina), así como el N fijado por las leguminosas. Se aplicó el análisis de decisión multicriterio (MCDA) con objeto de obtener un ranking de especies y cultivares de acuerdo con su idoneidad para actuar como cultivos cubierta en cuatro modalidades diferentes: cultivo de cobertura, cultivo captura, abono verde y forraje. Las asociaciones de cultivos leguminosas con no leguminosas pueden afectar al crecimiento radicular y a la absorción de N de ambos componentes de la mezcla. El conocimiento de cómo los sistemas radiculares específicos afectan al crecimiento individual de las especies es útil para entender las interacciones en las asociaciones, así como para planificar estrategias de cultivos cubierta. En un tercer ensayo se combinaron estudios en rhizotrones con extracción de raíces e identificación de especies por microscopía, así como con estudios de crecimiento, absorción de N y 15N en capas profundas del suelo. Las interacciones entre raíces en su crecimiento y en el aprovisionamiento de N se estudiaron para dos de los cultivares mejor valorados en el estudio previo: uno de cebada (Hordeum vulgare L. cv. Hispanic) y otro de veza (Vicia sativa L. cv. Aitana). Se añadió N en dosis de 0 (N0), 50 (N1) y 150 (N2) kg N ha-1. Como resultados del primer estudio, se ajustaron correctamente modelos lineales y cuadráticos a la relación entre la GC y el LAI para todos los cultivos, pero en la gramínea alcanzaron una meseta para un LAI>4. Antes de alcanzar la cobertura total, la pendiente de la relación lineal entre ambas variables se situó en un rango entre 0.025 y 0.030. Las lecturas del LAI-2000 estuvieron correlacionadas linealmente con el LAI, aunque con tendencia a la sobreestimación. Las correcciones basadas en el efecto de aglutinación redujeron el error cuadrático medio del LAI estimado por el LAI-2000 desde 1.2 hasta 0.5 para la crucífera y la leguminosa, no siendo efectivas para la cebada. Esto determinó que para los siguientes estudios se midieran únicamente la GC y la biomasa. En el segundo experimento, las gramíneas alcanzaron la mayor cobertura del suelo (83-99%) y la mayor biomasa (1226-1928 g m-2) al final del mismo. Con la mayor relación C/N (27-39) y contenido en fibra digestible (53-60%) y la menor calidad de residuo (~68%). La mostaza presentó elevadas GC, biomasa y absorción de N en el año más templado en similitud con las gramíneas, aunque escasa calidad como forraje en ambos años. La veza presentó la menor absorción de N (2.4-0.7 g N m-2) debido a la fijación de N (9.8-1.6 g N m-2) y escasa acumulación de N. El tiempo térmico hasta alcanzar el 30% de GC constituyó un buen indicador de especies de rápida cubrición. La cuantificación de las variables permitió hallar variabilidad entre las especies y proporcionó información para posteriores decisiones sobre la selección y manejo de los cultivos cubierta. La agregación de dichas variables a través de funciones de utilidad permitió confeccionar rankings de especies y cultivares para cada uso. Las gramíneas fueron las más indicadas para los usos de cultivo de cobertura, cultivo captura y forraje, mientras que las vezas fueron las mejor como abono verde. La mostaza alcanzó altos valores como cultivo de cobertura y captura en el primer año, pero el segundo decayó debido a su pobre actuación en los inviernos fríos. Hispanic fue el mejor cultivar de cebada como cultivo de cobertura y captura, mientras que Albacete como forraje. El triticale Titania alcanzó la posición más alta como cultiva de cobertura, captura y forraje. Las vezas Aitana y BGE014897 mostraron buenas aptitudes como abono verde y cultivo captura. El MCDA permitió la comparación entre especies y cultivares proporcionando información relevante para la selección y manejo de cultivos cubierta. En el estudio en rhizotrones tanto la mezcla de especies como la cebada alcanzaron mayor intensidad de raíces (RI) y profundidad (RD) que la veza, con valores alrededor de 150 cruces m-1 y 1.4 m respectivamente, comparados con 50 cruces m-1 y 0.9 m para la veza. En las capas más profundas del suelo, la asociación de cultivos mostró valores de RI ligeramente mayores que la cebada en monocultivo. La cebada y la asociación obtuvieron mayores valores de densidad de raíces (RLD) (200-600 m m-3) que la veza (25-130) entre 0.8 y 1.2 m de profundidad. Los niveles de N no mostraron efectos claros en RI, RD ó RLD, sin embargo, el incremento de N favoreció la proliferación de raíces de veza en la asociación en capas profundas del suelo, con un ratio cebada/veza situado entre 25 a N0 y 5 a N2. La absorción de N de la cebada se incrementó en la asociación a expensas de la veza (de ~100 a 200 mg planta-1). Las raíces de cebada en la asociación absorbieron también más nitrógeno marcado de las capas profundas del suelo (0.6 mg 15N planta-1) que en el monocultivo (0.3 mg 15N planta-1). ABSTRACT Cover crop characterization may allow comparing the suitability of different species to provide ecological services such as erosion control, nutrient recycling or fodder production. Different techniques to characterize plant canopy were studied under field conditions in order to establish a methodology for measuring and comparing cover crops canopies. A field trial was established in Madrid (central Spain) to determine the relationship between leaf area index (LAI) and ground cover (GC) in a grass, a legume and a crucifer crop. Twelve plots were sown with either barley (Hordeum vulgare L.), vetch (Vicia sativa L.), or rape (Brassica napus L.). On 10 sampling dates the LAI (both direct and LAI-2000 estimations), fraction intercepted of photosynthetically active radiation (FIPAR) and GC were measured. A two-year field experiment (October-April) was established in the same location to evaluate different species (Hordeum vulgare L., Secale cereale L., x Triticosecale Whim, Sinapis alba L., Vicia sativa L.) and cultivars (20) according to their suitability to be used as cover crops. GC was monitored through digital image analysis with 21 and 22 samples, and biomass measured 8 and 10 times, respectively for each season. A Gompertz model characterized ground cover until the decay observed after frosts, while biomass was fitted to Gompertz, logistic and linear-exponential equations. At the end of the experiment C, N, and fiber (neutral detergent, acid and lignin) contents, and the N fixed by the legumes were determined. Multicriteria decision analysis (MCDA) was applied in order to rank the species and cultivars according to their suitability to perform as cover crops in four different modalities: cover crop, catch crop, green manure and fodder. Intercropping legumes and non-legumes may affect the root growth and N uptake of both components in the mixture. The knowledge of how specific root systems affect the growth of the individual species is useful for understanding the interactions in intercrops as well as for planning cover cropping strategies. In a third trial rhizotron studies were combined with root extraction and species identification by microscopy and with studies of growth, N uptake and 15N uptake from deeper soil layers. The root interactions of root growth and N foraging were studied for two of the best ranked cultivars in the previous study: a barley (Hordeum vulgare L. cv. Hispanic) and a vetch (Vicia sativa L. cv. Aitana). N was added at 0 (N0), 50 (N1) and 150 (N2) kg N ha-1. As a result, linear and quadratic models fitted to the relationship between the GC and LAI for all of the crops, but they reached a plateau in the grass when the LAI > 4. Before reaching full cover, the slope of the linear relationship between both variables was within the range of 0.025 to 0.030. The LAI-2000 readings were linearly correlated with the LAI but they tended to overestimation. Corrections based on the clumping effect reduced the root mean square error of the estimated LAI from the LAI-2000 readings from 1.2 to less than 0.50 for the crucifer and the legume, but were not effective for barley. This determined that in the following studies only the GC and biomass were measured. In the second experiment, the grasses reached the highest ground cover (83- 99%) and biomass (1226-1928 g/m2) at the end of the experiment. The grasses had the highest C/N ratio (27-39) and dietary fiber (53-60%) and the lowest residue quality (~68%). The mustard presented high GC, biomass and N uptake in the warmer year with similarity to grasses, but low fodder capability in both years. The vetch presented the lowest N uptake (2.4-0.7 g N/m2) due to N fixation (9.8-1.6 g N/m2) and low biomass accumulation. The thermal time until reaching 30% ground cover was a good indicator of early coverage species. Variable quantification allowed finding variability among the species and provided information for further decisions involving cover crops selection and management. Aggregation of these variables through utility functions allowed ranking species and cultivars for each usage. Grasses were the most suitable for the cover crop, catch crop and fodder uses, while the vetches were the best as green manures. The mustard attained high ranks as cover and catch crop the first season, but the second decayed due to low performance in cold winters. Hispanic was the most suitable barley cultivar as cover and catch crop, and Albacete as fodder. The triticale Titania attained the highest rank as cover and catch crop and fodder. Vetches Aitana and BGE014897 showed good aptitudes as green manures and catch crops. MCDA allowed comparison among species and cultivars and might provide relevant information for cover crops selection and management. In the rhizotron study the intercrop and the barley attained slightly higher root intensity (RI) and root depth (RD) than the vetch, with values around 150 crosses m-1 and 1.4 m respectively, compared to 50 crosses m-1 and 0.9 m for the vetch. At deep soil layers, intercropping showed slightly larger RI values compared to the sole cropped barley. The barley and the intercropping had larger root length density (RLD) values (200-600 m m-3) than the vetch (25-130) at 0.8-1.2 m depth. The topsoil N supply did not show a clear effect on the RI, RD or RLD; however increasing topsoil N favored the proliferation of vetch roots in the intercropping at deep soil layers, with the barley/vetch root ratio ranging from 25 at N0 to 5 at N2. The N uptake of the barley was enhanced in the intercropping at the expense of the vetch (from ~100 mg plant-1 to 200). The intercropped barley roots took up more labeled nitrogen (0.6 mg 15N plant-1) than the sole-cropped barley roots (0.3 mg 15N plant-1) from deep layers.
Resumo:
Cover crop selection should be oriented to the achievement of specific agrosystem benefits. The covercrop, catch crop, green manure and fodder uses were identified as possible targets for selection. Theobjective was to apply multi-criteria decision analysis to evaluate different species (Hordeum vulgareL., Secale cereale L., ×Triticosecale Whim, Sinapis alba L., Vicia sativa L.) and cultivars according to theirsuitability to be used as cover crops in each of the uses. A field trial with 20 cultivars of the five specieswas conducted in Central Spain during two seasons (October?April). Measurements of ground cover, cropbiomass, N uptake, N derived from the atmosphere, C/N, dietary fiber content and residue quality werecollected. Aggregation of these variables through utility functions allowed ranking species and cultivarsfor each usage. Grasses were the most suitable for the cover crop, catch crop and fodder uses, while thevetches were the best as green manures. The mustard attained high ranks as cover and catch crop the firstseason, but the second decayed due to low performance in cold winters. Mustard and vetches obtainedworse rankings than grasses as fodder. Hispanic was the most suitable barley cultivar as cover and catchcrop, and Albacete as fodder. The triticale Titania attained the highest rank as cover and catch crop andfodder. Vetches Aitana and BGE014897 showed good aptitudes as green manures and catch crops. Thisanalysis allowed comparison among species and cultivars and might provide relevant information forcover crops selection and management.
Resumo:
The lubricants are normally composed by base oils and a number of additives which are added to improve the performances of the final product. In this work, which is due to the collaboration between ENI S.p.A. and Prof. Casnati’s group, significant results in the application of calixarene structures to two classes of lubricant additives (viscosity index improvers and detergents) were shown. In particular, several calix[8]arene derivatives were synthesized to use as core precursors in the “arm-first" synthetic processes of star polymers for viscosity index improver applications. The use of calixarene derivatives enable the production of star polymers with a high and well-defined number of branches and endowed with a very low dispersivity of molecular weight which can originate better performances than the current commercially available viscosity index improvers of the major competitor. Several functional groups were considered to prepare reactive p-tert-butylcalix[8]arene cores to be used in living anionic polymerization. n-butyllithium was used as model of the living anionic polymer to test the outcome of the reaction of polymer insertion on the calixarene core, facilitating the analyses of the products. The calixarene derivative, which easier reacts with n-BuLi, was selected for the preparation of star polymers by using a isoprene/styrene living anionic polymer. Finally, the lubricant formulations, which include the calixarene-based star polymers or commercially available products as viscosity index improvers, were prepared and comparatively tested. In the last part of Thesis, the use of calixarenes as polycarboxylic acids to synthetize new sulfur-free detergents as lubricant additives was carried out. In this way, these calcium-based detergents can be used for the formulation of new automotive lubricants with low content of ash, phosphorus and sulfur (low SAPS). To increase the low deprotonation degree of OH groups and their capacity to complex calcium ions, a complete functionalization of the calixarene mixtures with acetic acid groups was required. Futhermore, the “one-step” synthesis of new calixarenes with alkyl chains in para positions longer than the ones already known was necessary to improve the oil solubility and stability of reverse micelles formed by the detergents. Moreover, the separation and characterization of the calixarenes were carried out to optimize their synthetic process, also on pilot scale. For our purpose, the use of p-tert-octylcalixarenes for the preparation of detergents was carried out to compare the properties of the final detergents respect to the use of the p-dodecyl calixarenes. Once achieved the functionalization of both calixarene mixtures with carboxylic acid groups, the syntheses of new calixarene-based detergents were carried out to identify the best calixarene derivative for our research goals. The synthetic process for the preparation of calixarene-based detergent having very high basicity (TBN 400) was also investigated for applications in lubricants for marine engines. In addition, with the aim of testing the calixarene-based detergents in automotive lubricants, several additive packages (concentrated mixture of additives) containing our detergents were prepared. Using these packages the corresponding automotive lubricants can be formulated. Besides, a lubricant containing commercial calcium alkylbenzene-sulfonates detergents was prepared to compare its detergency properties with those of the calixarene-based oils.