948 resultados para Logistica industriale gestione scorte magazzino
Resumo:
La trattazione inizia con l’analisi del concetto di “servizio” per focalizzarsi quindi sulla categoria dei “servizi pubblici”, nell’evoluzione dell’interpretazione dottrinale, fra concezione soggettiva e oggettiva, e sulle tipologie di servizio, con specifico riguardo a quelli aventi rilevanza nazionale. L’esposizione si suddivide dunque in due sezioni, rispettando la ripartizione del titolo. La prima parte è dedicata all’esame dei “ruoli”, ovvero delle parti coinvolte, a diverso titolo, in un rapporto di pubblico servizio: il “ruolo contrattuale”, rispetto al quale è stata esaminata la posizione dell’erogatore del servizio, da un lato, e dell’utente, dall’altro lato; il “ruolo di controllo”, esercitato dalle autorità amministrative indipendenti (Authorities); infine il “ruolo giurisdizionale”, dedicato alla complessa questione del riparto di giurisdizione in materia di servizi pubblici, fra giudice ordinario e giudice amministrativo, alla luce della nota sentenza della Corte Costituzionale, n. 204/2004. La seconda parte della tesi riguarda, invece, l’analisi dei “modelli contrattuali”, ovvero delle tipologie di contratto che vengono in rilievo in materia di servizi pubblici, astrattamente ascrivibili a tre distinti “gradi”. Il primo grado è rappresentato dal “contratto di servizio”, stipulato fra l’autorità pubblica che affida in gestione il servizio ed il soggetto, pubblico o privato, che se ne fa carico; l’affidamento può avere forma “diretta”, cioè prescindere da una procedura di gara (ipotesi della cd. “gestione diretta in economia” o del cd. “affidamento in house providing”) o “indiretta” (nel qual caso trova applicazione la normativa sugli appalti pubblici e le concessioni). Al secondo grado vi è il “codice di rete”, figura contrattuale che presuppone un la presenza di un servizio “a rete”. Il servizio a rete implica la presenza di una struttura o infrastruttura, concreta o astratta, ed una relazione reciproca fra gli elementi della stessa che convergono in vista della realizzazione di uno scopo e coinvolge tradizionalmente i servizi rispetto ai quali sussiste una situazione di monopolio naturale (trasporti, energia elettrica, gas, telecomunicazioni), caratterizzati dall’inopportunità pratica ed economica di creare una nuova rete. Di conseguenza, la possibilità di erogare il servizio, per gli operatori non titolari della rete, è rimessa alla stipulazione di un contratto (cd. “codice di rete) con il titolare della stessa, avente per oggetto la regolazione dello sfruttamento della rete, dietro pagamento di un corrispettivo economico. Il terzo grado è rappresentato dal “contratto di utenza”, le cui parti sono erogatore del servizio ed utente e la cui analisi è stata necessariamente preceduta dall’analisi del “rapporto di utenza”: quest’ultimo ha subito infatti una radicale trasformazione, nel corso degli ultimi decenni, soprattutto in seguito ai processi di liberalizzazione e privatizzazione che hanno coinvolto il settore de quo e condotto alla ricerca di nuovi strumenti di tutela dell’interesse generale, sotteso ad ogni pubblico servizio, contribuendo a conferire nuovo e preponderante interesse per l’utente, anche attraverso l’introduzione e l’applicazione di normative specifiche (in primis, quella in tema di clausole vessatorie e quella relativa alle azioni a tutela del consumatore-utente, oggi confluite nel codice del consumo). Per l’esame di ciascun argomento si è fatto costante riferimento alla normativa ed agli orientamenti comunitari; inoltre, si è scelto di prendere in considerazione, dopo l’esame generale delle principali tematiche sopramenzionate, il caso specifico del servizio radiotelevisivo.
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Faithful replication of DNA from one generation to the next is crucial for long-term species survival. Genomic integrity in prokaryotes, archaea and eukaryotes is dependent on efficient and accurate catalysis by multiple DNA polymerases. Escherichia coli possesses five known DNA polymerases (Pol). DNA polymerase III holoenzyme is the major replicative polymerase of the Escherichia coli chromosome (Kornberg, 1982). This enzyme contains two Pol III cores that are held together by a t dimer (Studwell-Vaughan and O’Donnell, 1991). The core is composed of three different proteins named α-, ε- and θ-subunit. The α-subunit, encoded by dnaE, contains the catalytic site for DNA polymerisation (Maki and Kornberg, 1985), the ε-subunit, encoded by dnaQ, contains the 3′→5′ proofreading exonuclease (Scheuermann, et al., 1983) and the θ-subunit, encoded by hole, that has no catalytic activity (Studwell-Vaughan, and O'Donnell, 1983). The three-subunit α–ε–θ DNA pol III complex is the minimal active polymerase form purified from the DNA pol III holoenzyme complex; these three polypeptides are tightly associated in the core (McHenry and Crow, 1979) Despite a wealth of data concerning the properties of DNA polymerase III in vitro, little information is available on the assembly in vivo of this complex enzyme. In this study it is shown that the C-terminal region of the proofreading subunit is labile and that the ClpP protease and the molecular chaperones GroL and DnaK control the overall concentration in vivo of ε. Two α-helices (comprising the residues E311-M335 and G339-D353, respectively) of the N-terminal region of the polymerase subunit were shown to be essential for the binding to ε. These informations could be utilized to produce a conditional mutator strain in which proofreading activity would be titrated by a a variant that can only bind e and that is polymerase-deficient. In this way the replication of DNA made by DNA Pol-III holoenzyme would accordingly become error-prone.
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Il confronto in corso tra gli esperti di management sanitario sui dipartimenti ospedalieri, la crescente attenzione sui modelli di organizzazione a rete e le indagini sui servizi sanitari condotte con strumenti di analisi dei network hanno rappresentato la base su cui sviluppare il disegno dello studio. La prospettiva relazionale e le tecniche di social network analysis (Sna) sono state impiegate in un indagine empirica effettuata presso tre Dipartimenti Ospedalieri dell’Azienda USL di Bologna per osservare la struttura delle relazioni che intercorrono nell’ambito dei dipartimenti, tra le unità operative e tra i clinici, al fine di assicurare il quotidiano svolgersi dei processi clinico assistenziali dei pazienti. L’indagine si è posta tre obiettivi. Il primo è quello di confrontare la rete delle relazioni “reali” che intercorrono tra unità operative e tra clinici con le relazioni “progettate” attraverso l’afferenza delle unità operative nei dipartimenti e dei singoli clinici nelle unità operative. In sostanza si tratta di confrontare, con intenti esclusivamente conoscitivi, la struttura organizzativa formale – istituzionale con quella “informale”, che emerge dalle relazioni giornaliere tra i professionisti. In secondo luogo si intende comprendere se e come i fattori di natura attributiva che caratterizzano i singoli rispondenti, (es. età, sesso, laurea, anni di permanenza in azienda, ecc.) incidano sulla natura e sull’intensità delle relazioni e delle collaborazioni intrattenute con i colleghi all’interno dell’azienda. L’analisi ha un intento “esplicativo”, in quanto si cerca di indagare come le similitudini nelle caratteristiche individuali possano o meno incidere sull’intensità degli scambi e quindi delle collaborazioni tra professionisti. Il terzo obiettivo è volto a comprendere se e come i fattori attributivi e/o relazionali siamo in grado di spiegare l’attitudine mostrata dai singoli professionisti rispetto l’adozione di un approccio alla pratica clinica ispirato all’Evidence based medicine. Lo scopo è quello di verificare se la disponibilità / orientamento ad operare in una prospettiva evidence based sia più legata ad elementi e caratteristiche personali piuttosto che all’influenza esercitata da coloro con i quali si entra in contatto per motivi lavorativi. La relativa semplicità della fase di indagine ha indotto ad arricchire i contenuti e gli obiettivi originari del lavoro allo scopo di correlare indicatori relazionali e attributivi con indicatori di “performance”, in particolare di efficienza e appropriatezza. Le relazioni sono state rilevate attraverso un questionario sociometrico inserito in uno spazio web accessibile dalla rete ospedaliera e compilato online da parte dei medici. Il questionario è stato organizzato in tre sezioni: la prima per la raccolta di informazioni anagrafiche e dati attributivi dei clinici; la seconda volta a raccogliere i dati relazionali, funzionali e di consulenza, verso le equipe di professionisti (unità operative) e verso i singoli colleghi clinici; la terza sezione è dedicata alla raccolta di informazioni sull’utilizzo delle evidenze scientifiche a supporto della propria pratica clinica (consultazione di riviste, banche dati, rapporti di HTA, etc,) e sulla effettiva possibilità di accesso a tali strumenti. L’azienda ha fornito i dati di struttura e la base dati degli indicatori di attività delle UO arruolate nello studio. La compliance complessiva per i tre dipartimenti è stata pari a circa il 92% (302 rispondenti su un campione di 329 medici.). Non si sono rilevate differenze significative sulla compliance per i tre dipartimenti considerati. L’elaborazione dei dati è stata effettuata mediante specifici software per l’analisi delle reti sociali, UCINET 6 per il calcolo degli indicatori relazionali (centralità, densità, structural holes etc.), e Pajek per l’analisi grafica dei network. L’ultima fase è stata realizzata con l’ausilio del software statistico STATA vers. 10. L’analisi dei risultati è distinta in due 2 fasi principali. In primis è stato descritto il network di relazioni professionali rilevate, sono stai calcolati i relativi indicatori di centralità relazionale e verificato il grado di sovrapposizione tra struttura formale dei dipartimenti in studio con le relazioni informali che si stabiliscono tra di essi nell’ambito clinico. Successivamente è stato analizzato l’impatto che le relazioni esercitano sulla propensione da parte dei singoli medici a utilizzare nuove evidenze scientifiche I primi risultati emersi dallo studio forniscono interessanti evidenze, con particolare riguardo al dato di un discreto grado di “sovrapposizione” tra struttura formale e informale delle unità organizzative in studio e a correlazioni significative tra fattori relazionali e attitudine dei medici verso l’utilizzo dell’approccio EBM. Altre evidenze, in specie la correlazione tra “centralità” degli attori organizzativi e alcuni indicatori di performance /appropriatezza, meritano ulteriori approfondimenti e una definitiva validazione. In conclusione lo studio dimostra che la prospettiva relazionale e la Sna consentono di porre in evidenza caratteristiche dei dipartimenti, dei suoi attori e delle loro reti di reciproche relazioni, in grado di favorire la comprensione di alcune dinamiche ricercate proprio attraverso l’organizzazione dipartimentale e quindi di specifico interesse per il management, i clinici e quanti altri impegnati nella gestione e nello sviluppo di questo modello di organizzazione dell’ospedale.
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Fin dai primi approcci alla città dell'Aquila, quando ancora non la conoscevamo e attraverso libri e articoli in rete cercavamo di capire la sua storia e la sua identità, abbiamo riconosciuto chiaramente quanto fosse importante la sua università. Le testimonianze precedenti il sisma parlavano di una città universitaria con quasi 30000 iscritti in continua crescita, viva e attiva, una città giovane; quelle posteriori il 6 aprile 2009 invece erano le richieste di aiuto da parte di docenti e fuorisede che si rifiutavano di abbandonare quello che per loro era diventato un importante punto di riferimento per la loro vita e la loro formazione. Forse anche perchè noi stesse studentesse, abbiamo fin da subito sentito il dovere di occuparci di questo angoscioso problema, da un lato per essere solidali verso i nostri sfortunati colleghi, dall'altro per non permettere un ulteriore abbandono dell'ateneo aquilano da parte di altri studenti. Lo slogan apparso sui cartelloni di alcuni studenti aquilani durante una manifestazione fatta per sensibilizzare la popolazione sulla loro situazione palesa il loro attaccamento alla città e la loro volontà di continuare a farne parte e partecipare alla sua ricostruzione: "Noi siamo il cuore de L'Aquila". L’Università dell’Aquila vuole tornare nel centro storico. A confermare questa volontà, più volte espressa, c’è l’acquisizione della vecchia struttura dell’ospedale San Salvatore nei pressi della Fontana Luminosa, dove verrà realizzato il nuovo polo umanistico. La nuova sede di Lettere e filosofia, situata nella parte più nuova dell’ex complesso ospedaliero sarà aperta per il prossimo anno accademico e nell'ultima porzione di struttura acquistata si insedierà anche la facoltà di Scienze della formazione. “L’Università deve tornare nel centro storico - ha affermato il rettore Ferdinando di Orio nella conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa - perché deve tornare a rappresentare ciò che L’Aquila è, ovvero una città universitaria”. Da qui un percorso di studio che partendo dalla storia della città e della sua università ci ha portato fino alla scelta dell'area, secondo noi la più adatta ad ospitare servizi per gli studenti universitari e permettere un tempestivo approccio al problema. Un'area che si è rivelata piena di potenzialità e per noi possibile punto di riferimento per la rinascita del centro storico aquilano. Dagli studi preliminari svolti è infatti emerso che l'area di progetto è attualmente poco sfruttata benchè la sua posizione sia assolutamente favorevole. Importante è per esempio la vicinanza alla stazione ferroviaria, usata da studenti fuori sede soprattutto della conca aquilana, professori e ospiti che devono raggiungere la città. Il piazzale della stazione ferroviaria, assieme alla via XX Settembre sono poi importanti fermate del servizio urbano ed extraurbano pubblico che collegano l'area con l'università, l'ospedale, e l'autostazione di Collemaggio. Altrettanto rilevante è parsa la prossimità dell'area al centro storico ed il fatto che si presenti agibile nella quasi sua totalità il che permette di poter pensare ad un intervento di ricostruzione tempestivo. Oltre alle mura storiche, la zona di progetto si trova nelle immediate vicinanze di altre due importanti emergenze: la Fontana delle 99 cannelle, uno dei più importanti e più significativi monumenti dell’Aquila e l'edificio dell'ex-mattatoio, struttura di archeologia industriale nella quale il Comune ha scelto di localizzare temporaneamente il Museo Nazionale d'Abruzzo. Attraverso la realizzazione di questo importante spazio espositivo insieme con il restauro della Fontana delle novantanove Cannelle e della Porta Rivera a cura del FAI, sarà possibile ripristinare un polo di attrazione culturale e monumentale. L’operazione assume inoltre un valore simbolico, poiché viene effettuato in un luogo di primaria importanza, legato all’origine stessa della città, che farà da battistrada per la riappropriazione del centro storico. Noi ci affianchiamo quindi a questo importante intervento e alle ultime direttive segnalate dal Comune e dall'Ateneo che dimostrano la loro volontà di riappropriarsi del centro storico, localizzando nell'area i servizi che dopo il sisma risultano necessari affinché gli studenti possano continuare i loro studi nella città e andando a potenziare il sistema museale già presente per creare un importante polo didattico e culturale.
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Il presente studio si occupa di indagare lo stato delle popolazioni di alici, Engraulis encrasicolus, e sardine, Sardina pilchardus, presenti nel Mar Adriatico Centrale e Settentrionale attraverso l’utilizzo di metodi di dinamica di popolazione. L’attenzione per queste specie è dovuta alla loro importanza commerciale; sono, infatti, specie “target” della flotta peschereccia italiana, in particolare nell’area adriatica. I metodi di dinamica di popolazione sono uno degli aspetti più importanti delle scienze della pesca. Attraverso lo stock assessment si possono acquisire informazioni sull’abbondanza in mare delle risorse nel tempo e nello spazio, nonché sulla mortalità dovuta all’attività di pesca, che sono di primaria importanza per l’adozione di misure gestionali. I metodi di dinamica di popolazione esaminati e confrontati in questa tesi sono stati due: Virtual Population Analysis (VPA) e Integrated Catch-at-Age Analysis (ICA). Prima, però, è stato necessario esaminare le modalità con cui ottenere i dati di “input”, quali: tassi di crescita delle specie, mortalità naturale, sforzo di pesca, dati di cattura. Infine, è stato possibile ricostruire nel tempo la storia dello stock in questione e il suo stato attuale, dando indicazioni per lo sfruttamento futuro in un’ottica di conservazione dello stock stesso. Attraverso la determinazione della curva di crescita si sono potuti ottenere i parametri di crescita delle specie in esame, necessari per definire i tassi di mortalità naturale. L’abbondanza di questi stock è stata valutata con i programmi Age Length Key (ALK) e Iterative Age Length Key (IALK). Nei programmi di stock assessment utilizzati si è preferito utilizzare la stima di abbondanza calcolata con il primo metodo, in quanto più rappresentativo dello stock in esame. Un parametro di fondamentale importanza e di difficile stima è la mortalità; in particolare, in questo studio ci siamo occupati di determinare la mortalità naturale. Questa è stata determinata utilizzando due programmi: ProdBiom (Abella et al., 1998) e il sistema ideato da Gislason et al. (2008). Nonostante l’approccio conservativo suggerisca l’utilizzo dei valori ricavati da ProdBiom, in quanto più bassi, si è preferito utilizzare i tassi di mortalità naturale ricavati dalla seconda procedura. Questa preferenza è stata determinata dal fatto che il programma ProdBiom consegna indici di mortalità naturale troppo bassi, se confrontati con quelli presentati in letteratura per le specie in esame. Inoltre, benché nessuno dei due programmi sia stato costruito appositamente per le specie pelagiche, è comunque preferibile la metodologia ideata da Gislason et al. (2008), in quanto ottenuta da un esame di 367 pubblicazioni, in alcune delle quali erano presenti dati per queste specie. Per quanto riguarda i dati di cattura utilizzati in questo lavoro per il calcolo della Catch Per Unit Effort (CPUE, cioè le catture per unità di sforzo), si sono utilizzati quelli della marineria di Porto Garibaldi, in quanto questa vanta una lunga serie temporale di dati, dal 1975 ad oggi. Inoltre, in questa marineria si è sempre pescato senza imposizione di quote e con quantitativi elevati. Determinati questi dati è stato possibile applicare i programmi di valutazione degli stock ittici: VPA e ICA. L’ICA risulta essere più attendibile, soprattutto per gli anni recenti, in quanto prevede un periodo nel quale la selettività è mantenuta costante, riducendo i calcoli da fare e, di conseguenza, diminuendo gli errori. In particolare, l’ICA effettua i suoi calcoli considerando che i dati di cattura e gli indici di “tuning” possono contenere degli errori. Nonostante le varie differenze dei programmi e le loro caratteristiche, entrambi concordano sullo stato degli stock in mare. Per quanto riguarda l’alice, lo stock di questa specie nel Mar Adriatico Settentrionale e Centrale, altamente sfruttato in passato, oggi risulta moderatamente sfruttato in quanto il livello di sfruttamento viene ottenuto con un basso livello di sforzo di pesca. Si raccomanda, comunque, di non incrementare lo sforzo di pesca, in modo da non determinare nuove drastiche diminuzioni dello stock con pesanti conseguenze per l’attività di pesca. Le sardine, invece, presentano un trend diverso: dalla metà degli anni ottanta lo stock di Sardina pilchardus ha conosciuto un continuo e progressivo declino, che solo nell’ultimo decennio mostra un’inversione di tendenza. Questo, però, non deve incoraggiare ad aumentare lo pressione di pesca, anzi bisogna cercare di mantenere costante lo sforzo di pesca al livello attuale in modo da permettere il completo ristabilimento dello stock (le catture della flotta italiana sono, infatti, ancora relativamente basse). Questo lavoro, nonostante i vari aspetti da implementare (quali: il campionamento, le metodologie utilizzate, l’introduzione di aspetti non considerati, come ad es. gli scarti,… etc.) e le difficoltà incontrate nel suo svolgimento, ha fornito un contributo di approfondimento sugli spinosi aspetti della definizione del tasso di mortalità naturale, individuando una procedura più adatta per stimare questo parametro. Inoltre, ha presentato l’innovativo aspetto del confronto tra i programmi ICA e VPA, mostrando una buon accordo dei risultati ottenuti. E’ necessario, comunque, continuare ad approfondire questi aspetti per ottenere valutazioni sempre più precise e affidabili, per raggiungere una corretta gestione dell’attività di pesca e ai fini della preservazione degli stock stessi.
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Questo lavoro di tesi si prefiggeva la produzione di nuovi materiali geopolimerici a partire da meta-caolino, come fonte allumino-silicatica, e silicato di sodio o potassio, come soluzione attivante. L’ambito di applicazione di questi materiali era il restauro di beni culturali, sia come riempimento di lacune che come adesivo nella giunzione di parti, che richiedeva un consolidamento a temperatura ambiente ed una trascurabile cessione di sali solubili da parte del materiale d’apporto, caratteristiche non facilmente realizzabili con i materiali tradizionali. Il progetto può essere temporalmente suddiviso in tre fasi principali: 1) caratterizzazione di tre caolini commerciali utilizzati come materie prime, analizzando la loro composizione chimica e mineralogica, la granulometria, la superficie specifica ed il comportamento termico. Sulla base dell’analisi termica è stato individuato l’intervallo di temperatura ottimale per la trasformazione in meta-caolini, mantenendo buone proprietà superficiali. 2) Caratterizzazione dei meta-caolini ottenuti, analizzando la composizione mineralogica, la granulometria, la superficie specifica ed il contenuto di Al(V). E’ stata inoltre valutata la loro attività pozzolanica, scegliendo sulla base di tutti i dati raccolti sei campioni per la fase successiva. 3) Preparazione di paste geopolimeriche utilizzando quantità di soluzione attivante (silicato di sodio o potassio) tali da raggiungere un rapporto molare SiO2/Al2O3 nella miscela di reazione pari a 3,6 e 4,0; sui prodotti così ottenuti sono state effettuate alcune prove di leaching in acqua. Sulla base risultati ottenuti in questo lavoro di tesi è stato possibile correlare le caratteristiche del caolino di partenza alla reattività nella reazione di geopolimerizzazione. È stato inoltre identificato l’intervallo di calcinazione per massimizzare la suddetta reattività e le condizioni per ridurre la cessione di sali solubili da parte del materiale geopolimerico. Sono stati inoltre evidenziati possibili effetti sinergici, legati alla presenza contemporanea di Na e K.
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Lo studio di cambiamenti strutturali inter o intramolecolari nei materiali polimerici può essere effettuato mediante la spettroscopia infrarossa associata a quella di correlazione bidimensionale (2D-COS, two-dimensional correlation spectroscopy). Questa tecnica, applicata a campioni del copolimero stirene-acrilonitrile (SAN) a diversa composizione, consente di interpretare variazioni spettrali riscontrate e l’andamento della temperatura di transizione vetrosa, Tg. L’applicazione della spettroscopia di correlazione bidimensionale (2D-COS) e l’analisi dell’intensità delle bande spettrali in funzione del contenuto di AN nel copolimero SAN, prevedono lo sviluppo di un metodo per correggere gli spettri IR da instabilità dovute alla linea di base e da variazioni derivanti dallo spessore dei film. A tal fine si sottopone lo spettro IR di ogni film di SAN alla correzione della linea di base e successivamente al processo di normalizzazione. La banda di vibrazione sottoposta ad analisi 2D-COS è quella corrispondente allo stretching del gruppo −C≡N in quanto presenta le maggiori variazioni in funzione della composizione del copolimero. La 2D-COS evidenzia che tali variazioni sono attribuibili alla variazione contemporanea di frequenza di assorbimento, larghezza e intensità di banda. A partire da questa osservazione si può dedurre la presenza nel materiale di un’interazione dipolo-dipolo di tipo intra-molecolare tra i gruppi nitrilici.
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La maggiore richiesta energetica di questi anni, associata alla diminuzione delle riserve di combustibile fossile e ai problemi di inquinamento ambientale hanno spinto il settore scientifico verso la ricerca di nuovi dispositivi che presentino elevata efficienza e quantità di emissioni ridotta. Tra questi, le celle a combustibile (fuel cells) alimentate con idrogeno o molecole organiche come etanolo, acido formico e metanolo, hanno particolare rilevanza anche se attualmente risultano particolarmente costose. Una delle principali sfide di questi ultimi anni è ridurne i costi e aumentarne l'efficienza di conversione in energia. Per questo scopo molti sforzi vengono condotti verso l'ottimizzazione dei catalizzatori a base di Pt spostando l’attenzione verso sistemi nanostrutturati ad elevata attività catalitica e buona stabilità. Durante questo lavoro di tesi si è affrontato lo studio relativo alla preparazione di elettrodi modificati con PtNPs ottenute per elettrodeposizione, un metodo semplice ed efficace per poterne controllare i parametri di deposizione e crescita e per ottenere direttamente le nanoparticelle sulla superficie dell’elettrodo. Come materiale elettroattivo si è utilizzato un foglio di grafite, denominato (Pure Graphite Sheet = PGS). Tale superficie elettrodica, meno costosa e più conduttiva rispetto all’ITO, si presenta sotto forma di fogli flessibili resistenti ad alte temperature e ad ambienti corrosivi e quindi risulta conveniente qualora si pensi ad un suo utilizzo su scala industriale. In particolare è stato studiato come la variazione di alcuni parametri sperimentali quali: i) il tempo di elettrodeposizione e ii) la presenza di stabilizzanti tipo: KI, acido dodecil benzene sulfonico (DBSA), poli vinil pirrolidone (PVP) o poliossietilene ottilfenil etere (Triton-X100) e iii) la concentrazione degli stessi stabilizzanti, potessero influire sulle dimensioni ed eventualmente sulla morfologia delle PtNPs. in fase di elettrodeposizione. L’elettrosintesi è stata effettuata per via cronoamperometria. I film di PtNPs sono stati caratterizzati utilizzando tecniche di superficie quali microscopia a scansione elettronica (SEM) e Voltammetria Ciclica (CV). Al fine di valutare le capacità elettrocatalitiche delle diverse PtNPs ottenute si è studiata la reazione di ossidazione del metanolo in ambiente acido.
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L’H2 è attualmente un elemento di elevato interesse economico, con notevoli prospettive di sviluppo delle sue applicazioni. La sua produzione industriale supera attualmente i 55 ∙ 1010 m3/anno, avendo come maggiori utilizzatori (95% circa) i processi di produzione dell’ammoniaca e quelli di raffineria (in funzione delle sempre più stringenti normative ambientali). Inoltre, sono sempre più importanti le sue applicazioni come vettore energetico, in particolare nel settore dell’autotrazione, sia dirette (termochimiche) che indirette, come alimentazione delle fuel cells per la produzione di energia elettrica. L’importanza economica degli utilizzi dell’ H2 ha portato alla costruzione di una rete per la sua distribuzione di oltre 1050 km, che collega i siti di produzione ai principali utilizzatori (in Francia, Belgio, Olanda e Germania). Attualmente l’ H2 è prodotto in impianti di larga scala (circa 1000 m3/h) da combustibili fossili, in particolare metano, attraverso i processi di steam reforming ed ossidazione parziale catalitica, mentre su scala inferiore (circa 150 m3/h) trovano applicazione anche i processi di elettrolisi dell’acqua. Oltre a quella relativa allo sviluppo di processi per la produzione di H2 da fonti rinnovabili, una tematica grande interesse è quella relativa al suo stoccaggio, con una particolare attenzione ai sistemi destinati alle applicazioni nel settore automotivo o dei trasposti in generale. In questo lavoro di tesi, svolto nell’ambito del progetto europeo “Green Air” (7FP – Transport) in collaborazione (in particolare) con EADS (D), CNRS (F), Jonhson-Matthey (UK), EFCECO (D), CESA (E) e HyGEAR (NL), è stato affrontato uno studio preliminare della reazione di deidrogenazione di miscele di idrocarburi e di differenti kerosene per utilizzo aereonautico, finalizzato allo sviluppo di nuovi catalizzatori e dei relativi processi per la produzione di H2 “on board” utilizzando il kerosene avio per ottenere, utilizzando fuel cells, l’energia elettrica necessaria a far funzionare tutta la strumentazione ed i sistemi di comando di aeroplani della serie Airbus, con evidenti vantaggi dal punto di vista ponderale e delle emissioni.
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Adhesive bonding provides solutions to realize cost effective and low weight aircraft fuselage structures, in particular where the Damage Tolerance (DT) is the design criterion. Bonded structures that combine Metal Laminates (MLs) and eventually Selective Reinforcements can guarantee slow crack propagation, crack arrest and large damage capability. To optimize the design exploiting the benefit of bonded structures incorporating selective reinforcement requires reliable analysis tools. The effect of bonded doublers / selective reinforcements is very difficult to be predicted numerically or analytically due to the complexity of the underlying mechanisms and failures modes acting. Reliable predictions of crack growth and residual strength can only be based on sound empirical and phenomenological considerations strictly related to the specific structural concept. Large flat stiffened panels that combine MLs and selective reinforcements have been tested with the purpose of investigating solutions applicable to pressurized fuselages. The large test campaign (for a total of 35 stiffened panels) has quantitatively investigated the role of the different metallic skin concepts (monolithic vs. MLs) of the aluminum, titanium and glass-fiber reinforcements, of the stringers material and cross sections and of the geometry and location of doublers / selective reinforcements. Bonded doublers and selective reinforcements confirmed to be outstanding tools to improve the DT properties of structural elements with a minor weight increase. However the choice of proper materials for the skin and the stringers must be not underestimated since they play an important role as well. A fuselage structural concept has been developed to exploit the benefit of a metal laminate design concept in terms of high Fatigue and Damage Tolerance (F&DT) performances. The structure used laminated skin (0.8mm thick), bonded stringers, two different splicing solutions and selective reinforcements (glass prepreg embedded in the laminate) under the circumferential frames. To validate the design concept a curved panel was manufactured and tested under loading conditions representative of a single aisle fuselage: cyclic internal pressurization plus longitudinal loads. The geometry of the panel, design and loading conditions were tailored for the requirements of the upper front fuselage. The curved panel has been fatigue tested for 60 000 cycles before the introduction of artificial damages (cracks in longitudinal and circumferential directions). The crack growth of the artificial damages has been investigated for about 85 000 cycles. At the end a residual strength test has been performed with a “2 bay over broken frame” longitudinal crack. The reparability of this innovative concept has been taken into account during design and demonstrated with the use of an external riveted repair. The F&DT curved panel test has confirmed that a long fatigue life and high damage tolerance can be achieved with a hybrid metal laminate low weight configuration. The superior fatigue life from metal laminates and the high damage tolerance characteristics provided by integrated selective reinforcements are the key concepts that provided the excellent performances. The weight comparison between the innovative bonded concept and a conventional monolithic riveted design solution showed a significant potential weight saving but the weight advantages shall be traded off with the additional costs.
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This thesis is a part of a larger study about the characterization of mechanical and histomorphometrical properties of bone. The main objects of this study were the bone tissue properties and its resistance to mechanical loads. Moreover, the knowledge about the equipment selected to carry out the analyses, the micro-computed tomography (micro-CT), was improved. Particular attention was given to the reliability over time of the measuring instrument. In order to understand the main characteristics of bone mechanical properties a study of the skeletal, the bones of which it is composed and biological principles that drive their formation and remodelling, was necessary. This study has led to the definition of two macro-classes describing the main components responsible for the resistance to fracture of bone: quantity and quality of bone. The study of bone quantity is the current clinical standard measure for so-called bone densitometry, and research studies have amply demonstrated that the amount of tissue is correlated with its mechanical properties of elasticity and fracture. However, the models presented in the literature, including information on the mere quantity of tissue, have often been limited in describing the mechanical behaviour. Recent investigations have underlined that also the bone-structure and the tissue-mineralization play an important role in the mechanical characterization of bone tissue. For this reason in this thesis the class defined as bone quality was mainly studied, splitting it into two sub-classes of bone structure and tissue quality. A study on bone structure was designed to identify which structural parameters, among the several presented in the literature, could be integrated with the information about quantity, in order to better describe the mechanical properties of bone. In this way, it was also possible to analyse the iteration between structure and function. It has been known for long that bone tissue is capable of remodeling and changing its internal structure according to loads, but the dynamics of these changes are still being analysed. This part of the study was aimed to identify the parameters that could quantify the structural changes of bone tissue during the development of a given disease: osteoarthritis. A study on tissue quality would have to be divided into different classes, which would require a scale of analysis not suitable for the micro-CT. For this reason the study was focused only on the mineralization of the tissue, highlighting the difference between bone density and tissue density, working in a context where there is still an ongoing scientific debate.
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Selective oxidation is one of the simplest functionalization methods and essentially all monomers used in manufacturing artificial fibers and plastics are obtained by catalytic oxidation processes. Formally, oxidation is considered as an increase in the oxidation number of the carbon atoms, then reactions such as dehydrogenation, ammoxidation, cyclization or chlorination are all oxidation reactions. In this field, most of processes for the synthesis of important chemicals used vanadium oxide-based catalysts. These catalytic systems are used either in the form of multicomponent mixed oxides and oxysalts, e.g., in the oxidation of n-butane (V/P/O) and of benzene (supported V/Mo/O) to maleic anhydride, or in the form of supported metal oxide, e.g., in the manufacture of phthalic anhydride by o-xylene oxidation, of sulphuric acid by oxidation of SO2, in the reduction of NOx with ammonia and in the ammoxidation of alkyl aromatics. In addition, supported vanadia catalysts have also been investigated for the oxidative dehydrogenation of alkanes to olefins , oxidation of pentane to maleic anhydride and the selective oxidation of methanol to formaldehyde or methyl formate [1]. During my PhD I focused my work on two gas phase selective oxidation reactions. The work was done at the Department of Industrial Chemistry and Materials (University of Bologna) in collaboration with Polynt SpA. Polynt is a leader company in the development, production and marketing of catalysts for gas-phase oxidation. In particular, I studied the catalytic system for n-butane oxidation to maleic anhydride (fluid bed technology) and for o-xylene oxidation to phthalic anhydride. Both reactions are catalyzed by systems based on vanadium, but catalysts are completely different. Part A is dedicated to the study of V/P/O catalyst for n-butane selective oxidation, while in the Part B the results of an investigation on TiO2-supported V2O5, catalyst for o-xylene oxidation are showed. In Part A, a general introduction about the importance of maleic anhydride, its uses, the industrial processes and the catalytic system are reported. The reaction is the only industrial direct oxidation of paraffins to a chemical intermediate. It is produced by n-butane oxidation either using fixed bed and fluid bed technology; in both cases the catalyst is the vanadyl pyrophosphate (VPP). Notwithstanding the good performances, the yield value didn’t exceed 60% and the system is continuously studied to improve activity and selectivity. The main open problem is the understanding of the real active phase working under reaction conditions. Several articles deal with the role of different crystalline and/or amorphous vanadium/phosphorous (VPO) compounds. In all cases, bulk VPP is assumed to constitute the core of the active phase, while two different hypotheses have been formulated concerning the catalytic surface. In one case the development of surface amorphous layers that play a direct role in the reaction is described, in the second case specific planes of crystalline VPP are assumed to contribute to the reaction pattern, and the redox process occurs reversibly between VPP and VOPO4. Both hypotheses are supported also by in-situ characterization techniques, but the experiments were performed with different catalysts and probably under slightly different working conditions. Due to complexity of the system, these differences could be the cause of the contradictions present in literature. Supposing that a key role could be played by P/V ratio, I prepared, characterized and tested two samples with different P/V ratio. Transformation occurring on catalytic surfaces under different conditions of temperature and gas-phase composition were studied by means of in-situ Raman spectroscopy, trying to investigate the changes that VPP undergoes during reaction. The goal is to understand which kind of compound constituting the catalyst surface is the most active and selective for butane oxidation reaction, and also which features the catalyst should possess to ensure the development of this surface (e.g. catalyst composition). On the basis of results from this study, it could be possible to project a new catalyst more active and selective with respect to the present ones. In fact, the second topic investigated is the possibility to reproduce the surface active layer of VPP onto a support. In general, supportation is a way to improve mechanical features of the catalysts and to overcome problems such as possible development of local hot spot temperatures, which could cause a decrease of selectivity at high conversion, and high costs of catalyst. In literature it is possible to find different works dealing with the development of supported catalysts, but in general intrinsic characteristics of VPP are worsened due to the chemical interaction between active phase and support. Moreover all these works deal with the supportation of VPP; on the contrary, my work is an attempt to build-up a V/P/O active layer on the surface of a zirconia support by thermal treatment of a precursor obtained by impregnation of a V5+ salt and of H3PO4. In-situ Raman analysis during the thermal treatment, as well as reactivity tests are used to investigate the parameters that may influence the generation of the active phase. Part B is devoted to the study of o-xylene oxidation of phthalic anhydride; industrially, the reaction is carried out in gas-phase using as catalysts a supported system formed by V2O5 on TiO2. The V/Ti/O system is quite complex; different vanadium species could be present on the titania surface, as a function of the vanadium content and of the titania surface area: (i) V species which is chemically bound to the support via oxo bridges (isolated V in octahedral or tetrahedral coordination, depending on the hydration degree), (ii) a polymeric species spread over titania, and (iii) bulk vanadium oxide, either amorphous or crystalline. The different species could have different catalytic properties therefore changing the relative amount of V species can be a way to optimize the catalytic performances of the system. For this reason, samples containing increasing amount of vanadium were prepared and tested in the oxidation of o-xylene, with the aim of find a correlations between V/Ti/O catalytic activity and the amount of the different vanadium species. The second part deals with the role of a gas-phase promoter. Catalytic surface can change under working conditions; the high temperatures and a different gas-phase composition could have an effect also on the formation of different V species. Furthermore, in the industrial practice, the vanadium oxide-based catalysts need the addition of gas-phase promoters in the feed stream, that although do not have a direct role in the reaction stoichiometry, when present leads to considerable improvement of catalytic performance. Starting point of my investigation is the possibility that steam, a component always present in oxidation reactions environment, could cause changes in the nature of catalytic surface under reaction conditions. For this reason, the dynamic phenomena occurring at the surface of a 7wt% V2O5 on TiO2 catalyst in the presence of steam is investigated by means of Raman spectroscopy. Moreover a correlation between the amount of the different vanadium species and catalytic performances have been searched. Finally, the role of dopants has been studied. The industrial V/Ti/O system contains several dopants; the nature and the relative amount of promoters may vary depending on catalyst supplier and on the technology employed for the process, either a single-bed or a multi-layer catalytic fixed-bed. Promoters have a quite remarkable effect on both activity and selectivity to phthalic anhydride. Their role is crucial, and the proper control of the relative amount of each component is fundamental for the process performance. Furthermore, it can not be excluded that the same promoter may play different role depending on reaction conditions (T, composition of gas phase..). The reaction network of phthalic anhydride formation is very complex and includes several parallel and consecutive reactions; for this reason a proper understanding of the role of each dopant cannot be separated from the analysis of the reaction scheme. One of the most important promoters at industrial level, which is always present in the catalytic formulations is Cs. It is known that Cs plays an important role on selectivity to phthalic anhydride, but the reasons of this phenomenon are not really clear. Therefore the effect of Cs on the reaction scheme has been investigated at two different temperature with the aim of evidencing in which step of the reaction network this promoter plays its role.