979 resultados para Bioquimica clinica


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L’approccio chirurgico agli adenomi ipofisari ACTH secernenti è la terapia d’elezione nell’uomo. L’ipofisectomia transfenoidale è invece una tecnica poco diffusa in ambito veterinario. La terapia più diffusa nel cane con ipercortisolismo ipofisi dipendente (PDH) è di tipo medico e prevede la somministrazione di farmaci inibitori della sintesi del cortisolo. Gli adenomi ipofisari possono aumentare di volume e determinare una conseguente sintomatologia neurologica; in questi casi le uniche opzioni terapeutiche sono rappresentate dall’asportazione chirurgica della neoplasia e dalla radioterapia. Nella presente tesi vengono descritti 8 interventi di ipofisectomia transfenoidale effettuati su 7 cani con macroadenoma ipofisario presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna. La difficoltà maggiore per il chirurgo è rappresentata dalla localizzazione della fossa ipofisaria rispetto ai punti di repere visibile in tomografia computerizzata o in risonanza magnetica nucleare, oltre ai problemi di sanguinamento durante la rimozione della neoplasia. Nel periodo post-operatorio maggiori complicazioni si riscontrano in soggetti con adenomi ipofisari di maggiori dimensioni. Al contrario, in presenza di adenomi di dimensioni più contenute, la ripresa post-operatoria risulta più rapida e il tasso di successo maggiore. Al fine di poter eseguire nel cane l’exeresi mirata della sola neoplasia ipofisaria, al pari di quanto avviene nell’uomo, è stato condotto uno studio sulla tomografia computerizzata (TC) in 86 cani con PDH. Il protocollo TC non ha tuttavia permesso di individuare con precisione la posizione della neoplasia per guidare il chirurgo nella sua rimozione. In due casi riportati nel presente lavoro si è verificata una recidiva della neoplasia ipofisaria. In un soggetto si è optato per il reintervento, mentre nell’altro caso per la radioterapia. Entrambe le opzioni hanno garantito una buona qualità di vita per più di un anno dall’intervento terapeutico. Questi casi clinici dimostrano come il reintervento e la radioterapia possano essere considerate valide opzioni in caso di recidiva.

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La fibrillazione atriale è l'aritmia maggiormente riscontrata nella pratica clinica. Nonostante l'ablazione transcatetere presenti risultati migliori rispetto alla terapia farmacologica, non è ancora chiaro se sia utile l'aggiunta di ulteriori lesioni in atrio, oltre a quelle delle vene polmonari, in maniera tale da aumentare la percentuale di successo della procedura. Infatti, poiché i meccanismi che portano all'insorgere dell'aritmia e in particolare che la sostengono ancora oggi non sono ben chiari, si sono sviluppate diverse teorie, tra cui quella dei Rotori, che consistono in pattern di stabile rotazione e diffusione intorno al loro punto di origine (pivot) e che si pensa possano essere i responsabili del sostentamento della fibrillazione atriale. Questo elaborato ha l'obiettivo di realizzare un sistema di analisi dei dati elettroanatomici con lo scopo di studiare l'attività elettrica dell'atrio, rivolgendo particolare attenzione all'individuazione di rotori.

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Il presente elaborato si propone di offrire un’analisi dell’importanza della mediazione linguistico-culturale in ambito sanitario sia per i pazienti stranieri che per la società. In un contesto sociale sempre più multietnico l’impatto della popolazione straniera sul Servizio Sanitario Nazionale è aumentato in modo esponenziale e le occasioni in cui le barriere linguistico-culturali possono rendere difficoltosa (se non impossibile) la comunicazione clinica si sono moltiplicate. La MLC diviene allora lo strumento che permette agli utenti stranieri di usufruire effettivamente del diritto alla salute e, infatti, questo servizio è legittimato dalle fonti normative sia a livello nazionale che internazionale. Viene quindi presentato dettagliatamente il funzionamento del servizio di MLC negli ospedali e nei servizi sanitari di Reggio Emilia e Provincia e in particolare presso l'Arcispedale Santa Maria Nuova. Viene inoltre analizzato il colloquio tra un medico italiano e una paziente francofona, con attenzione agli aspetti verbali e non verbali della comunicazione. Vengono infine elencate le difficoltà che rendono l’impiego della MLC ancora poco efficace e le soluzioni auspicate.

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Il presente studio si concentra sull’analisi degli aspetti traslazionali nella ricerca farmacologica applicata alla Gastroenterologia. La trattazione si articola in due parti: una prima elaborazione teorica, che permette di inquadrare nel contesto della ricerca traslazionale il razionale scientifico ed etico alla base delle attività sperimentali eseguite durante il triennio; una seconda parte, nella quale si riportano i metodi, i risultati e le osservazioni conclusive derivanti dallo studio sperimentale. Nella prima parte vengono analizzate alcune caratteristiche delle procedure, adottate nella ricerca in ambito farmacologico gastrointestinale, che permettono di ottenere un dato verosimile derivabile da modelli diversi rispetto all’organismo umano. Sono inclusi nella trattazione gli aspetti etici dell’utilizzo di alcuni modelli animali di patologie intestinali organiche e funzionali in relazione al loro grado di predittività rispetto alla realtà sperimentale clinica. Nella seconda parte della trattazione, viene presentato uno studio esplorativo tissutale multicentrico sul ruolo del sistema oppioide e cannabinoide nella sindrome dell’intestino irritabile (IBS). Obiettivo dello studio è la valutazione dell’espressione e la localizzazione del recettore oppioide µ (µOR), del suo ligando β endorfina (β-END) e del recettore cannabinoide 2 (CB2) nei pazienti con IBS ad alvo costipato (IBS-C) e diarroico (IBS-D), ed in soggetti sani (HC). I dati ottenuti indicano un’implicazione del sistema oppioide e cannabinoide nella risposta immune alterata riscontrata nei pazienti con IBS ed in particolare nel sottogruppo IBS-C. La presente trattazione suggerisce come la creazione di nuovi sistemi di indagine sempre più validi da un punto di vista traslazionale possa dipendere, almeno in parte, dalla capacità di integrare realtà disciplinari, tecnologie ed esperienze metodologiche diverse nel contesto della ricerca in campo biomedico e farmacologico ed in particolare tramite un mutuo scambio di informazioni tra realtà clinica e ricerca di base

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Introduzione e scopo: la rapida diffusione delle malattie dismetaboliche sta modificando l’epidemiologia dell’epatocarcinoma (HCC). Scopo della tesi è, attraverso quattro studi, analizzare l’impatto di questi cambiamenti nella gestione clinica del paziente affetto da HCC. Materiali e metodi: quattro studi di coorte, condotti con analisi retrospettiva del database ITA.LI.CA. Studio 1:3658 pazienti arruolati tra il 01-01-2001 ed il 31-12-2012 suddivisi in base alla data di diagnosi:2001-2004 (954 pazienti), 2005-2008 (1122 pazienti), 2009-2012 (1582 pazienti). Studio 2:analisi comparativa tra 756 pazienti con HCC-NAFLD e 611 pazienti con HCC-HCV. Studio 3:proposta di quattro modelli alternativi al BCLC originale con validazione di una proposta di sottostadiazione dell’intermedio, considerando 2606 pazienti arruolati tra il 01-01-2000 e il 31-12-2012 e riallocati secondo gradi diversi di perfomance status (PS). Studio 4:analisi di 696 pazienti con HCC in stadio intermedio diagnosticato dopo il 1999 stratificati per trattamento. Risultati: studio 1:progressivo aumento dell’età alla diagnosi e delle eziologie dismetaboliche; più frequente esordio dell’HCC in stadio precoce e con funzione epatica più conservata; aumento della sopravvivenza dopo il 2008. Studio 2:i pazienti con HCC-NAFLD mostrano più frequentemente un tumore infiltrativo diagnosticato fuori dai programmi di sorveglianza, con prognosi peggiore rispetto ai pazienti HCC-HCV. Questa differenza di sopravvivenza si elimina rimuovendo i fattori di confondimento attraverso propensity analysis. Studio 3:il PS1 non è un predittore indipendente di sopravvivenza. Il modello 4 (considerando PS1=PS0 e con la sottostadiazione proposta), ha la migliore capacità discriminativa. Studio 4:i trattamenti curativi riducono la mortalità più della TACE, anche dopo propensity analysis. Conclusioni: l’aumento delle patologie dismetaboliche comporterà diagnosi di malattia ad uno stadio più avanzato, quando sintomatica, rendendo necessario stabilire un programma di sorveglianza. Inoltre per una migliore stratificazione e gestione dei pazienti, bisogna riconsiderare il ruolo del PS ed offrire un ventaglio di opzioni terapeutiche anche per il pazienti in stadio intermedio.

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Negli ultimi anni si è assistito ad un miglioramento della qualità di vita dei piccoli animali che, oltre ad aumentarne l'aspettativa di vita, ha determinato un aumento della frequenza di patologie associate all'età medio-avanzata, quali le patologie renali croniche. Il presente studio si fonda sulla necessità, sempre più sentita nella pratica clinica veterinaria, di poter fornire al proprietario del paziente affetto da CKD, una serie di parametri che, oltre a fungere da target terapeutico, possano aiutare a comprenderne la prognosi. Lo studio ha valutato una popolazione di cani affetti da CKD e ne ha seguito o ricostruito il follow-up, per tutto il periodo di sopravvivenza fino al momento dell’exitus. Di tali soggetti sono stati raccolti dati relativi ad anamnesi, esame clinico, misurazione della pressione arteriosa, diagnostica per immagini, esami ematochimici, analisi delle urine ed eventuale esame istologico renale. È stato possibile individuare alcuni importanti fattori prognostici per la sopravvivenza in pazienti con CKD. Oltre a fattori ben noti in letteratura, come ad esempio elevati valori di creatinina e fosforo, o la presenza di proteinuria, è stato possibile anche evidenziare il ruolo prognostico negativo di alcuni parametri meno noti, ed in particolare delle proteine di fase acuta positive e negative, e del rapporto albumina/globuline. Una possibile spiegazione del valore prognostico di tali parametri risiede nel ruolo prognostico negativo dell’infiammazione nel paziente con CKD: tale ruolo è stato suggerito e dimostrato nell’uomo e avrebbe alla base numerosi possibili meccanismi (sviluppo di anemia, complicazioni gastroenteriche, neoplasie, etc.), ma dati analoghi sono mancanti in medicina veterinaria. Una seconda possibile spiegazione risiede nel fatto che potenzialmente i livelli delle proteine di fase acuta possono essere influenzati dalla presenza di proteinuria nel paziente con CKD e di conseguenza potrebbero essere una conferma di come la proteinuria influenzi negativamente l'outcome.

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Background. Ageing and inflammation are critical for the occurrence of aortic diseases. Extensive inflammatory infiltrate and excessive ECM proteloysis, mediated by MMPs, are typical features of abdominal aortic aneurysm (AAA). Mesenchymal Stromal Cells (MSCs) have been detected within the vascular wall and represent attractive candidates for regenerative medicine, in virtue of mesodermal lineage differentiation and immunomodulatory activity. Meanwhile, many works have underlined an impaired MSC behaviour under pathological conditions. This study was aimed to define a potential role of vascular MSCs to AAA development. Methods. Aortic tissues were collected from AAA patients and healthy donors. Our analysis was organized on three levels: 1) histology of AAA wall; 2) detection of MSCs and evaluation of MMP-9 expression on AAA tissue; 3) MSC isolation from AAA wall and characterization for mesenchymal/stemness markers, MMP-2, MMP-9, TIMP-1, TIMP-2 and EMMPRIN. AAA-MSCs were tested for immunomodulation, when cultured together with activated peripheral blood mononuclear cells (PBMCs). In addition, a co-colture of both healthy and AAA MSCs was assessed and afterwards MMP-2/9 mRNA levels were analyzed. Results. AAA-MSCs showed basic mesenchymal properties: fibroblastic shape, MSC antigens, stemness genes. MMP-9 mRNA, protein and enzymatic activity were significantly increased in AAA-MSCs. Moreover, AAA-MSCs displayed a weak immunosuppressive activity, as shown by PBMC ongoing along cell cycle. MMP-9 was shown to be modulated at the transcriptional level through the direct contact as well as the paracrine action of healthy MSCs. Discussion. Vascular injury did not affect the MSC basic phenotype, but altered their function, a increased MMP-9 expression and ineffective immunmodulation. These data suggest that vascular MSCs can contribute to aortic disease. In this view, the study of key processes to restore MSC immunomodulation could be relevant to find a pharmacological approach for monitoring the aneurysm progression.

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La suddivisione in aree assistenziali per intensità di cura e non in reparti e unità operative, consente al personale medico e sanitario una migliore gestione del paziente, ponendolo al centro del suo percorso di cura, evitando dispersioni, sprechi di tempo, di spazio, di risorse e consentendo una ottimizzazione del proprio lavoro. I settori su cui questo elaborato tende a focalizzarsi maggiormente, sono le aree a media e bassa intensità. Tali aree ospitano pazienti i quali necessitano di monitoraggio dei propri parametri fisiologici vitali, ma non in modo invasivo e costante come al contrario avviene in aree assistenziali ad intensità più alta. Si tratterà in particolare di quali dispositivi sono i più adatti per essere impiegati all’interno di tali aree. Si vuole sottolineare l’importanza della “modularità” di questi dispositivi, ovvero la possibilità di rilevare solo ed esclusivamente i parametri che realmente servono al medico per comprendere il quadro clinico del paziente in fase di stabilizzazione. I dati rilevati vengono poi generalmente trasmessi a un accentratore attraverso Bluetooth o altri standard a corto raggio. La cartella clinica del paziente viene aggiornata automaticamente e il personale sanitario può accedere in qualsiasi momento allo storico dei dati, ottimizzando il proprio lavoro. Per descrivere lo stato dell’arte dei dispositivi ne vengono riportati due esempi: Win@Hospital dell’azienda pisana Winmedical e EverOn dell’azienda israeliana EarlySense. L’integrazione dei dati medicali di questi dispositivi, così come per tutte le apparecchiature biomedicali presenti all’interno degli ospedali, avviene per mezzo di standard quali HL7 e sulla base di profili di integrazione definiti da IHE.

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In questa tesi faremo prima una panoramica sui dispositivi medici e, in particolare, andremo ad approfondire l’aspetto del software come dispositivo medico; successivamente andremo ad analizzare il sistema, definito “nuovo approccio”, che regolamenta l’immissione in commercio dei dispositivi medici all’interno del mercato europeo per andare poi ad analizzare la parte sulla gestione del rischio che è fondamentale per raggiungere la conformità soprattutto quando si tratta di dispositivi medici. Nel secondo capitolo, andremo poi ad analizzare il report tecnico IEC 80002-1 del 2009 che fornisce una guida, destinata al software, per l’applicazione dei requisiti contenuti nella normativa CEI UNI EN ISO 14971:2007. Nel terzo capitolo, visto il sempre maggior numero di dispositivi medici dotati di interfaccia di rete andremo ad analizzare il report tecnico IEC 80001 del 2009 per la gestione dei rischi delle reti IT medicali che incorporano tali dispositivi rivolto alle aziende ospedaliere.

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La tesi tratta dell'importanza dei controlli di qualità e di sicurezza elettrica che devono essere effettuati per garantire l'integrità nel corso degli anni delle apparecchiature elettromedicali. In particolare ho studiato il funzionamento, i principi fisici e i limiti del pulsossimetro, il dispositivo medico in grado di misurare indirettamente la saturazione dell'ossigeno nel sangue.

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Il settore dell’ingegneria clinica comprende la progettazione e la realizzazione dei sistemi informatici di gestione dell’informazione clinica. Col passare degli anni, a questi campi se ne è aggiunto un altro: la telemedicina. I campi di applicazione della telemedicina sono numerosissimi e in continua evoluzione. Nello specifico, la tesi tratterà della gestione delle persone diabetiche tramite monitoraggio remoto.

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Il presente lavoro di tesi è stato svolto presso il servizio di Fisica Sanitaria del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. Lo studio si è concentrato sul confronto tra le tecniche di ricostruzione standard (Filtered Back Projection, FBP) e quelle iterative in Tomografia Computerizzata. Il lavoro è stato diviso in due parti: nella prima è stata analizzata la qualità delle immagini acquisite con una CT multislice (iCT 128, sistema Philips) utilizzando sia l'algoritmo FBP sia quello iterativo (nel nostro caso iDose4). Per valutare la qualità delle immagini sono stati analizzati i seguenti parametri: il Noise Power Spectrum (NPS), la Modulation Transfer Function (MTF) e il rapporto contrasto-rumore (CNR). Le prime due grandezze sono state studiate effettuando misure su un fantoccio fornito dalla ditta costruttrice, che simulava la parte body e la parte head, con due cilindri di 32 e 20 cm rispettivamente. Le misure confermano la riduzione del rumore ma in maniera differente per i diversi filtri di convoluzione utilizzati. Lo studio dell'MTF invece ha rivelato che l'utilizzo delle tecniche standard e iterative non cambia la risoluzione spaziale; infatti gli andamenti ottenuti sono perfettamente identici (a parte le differenze intrinseche nei filtri di convoluzione), a differenza di quanto dichiarato dalla ditta. Per l'analisi del CNR sono stati utilizzati due fantocci; il primo, chiamato Catphan 600 è il fantoccio utilizzato per caratterizzare i sistemi CT. Il secondo, chiamato Cirs 061 ha al suo interno degli inserti che simulano la presenza di lesioni con densità tipiche del distretto addominale. Lo studio effettuato ha evidenziato che, per entrambi i fantocci, il rapporto contrasto-rumore aumenta se si utilizza la tecnica di ricostruzione iterativa. La seconda parte del lavoro di tesi è stata quella di effettuare una valutazione della riduzione della dose prendendo in considerazione diversi protocolli utilizzati nella pratica clinica, si sono analizzati un alto numero di esami e si sono calcolati i valori medi di CTDI e DLP su un campione di esame con FBP e con iDose4. I risultati mostrano che i valori ricavati con l'utilizzo dell'algoritmo iterativo sono al di sotto dei valori DLR nazionali di riferimento e di quelli che non usano i sistemi iterativi.

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In virtù della crescente importanza dell’impiego del software nel settore dei dispositivi medici, come software indipendente (stand-alone) oppure come software incorporato in un altro dispositivo medico, un requisito essenziale per il suo utilizzo è la validazione secondo lo stato dell’arte. La certificazione come dispositivo medico diviene in tal modo fonte di garanzia e di sicurezza per il suo impiego. Il Sistema Informativo di Laboratorio (LIS), supportando il processo operativo dei dispositivi medico-diagnostici in vitro, necessita di una regolamentazione in tale direzione. Il workflow del Laboratorio Analisi, suddiviso in fasi preanalitica, analitica e postanalitica, ha beneficiato dell’introduzione di un sistema informatico in grado di gestire le richieste di esami dei pazienti e di processare e memorizzare le informazioni generate dalle apparecchiature presenti nel laboratorio. Più di ogni altro scenario clinico, il Laboratorio Analisi si presta ad essere organizzato sfruttando un modello di gestione fortemente integrato. Le potenzialità ad esso connesse garantiscono un aumento di produttività, una riduzione degli errori di laboratorio e una maggior sicurezza sia per i professionisti sanitari che per l’intero processo analitico. Per l’importanza clinica affidata al dato di laboratorio, la sua diffusione deve avvenire in maniera veloce e sicura; ciò è possibile se il ritorno elettronico dei risultati al medico richiedente si avvale dello standard HL7, il cui utilizzo è promosso dal modello IHE. La presenza di un unico database sanitario contenente anagrafiche univoche, facilmente aggiornabili, riduce il rischio di errata identificazione del paziente e, in particolare, offre la possibilità di disporre dei risultati di esami precedenti, opportunità particolarmente utile nel delineare il quadro clinico di pazienti cronici. Tale vantaggio e molte altre strategie, in grado di migliorare la qualità dell’assistenza e dell’outcome clinico, permettono di definire il laboratorio clinico come “motore di appropriatezza”.

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Le protesi biomimetiche hanno subito negli anni innumerevoli cambiamenti dovuti al miglioramento tecnologico, che ha portato allo sviluppo di nuovi materiali sempre più biomimetici. L’utilizzo di protesi in idrossiapatite personalizzate rappresenta la scelta migliore per gli interventi di cranioplastica ricostruttiva. Ad oggi la produzione di questo dispositivo richiede lunghe fasi di lavorazione. Risulta pertanto di grande interesse trovare soluzioni innovative che permettano l’ottimizzazione dei tempi garantendo al contempo l’efficacia clinica. L’obiettivo di questo elaborato è introdurre l’utilizzo delle microonde per essiccare il semilavorato nelle fasi iniziali di produzione. Bisogna comprendere quali siano i parametri in grado di influenzare le proprietà finali del dispositivo e come modularli per guidare questi attributi verso il punto di ottimo. Si è deciso di utilizzare la tecnica del Design of Experiments a fattoriale completo come metodo per ottimizzare il processo produttivo. I fattori scelti sono stati la potenza del forno a microonde, il peso della cellulosa secca, il range di peso della matrice di cellulosa e la percentuale di essiccamento del semilavorato. Al termine dello studio è stato possibile capire come e quanto questi fattori abbiano influenzato la severità dei difetti, la porosità e le proprietà meccaniche (tensione ultima di compressione e lavoro a rottura) del prodotto finito. Lo studio ha mostrato che per garantire un basso numero di difetti associato ad una porosità in linea con le specifiche di prodotto è indicato impostare la potenza del forno a microonde sul valore di 250W e di utilizzare questo processo nella fase iniziale per essiccare al 20% i semilavorati. La conferma è stata fornita da una sperimentazione eseguita su protesi allineate ad un caso clinico reale utilizzando questo nuovo processo permettendo di ottenere un ottimo risultato in termini di qualità del prodotto finito con una bassa percentuale di scarto per difetti e porosità.

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L’imaging ad ultrasuoni è una tecnica di indagine utilizzata comunemente per molte applicazioni diagnostiche e terapeutiche. La tecnica ha numerosi vantaggi: non è invasiva, fornisce immagini in tempo reale e l’equipaggiamento necessario è facilmente trasportabile. Le immagini ottenute con questa tecnica hanno tuttavia basso rapporto segnale rumore a causa del basso contrasto e del rumore caratteristico delle immagini ad ultrasuoni, detto speckle noise. Una corretta segmentazione delle strutture anatomiche nelle immagini ad ultrasuoni è di fondamentale importanza in molte applicazioni mediche . Nella pratica clinica l’identificazione delle strutture anatomiche è in molti casi ancora ottenuta tramite tracciamento manuale dei contorni. Questo processo richiede molto tempo e produce risultati scarsamente riproducibili e legati all’esperienza del clinico che effettua l’operazione. In ambito cardiaco l’indagine ecocardiografica è alla base dello studio della morfologia e della funzione del miocardio. I sistemi ecocardiografici in grado di acquisire in tempo reale un dato volumetrico, da pochi anni disponibili per le applicazioni cliniche, hanno dimostrato la loro superiorità rispetto all’ecocardiografia bidimensionale e vengono considerati dalla comunità medica e scientifica, la tecnica di acquisizione che nel futuro prossimo sostituirà la risonanza magnetica cardiaca. Al fine di sfruttare appieno l’informazione volumetrica contenuta in questi dati, negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi metodi di segmentazione automatici o semiautomatici tesi alla valutazione della volumetria del ventricolo sinistro. La presente tesi descrive il progetto, lo sviluppo e la validazione di un metodo di segmentazione ventricolare quasi automatico 3D, ottenuto integrando la teoria dei modelli level-set e la teoria del segnale monogenico. Questo approccio permette di superare i limiti dovuti alla scarsa qualità delle immagini grazie alla sostituzione dell’informazione di intensità con l’informazione di fase, che contiene tutta l’informazione strutturale del segnale.