967 resultados para intra-logsitics


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L’approccio chirurgico agli adenomi ipofisari ACTH secernenti è la terapia d’elezione nell’uomo. L’ipofisectomia transfenoidale è invece una tecnica poco diffusa in ambito veterinario. La terapia più diffusa nel cane con ipercortisolismo ipofisi dipendente (PDH) è di tipo medico e prevede la somministrazione di farmaci inibitori della sintesi del cortisolo. Gli adenomi ipofisari possono aumentare di volume e determinare una conseguente sintomatologia neurologica; in questi casi le uniche opzioni terapeutiche sono rappresentate dall’asportazione chirurgica della neoplasia e dalla radioterapia. Nella presente tesi vengono descritti 8 interventi di ipofisectomia transfenoidale effettuati su 7 cani con macroadenoma ipofisario presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna. La difficoltà maggiore per il chirurgo è rappresentata dalla localizzazione della fossa ipofisaria rispetto ai punti di repere visibile in tomografia computerizzata o in risonanza magnetica nucleare, oltre ai problemi di sanguinamento durante la rimozione della neoplasia. Nel periodo post-operatorio maggiori complicazioni si riscontrano in soggetti con adenomi ipofisari di maggiori dimensioni. Al contrario, in presenza di adenomi di dimensioni più contenute, la ripresa post-operatoria risulta più rapida e il tasso di successo maggiore. Al fine di poter eseguire nel cane l’exeresi mirata della sola neoplasia ipofisaria, al pari di quanto avviene nell’uomo, è stato condotto uno studio sulla tomografia computerizzata (TC) in 86 cani con PDH. Il protocollo TC non ha tuttavia permesso di individuare con precisione la posizione della neoplasia per guidare il chirurgo nella sua rimozione. In due casi riportati nel presente lavoro si è verificata una recidiva della neoplasia ipofisaria. In un soggetto si è optato per il reintervento, mentre nell’altro caso per la radioterapia. Entrambe le opzioni hanno garantito una buona qualità di vita per più di un anno dall’intervento terapeutico. Questi casi clinici dimostrano come il reintervento e la radioterapia possano essere considerate valide opzioni in caso di recidiva.

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La curva di durata di lungo periodo (POR) è uno strumento grafico molto efficace che mette in evidenza la relazione fra intensità e frequenza delle portate osservate in un determinato intervallo temporale. Essa è ricavata dall'idrogramma dei deflussi, ma presenta il problema della perdita di informazioni relative alla variabilità annuale e stagionali delle portate. Per tal motivo si è reso necessario l'utilizzo di due nuove interpretazioni delle curve di durate: le curve di durata annuali (alle quali può essere associato il concetto di percentile e quindi di probabilità di superamento di un particolare valore di portata) e le curve a base stagionale. La costruzione di tali curve, come nel caso delle POR complessive, è ostacolata dall'insufficienza di dati di portata, per cui sono utilizzate, a tale scopo, procedure di stima basate sulla regionalizzazione dei deflussi. Tra di esse è stato analizzata la tecnica geostatistica del Top-kriging applicata all'indice TND che sintetizza l'intera curva (Pugliese et al., 2014) nella ricostruzione, in cross-validazione, delle curve di durata annuali e stagionali di 182 bacini della regione sud-orientale degli Stati Uniti.

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Una tracciato anormale della rotula può provocare dolore anteriore al ginocchio dopo un’artroplastica e può condurre al fallimento dell’intervento stesso. È importante quindi valutare questo tracciato sia intra che post-operatoriamente, anche per validare disegni protesici innovativi e supportare il chirurgo per le più critiche decisioni chirurgiche al momento dell’impianto. Ad oggi però le valutazioni in-vivo della cinematica femoro-rotulea sono poche e poco attendibili; è per questi motivi che abbiamo deciso di analizzare l’articolazione con la tecnica video-fluoroscopica, appositamente adattata allo scopo di tale studio, a sei mesi di follow-up dall’intervento. Per lo studio abbiamo esaminato, tramite video-fluoroscopia 3D, sette pazienti che hanno subito l’impianto di una protesi totale al ginocchio con ricopertura della rotula. Successivamente le immagini sono state elaborate con un apposito software per ricostruire la cinematica 3D, e sono stati ottenuti i grafici per ogni grado di libertà dell’articolazione. Dall’analisi dei risultati, la tecnica utilizzata è risultata fattibile ed affidabile, infatti dai grafici si nota come la normale cinematica delle articolazioni studiate sia stata ripristinata. Questo studio, oltre a validare l’applicazione della tecnica video-fluoroscopica all’articolazione femoro-rotulea oltre che a quella tibio-femorale, dopo un confronto con i dati derivanti dalla navigazione chirurgica, ha consentito di validare anche questa tecnica intra-operatoria. Questo risultato potrà condurre ad una maggiore precisione nell’allineamento delle componenti protesiche da parte del chirurgo, con conseguente riduzione del rischio di fallimento dell’impianto.

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Data on decompressive craniectomy (DC) after intra-arterial thrombolysis (IAT) for treatment of malignant middle cerebral artery (MCA) stroke are lacking.

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This pilot study defines the feasibility of cartilage assessment in symptomatic femoroacetabular impingement patients using intra-articular delayed gadolinium-enhanced MRI of cartilage (ia-dGEMRIC). Nine patients were scanned preliminary to study the contrast infiltration process into hip joint cartilage. Twenty-seven patients with symptomatic femoroacetabular impingement were subsequently scanned with intra-articular delayed gadolinium-enhanced MRI of cartilage. These T(1) findings were correlated to morphological findings. Zonal variations were studied. This pilot study demonstrates a significant difference between the pre- and postcontrast T(1) values (P < 0.001) remaining constant for 45 min. We noted higher mean T(1) values in morphologically normal-appearing cartilage than in damaged cartilage, which was statistically significant for all zones except the anterior-superior zone. Intraobserver (0.972) and interobserver correlation coefficients (0.933) were statistically significant. This study outlines the feasibility of intra-articular delayed gadolinium-enhanced MRI of cartilage for assessment of cartilage changes in patients with femoroacetabular impingement. It can also define the topographic extent and differing severities of cartilage damage.

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The purpose of this study was to investigate whether T1-mapping of hip joint with intra-articular delayed gadolinium-enhanced magnetic resonance imaging (MRI) of cartilage (ia-dGEMRIC) is comparable to the already established intravenous (iv)-technique for assessing different grades of cartilage degeneration.

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To investigate whether the compartment pressure of the rectus sheath (CPRS) reflects the intra-abdominal pressure (IAP) under various conditions of intra-abdominal hypertension (IAH) in a pig model.

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Intra-organ and intra-vascular pressures can be used to estimate intra-abdominal pressure. The aim of this prospective, interventional study was to assess the effect of PEEP on the accuracy of pressure estimation at different measurement sites in a model of increased abdominal pressure.

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Intra-arterial thrombolysis can be used for treatment of basilar artery occlusion. Predictors of outcome before initiation of treatment are of special interest.

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Intra-arterial (IA) injection represents an experimental avenue for minimally invasive delivery of stem cells to the injured brain. It has however been reported that IA injection of stem cells carries the risk of reduction in cerebral blood flow (CBF) and microstrokes. Here we evaluate the safety of IA neural progenitor cell (NPC) delivery to the brain. Cerebral blood flow of rats was monitored during IA injection of single cell suspensions of NPCs after stroke. Animals received 1 × 10(6) NPCs either injected via a microneedle (microneedle group) into the patent common carotid artery (CCA) or via a catheter into the proximally ligated CCA (catheter group). Controls included saline-only injections and cell injections into non-stroked sham animals. Cerebral blood flow in the microneedle group remained at baseline, whereas in the catheter group a persistent (15 minutes) decrease to 78% of baseline occurred (P<0.001). In non-stroked controls, NPCs injected via the catheter method resulted in higher levels of Iba-1-positive inflammatory cells (P=0.003), higher numbers of degenerating neurons as seen in Fluoro-Jade C staining (P<0.0001) and ischemic changes on diffusion weighted imaging. With an appropriate technique, reduction in CBF and microstrokes do not occur with IA transplantation of NPCs.

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Intra-arterial thrombolysis (IAT) can improve clinical outcome in patients with acute basilar artery occlusion (BAO). The purpose of this study was to determine whether the severity of neurological symptoms, the extent of early ischemic damage on pretreatment diffusion-weighted MRI (DWI), and the lesion progression or regression on post-treatment MRI can predict functional outcome in patients with BAO treated with IAT.