912 resultados para Stampa 3D,Elettrofilatura,Tessuto muscolo scheletrico


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Il presente studio è stato svolto allo scopo di offrire un'ampia conoscenza del prestito linguistico, in particolare dell'extranjersimo (forestierismo in italiano), nello spagnolo attuale. Considerando l'ampio trattamento del fenomeno offerto dalle opere accademiche della Real Academia Española e delle Accademie americane della lingua spagnola, abbiamo cercato di verificare se e come la stampa si facesse eco delle raccomandazioni date dalle varie istituzioni normative.

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In this thesis a mathematical model was derived that describes the charge and energy transport in semiconductor devices like transistors. Moreover, numerical simulations of these physical processes are performed. In order to accomplish this, methods of theoretical physics, functional analysis, numerical mathematics and computer programming are applied. After an introduction to the status quo of semiconductor device simulation methods and a brief review of historical facts up to now, the attention is shifted to the construction of a model, which serves as the basis of the subsequent derivations in the thesis. Thereby the starting point is an important equation of the theory of dilute gases. From this equation the model equations are derived and specified by means of a series expansion method. This is done in a multi-stage derivation process, which is mainly taken from a scientific paper and which does not constitute the focus of this thesis. In the following phase we specify the mathematical setting and make precise the model assumptions. Thereby we make use of methods of functional analysis. Since the equations we deal with are coupled, we are concerned with a nonstandard problem. In contrary, the theory of scalar elliptic equations is established meanwhile. Subsequently, we are preoccupied with the numerical discretization of the equations. A special finite-element method is used for the discretization. This special approach has to be done in order to make the numerical results appropriate for practical application. By a series of transformations from the discrete model we derive a system of algebraic equations that are eligible for numerical evaluation. Using self-made computer programs we solve the equations to get approximate solutions. These programs are based on new and specialized iteration procedures that are developed and thoroughly tested within the frame of this research work. Due to their importance and their novel status, they are explained and demonstrated in detail. We compare these new iterations with a standard method that is complemented by a feature to fit in the current context. A further innovation is the computation of solutions in three-dimensional domains, which are still rare. Special attention is paid to applicability of the 3D simulation tools. The programs are designed to have justifiable working complexity. The simulation results of some models of contemporary semiconductor devices are shown and detailed comments on the results are given. Eventually, we make a prospect on future development and enhancements of the models and of the algorithms that we used.

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La ricerca iniziata all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale, e che ha continuato ad approfondirsi parallelamente al progetto durante lo sviluppo della tesi, si è basata sullo studio del tessuto urbano e sulla sperimentazione della sostituzione di porzioni dello stesso come strumento progettuale. Oggi, il patrimonio immobiliare italiano è in gran parte caratterizzato da edifici costruiti nel periodo dell’emergenza, degli anni Cinquanta e Sessanta; la maggior parte di esso è costituito da edilizia che ora necessita di interventi di manutenzione e rinnovo (anche dai punti di vista energetico, impiantistico e sismico), perchè nel periodo della loro realizzazione sono stati usati sistemi costruttivi sbrigativi e si è cercato di ridurre i costi. Si tratta di un fenomeno diffuso che interessa anche la zona della costa dell’Emilia-Romagna: oltre 130 km di riviera caratterizzati da diversi paesaggi che sono il risultato diretto del rapporto uomo-natura. “La presenza e l’azione dell’uomo è ed è stata dominante sul paesaggio costiero mediterraneo, a volte con grande sapienza, equilibrio e rispetto dei luoghi, altre volte con devastante consumo e depauperamento dell’ambiente e delle sue risorse”. Rimini e le sue frazioni fanno parte di un paesaggio fortemente antropizzato, che mostra chiaramente i segni di quegli anni di costruzione privi di pianificazione che hanno favorito lo sviluppo di una serie di nuclei costieri contigui, addensati all’interno di una porzione di territorio delimitata da due linee: quella ferroviaria e quella di costa. Il caso di Viserba è emblematico, perché oggi rappresenta il risultato di una edilizia che ha seguito un’ottica prevalentemente privatistica e speculativa. Il territorio, estremamente parcellizzato e denso, ha favorito la creazione di una sorta di confusione urbana tale da rendere difficilmente riconoscibili i caratteri originari del luogo. Il lungomare è diventato il manifesto di questo intervento, tanto che se si rivolgono le spalle al mare per osservare il primo fronte, ciò che si nota non sono di certo i villini storici, i quali passano inevitabilmente in secondo piano. Il nostro esercizio progettuale si è concentrato proprio sulla fascia litoranea che oggi non dialoga più con il mare, ponendoci come obiettivi, non solo lo sviluppo di una strategia di riqualificazione urbana, ma anche la ricerca di un modo per ristabilire attraverso un nuovo segno urbano, il legame perso tra acqua e terra. Fondamentali per il recupero del rapporto della città con il mare sono stati l’inserimento di spazi destinati alla collettività, percorsi, accessi al mare in grado di ricostituire la facciata marittima e di fungere da legante di un sistema unico che comprende sia la struttura urbana sia la fascia costiera, estendendoci fino alle barriere frangiflutti, che oggi costituiscono solo un limite visivo molto forte. La sfida che, pertanto, è stata lanciata già all’interno del laboratorio era quella di cercare una risposta progettuale, una strategia chiara e condivisa, che aspirasse a risolvere i problemi generati da quegli anni di edificazione “compulsiva” e senza regole all’interno del particolare contesto viserbese. La nostra ricerca è stata supportata dall’approfondimento di un tema comune principale, la sostituzione di tessuto urbano, che è diventato per noi lo strumento chiave per lo sviluppo del progetto. L’analisi si è concentrata, tra i vari aspetti, anche sulla situazione attuale italiana che è apparsa critica e poco incoraggiante a causa del basso livello qualitativo degli edifici nelle principali aree urbane (circa il 35% è stato costruito attorno agli anni Cinquanta ed è inefficiente da diversi punti di vista), della crisi del mercato immobiliare e del disagio sociale derivante da ragioni di vario tipo. L’Italia è un paese eccessivamente radicato a una scelta urbanistica conservativa e perciò ancora molto lontano dalla logica della sostituzione urbana. Quest’ultima può costituire il mezzo per redigere un coraggioso progetto strategico che, nell’ottica del lungo periodo, permetta di delineare un disegno dello sviluppo urbano delle nostre città, migliorandone le loro realtà urbane? Il dibattito oggi è molto acceso. Ed è proprio per tentare di trovare una possibile risposta a questo interrogativo che il nostro esercizio progettuale ha sperimentato questo tipo di intervento.

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La maiolica di Castelli d’Abruzzo si distingue per aspetti di forte originalità e per l’alta qualità dei manufatti realizzati. Le ricerche che qui vengono presentate sono state condotte su differenti aspetti della produzione ceramica di Castelli e sono rivolte a completare le conoscenze su alcuni aspetti specifici, cercando di superare la visione settoriale che ha caratterizzato talvolta gli studi sull’argomento. L’indagine è orientata a far emergere alcuni tratti distintivi della produzione in maiolica istoriata, un genere in cui le manifatture castellane guadagnarono un primato assoluto in Italia nel corso dei secoli XVII e XVIII.

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Sowohl in der Natur als auch in der Industrie existieren thermisch induzierte Strömungen. Von Interesse für diese Forschungsarbeit sind dabei die Konvektionen im Erdmantel sowie in den Glasschmelzwannen. Der dort stattfindende Materialtransport resultiert aus Unterschieden in der Dichte, der Temperatur und der chemischen Konzentration innerhalb des konvektierenden Materials. Um das Verständnis für die ablaufenden Prozesse zu verbessern, werden von zahlreichen Forschergruppen numerische Modellierungen durchgeführt. Die Verifikation der dafür verwendeten Algorithmen erfolgt meist über die Analyse von Laborexperimenten. Im Vordergrund dieser Forschungsarbeit steht die Entwicklung einer Methode zur Bestimmung der dreidimensionalen Temperaturverteilung für die Untersuchung von thermisch induzierten Strömungen in einem Versuchsbecken. Eine direkte Temperaturmessung im Inneren des Versuchsmaterials bzw. der Glasschmelze beeinflusst allerdings das Strömungsverhalten. Deshalb wird die geodynamisch störungsfrei arbeitende Impedanztomographie verwendet. Die Grundlage dieser Methode bildet der erweiterte Arrhenius-Zusammenhang zwischen Temperatur und spezifischer elektrischer Leitfähigkeit. Während der Laborexperimente wird ein zähflüssiges Polyethylenglykol-Wasser-Gemisch in einem Becken von unten her erhitzt. Die auf diese Weise generierten Strömungen stellen unter Berücksichtigung der Skalierung ein Analogon sowohl zu dem Erdmantel als auch zu den Schmelzwannen dar. Über mehrere Elektroden, die an den Beckenwänden installiert sind, erfolgen die geoelektrischen Messungen. Nach der sich anschließenden dreidimensionalen Inversion der elektrischen Widerstände liegt das Modell mit der Verteilung der spezifischen elektrischen Leitfähigkeit im Inneren des Versuchsbeckens vor. Diese wird mittels der erweiterten Arrhenius-Formel in eine Temperaturverteilung umgerechnet. Zum Nachweis der Eignung dieser Methode für die nichtinvasive Bestimmung der dreidimensionalen Temperaturverteilung wurden mittels mehrerer Thermoelemente an den Beckenwänden zusätzlich direkte Temperaturmessungen durchgeführt und die Werte miteinander verglichen. Im Wesentlichen sind die Innentemperaturen gut rekonstruierbar, wobei die erreichte Messgenauigkeit von der räumlichen und zeitlichen Auflösung der Gleichstromgeoelektrik abhängt.

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La chirurgia con ultrasuoni focalizzati guidati da MRI (MR-g-FUS) è un trattamento di minima invasività, guidato dal più sofisticato strumento di imaging a disposizione, che utilizza a scopo diagnostico e terapeutico forme di energia non ionizzante. Le sue caratteristiche portano a pensare un suo possibile e promettente utilizzo in numerose aree della patologia umana, in particolare scheletrica. L'osteoma osteoide affligge frequentemente pazienti di giovane età, è una patologia benigna, con origine ed evoluzione non chiare, e trova nella termoablazione con radiofrequenza continua sotto guida CT (CT-g-RFA) il suo trattamento di elezione. Questo lavoro ha valutato l’efficacia, gli effetti e la sicurezza del trattamento dell’osteoma osteoide con MR-g-FUS. Sono stati presi in considerazione pazienti arruolati per MR-g-FUS e, come gruppo di controllo, pazienti sottoposti a CT-g-RFA, che hanno raggiunto un follow-up minimo di 18 mesi (rispettivamente 6 e 24 pazienti). Due pazienti erano stati esclusi dal trattamento MR-g-FUS per claustrofobia (2/8). Tutti i trattamenti sono stati portati a termine con successo tecnico e clinico. Non sono state registrate complicanze o eventi avversi correlati all’anestesia o alle procedure di trattamento, e tutti i pazienti sono stati dimessi regolarmente dopo 12-24 ore. La durata media dei trattamenti di MR-g-FUS è stata di 40±21 min. Da valori di score VAS pre-trattamento oscillanti tra 6 e 10 (su scala 0-10), i trattamenti hanno condotto tutti i pazienti a VAS 0 (senza integrazioni farmacologiche). Nessun paziente ha manifestato segni di persistenza di malattia o di recidiva al follow-up. Nonostante la neurolisi e la risoluzione dei sintomi, la perfusione del nidus è stata ritrovata ancora presente in oltre il 70% dei casi sottoposti a MR-g-FUS (4/6 pazienti). I risultati derivati da un'analisi estesa a pazienti più recentemente arruolati confermano questi dati. Il trattamento con MR-g-FUS sembra essere efficace e sicuro nel risolvere la sintomatologia dell'osteoma osteoide.

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Supercritical Emulsion Extraction technology (SEE-C) was proposed for the production of poly-lactic-co-glycolic acid microcarriers. SEE-C operating parameters as pressure, temperature and flow rate ratios were analyzed and the process performance was optimized in terms of size distribution and encapsulation efficiency. Microdevices loaded with bovine serum insulin were produced with different sizes (2 and 3 µm) or insulin charges (3 and 6 mg/g) and with an encapsulation efficiency of 60%. The microcarriers were characterized in terms of insulin release profile in two different media (PBS and DMEM) and the diffusion and degradation constants were also estimated by using a mathematical model. PLGA microdevices were also used in a cultivation of embryonic ventricular myoblasts (cell line H9c2 obtained from rat) in a FBS serum free medium to monitor cell viability and growth in dependence of insulin released. Good cell viability and growth were observed on 3 µm microdevices loaded with 3 mg/g of insulin. PLGA microspheres loaded with growth factors (GFs) were charged into alginate scaffold with human Mesenchimal Steam Cells (hMSC) for bone tissue engineering with the aim of monitoring the effect of the local release of these signals on cells differentiation. These “living” 3D scaffolds were incubated in a direct perfusion tubular bioreactor to enhance nutrient transport and exposing the cells to a given shear stress. Different GFs such as, h-VEGF, h-BMP2 and a mix of two (ratio 1:1) were loaded and alginate beads were recovered from dynamic (tubular perfusion system bioreactor) and static culture at different time points (1st, 7th, 21st days) for the analytical assays such as, live/dead; alkaline phosphatase; osteocalcin; osteopontin and Van Kossa Immunoassay. The immunoassay confirmed always a better cells differentiation in the bioreactor with respect to the static culture and revealed a great influence of the BMP-2 released in the scaffold on cell differentiation.

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Introduzione L’efficacia dei chemio/radioterapici ha aumentato notevolmente l’aspettativa di vita delle pazienti oncologiche, tuttavia, questi trattamenti possono compromettere la funzionalità ovarica. La crioconservazione di tessuto ovarico, con il successivo reimpianto, ha lo scopo di preservare la fertilità delle pazienti a rischio di fallimento ovarico precoce. Scopo dello studio Definire la migliore procedura di crioconservazione e reimpianto in grado di ottenere la neovascolarizzazione del tessuto reimpiantato nel minor tempo possibile al fine di diminuire la perdita follicolare causata dall’ischemia durante la procedura. Materiali e metodi Per ciascuna paziente (3) le biopsie ovariche, sono state prelevate laparoscopicamente e crioconservate secondo il protocollo di congelamento lento/scongelamento rapido. Campioni di corticale ovarica sono stati processati per l’analisi istologica, ultrastrutturale, immuistochimica e confocale per valutare la preservazione morfologiaca del tessuto. Le fettine di corticale ovarica sono state scongelate e reimpiantate ortotopicamente (2), nelle ovaia e in due tasche peritoneali, o eterotopicamente (1), in due tasche create nel sottocute sovrapubico. Risultati Le analisi di microscopia hanno mostrato il mantenimento di una discreta morfologia dello stroma, e dei vasi criopreservati e un lieve ma non significativo danneggiamento dei follicoli scongelati. Tutte le pazienti hanno mostrato la ripresa della funzionalità endocrina rispettivamente dopo 2/4 mesi dal reimpianto. Il color-doppler, inoltre ha rivelato un significativo aumento della vascolarizzazione ovarica rispetto alla quasi totale assenza di vascolarizzazione prima del reimpianto, quando le pazienti mostravano una conclamata menopausa. Conclusioni Lo studio ha confermato la ripresa della vascolarizzazione dell’ovaio in seguito a reimpianto avascolare di fettine di corticale, senza l’impiego di fattori esogeni o meccanici aggiuntivi, in tempi concordanti con i dati della letteratura. I risultati sono incoraggianti e l’avanzare degli studi e della ricerca potranno contribuire allo sviluppo di nuove metodologie di reimpianto che possano avere un successo clinico ed una sicurezza superiori a quelle finora ottenute.

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Die Hämocyanine der Cephalopoden Nautilus pompilius und Sepia officinalis sorgen für den Sauerstofftransport zwischen den Kiemen und den Geweben. Sie bestehen aus einem zylindrischen Dekamer mit interner Kragenstruktur. Während eine Untereinheit (also eine Polypeptidkette) bei NpH aus sieben paralogen funktionellen Domänen (FU-a bis FU-g) besteht, führte ein Genduplikationsereignis der FU-d zu acht FUs in SoH (a, b, c, d, d´, e, f, g). In allen Mollusken Hämocyaninen bilden sechs dieser FUs den äußeren Ring und die restlichen die interne Kragenstruktur. rnrnIn dieser Arbeit wurde ein dreidimensionales Modell des Hämocyanins von Sepia officinalis (SoH) erstellt. Die Rekonstruktion, mit einer Auflösung von 8,8Å (FSC=0,5), erlaubt das Einpassen von Homolologiemodellen und somit das Erstellen eines molekularen Modells mit pseudo atomarer Auflösung. Des Weiteren wurden zwei Rekonstruktionen des Hämocyanins von Nautilus pompilius (NpH) in verschiedenen Oxygenierungszuständen erstellt. Die auf 10 und 8,1Å aufgelösten Modelle zeigen zwei verschiedene Konformationen des Proteins. Daraus ließ sich eine Modellvorstellung über die allosterische Funktionsweise ableiten. Die hier erreichte Auflösung von 8Å ist die momentan höchste eines Molluskenhämocyanins. rnAuf Grundlage des molekularen Modells von SoH konnte die Topologie des Proteins aufgeklärt werden. Es wurde gezeigt, dass die zusätzliche FU-d´ in den Kragen integriert ist und somit die prinzipielle Wandarchitektur aller Mollusken Hämocyanine identisch ist. Wie die Analyse des erstellten molekularen Modells zeigt werden sind die beiden Isoformen (SoH1 und SoH2) in den Bereichen der Interfaces nahezu identisch; auch der Vergleich mit NpH zeigt grosse Übereinstimmungen. Des weiteren konnte eine Fülle von Informationen bezüglich der allosterischen Signalübertragung innerhalb des Moleküls gewonnen werden. rnDer Versuch, NpH in verschiedenen Oxygenierungszuständen zu zeigen, war erfolgreich. Die Datensätze, die unter zwei atmosphärischen Bedingungen präpariert wurden, führten reproduzierbar zu zwei unterschiedlichen Rekonstruktionen. Dies zeigt, daß der hier entwickelte experimentelle Ansatz funktioniert. Er kann nun routinemäßig auf andere Proteine angewandt werden. Wie der strukturelle Vergleich zeigte, verändert sich die Orientierung der FUs durch die Oxygenierung leicht. Dies wiederum beeinflusst die Anordnung innerhalb der Interfaces sowie die Abstände zwischen den beteiligten Aminosäuren. Aus dieser Analyse konnte eine Modellvorstellung zum allosterischen Signaltransfer innerhalb des Moleküls abgeleitet werden, die auf einer Umordnung von Salzbrücken basiert.

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Diese Arbeit präsentiert die bislang höchst aufgelösten KryoEM-Strukturen für ein Cephalopoden hämocyanin Dekamer (Nautilus pompilus Hämocyanin, NpH) und ein Gastropoden Hämocyanin Didekamer (keyhole limpet hemocyanin isoform 1). Durch die Methoden des “molecular modelling” und “rigid-body-fiting” wurde auch eine detaillierte Beschreibung beider Strukturen auf atomarem Niveau erstmalig möglich. Hämocyanine sind kupferhaltige Sauerstoff-Transportproteine die frei gelöst in Blut zahlreicher Arthropoden und Mollusken vorkommen. Allgemein sind Molluskenhämocyanine als Dekamere (Hohlzylinder aus 5 Untereinheiten-dimere) oder Didecamere (Zusammenlagerung von zwei Dekameren) zu finden. Durch Anlagerung weiterer Dekamere bilden sich teilweise tubuläre Multidekamere. Hämocyanine der Cephalopoden bestehen ausschließlich aus solitären Decameren. In Octopus und Nautilus bestehen die 10 Untereinheiten aus 7 funktionellen Einheiten(FU-a bis FU-g), wobei jede FU ein Sauerstoffmolekül binden kann. FUs a-f bilden die Wand des ringförmigen Moleküls und 10 Kopien der FU-g bilden einen sogenannten „inneren Kragenkomplex“. Das im Rahmen dieser Arbeit erstelltes molekulares Modell von NpH klärt die Struktur des Dekamers vollständig auf. Wir waren zum ersten Mal in der Lage das Untereinheiten-dimer, den Verlauf der Polypeptidkette und 15 unterschiedliche Kontaktstellen zwischen FUs zu identifizieren. Viele der inter-FU-Kontakte weisen Aminosäurenkonstellationen auf, die die Basis für die Übertragung allosterischer Wechselwirkungen zwischen FUs darstellen könnten und Hinweise für den Aufbau der allosterische Einheit geben. Potentielle Bindungsstellen für N-glykosidische Zucker und bivalente Kationen wurden auch identifiziert. Im Gegensatz zu NpH, kommen Gastropoden Hämocyanine (inkl. KLH) hauptsächlich als Didekamere vor und der Kragenkomplex wird in diesem Fall aus 2 FUs gebildet (Fu-g und FU-h). Die zusätzliche C'-terminale FU-h zeichnet sich durch eine spezielle Verlängerung von ~ 100 Aminosäuren aus. KLH stammt aus der kalifornische Schnecke Megathura crenulata und kommt seit mehreren Jahrzehnten als Immunostimulator in der immunologischen Grundlagenforschung und klinischen Anwendung zum Einsatz. KLH weist zwei Isoformen auf, KLH1 und KLH2. Das vorliegende Modell von KLH1 erlaubt die komplexe Architektur dieses riesigen Proteins in allen Details zu verstehen, sowie einen Vergleich zum dem NpH Dekamer auf atomare Ebene. Es wurde gefunden, dass das Untereinheitensegment a-b-c-d-e-f-g, sowie die equivalenten Kontaktstellen zwichen FUs stark konserviert sind. Dies deutet darauf hin, dass in Bezug auf die Übertragung allosterische Signale zwischen benachbarten FUs, grundlegende Mechanismen in beiden Molekülen beibehalten wurden. Weiterhin, konnten die Verbindungen zwischen den zwei Dekameren ertsmalig identifiziert werden. Schließlich, wurde die Topologie der N-glycosidischen Zucker, welche für die immunologische Eigenschaften von KLH1 von großer Bedeutung sind, auch aufgeklärt. Somit leistet die vorliegende Arbeit einen wesentlichen Schritt zum Verständnis der Quartärstruktur und Funktion der Molluskenhämocyanine.rn

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Nel presente elaborato viene descritta l’attività di tesi da me svolta presso il Laboratorio di Tecnologia Medica presente all’interno dell’Istituto Ortopedico Rizzoli. Nel laboratorio è in corso di svolgimento uno studio mirato a correlare le proprietà meccaniche del tessuto osseo corticale con la qualità e la distribuzione delle fibre di collagene per verificare se tali caratteristiche siano influenzate dal tipo di sollecitazione a cui il tessuto si trova sottoposto fisiologicamente. All’interno di tale studio si inserisce il mio lavoro il cui obiettivo è di progettare ed implementare un protocollo per la caratterizzazione meccanica del tessuto osseo corticale. Il distretto anatomico studiato è il femore prossimale. Infatti è dimostrato come in tale zona il tessuto osseo corticale risulti sollecitato in vivo a compressione in posizione mediale e a trazione in posizione laterale. Per eseguire lo studio è stato deciso di utilizzare una prova di trazione semplice in modo da poter ricavare il contributo del collagene, su provini orientati longitudinalmente all’asse del femore. Nella prima parte del lavoro ho perciò progettato l’esperimento stabilendo la geometria dei provini e la procedura sperimentale necessaria alla loro estrazione. Successivamente ho progettato e realizzato il sistema di applicazione del carico coerentemente con il posizionamento dei sistemi di misura. In particolare per la misura delle deformazioni imposte al provino ho utilizzato sia un sistema meccanico che un sistema ottico basato sulla correlazione digitale di immagine. Quest’ultimo sistema permette di elaborare una mappa degli spostamenti e delle deformazioni su tutta la superficie del provino visibile dalle telecamere, purchè adeguatamente preparata per la misura con sistema ottico. La preparazione prevede la realizzazione di un pattern stocastico ad elevato contrasto sulla superficie. L’analisi dei risultati, oltre a verificare il corretto svolgimento della prova, ha evidenziato come siano presenti differenze significative tra le proprietà meccaniche di ciascun soggetto ad eccezione del tasso di deformazione necessario per imporre al provino una deformazione permanente pari allo 0.2%. Infatti tale parametro risulta invariante. È stato rilevato inoltre come non siano presenti differenze significative tra le proprietà meccaniche del tessuto estratto in zone differenti nonostante sia sollecitato fisiologicamente principalmente con sollecitazioni differenti.