902 resultados para Sistema di gestione ambientale


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A partire da un’analisi complessiva della struttura di Palazzo Italia Expo, è stata approfondita nel dettaglio la realizzazione del rivestimento. Sono emerse soluzioni costruttive fortemente innovative, dettate da necessità architettoniche ben precise: si è cercato di conciliare il concept della foresta urbana con le esigenze funzionali che il palazzo doveva soddisfare. Nella scelta del materiale da rivestimento si è optato per un “cemento biodinamico” brevettato per l’occasione da ItalCementi, e studiato anch’esso con obiettivi ben definiti: ricercare una brillantezza e purezza del colore durevole nel tempo, e avvicinarsi sempre più all’esigenza di sostenibilità ambientale delle strutture. Si è cercato di analizzare l'effettiva capacità di questo cemento di soddisfare i requisiti prefissati nel corso tempo, anche attraverso un'analisi comparativa con il cemento utilizzato nella chiesa Dives in Misericordia a Roma di Richard Meier.

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il lavoro si suddivide in una fase preliminare conoscitiva costituita da una ricerca storico-documentale sui principali eventi che hanno interessato San Giovanni in Persiceto e il complesso conventuale. per comprendere a pieno l'oggetto di studio sono stati studiati a fondo la vita e le opere dell'autore e le tendenze architettoniche del periodo storico in cui esercita. è stato eseguito un rilievo dettagliato impiegando tecniche ad alta definizione, come fotogrammetria e scansioni laser. per realizzare un progetto di restauro consapevole e rispettoso del monumento sono state condotte approfondite analisi tematiche e di degrado, in modo da acquisire una conoscenza diretta dell'edificio. per reintegrare l'unità d'immagine andata perduta, visto l'uso improprio che è stato fatto del bene, indispensabile per la comprensione dell'opera, è stata svolta un'attenta analisi della consistenza materica e una analogica con le opere dell'autore simili. gli interventi cercheranno di facilitare la lettura delle tracce presenti sul manufatto, e in maniera tutt'altro che invasiva verrà proposta la videoproiezione di quella che poteva essere l'immagine e la suggestione concepita dall'architetto. sono stati studiati restauri di casi analoghi e gli interventi della scuola di restauro nata a seguito delle devastazioni prodotte dalla guerra. per gli elementi ben conservati si attuerà un restauro conservativo. si restaura la pavimentazione, attraverso due diverse ipotesi che risolvono le possibili casistiche generate dalla rimozione delle superfetazioni. per valorizzare gli elementi architettonici si è proposto uno schema di sorgenti luminose diversificato in illuminazione generale d'ambiente ed un sistema di luci funzionale agli usi specifici.

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Nell’ottica della pianificazione di interventi di Retrofit Energetico che possano migliorare l’efficienza energetica del comparto edilizio-residenziale, in relazione agli obiettivi della vigente normativa energetica di ispirazione comunitaria, obiettivo della tesi è la ricerca e validazione di strumenti economici che possano guidare le committenze nella scelta del migliore rapporto tra costi e benefici delle opere. La tesi affronta l’approccio dell’analisi del Costo Globale come previsto dalla normativa comunitaria formato dalla direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica degli edifici, dal regolamento delegato UE n°244 del 16 gennaio 2012 e dalla norma EN 15459 del 2008. Obiettivo è la comparazione di tre interventi alternativi di retrofit energetico per un edificio ad uso misto sito nel centro di Bologna. Si tratta di interventi mirati all’efficientamento e all’abbattimento del fabbisogno energetico per la climatizzazione invernale dello stabile, con gradi successivi di approfondimento, come definiti dalla attuale normativa (ristrutturazione importante di primo livello, di secondo livello e riqualificazione energetica). Lo studio si sviluppa definendo le criticità dello stato attuale del costruito e i possibili interventi migliorativi necessari. Definiti i pacchetti tecnici delle soluzioni di intervento si è passato alla ricerca dei dati necessari comprendenti dati finanziari su tassi di sconto e di inflazione e sui costi di investimento iniziali, costi di gestione e manutenzione, costi di sostituzione e costi energetici relativi alle varie alternative di progetto. I risultati dell’analisi economica delle alternative progettuali, nel periodo di studio considerato, vengono poi confrontati con i dati relativi all’impatto energetico e delle emissioni di CO2 e con le relative classi energetiche.

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La disciplina del Risk Management assume recentemente un significato ed un peso crescenti nel panorama delle organizzazioni pubbliche e private. Nel campo delle costruzioni pubbliche, in particolare, l’attuazione di processi strutturati di Gestione del Rischio potrebbe portare ad un efficientamento significativo del processo di costruzione e gestione. Obiettivo di questa tesi è verificare in che modo i risultati di un’applicazione strutturata di un processo di Gestione del Rischio possono essere impiegati dal gruppo di management per perseguire scelte più consapevoli, precise e circostanziate rispetto ai metodi tradizionali di gestione del processo. L’analisi parte da uno studio comparativo dei metodi e delle norme tecniche di Risk Management proposte in ambito internazionale. I risultati ottenuti vengono poi applicati al caso studio relativo al progetto di insediamento del Tecnopolo di Bologna presso l’area nota come Ex-Manifattura Tabacchi. L’applicazione delle tecniche al caso di studio è strutturata come una esecuzione completa del processo di Valutazione del Rischio. La fase di Identificazione viene svolta tramite un’analisi della letteratura, la sottoposizione al giudizio degli esperti, e si conclude con una categorizzazione dei rischi mediante Risk Breakdown Structure. La fase di Quantificazione del Rischio è attuata tramite una prima fase di analisi qualitativa con la somministrazione di un questionario on-line ad una platea di soggetti competenti; seguita da un’analisi quantitativa svolta con il software “RiskyProject®” per realizzare una analisi di Montecarlo ed analisi di sensitività. Al termine vengono esaminate alcune possibili misure di trattamento specifiche per un rischio definito prioritario. I risultati proposti mostrano come sia possibile ottenere in fase preliminare una descrizione consapevole delle incertezze del progetto, e che tale consapevolezza può essere utilizzata con lo scopo di migliorare la qualità e l’efficacia dell’intero processo.

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Lo scopo di questo lavoro è stato individuare una possibile correlazione tra le condizioni ambientali e la presenza di Escherichia coli in vongole veraci. I dati sono relativi a campioni raccolti nel periodo 2007-2015 nella zona Sacca di Goro. Essi sono stati messi in relazione con alcuni parametri quali: salinità dell’acqua, temperatura, ossigeno di fondo, pH e livello del fiume Po di Volano. Sono stati presi in considerazione più di 523 campioni, in cui i conteggi di E. coli, mediante metodo MPN, sono stati suddivisi in tre categorie: cariche basse (<50 MPN/100g); intermedie (50-230 MPN/100g); alte, ovvero non conformi al regolamento europeo (>230 MPN/100g). La significatività della relazione tra E. coli e le variabili considerate è stata valutata attraverso il test Χ2 e il test di Kruskal-Wallis. Il test Χ2, è stato attuato ponendo in relazione anno, mese e stagione. In esso non è stato registrato nessun risultato significativo. L’analisi della varianza tramite test di Kruskal-Wallis ha evidenziato che gli unici risultati ottenuti, dando luogo ad una differenza significativa, sono relativi ai valori di salinità, dove in presenza di valori più bassi si osserva un numero maggiore di campioni con carica superiore al limite di legge. I dati ottenuti ponendo in relazione la temperatura delle acque e il livello del fiume Po di Volano non sono risultate significativamente diverse fra loro. Questi risultati sono chiaramente correlati al processo di depurazione delle vongole veraci che abbassano la carica microbica, ma ciò è correlato anche ai miglioramenti dei controlli delle acque reflue della Pianura Padana negli ultimi decenni, inoltre l’assenza di relazioni può essere imputata al fatto che la Sacca di Goro è un tratto di mare relativamente chiuso e quindi in qualche modo protetto dalle fluttuazioni stagionali di questi parametri, in una sorta di omeostasi ambientale.

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Lo scopo di questa tesi è quello di ottenere una rappresentazione grafica del profilo di velocità di un fluido all’interno di un condotto. In particolare si studieranno le equazioni di bilancio facendo alcune ipotesi semplificative riguardo il moto del fluido. Si considererà un moto laminare in condizione di completo sviluppo dinamico e convezione forzata. Grazie a queste ipotesi si riuscirà ad ottenere un’equazione semplificata di Navier-Stokes, che permetterà di calcolare l’andamento della velocità all’interno di condotti con qualsiasi forma della sezione. In questo caso si confronterà il profilo di velocità di un condotto a sezione circolare con uno a sezione circolare forata come in uno scambiatore di calore a tubi concentrici. Per risolvere l’equazione di Navier-Stokes e stampare l’andamento delle velocità all’interno della sezione del condotto si è utilizzato il software “Mathematica”, che è stato appreso durante l’attività di tirocinio curriculare. Questo software offre un supporto notevole allo studio matematico di qualsiasi problema. Permette inoltre di avere un riscontro grafico dei risultati ottenuti, direttamente nell’interfaccia utilizzata per la stesura del codice. Per rappresentare il profilo di velocità sarà inoltre utilizzato il metodo degli elementi finiti all’interno di Mathematica, che permetterà di ottenere una soluzione più uniforme e vicina alla realtà. Il metodo degli elementi finiti (FEM) permette di semplificare lo studio del moto di un fluido, in quanto ci dà la possibilità di avere un sistema di equazioni algebriche che ne descrivono il moto, invece di equazioni differenziali e le sue relative condizioni al contorno. Sarà quindi brevemente descritto questo metodo che è stato di grande aiuto tramite l’implementazione della “mesh” su Mathematica.

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Nelle società moderne, il problema del “rifiuto”, costituisce un fenomeno strettamente connesso allo stile di vita dei cittadini, nonché al sistema di produzione e distribuzione dei beni di consumi e alle normative che regolano questi due aspetti.Ogni anno, solamente in Italia, sono circa 380.000 le tonnellate di pneumatici che sono destinate a discarica, e sono oltre 100 gli anni che un pneumatico impiega per la biodegradazione. L’utilizzo del bitume modificato con polverino di gomma è nato negli Stati Uniti, ma al giorno d'oggi viene utilizzato sempre più frequentemente anche in Italia e in Europa quale valida alternativa per il confezionamento di conglomerati bituminosi. L’attività sperimentale presentata in questa tesi consiste nel confronto di 2 miscele: una di conglomerato bituminoso standard e l’altra sperimentale con polverino di gomma da PFU, progettata nel Laboratorio di Strade dell’Università di Ingegneria e Architettura di Bologna. Per procedere con la comparazione delle due materiali si è realizzato un campo prove in vera grandezza, in viale Togliatti a Bologna. Nel laboratorio di Strade dell'Università di Bologna si sono poi confezionati dei provini con il materiale prelevato in sito, e su di essi sono state svolte le prove di caratterizzazione statica (ITS) e dinamica (ITSM). Il risultati ottenuti dimostrano che la miscela sperimentale presenta caratteristiche meccaniche inferiori a quella vergine, ma in ogni caso soddisfacenti e superiori a quelli mediamente riconosciuti per miscele bituminose tradizionali per strati di usura. Da sottolineare è che la minore rigidezza presentata dalle miscele additivate con PFU, secondo consolidata bibliografia scientifica, potrebbe conferirle una maggiore resistenza ai carichi ripetuti e determinare così un miglioramento delle caratteristiche di durabilità della pavimentazione bituminosa.

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In questo lavoro viene effettuata un’analisi di membrane per la separazione di CO2 basate sul meccanismo di trasporto facilitato. Queste membrane sono caratterizzate da un supporto poroso impregnato di una fase liquida le cui proprietà chimico-fisiche vengono presentate in relazione alle performance di separazione fornite: si tratta di liquidi ionici che presentano gruppi funzionali in grado di reagire con la CO2 consentendo il trasporto facilitato del gas acido attraverso la membrana. Le prestazioni in termini di separazione di CO2 da miscele gas fornite da questa tecnologia vengono analizzate e confrontate con quelle offerte da altre tipologie di membrane: alcune basate sul meccanismo di solution-diffusion (membrane polimeriche e membrane impregnate di liquidi ionici room-temperature) ed altre caratterizzate da permeazione di CO2 con presenza di reazione chimica ottenuta mediante facilitatori (mobili o legati allo scheletro carbonioso del polimero costituente la membrana). I risultati ottenuti sono analizzati in merito alla possibile implementazione di tale sistema di separazione a membrana in processi di cattura di CO2 nell'ambito della tecnologia di Carbon Capture and Storage.

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Le apparecchiature di manovra tramite isolamento a gas (GIS) sono in funzione da più di 45 anni e hanno dimostrato un alto livello di affidabilità, con tassi di difetto molto bassi. Tuttavia, il riscontro pratico indica che alcuni dei guasti che si verificano durante il servizio sono legati a difetti del sistema di isolamento. Molti di questi difetti possono essere rilevati tramite diagnostica con scariche parziali (PD). Per la rilevazione PD, viene utilizzato il metodo UHF perché meno sensibile ai disturbi e quindi più facile da gestire in confronto al metodo convenzionale secondo IEC 60270. Un rapporto di Electra pubblicato nel 1999 dal CIGRE Task Force 15/33.03.05 descrive la procedura in due fasi per la verifica della sensibilità del sistema UHF in modo molto generale. Dopo 15 anni dalla sua applicazione, è diventata necessaria una descrizione più dettagliata, sia su misure necessarie al test di laboratorio (Passaggio 1) che sul test in loco (Passaggio 2).

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Il mio elaborato tratta le tecniche e le problematiche affrontate nella chirurgia mini invasiva in presenza di malattie vascolari; si parla di mini-invasiva in quanto la procedura d'intervento,come dice la parola stessa, non consiste in un vero e proprio intervento chirurgico ma bensi', nella maggior parte dei casi , si svolge in day- hospital. Dopo aver descritto cosa si intende per malattie vascolari e i fattori che portano alla loro comparsa all'interno del nostro organismo, mi focalizzo sulle tecniche utilizzate in fase di diagnosi da parte del cardiologo emodinamista per stabilire quale tipo di patologia è stata riscontrata sul paziente e la sua gravità e,successivamente, sulle tecniche d'intervento. Proprio per quel che riguarda le tecniche procedurali, descrivo quelle principalmente utilizzate nel campo della chirurgia mini-invasiva mettendo a confronto la classica tecnica dell'angioplastica, ormai utilizzata da anni, con quella dell'aterectomia che, in base al sistema di funzionamento e al tipo d'intervento da eseguire, si divide in due grosse branche: aterectomia direzionale e aterectomia rotazionale. Dopo aver illustrato il principio tecnologico e di funzionamento di ogni tecnica, in riferimento a studi eseguiti da parte di svariate equipe su un ampio range di pazienti, ho messo a confronto l'angioplastica con l'aterectomia per cercare di stabilire quale tra le due tecniche porta a risultati migliori, soprattutto a lungo termine, in modo tale da ridurre il rischio di restenosi nel paziente(ovvero un ulteriore restringimento nella zona del vaso dove si è intervenuti )

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Le prestazioni meccaniche di una miscela di conglomerato bituminoso dipendono principalmente dai materiali che la compongono e dalla loro interazione. La risposta tenso-deformativa delle sovrastrutture stradali è strettamente legata al comportamento reologico del legante bituminoso e dalla sua interazione con lo scheletro litico. In particolare nelle pavimentazioni drenanti, a causa dell’elevato contenuto di vuoti, il legame che si crea tra il legante (mastice bituminoso) e l’aggregato è molto forte, per questo motivo è importante migliorarne le prestazioni. Additivando il mastice con polverino di gomma da PFU (pneumatici fuori uso), non solo si migliorano prestazioni, resistenza alle deformazioni permanenti ed elastoplasticità del materiale, ma si sfruttano anche materiali di recupero, portando vantaggi anche dal punto di vista ambientale. In quest’ottica la ricerca effettuata nella tesi si pone come obiettivo l’analisi reologica e lo studio di mastici additivati con polverino di gomma ricavato da PFU, per la realizzazione di conglomerati bituminosi drenanti. In particolare, partendo da un bitume di base, sono stati preparati due mastici: il primo ottenuto miscelando bitume modificato e filler calcareo, il secondo aggiungendo al precedente anche il polverino di gomma. Tale studio è stato eseguito mediante l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer – UNI EN 14770), con il quale sono state affrontate tre prove: Amplitude Sweep test, per la valutazione del valore di deformazione di taglio γ entro il quale il materiale si mantiene all’interno del campo di viscoelasticità lineare (Linear visco-elasticity, LVE); Frequency Sweep test, per l’estrapolazione delle master curves; Multiple stress Creep Recovery, per valutare la resistenza del materiale alle deformazioni permanenti. Dall’analisi dei dati è stato possibile definire il comportamento reologico di entrambi i mastici e, in seconda analisi, confrontarne le caratteristiche e le prestazioni.

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La tesi ha l'obiettivo di analizzare e ottimizzare i flussi di approvvigionamento in un'azienda che produce su commessa: CT Pack S.r.L, specializzata nella realizzazione di macchine automatiche per il packaging di biscotti, gelato e cioccolato. Per raggiungere l'obiettivo si è preso come riferimento il modello proposto dal BPR (Business Process Reengineering): sono stati analizzati i principali attori coinvolti, in particolare fornitori e magazzino, mediante l'uso di KPI definiti ad hoc. Sulla base di questi sono stati individuati due processi critici: il primo riguarda la gestione del magazzino, che presenta un'elevata quantità di codici non movimentati anche a causa del processo di gestione del materiale avanzato al termine di ciascuna commessa; il secondo riguarda il materiale a consumo, che impiega i magazzinieri per un tempo eccessivo, è caratterizzato da giacenze per il 30% non movimentate e da supermarket collocati in officina ridondanti e caratterizzati da bassi tassi di utilizzo (anche sotto il 50%). Per risolvere questi problemi ed effettuare una riprogettazione si fa affidamento agli strumenti proposti dal project management: si imposta quindi un progetto che ha l'obiettivo di ridurre nel breve periodo il valore di magazzino mediante lo smaltimento attraverso diverse vie di codici non utilizzati e agisce nel lungo periodo per evitare che le criticità si ripropongano. Mediante la riprogettazione della gestione dei resi di produzione si prevede un maggior controllo, grazie al lavoro congiunto di ufficio tecnico e ufficio acquisti. La nuova gestione del materiale a consumo ha in se alcune delle tecniche proposte dalla lean production (il kanban, per esempio) e integra il fornitore nella catena di approvvigionamento, garantendo un maggior controllo sulle quantità, un risparmio di circa 7 h/mese di lavoro per i magazzinieri e una riduzione delle giacenze del 46%.

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Oggetto della tesi sono i sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, in particolare la diffusione in Europa delle stazioni di carica, i metodi di carica le caratteristiche della connessione del veicolo alla stazione, e della stazione alla rete pubblica di distribuzione. La tesi illustra lo stato dell’arte dei sistemi di ricarica, le norme relative, sia tecniche che di legge, l’interfaccia di connessione fra veicolo elettrico e stazione di ricarica, ancora oggetto di discussione e non ancora unificato a livello europeo. La tesi affronta anche i sistemi di protezione previsti dalla norma tecnica per la sicurezza delle persone dai contatti elettrici. La tesi contiene inoltre cenni al sistema di comunicazione tra veicolo e stazione di ricarica, e alla crescente attenzione della ricerca internazionale per le tecniche “vehicle to grid”.

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In questo elaborato è stato discusso il tema della depurazione delle acque reflue, in particolar modo il sistema SBR. L'SBR (Sequencing Batch Reactors) è un sistema di impianti di depurazione composto da una vasca di raccolta del liquame e una o più vasche in parallelo, i reattori, che consistono nel vero e proprio cure dell'impianto. Di fatto le fasi del processo depurativo restano immutate rispetto ad un impianto tradizionale, ma l'SBR introduce come nuovo parametro dimensionale il tempo. infatti, tutti i trattamenti depurativi sono svolti sequenzialmente nel reattore. Un programma gestisce le varie fasi del trattamento esclusivamente sulla base della loro durata (stabilita relativamente alla natura del refluo e quindi ai trattamenti da svolgere in maniera più o meno intensiva). Questa caratteristica rende l'intero impianto molto versatile nel caso di variazioni dei dati in ingresso. Per questo motivo gli impianti SBR sono ottimi per la piccola media impresa, in quanto sono facilmente adattabili alle variazioni stagionali di produzione. Sono inoltre possibili realizzazioni di impianti per il trattamento di ingenti portate, o elevate concentrazioni, ponendo più reattori in parallelo alimentati dalle stessa vasca di accumulo. In questo modo è possibile svolgere un maggiore numero di cicli depurativi al giorno e quindi rispettare i valori normativi in uscita dell'impianto. In conclusione questa tipologia d'impianto presenta notevoli vantaggi fra i quali anche quello di avere bassi costi operativi. La motivazione di ciò sta nel fatto che l'impianto lavora solo se ha effettivamente una portata, per cui se non vi è presenza di refluo il reattore non lavora e quindi non comporta costi.

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Il CTBT (Trattato di Bando Complessivo dei Test Nucleari) è un accordo multilaterale tra Stati, stilato nel 1996, che impone il divieto assoluto di effettuare esplosioni di tipo nucleare, sia per scopi civili che per scopi militari, in qualsiasi ambiente. Esso prevede l'istituzione di un sistema di verifica e monitoraggio che si prefigge lo scopo di rilevare tempestivamente se in una qualsiasi parte del mondo sia stato clandestinamente effettuato un test. Tra le varie tecniche utilizzate, la più decisiva per l'identificazione di un'esplosione è data dal monitoraggio di radionuclidi, che permette di fare ipotesi su di un eventuale evento illecito di origine nucleare se in una certa regione si rileva la presenza nell'ambiente di particolari isotopi radioattivi in quantità anomale. Attualmente, il metodo più efficace consiste nell'eventuale identificazione della presenza di quattro radioisotopi di gas nobili, ovvero xeno-131m, xeno-133, xeno-133m e xeno-135. Di recente, però, gli esperti hanno cominciato a valutare l'ipotesi di effettuare misurazioni anche di un altro radioisotopo di gas nobili, ovvero l'argon-37. L'efficacia nell'utilizzo di quest'ultimo è superiore a quella che caratterizza il monitoraggio dello xeno, anche se il motivo per cui il metodo di rilevazione dell'argon non è ancora sfruttato è dato dall'estrema difficoltà che la sua misurazione comporta. Obiettivo di questo lavoro è proprio quello di analizzare le potenzialità dell'utilizzo di tale radioisotopo dell'argon per gli scopi di verifica del CTBT, di descrivere l'attuale stato dell'arte delle tecnologie disponibili per la sua misurazione e di valutare quantitativamente il fondo di argon-37 naturalmente presente, in modo da stabilire i criteri con cui si possa dire se le quantità rilevate siano compatibili con la normale presenza di tale radioisotopo oppure se siano senza dubbio dovute a un'avvenuta esplosione.