997 resultados para Sicilia (Reino)-Historia-s. XVII


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The authors point out the main lines of the development of sportive practices on Mediterranean countries, during XX th century. They also expose some methodological issues as a contribute to the making of a social and cultural history of sports.

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The authors point out the main lines of the development of sportive practices on Mediterranean countries, during XX th century. They also expose some methodological issues as a contribute to the making of a social and cultural history of sports.

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ELEKTRA-lisenssi

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Pyrenae acoge la reseña de una obra divulgativa, que debe ser valorada dentro de ese género. No obstante, su lectura también será útil para cualquier profesional que quiera abrir una cata en el estado de la arqueología peninsular de finales de la primera década del siglo XXI, puesto que la firma un doctor en la materia y no un divulgador procedente de otro campo. El arqueólogo enamorado va precedido de un prólogo escrito con amor por Carmen Rigalt, periodista y madre del autor. Bajo el subtítulo Historia oculta de la arqueología española: de los hallazgos fortuitos a los falsificadores de tesoros, se plantea un proyecto elogiable, que aspira a ofrecer un panorama completo del pasado hispánico, desde la más remota prehistoria a los visigodos, haciendo cuadrar, de forma bastante equilibrada, la amplia geografía peninsular en 14 capítulos y una introducción.

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Los malos estudiantes de historia se lamentan de tener que leer y digerir las opiniones de diversos autores. Estas opiniones son en muchos casos divergentes o contradictorias y una de las primeras funciones de los estudios históricos y de los manuales de historia debería ser hacerles comprender el porqué de esta situación. Diversas personas llegan a diversas conclusiones a partir de los mismos hechos históricos porque, sencillamente, cada uno de nosotros es único y ve el mundo que le rodea de manera diferente. ¿Es difícil, entonces, llegar a conclusiones de tipo histórico? ¿Es difícil escribir historia?

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La necrópolis del Cozzo delle Giummare y la de la Grotta del Murmuro, situadas en las laderas del Monte Finocchito, pertenecen a dos pequeños caseríos del arrabal. Fueron descubiertas por Paolo Orsi a pocos kilómetros de la cumbre del monte - donde estaba asentada la ciudad rodeada de la vasta necrópolis del Finocchito-, precisamente en las laderas meridionales junto a las que transcurre el río Tellaro. Orsi las consideró como necrópolis dependientes de la misma ciudad y estaba convencido de que pertenecían a idéntica época que aquélla, por dos razones fundamentales: a} Estaban separadas de la ciudad por 3 o 4 km. únicamente. b} La mayoría de los materiales de estos cementerios pueden englobarse dentro de la llamada Civilización o Cultura del Finocchito (730-650 a. de J. C.). La necrópolis del Cozzo delle Giummare, denominada así por la Chamerops humilis, que crece allí frecuentemente, ocupa la parte extrema de un contrafuerte poco ondulado. Consta de treinta sepulturas relacionadas con un pequeño hábitat que debía existir en una planicie situada a mayor altura, la cual dista 2,5 km. de la cúspide de la montaña. Orsi, a través de un examen superficial de las sepulturas, creyó que pertenecían a la cultura de Casteluccio (primer período de Orsi); sin embargo, no sabía cómo conciliar con esta hipótesis la presencia de pequeños bronces típicos de la fase IV de Pantálica (tercer período de Orsi), recogidos en el mismo lugar por algunos pastores . . Mediante las excavaciones, Orsi descubrió un hecho nuevo: los sepulcros de la época de Casteluccio, con sus esqueletos y sus ajuares parcial o enteramente conservados, fueron reutilizados después de muchos siglos por gentes contemporáneas de los constructores del poblado y la necrópolis del Finocchito.

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Savilkums: Latvijas igauni

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Amb aquests dos gruixuts volums Joan Peytaví fa un regal inestimable als filòlegs, particularment als estudiosos de l"onomàstica i la llengua catalanes, als historiadors i estudiosos de la història de la població i, en general, a la cultura catalana i, especialment, a la de la Catalunya del Nord.

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Nella mia tesi di dottorato mi concentro sul poema di Lucrezia Marinelli, L'Enrico, ovvero Bisanzio acquistato, pubblicato a Venezia nel 1635, indagando le strategie messe in atto dall'autrice per rivisitare il genere epico in un'ottica di riscatto femminile. Rispetto al canone epico e, in particolare, al modello di riferimento - la Gerusalemme liberata del Tasso - le vicende nodali sono, infatti, riscritte da un punto di vista chiaramente femminile. Pur occupandomi principalmente dell'opera di Marinelli, in alcuni casi nel corso del mio lavoro propongo dei confronti con altri poemi epici e cavallereschi prodotti da donne - in particolare I tredici canti del Floridoro di Moderata Fonte (1581) - volti a mostrare come le scrittrici avessero degli intenti comuni, dialogando in maniera critica con i modelli maschili da cui, tuttavia, traggono ispirazione. Nei primi capitoli del mio lavoro prendo in esame alcuni personaggi tradizionali dell'epica (le guerriere, la maga, ...) presenti ne L'Enrico e ne ripercorro gli episodi topici (le sortite notturne, l'eroe sull'isola, ...) dimostrando come, pur inserendosi coerentemente nel genere epico, siano caratterizzati in modo sostanzialmente diverso rispetto alla precedente tradizione maschile. Il primo capitolo si concentra sulle figure di guerriere, le quali presentano - rispetto ai precedenti modelli - differenze notevoli: non si lasciano coinvolgere in vicende amorose e non finiscono per essere sottomesse o uccise da un uomo, mantenendo così coerentemente intatti i valori di forza e indipendenza. Neppure la maga sull'isola - presa in esame nel capitolo dedicato alle Altre figure di donne idealizzate - è coinvolta in vicende sentimentali o caratterizzata sensualmente. L'autrice la rappresenta, non alla stregua di una tentatrice al servizio delle forze del male, ma come una donna colta, casta e disposta ad aiutare il cavaliere naufragato sulla sua isola. Nello stesso capitolo sono indagate anche altre figure femminili idealizzate, per taluni aspetti meno innovative, ma ugualmente interessanti: la Vergine, la personificazione di Venezia e la Musa. Queste rappresentazioni dal carattere iconico, presentano, infatti, diverse caratteristiche in comune con i personaggi più attivi del poema, le guerriere e la maga. Il capitolo Delle pene e delle tragedie amorose è dedicato all'amore e ai suoi esiti tragici. Le figure di donna coinvolte sono le madri, le mogli e Idillia, in cui è riconoscibile il personaggio topico della "damigella in difficoltà". Queste protagoniste, destinate a soffrire perché abbandonate dall'uomo che amano - il quale sente più forte il richiamo della guerra rispetto a quello dell'amore - servono da exempla, dimostrando che attaccamento affettivo e dipendenza conducono inesorabilmente all'infelicità. Rispetto al canone epico Marinelli riscatta alcune figure femminili, permettendo alle sue guerriere di prendersi la rivincita, vendicando la morte di eroine quali Camilla e Clorinda. Conseguentemente, alcuni guerrieri sono destinati a morire per mano di una donna. Nel quarto capitolo, mi concentro proprio su La sconfitta degli eroi, mettendo in luce come l'autrice proponga una sua personale regola del contrappasso, volta a cambiare (e addirittura invertire) le sorti dei personaggi che animano il suo poema. Questi aspetti risultano essere ancora più significativi se confrontati con l'opera - data alle stampe per la prima volta nel 1600 - intitolata Nobiltà et eccellenza delle donne. In questo trattato Marinelli sosteneva la superiorità del genere femminile su quello maschile. Alcune delle posizioni assunte nello scritto giovanile sono confermate dai personaggi e dalle vicende che animano l'Enrico. Confronti puntuali fra trattato e poema epico sono effettuati nell'ultimo capitolo del mio lavoro, sottolineando come fra le due opere vi siano delle affinità volte a confermare l'eccellenza delle donne.