997 resultados para Muratura, mattoni, malta, resistenza, consolidamento
Resumo:
Il lavoro di tesi, svolto presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (ISTEC-CNR, Faenza, RA), ha affrontato la produzione e la caratterizzazione di ceramici a base di boruro di zirconio (ZrB2) con lo scopo di valutare l’efficacia delle fibre corte di carbonio come potenziale rinforzo. Il boruro di zirconio appartiene a una famiglia di materiali noti come UHTC (Ultra-High Temperature Ceramics) caratterizzati da elevato punto di fusione e in grado di mantenere la resistenza meccanica e operare con limitata ossidazione a temperature superiori ai 2000°C. Il principale ostacolo nella produzione dei materiali a base di ZrB2 è il processo di sintesi, infatti, a causa della loro elevata temperatura di fusione, per ottenere un materiale completamente denso è necessario utilizzare processi a temperatura e pressione elevati (T > 2000°C e P > 30 MPa), condizioni che vanno ad influenzare la microstruttura della matrice e delle fibre e di conseguenza le proprietà meccaniche del materiale. L’aggiunta di additivi di sinterizzazione idonei permette di ottenere materiali perfettamente densi anche a temperature e pressioni inferiori. Tuttavia lo ZrB2 non viene ampiamente utilizzato per applicazioni strutturali a causa della sua fragilità, per far fronte alla sua bassa tenacità il materiale viene spesso rinforzato con una fase allungata (whiskers o fibre). È già oggetto di studi l’utilizzo di fibre corte e whiskers di SiC per tenacizzare lo ZrB2, tuttavia la forte interfaccia che viene a crearsi tra fibra e matrice, che non permette il pull-out delle fibre, ci porta a credere che una fibra che non tenda a reagire con la matrice, presentando un’interfaccia più debole, possa portare ad una tenacizzazione più efficace. Per questo scopo sono stati realizzati mediante pressatura a caldo due materiali rinforzati con fibre corte di carbonio: ZrB2 + 5% vol MoSi2 + 8% vol fibre di carbonio e [ZrB2 + 2 % peso C] + 8% vol fibre di carbonio, indicati rispettivamente con Z5M_Cf e Z2C_Cf. Sono stati analizzati e discussi diversi aspetti del materiale rinforzato tra cui: il comportamento di densificazione durante la pressatura a caldo, l’evoluzione della microstruttura della matrice, la distribuzione e la morfologia delle fibre, l’influenza del rinforzo sulle proprietà meccaniche di durezza e tenacità e sulla resistenza all’ossidazione. L’elaborato è strutturato come segue: inizialmente sono state introdotte le caratteristiche generali dei ceramici avanzati tra cui le proprietà, la produzione e le applicazioni; successivamente è stata approfondita la descrizione dei materiali a base di boruro di zirconio, in particolare i processi produttivi e l’influenza degli additivi di sinterizzazione sulla densificazione e sulle proprietà; ci si è poi concentrati sull’effetto di una seconda fase allungata per il rinforzo del composito. Per quanto riguarda la parte sperimentale vengono descritte le principali fasi della preparazione e caratterizzazione dei materiali: le materie prime, disperse in un solvente, sono state miscelate mediante ball-milling, successivamente è stato evaporato il solvente e la polvere ottenuta è stata formata mediante pressatura uniassiale. I campioni, dopo essere stati sinterizzati mediante pressatura uniassiale a caldo, sono stati tagliati e lucidati a specchio per poter osservare la microstruttura. Quest’ultima è stata analizzata al SEM per studiare l’effetto dell’additivo di sinterizzazione (MoSi2 e carbonio) e l’interfaccia tra matrice e fase rinforzante. Per approfondire l’effetto del rinforzo sulle proprietà meccaniche sono state misurate la durezza e la tenacità del composito; infine è stata valutata la resistenza all’ossidazione mediante prove in aria a 1200°C e 1500°C. L’addizione di MoSi2 ha favorito la densificazione a 1800°C mediante formazione di una fase liquida transiente, tuttavia il materiale è caratterizzato da una porosità residua di ~ 7% vol. L’addizione del carbonio ha favorito la densificazione completa a 1900°C grazie alla reazione dall’additivo con gli ossidi superficiali dello ZrB2. La microstruttura delle matrici è piuttosto fine, con una dimensione media dei grani di ~ 2 μm per entrambi i materiali. Nel caso del materiale con Z5M_Cf sono presenti nella matrice particelle di SiC e fasi MoB derivanti dalla reazione dell’additivo con le fibre e con la matrice; invece nel materiale Z2C_Cf sono presenti grani di carbonio allungati tra i bordi grano, residui delle reazioni di densificazione. In entrambi i materiali le fibre sono distribuite omogeneamente e la loro interfaccia con la matrice è fortemente reattiva. Nel caso del materiale Z5M_Cf si è formata una struttura core-shell con lo strato più esterno formato da SiC, formato dalla reazione tra il siliciuro e la fibra di C. Nel caso del materiale Z2C_Cf non si forma una vera e propria interfaccia, ma la fibra risulta fortemente consumata per via dell’alta temperatura di sinterizzazione. I valori di durezza Vickers dei materiali Z5M_Cf e Z2C_Cf sono rispettivamente 11 GPa e 14 GPa, valori inferiori rispetto al valore di riferimento di 23 GPa dello ZrB2, ma giustificati dalla presenza di una fase meno dura: le fibre di carbonio e, nel caso di Z5M_Cf, anche della porosità residua. I valori di tenacità dei materiali Z5M_Cf e Z2C_Cf, misurati con il metodo dell’indentazione, sono rispettivamente 3.06 MPa·m0.5 e 3.19 MPa·m0.5. L’osservazione, per entrambi i materiali, del fenomeno di pull-out della fibra, sulla superficie di frattura, e della deviazione del percorso della cricca, all’interno della fibra di carbonio, lasciano supporre che siano attivi questi meccanismi tenacizzanti a contributo positivo, unitamente al contributo negativo legato allo stress residuo. La resistenza all’ossidazione dei due materiali è confrontabile a 1200°C, mentre dopo esposizione a 1500°C il materiale Z5M_Cf risulta più resistente rispetto al materiale Z2C_Cf grazie alla formazione di uno strato di SiO2 protettivo, che inibisce la diffusione dell’ossigeno all’interno della matrice. Successivamente, sono stati considerati metodi per migliorare la densità finale del materiale e abbassare ulteriormente la temperatura di sinterizzazione in modo da minimizzare la degenerazione della fibra. Da ricerca bibliografica è stato identificato il siliciuro di tantalio (TaSi2) come potenziale candidato. Pertanto è stato prodotto un terzo materiale a base di ZrB2 + Cf contenente una maggiore quantità di siliciuro (10% vol TaSi2) che ha portato ad una densità relativa del 96% a 1750°C. Questo studio ha permesso di approcciare per la prima volta le problematiche legate all’introduzione delle fibre di carbonio nella matrice di ZrB2. Investigazioni future saranno mirate alla termodinamica delle reazioni che hanno luogo in sinterizzazione per poter analizzare in maniera più sistematica la reattività delle fibre nei confronti della matrice e degli additivi. Inoltre riuscendo ad ottenere un materiale completamente denso e con fibre di carbonio poco reagite si potrà valutare la reale efficacia delle fibre di carbonio come possibili fasi tenacizzanti.
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Scopo di questo lavoro è quello di analizzare le componenti tattiche, strategiche e sociali della guerriglia antiromana in Britannia e in Giudea, in un periodo che va dal I secolo a. C. al III secolo d. C., con l'obiettivo di mettere in luce la differente efficacia delle tattiche non ortodosse rispetto a quelle convenzionali; e di analizzare le risposte teoriche ed empiriche concepite dai Romani per affrontare questa forma di lotta. La tesi è stata articolata nel modo seguente: una prima parte analizza gli aspetti tattici, strategici e sociali della guerriglia e della controguerriglia, anche attraverso il metodo comparativo, mettendo cioè a confronto alcuni dei principali testi sulla guerra non convenzionale redatti in epoche e contesti diversi, dai quali si è cercato di delle costanti potenzialmente applicabili a qualsiasi periodo storico e a qualsiasi area geografica. Nella seconda parte si cerca di applicare tali costanti alla realtà storico – sociale dell'impero romano. Particolare attenzione è stata riservata al rapporto tra la mentalità romana, basata sul concetto di bellum iustum, e le tattiche non ortodosse. La terza e la quarta parte analizzano la resistenza antiromana in Britannia e in Giudea, mettendone in luce tutti gli aspetti, in particolare quelli legati alla guerriglia rurale, a quella urbana, al terrorismo, all'evoluzione della guerriglia da guerra per bande a guerra convenzionale e alla controguerriglia. La scelta di queste due province non è casuale. In province così lontane e diverse tra loro, Roma inviò spesso gli stessi generali esperti di controguerriglia. Questo particolare permette di notare la presenza, a Roma, di una grand strategy che, consapevole del fenomeno della guerriglia, ne affidò la repressione agli stessi generali, specialisti della controguerriglia, non esitando a spostarli, in caso di necessità, da un capo all'altro dell'impero.
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Nel Comune di Ravenna, oltre 6.800 ettari di terreni agricoli sono a rischio salinizzazione, a causa dell’alta salinità delle acque sotterranee presenti all’interno dell’acquifero freatico costiero. L'area è interessata da subsidenza naturale, per compattazione dei sedimenti alluvionali e antropica, causata dall’estrazione di gas e dall’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee. Ne deriva che la maggior parte di questo territorio è sotto il livello medio del mare e l'agricoltura, così come ogni altra attività umana, è possibile grazie ad una fitta rete di canali di drenaggio che garantiscono il franco di coltivazione. L’agricoltura è una risorsa importante per la zona, ma a causa della scarsa disponibilità di acque dolci e per l’aumento dei processi di salinizzazione dei suoli, necessita di un cambiamento. Servono pratiche agricole sostenibili, con idonei requisiti irrigui, di drenaggio del suolo, di resistenza alla salinizzazione e di controllo del suolo. Dopo un’analisi generale sulle condizioni dell’acquifero, è stato monitorato un transetto di 10km rappresentativo della parte costiera di Ravenna. Infine, con l'obiettivo di comprendere l'interazione tra un canale d'irrigazione e le acque sotterranee, una piccola area agricola (12 ettari), è stata monitorata nel corso del 2011 utilizzando metodi idrologici, geochimici e geofisici. I risultati di questo lavoro mostrano una diffusa salinizzazione della falda freatica, ma anche la presenza di una lente d'acqua dolce spessa 5m, a 400m dalla linea di riva, con caratteristiche chimiche (hydrofacies) tipici di acque continentali e con dimensioni variabili stagionalmente. Questa bolla di acqua dolce si è originata esclusivamente dalle infiltrazioni dal canale d’irrigazione presente, in quanto, il contributo dell’irrigazione superficiale è stato nullo. Sfruttando la rete di canali di drenaggio già presente sarebbe possibile estendere questo processo d’infiltrazione da canale in altre porzioni dell’acquifero allo scopo di ricaricare l’acquifero stesso e limitare la salinizzazione dei suoli.
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Lo scopo di questa tesi è stato la produzione di un elettrolizzatore ad ossidi solidi (SOEC) mediante tecniche economiche e facilmente industrializzabili. Fondamentale a questo scopo è stata la realizzazione di una semicella costituita da un anodo poroso a base di La0.8Sr0.2MnO3-Ce0.8Gd0.2O2-δ (LSM-GDC) ed un elettrolita denso a base di Ce0.8Gd0.2O2-δ (GDC). Le tecniche utilizzate per la produzione di questo sistema sono state il colaggio su nastro e la serigrafia. Anche se generalmente, le celle SOEC vengono prodotte catodo supportate, in questo studio, l’elemento supportante scelto è stato l’anodo poiché questo garantisce una migliore stabilità meccanica all’intera cella. Tale substrato è stato ottenuto mediante colaggio su nastro accoppiato con un metodo innovativo di sinterizzazione denominato sinterizzazione reattiva, processo che prevede la formazione della fase di interesse durante un unico trattamento termico di eliminazione degli additivi organici e consolidamento del manufatto finale. La membrana elettrolitica per l’ottenimento del bilayer anodo-elettrolita, è stata prodotta mediante sia serigrafia che colaggio su nastro. L’accurato studio dell’evoluzione di fase della polvere anodica, l’ottimizzazione della sospensione per colaggio su nastro e dei trattamenti termici hanno permesso l’ottenimento di anodi (fino a dimensioni di 10x10 cm2). Lo studio dei profili di sinterizzazione delle polveri anodica ed elettrolitica e dell’influenza della tecnica di formatura sulla sinterabilità dei layer elettrolitici prodotti hanno inoltre permesso l’ottenimento di una semicella planare costituita da un elettrodo poroso ed una membrana elettrolitica densa adatte per applicazioni SOEC.
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I test di qualifica a vibrazioni vengono usati in fase di progettazione di un componente per verificarne la resistenza meccanica alle sollecitazioni dinamiche (di natura vibratoria) applicate durante la sua vita utile. La durata delle vibrazioni applicate al componente durante la sua vita utile (migliaia di ore) deve essere ridotta al fine di realizzare test fattibili in laboratorio, condotti in genere utilizzando uno shaker elettrodinamico. L’idea è quella di aumentare l’intensità delle vibrazioni riducendone la durata. Esistono diverse procedure di Test Tailoring che tramite un metodo di sintesi definiscono un profilo vibratorio da applicare in laboratorio a partire dalle reali vibrazioni applicate al componente: una delle metodologie più comuni si basa sull’equivalenza del danno a fatica prodotto dalle reali vibrazioni e dalle vibrazioni sintetizzate. Questo approccio è piuttosto diffuso tuttavia all’autore non risulta presente nessun riferimento in letteratura che ne certifichi la validità tramite evidenza sperimentalmente. L’obiettivo dell’attività di ricerca è stato di verificare la validità del metodo tramite una campagna sperimentale condotta su opportuni provini. Il metodo viene inizialmente usato per sintetizzare un profilo vibratorio (random stazionario) avente la stessa durata di un profilo vibratorio non stazionario acquisito in condizioni reali. Il danno a fatica prodotto dalla vibrazione sintetizzata è stato confrontato con quello della vibrazione reale in termini di tempo di rottura dei provini. I risultati mostrano che il danno prodotto dalla vibrazione sintetizzata è sovrastimato, quindi l’equivalenza non è rispettata. Sono stati individuati alcuni punti critici e sono state proposte alcune modifiche al metodo per rendere la teoria più robusta. Il metodo è stato verificato con altri test e i risultati confermano la validità del metodo a condizione che i punti critici individuati siano correttamente analizzati.
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In questo studio di tesi è stata eseguita un' analisi storico critica sugli edifici del complesso della Clinica Neurologica di Bologna, sono state valutate le sollecitazioni attraverso una modellazione 3D con software agli elementi finiti SAP2000, e sono state eseguite le verifiche dei meccanismi di collasso globali, locali ed inoltre verifiche di deformabiltà.
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Lo studio si propone di perfezionare un protocollo operativo, per monitorare nel tempo la vulnerabilità sismica dei centri storici italiani, attraverso la semplice determinazione di semplici indici.
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Questo studio ha come obiettivo la definizione di un protocollo operativo per la valutazione e il monitoraggio nel tempo della vulnerabilità sismica dei centri storici a scala dell'aggregato. Attraverso la ricostruzione delle fasi di trasformazione e delle caratteristiche tecniche locali si individuano e analizzano e carenze peculiari e, con la determinazione degli indici, si fornisce un giudizio globale sull'aggregato.
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La presente tesi tratta il comportamento meccanico delle fasce di piano in muratura composite. Con tale termine ci si riferisce alle fasce di piano che hanno al di sotto un elemento portante in conglomerato cementizio armato, come ad esempio cordoli o solai. Assieme ai maschi murari, le fasce di piano costituiscono gli elementi portanti di una parete in muratura. Tuttavia, in caso di analisi sismica di un edificio in muratura, l’effetto fornito da tali elementi è trascurato e si considera solamente il contributo dei maschi murari. Ciò è dovuto anche alla scarsa conoscenza che ancora oggi si possiede sul loro comportamento meccanico. Per questo motivo diversi gruppi di ricerca tutt’ora sono impegnati in tale studio. In particolare, il lavoro di questa tesi, s’inserisce nel più ampio progetto di ricerca condotto dalla professoressa Katrin Beyer, direttrice del Laboratorio di Ingegneria Sismica e Dinamica Strutturale del Politecnico di Losanna (Svizzera).
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The quest for universal memory is driving the rapid development of memories with superior all-round capabilities in non-volatility, high speed, high endurance and low power. The memory subsystem accounts for a significant cost and power budget of a computer system. Current DRAM-based main memory systems are starting to hit the power and cost limit. To resolve this issue the industry is improving existing technologies such as Flash and exploring new ones. Among those new technologies is the Phase Change Memory (PCM), which overcomes some of the shortcomings of the Flash such as durability and scalability. This alternative non-volatile memory technology, which uses resistance contrast in phase-change materials, offers more density relative to DRAM, and can help to increase main memory capacity of future systems while remaining within the cost and power constraints. Chalcogenide materials can suitably be exploited for manufacturing phase-change memory devices. Charge transport in amorphous chalcogenide-GST used for memory devices is modeled using two contributions: hopping of trapped electrons and motion of band electrons in extended states. Crystalline GST exhibits an almost Ohmic I(V) curve. In contrast amorphous GST shows a high resistance at low biases while, above a threshold voltage, a transition takes place from a highly resistive to a conductive state, characterized by a negative differential-resistance behavior. A clear and complete understanding of the threshold behavior of the amorphous phase is fundamental for exploiting such materials in the fabrication of innovative nonvolatile memories. The type of feedback that produces the snapback phenomenon is described as a filamentation in energy that is controlled by electron–electron interactions between trapped electrons and band electrons. The model thus derived is implemented within a state-of-the-art simulator. An analytical version of the model is also derived and is useful for discussing the snapback behavior and the scaling properties of the device.
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La necessità di raggiungere la sostenibilità ambientale delle produzioni industriali rappresenta un motore di sviluppo per tecnologie impiantistiche innovative e nuove filosofie produttive. Ad esempio, la necessità di promuovere lo smaltimento dei clorofluorocarburi, causa i loro dimostrati effetti dannosi sullo strato di ozono stratosferico, ha promosso lo sviluppo di nuovi processi industriali[1]. In questo ambito ha acquisito sempre maggior importanza la reazione di idrodeclorurazione, in particolare, rivolta alla produzione di idrocarburi fluorurati insaturi che mostrino caratteristiche interessanti per la produzione di polimeri con specifiche proprietà di resistenza meccanica, termica e chimica[2]. In questo lavoro di tesi sono stati studiati catalizzatori innovativi per la reazione di idrodeclorurazione in presenza di H2 di un etere clorofluorurato prodotto dalla Solvay Specialty Polymers Italy (1,2dicloro 1,2,2-trifluoro-1-trifluorometossi etano - AM) per la produzione di perfluorometilviniletere (MVE).
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Lo studio effettuato pone le sue basi sulla ricerca di materiali stradali che combinino ad elevati standard prestazionali, la riduzione dell’impatto ambientale in fase realizzativa e manutentiva. In particolare il seguente lavoro si occupa dello studio di 7 leganti modificati con polimeri ed additivati con cere. I primi infatti conferiscono alla miscela maggiore elastoplasticità, incrementandone la durabilità e la resistenza a fatica. Nei secondi la presenza del materiale paraffinico contribuisce a ridurre la viscosità del bitume, consentendo un notevole abbassamento della temperatura di produzione e stesa della miscela. Numerosi studi hanno dimostrato che le caratteristiche meccaniche della pavimentazione sono fortemente influenzate dal grado di ossidazione delle componenti organiche del bitume, ovvero dal fenomeno dell’invecchiamento o aging. Pertanto allo studio reologico del bitume, si sono affiancate prove di simulazione dell’ invecchiamento nel breve e lungo termine. In fase di ricerca sperimentale si sono analizzati i leganti modificati ed additivati secondo la teoria della viscoelasticità, simulando le reali condizioni di carico ed invecchiamento alle quali il bitume è sottoposto. Tutte le prove di caratterizzazione reologica avanzata sono state effettuate mediante l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer - UNI EN 14770 ) in varie configurazioni di prova e l’invecchiamento a breve termine è stato simulato mediante RTFOT (Rolling thin film oven test -UNI EN 12607-1). Si è proposto inoltre una nuova procedura di aging invecchiando il bitume alla temperatura di Twork, ovvero a quel valore della temperatura tale per cui, in fase di messa in opera, si avrà una distribuzione molecolare omogenea del modificante all’interno del bitume.
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L’area posta a monte della strada provinciale Diga Salto – Bivio Rocca Vittiana del comune di Varco Sabino (RI), è stata risanata dopo che l’Amministrazione Provinciale di Rieti ha indetto un appalto concorso esteso a tutto il territorio nazionale nel 1990. A seguito degli interventi di bonifica e consolidamento della zona suddetta, nonché di protezione e presidio del sottostante tratto di S.P. (Figura 50) con le relative proposte di manutenzione ad oggi non pervenute, si è voluto intraprendere questo studio, mostrando le soluzioni adottate in passato e confrontandole con lo stato dei luoghi al 2013. Tutto ciò è nato dalla consapevolezza e conoscenza del territorio reatino e dalla sua propensione al dissesto, che già dall’età romana e dalla metà del ‘900, ha subito profondi cambiamenti a seguito di considerevoli opere di bonifica e sistemazioni territoriali come la realizzazione dei bacini artificiali del Salto e del Turano per rendere più agevole l’insediamento e la colonizzazione dei terreni della Piana di Rieti, anticamente occupata dalle acque del Lacus Velinus. Proprio dove fu eretta la diga del Salto sotto Rocca Vittiana di Varco Sabino, corre la strada provinciale e quel Suo sciagurato tratto di 500 m bersaglio di massi in caduta libera dal monte sovrastante. Le frane per crollo appaiono tra i dissesti maggiormente pericolosi e frequenti e, nel contempo, i meno considerati negli studi geologici. Nella Provincia di Rieti sono ricorrenti i fenomeni di questo tipo di frana...
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L’alluminio, grazie alla sua bassa temperatura di fusione e all’elevata fluidità di molte leghe, è uno dei metalli più versatili in fonderia. Per ottenere il massimo delle proprietà resistenziali, le leghe che lo permettono sono sottoposte a trattamento termico. Questo, però, in componenti geometricamente complessi può far insorgere tensioni residue che inficeranno la resistenza del materiale durante la sua messa in esercizio. Gli obiettivi della presente ricerca sono stati: la valutazione dell’incidenza del mezzo temprante usato durante il trattamento termico sulle tensioni residue che si sviluppano nella lega AlSi7Mg e la definizione di come questo potesse essere modificato per ridurre le tensioni senza peggiorare le proprietà resistenziali del materiale. Per tale ragione sono state eseguite prove di trattamento termico, analisi microstrutturali e test di durezza su campioni estratti direttamente da getti colati in sabbia.