937 resultados para Geo-referenciação
Resumo:
Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Università di Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondità di indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.
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La sedimentazione clastica di mare profondo è attualmente uno dei principali argomenti della ricerca sedimentologica sia in ambito puramente accademico che in ambito petrolifero-industriale. Gli studi recenti hanno enfatizzato l'influenza fondamentale della topografia preesistente del fondo marino sulla crescita e la morfologia sui fan di mare profondo; si è visto come, in molti systemi torbiditici, l’evoluzione dei processi deposizionali sia stata da moderatamente a fortemente controllata dall’ effetto di confinamento di scarpate tettoniche, ridge strutturali e seamounts. Scopo di questo lavoro è studiare l'effetto del confinamento alla scala di bacino sui principali sistemi torbiditici del margine orientale della Sardegna che rappresenta un margine passivo articolato di bacini di intraslope confinati verso mare da seamounts. Lo studio dei sistemi deposizionali è stato eseguito attraverso l'interpretazione di dati di batimetria multibeam ad alto dettaglio acquisiti dall’ISMAR di Bologna durante la crociera Tir99. L’ interpretazione multibeam è stata integrata con l’ analisi di profili sismici a riflessione per comprendere la morfologia l’organizzazione interna e l’evoluzione nel tempo dei principali elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. Tre bacini di intraslope (Olbia, Baronie e il settore settentrionale del bacino Ogliastra) sono stati investigati. Il bacino di Olbia è il bacino più settentrionale del margine orientale della Sardegna ed è limitato verso mare dai seamount Etruschi e Baronie. Il principale sistema torbiditico del bacino di Olbia è costituito dal Caprera, articolato in un sistema di canyon alimentatori nella piattaforma e nella scarpata continentale e da un ampio canale con argini alla base della scarpata. Il Caprera è fiancheggiato da un ampia piattaforma continentale, e questa, fungendo da “magazzino” per il materiale piu grossolando, può spiegare la peculiare architettura sedimentaria del suo fan. L'effetto di confinamento del bacino sulla forma e sull'evoluzione del fan del Caprera è evidente soprattutto sull'asimmetria dei leve e su fenomeni di avulsione che hanno coinvolto il canale. Il bacino di intraslope di Olbia appare completamente riempito, e, nel bordo orientale, è presente il canyon di intrabacino verso il bacino sottostante. Gli effetti dell'abbassamento del livello di base sono visibili nel settore distale del sistema, dove si ha lo sviluppo di canali distributari e di valli erosive a basso rilievo, che rappresentano le porzioni "upslope" dei canyon di "bypass". Il bacino di intraslope del Baronie è il bacino centrale del margine, confinato verso mare dal seamount delle Baronie, e presenta una via di fuga laterale rappresentato dal sistema di canyon di Gonone-Orosei. Il Posada è il sistema torbiditico principale, consiste di un canyon profondamente inciso nella piattaforma e nella scarpata, e sviluppa alla base della scarpata un piccolo fa radiale. La morfologia del è il risultato dell'interazione complessa tra la geoemtria del bacino ricevente ed il comportamento dei flussi sedimentari. La forma del bacino ha costretto il sistema torbiditico a cambiare la direzione di sviluppo, da est verso sud. Processi di framanento in massa a grande scala hanno inoltre contribuito alla riorganizzazione del sistema torbiditico. Il bacino dell’Ogliastra è localizzato nel settore meridionale del margine, limitato verso mare dal seamount Quirra. Il settore settentrionale della scarpata continentale del bacino Ogliastra è caratterizzato da canyon e incisioni di carattere ibrido, con tratti deposizionali ed erosivi. L'Arbatax è il principale sistema torbiditico del bacino di Ogliastra caratterizzato da un settore meridionale dominato da un canale alimentatore e da un settore settentrionale abbandonato, caratterizzato da fenomeni di smantellamento e instabilità gravitativa. In generale i risultati dello studio evidenziano l'importanza della combinazione dei fattori di controllo esterni, e della topografia preesistente, nello sviluppo dei processi sedimentari e degli elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. In particolare, appare evidente come lo stile deposizionale dei sistemi torbiditici in ambiente confinato diverga sostanzialmente da quello previsto dai modelli di fan sottomarini usati come strumenti predittivi nella esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.
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Extensive mass transport deposits and multiple slide scars testify widespread and recurrent submarine sediment failures occurring during the late Quaternary on the SW-Adriatic and SE-Sicilian margins. These mass movements and their consequences contributed to shape the continental slopes and fill the basins with characteristic signatures. Geomorphological, seismo-stratigraphic, sedimentological and biostratigraphic data provide clues to: 1) define distinct failure mechanisms investigating on factors that determine dissimilar organization of coeval displaced masses, 2) reconstruct successive phases of failure stressing on the same location where slide scars crosscut and mass-transport deposits overlap, 3) analyze regional setting and indicate the most suitable place where to calculate mass wasting frequency. Discussions on the role of fluid flow, currents activity and tectonic deformation determine a wider view on the construction of the studied continental margins.
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This volume is a collection of the work done in a three years-lasting PhD, focused in the analysis of Central and Southern Adriatic marine sediments, deriving from the collection of a borehole and many cores, achieved thanks to the good seismic-stratigraphic knowledge of the study area. The work was made out within European projects EC-EURODELTA (coordinated by Fabio Trincardi, ISMAR-CNR), EC-EUROSTRATAFORM (coordinated by Phil P. E. Weaver, NOC, UK), and PROMESS1 (coordinated by Serge Bernè, IFREMER, France). The analysed sedimentary successions presented highly expanded stratigraphic intervals, particularly for the last 400 kyr, 60 kyr and 6 kyr BP. These three different time-intervals resulted in a tri-partition of the PhD thesis. The study consisted of the analysis of planktic and benthic foraminifers’ assemblages (more than 560 samples analysed), as well as in preparing the material for oxygen and carbon stable isotope analyses, and interpreting and discussing the obtained dataset. The chronologic framework of the last 400 kyr was achieved for borehole PRAD1-2 (within the work-package WP6 of PROMESS1 project), collected in 186.5 m water depth. The proposed chronology derives from a multi-disciplinary approach, consisting of the integration of numerous and independent proxies, some of which analysed by other specialists within the project. The final framework based on: micropaleontology (calcareous nannofossils and foraminifers’ bioevents), climatic cyclicity (foraminifers’ assemblages), geochemistry (oxygen stable isotope, made out on planktic and benthic records), paleomagnetism, radiometric ages (14C AMS), teprhochronology, identification of sapropel-equivalent levels (Se). It’s worth to note the good consistency between the oxygen stable isotope curve obtained for borehole PRAD1-2 and other deeper Mediterranean records. The studied proxies allowed the recognition of all the isotopic intervals from MIS10 to MIS1 in PRAD1-2 record, and the base of the borehole has been ascribed to the early MIS11. Glacial and interglacial intervals identified in the Central Adriatic record have been analysed in detail for the paleo-environmental reconstruction, as well. For instance, glacial stages MIS6, MIS8 and MIS10 present peculiar foraminifers’ assemblages, composed by benthic species typical of polar regions and no longer living in the Central Adriatic nowadays. Moreover, a deepening trend in the paleo-bathymetry during glacial intervals was observed, from MIS10 (inner-shelf environment) to MIS4 (mid-shelf environment).Ten sapropel-equivalent levels have been recognised in PRAD1-2 Central Adriatic record. They showed different planktic foraminifers’ assemblages, which allowed the first distinction of events occurred during warm-climate (Se5, Se7), cold-climate (Se4, Se6 and Se8) and temperate-intermediate-climate (Se1, Se3, Se9, Se’, Se10) conditions, consistently with literature. Cold-climate sapropel equivalents are characterised by the absence of an oligotrophic phase, whereas warm-temeprate-climate sapropel equivalents present both the oligotrophic and the eutrophic phases (except for Se1). Sea floor conditions vary, according to benthic foraminifers’ assemblages, from relatively well oxygenated (Se1, Se3), to dysoxic (Se9, Se’, Se10), to highly dysoxic (Se4, Se6, Se8) to events during which benthic foraminifers are absent (Se5, Se7). These two latter levels are also characterised by the lamination of the sediment, feature never observed in literature in such shallow records. The enhanced stratification of the water column during the events Se8, Se7, Se6, Se5, Se4, and the concurring strong dilution of shallow water, pointed out by the isotope record, lead to the hypothesis of a period of intense precipitation in the Central Adriatic region, possibly due to a northward shift of the African Monsoon. Finally, the expression of Central Adriatic PRAD1-2 Se5 equivalent was compared with the same event, as registered in other Eastern Mediterranean areas. The sequence of substantially the same planktic foraminifers’ bioevents has been consistently recognised, indicating a similar evolution of the water column all over the Eastern Mediterranean; yet, the synchronism of these events cannot be demonstrated. A high resolution analysis of late Holocene (last 6000 years BP) climate change was carried out for the Adriatic area, through the recognition of planktic and benthic foraminifers’ bioevents. In particular, peaks of planktic Globigerinoides sacculifer (four during the last 5500 years BP in the most expanded core) have been interpreted, based on the ecological requirements of this species, as warm-climate, arid intervals, correspondent to periods of relative climatic optimum, such as, for instance, the Medieval Warm Period, the Roman Age, the Late Bronze Age and the Copper Age. Consequently, the minima in the abundance of this biomarker could correspond to relatively cooler and more rainy periods. These conclusions are in good agreement with the isotopic and the pollen data. The Last Occurrence (LO) of G. sacculifer has been dated in this work at an average age of 550 years BP, and it is the best bioevent approximating the base of the Little Ice Age in the Adriatic. Recent literature reports the same bioevent in the Levantine Basin, showing a rather consistent age. Therefore, the LO of G. sacculifer has the potential to be extended to all the Eastern Mediterranean. Within the Little Ice Age, benthic foraminifer V. complanata shows two distinct peaks in the shallower Adriatic cores analysed, collected hundred kilometres apart, inside the mud belt environment. Based on the ecological requirements of this species, these two peaks have been interpreted as the more intense (cold and rainy) oscillations inside the LIA. The chronologic framework of the analysed cores is robust, being based on several range-finding 14C AMS ages, on estimates of the secular variation of the magnetic field, on geochemical estimates of the activity depth of 210Pb short-lived radionuclide (for the core-top ages), and is in good agreement with tephrochronologic, pollen and foraminiferal data. The intra-holocenic climate oscillations find out in the Adriatic have been compared with those pointed out in literature from other records of the Northern Hemisphere, and the chronologic constraint seems quite good. Finally, the sedimentary successions analysed allowed the review and the update of the foraminifers’ ecobiostratigraphy available from literature for the Adriatic region, thanks to the achievement of 16 ecobiozones for the last 60 kyr BP. Some bioevents are restricted to the Central Adriatic (for instance the LO of benthic Hyalinea balthica , approximating the MIS3/MIS2 boundary), others occur all over the Adriatic basin (for instance the LO of planktic Globorotalia inflata during MIS3, individuating Dansgaard-Oeschger cycle 8 (Denekamp)).
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L’uso frequente dei modelli predittivi per l’analisi di sistemi complessi, naturali o artificiali, sta cambiando il tradizionale approccio alle problematiche ambientali e di rischio. Il continuo miglioramento delle capacità di elaborazione dei computer facilita l’utilizzo e la risoluzione di metodi numerici basati su una discretizzazione spazio-temporale che permette una modellizzazione predittiva di sistemi reali complessi, riproducendo l’evoluzione dei loro patterns spaziali ed calcolando il grado di precisione della simulazione. In questa tesi presentiamo una applicazione di differenti metodi predittivi (Geomatico, Reti Neurali, Land Cover Modeler e Dinamica EGO) in un’area test del Petén, Guatemala. Durante gli ultimi decenni questa regione, inclusa nella Riserva di Biosfera Maya, ha conosciuto una rapida crescita demografica ed un’incontrollata pressione sulle sue risorse naturali. L’area test puó essere suddivisa in sotto-regioni caratterizzate da differenti dinamiche di uso del suolo. Comprendere e quantificare queste differenze permette una migliore approssimazione del sistema reale; é inoltre necessario integrare tutti i parametri fisici e socio-economici, per una rappresentazione più completa della complessità dell’impatto antropico. Data l’assenza di informazioni dettagliate sull’area di studio, quasi tutti i dati sono stati ricavati dall’elaborazione di 11 immagini ETM+, TM e SPOT; abbiamo poi realizzato un’analisi multitemporale dei cambi uso del suolo passati e costruito l’input per alimentare i modelli predittivi. I dati del 1998 e 2000 sono stati usati per la fase di calibrazione per simulare i cambiamenti nella copertura terrestre del 2003, scelta come data di riferimento per la validazione dei risultati. Quest’ultima permette di evidenziare le qualità ed i limiti per ogni modello nelle differenti sub-regioni.