885 resultados para Cosmetics and Cleaning Sector.
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La ricerca ha per oggetto la messa a punto e applicazione di un approccio metaprogettuale finalizzato alla definizione di criteri di qualità architettonica e paesaggistica nella progettazione di aziende vitivinicole medio-piccole, che effettuano la trasformazione della materia prima, prevalentemente di propria produzione. L’analisi della filiera vitivinicola, della letteratura scientifica, della normativa di settore, di esempi di “architetture del vino eccellenti” hanno esplicitato come prevalentemente vengano indagate cantine industriali ed aspetti connessi con l'innovazione tecnologica delle attrezzature. Soluzioni costruttive e tecnologiche finalizzate alla qualità architettonica ed ambientale, attuali dinamiche riguardanti il turismo enogastronomico, nuove funzionalità aziendali, problematiche legate alla sostenibilità dell’intervento risultano ancora poco esplorate, specialmente con riferimento a piccole e medie aziende vitivinicole. Assunto a riferimento il territorio ed il sistema costruito del Nuovo Circondario Imolese (areale rappresentativo per vocazione ed espressione produttiva del comparto vitivinicolo emiliano-romagnolo) è stato identificato un campione di aziende con produzioni annue non superiori ai 5000 hl. Le analisi svolte sul campione hanno permesso di determinare: modalità di aggregazione funzionale degli spazi costruiti, relazioni esistenti con il paesaggio, aspetti distributivi e materico-costruttivi, dimensioni di massima dei locali funzionali alla produzione. Il caso studio relativo alla riqualificazione di un’azienda rappresentativa del comparto è stato utilizzato per la messa a punto e sperimentazione di criteri di progettazione guidati da valutazioni relative alle prestazioni energetiche, alla qualità architettonica e alla sostenibilità ambientale, economica e paesaggistica. L'analisi costi-benefici (pur non considerando le ricadute positive in termini di benessere degli occupanti ed il guadagno della collettività in termini di danni collegati all’inquinamento che vengono evitati in architetture progettate per garantire qualità ambientale interna ed efficienza energetica) ha esplicitato il ritorno in pochi anni dell’investimento proposto, nonostante gli ancora elevati costi di materiali di qualità e dei componenti per il corretto controllo climatico delle costruzioni.
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L’idea fondamentale da cui prende avvio la presente tesi di dottorato è che sia possibile parlare di una svolta nel modo di concettualizzare e implementare le politiche sociali, il cui fuoco diviene sempre più la costruzione di reti di partnership fra attori pubblici e privati, in cui una serie di soggetti sociali plurimi (stakeholders) attivano fra loro una riflessività relazionale. L’ipotesi generale della ricerca è che, dopo le politiche improntate a modelli statalisti e mercatisti, o un loro mix, nella politica sociale italiana emerga l’esigenza di una svolta riflessiva e relazionale, verso un modello societario, sussidiario e plurale, e che di fatto – specie a livello locale – stiano sorgendo molte iniziative in tal senso. Una delle idee più promettenti sembra essere la creazione di distretti sociali per far collaborare tra loro attori pubblici, privati e di Terzo settore al fine di creare forme innovative di servizi per la famiglia e la persona. La presente tesi si focalizza sul tentativo della Provincia di Trento di distrettualizzare le politiche per la famiglia. Tramite l’analisi del progetto “Trentino – Territorio Amico della Famiglia” e di una sua verticalizzazione, il Distretto Famiglia, si è studiato l’apporto delle partnership pubblico-privato nella formazione di strumenti innovativi di governance che possano determinare una svolta morfogenetica nell’elaborazione di politiche per la famiglia. Le conclusioni del lavoro, attraverso una comparazione tra esperienze territoriali, presentano la differenziazione delle partnership sociali, in base ad alcuni variabili (pluralità di attori, pluralità di risorse, shared project, capitale sociale, decision making, mutual action, logiche di lavoro relazionale, sussidiarietà). Le diverse modalità di gestione delle partnership (capacitante, professionale e generativa) sintetizzano i portati culturali, strutturali e personali coinvolti nelle singole costruzioni. Solo le partnership che interpretano il loro potenziale regolativo e promozionale secondo la riflessività relazionale tendono a generare beni comuni nel contesto sociale.
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La tesi ha per oggetto lo studio delle politiche pubbliche locali ed in particolare delle politiche sociali che dal 2011 sono diventate politiche esclusivamente territoriali. L’obiettivo è quello di verificare se il differente orientamento politico delle amministrazioni genera politiche differenti. Per verificare le ipotesi si sono scelti 2 Comuni simili sul piano delle variabili socio-economiche, ma guidati da giunte con orientamento politico differente: il Comune di Modena a guida Partito Democratico e il Comune di Verona con un sindaco leghista a capo di una giunta di centro-destra. Nella prima parte vengono esposti ed analizzati i principali paradigmi di studio delle politiche (rational choice, paradigma marxista, economia del benessere, corporativismo e pluralismo, neo-istituzionalismo e paradigma relazionale) e viene presentato il paradigma che verrà utilizzato per l’analisi delle politiche (paradigma relazionale). Per la parte empirica si è proceduto attraverso interviste in profondità effettuate ai due Assessori alle Politiche sociali e ai due Dirigenti comunali dei Comuni e a 18 organizzazioni di Terzo settore impegnate nella costruzione delle politiche e selezionate attraverso la metodologia “a palla di neve”. Sono analizzate le disposizioni normative in materia di politica sociale, sia per la legislazione regionale che per quella comunale. L’analisi dei dati ha verificato l’ipotesi di ricerca nel senso che l’orientamento politico produce politiche differenti per quanto riguarda il rapporto tra Pubblica Amministrazione e Terzo settore. Per Modena si può parlare di una scelta di esternalizzazione dei servizi che si accompagna ad un processo di internalizzazione dei servizi tramite le ASP; a Verona almeno per alcuni settori delle politiche (disabilità e anziani) sono stati realizzati processi di sussidiarietà e di governance. Per la fase di programmazione l’orientamento politico ha meno influenza e la programmazione mostra caratteristiche di tipo “top-down”.
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L’elaborato ha ad oggetto lo studio della conciliazione e dell’arbitrato con riferimento alle controversie individuali di lavoro privato e pubblico. Vengono trattati i diversi profili che caratterizzano gli strumenti di risoluzione delle liti alternativi al processo, al fine di comprenderne la disciplina e l’effettiva portata, e di evidenziarne le criticità. L’elaborato si occupa, in primo luogo, di ricostruire il percorso di sviluppo della disciplina legislativa dei due istituti, partendo dalla configurazione del quadro della sua evoluzione storica e affrontando, poi, approfonditamente le più recenti tappe di tale evoluzione. Nella ricostruzione della disciplina della conciliazione e dell’arbitrato viene dato conto dell’assetto delle fonti, legislativa e contrattuale, definendone i rispettivi ruoli e competenze in materia: la tesi si sofferma quindi sul ruolo che il legislatore attribuisce all’autonomia collettiva e sulle modalità con le quali questo ruolo viene concretamente esercitato in sede di contrattazione. Successivamente, viene compiuta una valutazione delle conciliazioni e dell’arbitrato diretta a comprenderne l’efficacia e l’effettività. L’analisi pone in rilievo taluni elementi che sono ritenuti indispensabili per lo sviluppo delle predette caratteristiche e, quindi, per l’opzione e per la fiducia delle parti verso gli strumenti di composizione stragiudiziale delle liti. L’attenzione viene poi focalizzata sui regimi di impugnazione dei provvedimenti con cui si concludono le procedure stragiudiziali, sulla base della riflessione per la quale la diffusione di uno strumento di composizione delle controversie postula necessariamente un certo grado di stabilità degli atti che esso genera. L’ultima parte dell’elaborato è dedicata alla disamina delle ipotesi applicative di successo nell’esperienza italiana di Alternative Dispute Resolution, ossia il tentativo obbligatorio di conciliazione nei licenziamenti economici introdotto dalla Riforma Fornero, la conciliazione monocratica e l’arbitrato per l’impugnazione delle sanzioni disciplinari, anche con l’intento di comprendere quali caratteristiche ne abbiano favorito la diffusione, in rapporto alle altre tipologie di conciliazione e arbitrato di lavoro.
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La tesi si prefigge l'obbiettivo di offrire una ricostruzione logico sistematica della disciplina giuridica che regola i trasporti pubblici locali in ambito regionale, statale e comunitario, affrontando le principali questioni interpretative e di coordinamento che esse pongono. Nella primo capitolo, viene analizzato l'evoluzione storica della normativa nazionale che regola il trasporto pubblico locale, soffermandosi soprattutto sulla riforma del trasporto pubblico locale introdotte dal d.lgs. 422/1997. Particolare attenzione è stata posta agli aspetti di programmazione e finanziamento nonché alle modalità di gestione del trasporto pubblico locale, in quanto il quadro normativo applicabile è caratterizzato da un’estrema complessità dovuta ai numerosi interventi legislativi. Nel secondo capitolo viene esaminato l'evoluzione dell'intervento comunitario in materi di trasporto pubblico locale, partendo dal (CE) n. 1191/69 che si limitava a disciplinare gli aiuti di Stato, fino alla normativa quadro per il settore (Regolamento (CE) n. 1370/2007). L'obbiettivo è quello di verificare se le scelte del legislatore italiano, per quanto concerne le modalità di gestione del trasporto pubblico locale possano dirsi coerenti con le scelte a livello comunitario previste dal Regolamento (CE) n. 1370/2007. Viene inoltre affronta la questione dell'articolazione della potestà normativa e amministrativa del settore dei trasporti pubblici locali nelle disposizioni del Titolo V della Costituzione. Lo studio si sofferma soprattutto sulla giurisprudenza della Corte costituzionale per tracciare una chiara individuazione del riparto delle competenze tra Stato e Regioni in materia. Infine nell'ultima parte, esamina le diverse problematiche interpretative e applicative della normativa che disciplina il settore del TPL, dovute all'azzeramento della normativa generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in seguito al referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, nonché della illegittimità costituzionale della normativa contenuta nell'art 4 del d.l. n. 138/2011, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012.
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Die Ökologische Landeskunde der Rhön – mit einem Schwerpunkt auf dem hessischen Teil – behandelt als moderne Landeskunde neben der Geostruktur und der humangeographischen Struktur im Besonderen die ökologische Struktur, denn nur durch diese Pointierung können Räume in ihrer Gesamtheit und Komplexität beschrieben werden. Das gilt im Besonderen für ökologisch bedeutsame Schutzräume wie die Rhön. Der Mittelgebirgsraum Rhön ist eine über Jahrhunderte gewachsene Kulturlandschaft mit einem weitgehend intakten, aber fragilen Ökosystem, das eine einzigartige und schützenswerte floristische und faunistische Ausstattung aufweist. Durch die weitreichenden mittelalterlichen Rodungen und die anschließende extensive Weidenutzung haben sich unter dem Eingriff des Menschen besonders auf den Höhenlagen im Laufe der Zeit artenreiche und ökologisch bedeutsame Ökosystemtypen, wie Borst- und Kalkmagerrasen, entwickelt. Um das naturräumliche und touristische Potential des Untersuchungsraums langfristig erhalten zu können, haben ökologische und nachhaltige Entwicklungen in den einzelnen Wirtschaftssektoren eine überragende Funktion. Im primären, sekundären und tertiären Sektor zeigen sich deutliche Entwicklungen hin zu ökologischen Erzeugnissen und Dienstleistungen. Der Ökolandbau gewinnt in der Rhön zunehmend an Bedeutung, Betriebe spezialisieren sich immer mehr auf Bio-zertifizierte und regionale Produkte und werben verstärkt mit ökologischen und rhöntypischen Begrifflichkeiten. Vor allem der für die Rhön wirtschaftlich bedeutende Tourismussektor, der im Spannungsfeld zwischen Ökonomie und Ökologie steht, entwickelt sich ebenfalls in Richtung nachhaltiger und umweltfreundlicher Formen. Am Beispiel des Milseburgradwegs konnte anhand einer Besucherbefragung auf Basis standardisierter Fragestellungen mit vornehmlich geschlossenen Fragen gezeigt werden, wie wichtig den Nutzern eine intakte Natur ist und wie Ökotourismus, Wirtschaftlichkeit und Naturschutz koexistieren können. Die Prämierung der Rhön zum Biosphärenreservat Rhön durch die UNESCO im Jahre 1991 erwies sich als Glücksfall und konnte dem strukturschwachen ländlichen Raum wichtige ökologische und wirtschaftliche Impulse geben, vor allem in Richtung ökologischer und nachhaltiger Erzeugnisse und Dienstleistungen. Die Auszeichnung kann dabei als Synthese zwischen Geostruktur und humangeographischer Struktur angesehen werden und ist Würdigung, Mahnung und Pflicht zugleich. Zusätzlich verdeutlicht sie auf eindringliche Weise die Fragilität und Schutzwürdigkeit des Ökosystems. Gegenwärtig zeichnen sich im Untersuchungsraum einige Entwicklungen ab, die die ökologische Raumstruktur gefährden und zusätzlich zur Aberkennung des Titels Biosphärenreservat führen könnten, weshalb sie kritisch gesehen werden müssen. Hier stechen der Bau der geplanten Bundesstraße B 87n von Fulda nach Meiningen oder das Kernzonendefizit hervor. Die Arbeit ist deshalb ein Plädoyer für den unbedingten Erhalt des identitätsstiftenden Titels Biosphärenreservat sowie für eine aktive Umweltbildung, denn eine erfolgreiche Zukunft und Identifikation der Bewohner mit ihrem Heimatraum ist unmittelbar an das Prädikat gekoppelt. Ökologische Landeskunden verstehen sich als aktive Elemente in der Umweltbildung und richten sich an die Menschen, die immer mehr zum prägenden Faktor von Räumen und ihren Ökosystemen werden. In der Rhön können sie sogar als Ausgangspunkt für die Herausbildung aufgefasst werden. Trotz der begrenzten Aussagekraft der Arbeit und der Komplexität des Untersuchungsraums zeigen sich vielfältige, ökologisch relevante Entwicklungen, die jedoch durch weitere sozialwissenschaftliche und wirtschaftswissenschaftliche Arbeiten erweitert, vertieft und stetig abgeglichen werden müssen.
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Il presente lavoro si compone di tre capitoli, tra loro autonomi e allo stesso tempo intrinsecamente collegati. Nel primo capitolo si è voluto offrire una panoramica dello scenario agroalimentare italiano e della sua rilevanza nel sistema economico nazionale. Per fare ciò si è partiti da una disamina del contesto economico mondiale per poi centrare il discorso sull’andamento congiunturale dell’agroalimentare nazionale, analizzato secondo i principali indicatori macroeconomici. Successivamente vengono presentati gli attori del sistema agroalimentare, rilevando per ciascuno di essi le proprie specificità e tendenze. L’ultima parte del primo capitolo è un focus specifico sul ruolo giocato dall’agroalimentare italiano nel commercio e nei mercati internazionali. Nel secondo capitolo si è approntata una mappatura territoriale e per comparti delle principali specializzazioni commerciali del settore agroalimentare delle regioni italiane. Tramite l'utilizzo di appositi indici di specializzazione si è analizzata la realtà agroalimentare delle regioni italiane, mettendone in evidenza la struttura competitiva e approssimandola tramite l’analisi dei vantaggi comparati di cui gode. Infine, nel terzo capitolo, si è ampliato il campo d'analisi tentando di misurare il livello di internazionalizzazione delle regioni italiane, non solo in ambito agroalimentare, ma considerando l'intero sistema territoriale regionale. Si è tentato di fare ciò tramite tre strumenti: l’analisi delle componenti principali (PCA o ACP), il Mazziotta-Pareto Index e il Wroclaw taxonomic method. I risultati ottenuti tramite le tre modalità di elaborazione hanno permesso di approfondire la conoscenza del livello di internazionalizzazione registrato dalle regioni italiane, mettendo in luce ulteriori filoni di ricerca della tematica osservata.
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Background Urinary tract infections (UTI) are frequent in outpatients. Fast pathogen identification is mandatory for shortening the time of discomfort and preventing serious complications. Urine culture needs up to 48 hours until pathogen identification. Consequently, the initial antibiotic regimen is empirical. Aim To evaluate the feasibility of qualitative urine pathogen identification by a commercially available real-time PCR blood pathogen test (SeptiFast®) and to compare the results with dipslide and microbiological culture. Design of study Pilot study with prospectively collected urine samples. Setting University hospital. Methods 82 prospectively collected urine samples from 81 patients with suspected UTI were included. Dipslide urine culture was followed by microbiological pathogen identification in dipslide positive samples. In parallel, qualitative DNA based pathogen identification (SeptiFast®) was performed in all samples. Results 61 samples were SeptiFast® positive, whereas 67 samples were dipslide culture positive. The inter-methodological concordance of positive and negative findings in the gram+, gram- and fungi sector was 371/410 (90%), 477/492 (97%) and 238/246 (97%), respectively. Sensitivity and specificity of the SeptiFast® test for the detection of an infection was 0.82 and 0.60, respectively. SeptiFast® pathogen identifications were available at least 43 hours prior to culture results. Conclusion The SeptiFast® platform identified bacterial DNA in urine specimens considerably faster compared to conventional culture. For UTI diagnosis sensitivity and specificity is limited by its present qualitative setup which does not allow pathogen quantification. Future quantitative assays may hold promise for PCR based UTI pathogen identification as a supplementation of conventional culture methods.
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Low rates of nest acceptance by laying hens are a major problem in commercial poultry farming operations with aviary systems, leading to costly manual collection and cleaning of mislaid eggs. To gain knowledge about factors affecting nest use, laying hens' preferences for different nest locations were tested. Nests are normally installed at one of two sites: against a wall of the hen house or integrated into one tier of the aviary rack The preferences of laying hens for different nest sites have never been examined under commercial conditions. The aim of this study is to investigate whether behavioural differences can be detected between the different nest sites. The study consists of two consecutive trials involving 5027 Lohmann Selected Leghorn hens (LSL) and 601 layer hybrids selected for extensive housing conditions (EXT). The hens were randomly assigned to eight compartments per trial in groups of 355-360 LSL or 300 EXT in a laying hen house. Four compartments were equipped with a Volito Voletage (R) aviary system (VV), and four were equipped with a Rihs Bolegell (R) aviary system (RB), both of which contained either integrated or wall-placed nests when the experiments started. A strongly balanced crossover design with four periods was used. At 36, 44 and 52 weeks of age, the nest site in four out of the eight compartments was switched. Before each change, the fronts of half of the nests were videotaped during the light period, and the behaviour throughout the main laying period was analysed. Furthermore, the numbers of nest eggs and mislaid eggs in each compartment were recorded every day. No differences in the number of mislaid eggs between the two nest sites could be detected, except at the age of 20/21 weeks when hens in VV aviaries mislaid more eggs when nests were integrated (P = 0.0012). More hens stood simultaneously in front of the integrated nests than in front of wall-placed nests (P = 0.015). Activity of the laying hens increased (P = 0.0073), and stationary behavioural patterns declined (P = 0.0093), when the nests were placed by the wall. Hens inspected integrated nests for a longer duration than wall-placed nests, but wall-placed nests were visited more frequently. In addition to the nest site, the width of the platform in front of the nest influenced laying hen behaviour. Compared with narrower platforms, balance movements decreased on wider ones. Additionally, the platform design had to be taken into account as well, given that hens could not stand or walk as securely on wooden slats as on a grid floor. (C) 2011 Elsevier B.V. All rights reserved.
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Xenobiotics are encountered by humans on a daily basis and include drugs, environmental pollutants, cosmetics, and even components of the diet. These chemicals undergo metabolism and detoxication to produce numerous metabolites, some of which have the potential to cause unintended effects such as toxicity. They can also block the action of enzymes or receptors used for endogenous metabolism or affect the efficacy and/or bioavailability of a coadministered drug. Therefore, it is essential to determine the full metabolic effects that these chemicals have on the body. Metabolomics, the comprehensive analysis of small molecules in a biofluid, can reveal biologically relevant perturbations that result from xenobiotic exposure. This review discusses the impact that genetic, environmental, and gut microflora variation has on the metabolome, and how these variables may interact, positively and negatively, with xenobiotic metabolism.
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The major 'motor' of the recent Hungarian industrial development has been foreign direct investment, particularly by multinational companies. This has stimulated the development process, as shown by the dynamism of production, exports and profitability of industry in Budapest. On the other hand, this has also led to a split of the industrial sphere into its foreign and domestic sections, or into foreign-owned companies and domestic SMEs. The major question asked in this project is where is Hungarian industry heading and will the gap between the contracting domestic part and the foreign multinationals continue to widen or will they be joined in a much more favourable scenario. Barta sees this as a question of whether Hungary can avoid the 'dead-end street' of South Asian industrialising countries, and instead move towards a new Eastern European or Hungarian model. He concludes that Budapest industry does not follow any given model and indeed its development probably cannot be seen as a 'model' proper in itself, but is, or will be, a mixture of different elements. This would be a welcome fusion of Hungary's rich human resources of accumulated knowledge with foreign direct investment. Budapest would play an exceptional role in such a process, as the gateway for foreign output to the rest of the country. The share of industry in the Budapest economy will continue to decrease, but it will become a more modern and profitable sector. It will also fulfil a technological transfer role between the developed world and the Hungarian countryside (or even a larger region of central and eastern Europe). Barta predicts that Budapest industry will develop a special structure, with a large subcontractor network supporting the large foreign enterprises, and alongside this industrial districts formed by SMEs.
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Abstract Xyleborini are a species-rich tribe of ambrosia beetles, which are haplodiploid and typically mate among siblings within their natal brood chamber. Several characteristics of this tribe would predict the evolution of higher levels of sociality: high genetic relatedness within galleries due to inbreeding, high costs of dispersal and the potential benefit of cooperation in brood care within the natal gallery (e.g. by fungus gardening, gallery extension, offspring feeding and cleaning). However, information on the social system of these beetles is very limited. We examined the potential for cooperative breeding in Xyleborinus saxeseni by monitoring dispersal in relation to brood size and composition. Results show that adult female offspring delay dispersal despite dispersal opportunities, and apparently some females never disperse. The femalesâ?? decision to stay seems to depend on the presence of eggs and dependent siblings. We found no indication that female offspring reproduce in their natal gallery, as colonies with many mature daughters do not contain more eggs than those with few or no daughters. There is a significant positive relationship between the number of females present and the number of dependent siblings (but not eggs), which suggests that cooperative brood care of female offspring raises colony productivity by improving survival rates of immatures. Our results suggest that cooperative breeding is likely to occur in X. saxeseni and possibly other xyleborine species. We argue that a closer look at sociality within this tribe may yield important information on the factors determining the evolution of cooperative breeding and advanced social organization.
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For atmospheric CO2 reconstructions using ice cores, the technique to release the trapped air from the ice samples is essential for the precision and accuracy of the measurements. We present here a new dry extraction technique in combination with a new gas analytical system that together show significant improvements with respect to current systems. Ice samples (3–15 g) are pulverised using a novel centrifugal ice microtome (CIM) by shaving the ice in a cooled vacuum chamber (−27 °C) in which no friction occurs due to the use of magnetic bearings. Both, the shaving principle of the CIM and the use of magnetic bearings have not been applied so far in this field. Shaving the ice samples produces finer ice powder and releases a minimum of 90% of the trapped air compared to 50%–70% when needle crushing is employed. In addition, the friction-free motion with an optimized design to reduce contaminations of the inner surfaces of the device result in a reduced system offset of about 2.0 ppmv compared to 4.9 ppmv. The gas analytical part shows a higher precision than the corresponding part of our previous system by a factor of two, and all processes except the loading and cleaning of the CIM now run automatically. Compared to our previous system, the complete system shows a 3 times better measurement reproducibility of about 1.1 ppmv (1 σ) which is similar to the best reproducibility of other systems applied in this field. With this high reproducibility, no replicate measurements are required anymore for most future measurement campaigns resulting in a possible output of 12–20 measurements per day compared to a maximum of 6 with other systems.
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Environmental policy and decision-making are characterized by complex interactions between different actors and sectors. As a rule, a stakeholder analysis is performed to understand those involved, but it has been criticized for lacking quality and consistency. This lack is remedied here by a formal social network analysis that investigates collaborative and multi-level governance settings in a rigorous way. We examine the added value of combining both elements. Our case study examines infrastructure planning in the Swiss water sector. Water supply and wastewater infrastructures are planned far into the future, usually on the basis of projections of past boundary conditions. They affect many actors, including the population, and are expensive. In view of increasing future dynamics and climate change, a more participatory and long-term planning approach is required. Our specific aims are to investigate fragmentation in water infrastructure planning, to understand how actors from different decision levels and sectors are represented, and which interests they follow. We conducted 27 semi-structured interviews with local stakeholders, but also cantonal and national actors. The network analysis confirmed our hypothesis of strong fragmentation: we found little collaboration between the water supply and wastewater sector (confirming horizontal fragmentation), and few ties between local, cantonal, and national actors (confirming vertical fragmentation). Infrastructure planning is clearly dominated by engineers and local authorities. Little importance is placed on longer-term strategic objectives and integrated catchment planning, but this was perceived as more important in a second analysis going beyond typical questions of stakeholder analysis. We conclude that linking a stakeholder analysis, comprising rarely asked questions, with a rigorous social network analysis is very fruitful and generates complementary results. This combination gave us deeper insight into the socio-political-engineering world of water infrastructure planning that is of vital importance to our well-being.
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The present article is an abridged version of a chapter to the book EC Electronic Communications and Competition Law (London: Cameron May 2007). It explores in a neutral manner the pros and cons of the currently applied toolkit of European Community communications law, i.e. the generic competition law rules and the sector specific regulatory framework. A number of criteria are introduced and these tools are then tested as to their efficiency and efficacy.