894 resultados para sistema di gestione, OHSAS, sicurezza sul lavoro
Resumo:
INTRODUZIONE. Presentazione della ricerca e del metedo seguito per realizzarla. CAPITOLO PRIMO. Il contesto storico, politico e sociale di riferimento. - Storia della Siria, - La Siria politica e il conflitto israelo-palestinese - La società siriana: multiculturalismo, tradizione, islam. - Teatro e letteratura in Siria, e nel Bilad AlSham. CAPITOLO SECONDO. I testi. Traduzione integrale di due opere teatrali di Sa’d Allah Wannus. Breve presentazione. - “ Riti di segni e trasformazioni.”, (tukus al-isharat wa-l-tahawwulat), 1994. Il dramma si svolge nella Damasco del XIX secolo, dove un affare di morale e buon costume è il punto di partenza per la metamorfosi dei suoi protagonisti, mettendo a nudo le riflessioni, i desideri più intimi, le contraddizioni e le angosce di una società in crisi. Interessante l’analisi delle figure femminili di questa piece, le loro scelte, il loro ruolo nella società e soprattutto la presa di coscienza delle loro posizioni. - “ I giorni ubriachi.” , (Alayyam Almakhmura), 1997. Il ritratto di una famiglia siriana degli anni trenta. Due genitori, quattro figli, e un nipote che a distanza di anni decide di ripercorrere e raccontarci le loro storie.Una madre che vive tormentata dal suo spettro e che decide di abbandonare la propria famiglia e i propri figli per seguire un altro uomo. Un padre che tiene con violenza le redini delle proprie relazioni, e che rifiuta l’occidente in tutte le sue forme per restare aggrappato alle proprie tradizioni. Un figlio che sceglie l’ordine e la carriera militare, e che, incapace di risolvere il suo rapporto di dipendenza dalla madre, e di risolvere il conflitto tra la legge e un affetto quasi morboso, sceglie di suicidarsi. Un figlio che sceglie la via della perdizione, delle droghe, del furto e degli affari illegali, e che va incontro al successo e alla ricchezza... CAPITOLO TERZO. Biografia di Sa’d Allah Wannus, presentazione delle sue opere principali. Sa’d Allah Wannus (1941 – 1997) è sicuramente uno dei principali protagonisti nell’ambito del teatro arabo contemporaneo. Scrittore, critico, drammaturgo, riformatore, uomo impegnato politicamente, e infine essere umano nella lotta tra la vita e la morte (muore a 56 anni per tumore, dopo un lungo periodo di degenza). Mio intento è quello di analizzare l’opera di quest’autore, attraverso i suoi numerosi scritti e piece teatrali (purtroppo al giorno d’oggi ancora quasi interamente non tradotte dall’arabo), fino ad arrivare, attraverso queste, ad una lettura della società araba contemporanea, e al ruolo che il teatro assume al suo interno. Vita e opere di Sa’ad Allah Wannus. Nasce in Siria nel 1941 in un piccolo villaggio vicino alla città di Tartous, sulla costa mediterranea. Dopo aver terminato gli studi superiori, nel 1959, parte per Il Cairo (Egitto), per studiare giornalismo e letteratura. Rientra a Damasco nel 1964, lavorando al tempo stesso come funzionario al ministero della cultura e come redattore o giornalista in alcune riviste e quotidiani siriani. Nel 1966 parte per Parigi, dove studierà con Jean-Louis Barrault, e dove farà la conoscenza delle tendenze del teatro contemporaneo. Ha l’occasione di incontrare scrittori e critici importanti come Jean Genet e Bernard Dort, nonché di conoscere le teorie sul teatro di Brech e di Piscator, dai quali sarà chiaramente influenzato. In questi anni, e soprattutto in seguito agli avvenimenti del Maggio 1968, si sviluppa in modo determinante la sua coscienza politica, e sono questi gli anni in cui compone alcune tra le sue piece più importanti, come: Serata di gala per il 5 giugno (haflat samar min ajl khamsa huzayran) nel 1968, L’elefante, oh re del tempo! (al-fil, ya malik al-zaman!) 1969, Le avventure della testa del Mamelucco Jaber (Meghamarat ra’s al-mamluk Jabiir) 1970, Una serata con Abu-Khalil al- Qabbani (Sahra ma’a Abi Khalil Al-Qabbani) 1972, Il re è il re (al-malik uwa al-malik) 1977. Parallelamente porta avanti una intensa attività artistica e intellettuale. Soggiorna di nuovo in Francia e a Weimar, per portare a termine la sua formazione teatrale, fonda il Festival di teatro di Damasco, traduce e mette in scena numerosi spettacoli, scrive e pubblica numerosi articoli e una importante serie di studi sul teatro, intitolata: Manifesto per un nuovo teatro arabo (bayanat limasrah ‘arabi jadid) (1970). Scrive in numerose riviste e giornali e fonda la rivista La vita teatrale (al-hayyat al-masrahiyya), del quale sarà capo redattore. La visita del presidente egiziano Anouar Sadat a Gerusalemme nel 1977 e gli accordi di Camp David l’anno seguente, lo gettano in una profonda depressione. E’ l’inizio di un lungo periodo di silenzio e di smarrimento. Ritornerà a scrivere solamente nel 1989, con l’inizio della prima Intifada palestinese, scrive allora una piece teatrale intitolata Lo stupro (al-ightisab), dove presenta un’analisi della struttura dell’elite al potere in Israele. Questo testo apre una nuova epoca creativa, durante la quale Wannus compone alcuni testi molto importanti, nonostante la malattia e il cancro che gli viene diagnosticato nel 1992. Tra questi le pieces Miniature storiche (munamnamat tarakhiyya), nel 1993, e Rituali per una metamorfosi (tukus al-isharat wa-l-tahawwulat), nel 1994 e A proposito della memoria e della morte (‘an al-dhakira wa-l-mawt) nel 1996, una sua ultima opera in cui sono raccolti dei racconti, drammi brevi e una lunga meditazione sulla malattia e la morte. Nel 1997 l’UNESCO gli chiede di redigere il messaggio per la Giornata Mondiale del Teatro, che si tiene ogni anno il 27 marzo. Nel 1997, poche settimane prima della sua scomparsa, realizza insieme ad Omar Almiralay il film documentario Il y a tant de choses a reconter, una intervista in cui Wannus parla della sua opera, e del conflitto Israelo-Palestinese. Muore a 56 anni, il 15 maggio 1997, per un’amara coincidenza proprio il giorno anniversario della creazione di Israele. Wannus drammaturgo engagè: l’importanza del conflitto israelo palestinese nella sua opera. Un’analisi dell’influenza e dell’importanza che le opere di Wannus hanno avuto nel seno della società araba, e soprattutto il suo impegno costante nell’uso del teatro come mezzo per la presa di coscienza del pubblico dei problemi della società contemporanea. Punto cardine dell’opera di Wannus, il conflitto israelo palestinese, e il tentativo costante in alcune sue opere di analizzarne le cause, le strutture, le parti, i giochi di potere. E’ il simbolo di tutta la generazione di Wannus, e delle successive. Analisi delle illusioni e dei miti che la società araba ripropone e che Wannus ha cercato più volte di mettere a nudo. La lotta contro le ipocrisie dei governi, e il tentativo di far prendere coscienza alla società araba del suo ruolo, e delle conseguenze delle sue azioni. L’individuo, la famiglia, la società ... il teatro. Distruggere le apparenze per mettere a nudo l’essere umano nella sua fragilità. CONCLUSIONI. APPENDICE: Intervista con Marie Elias BIBLIOGRAFIA.
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Il progetto di riqualificazione della Caserma Sani si ispira allʼinteresse nei confronti delle tematiche del recupero edilizio e urbano. Esso nasce dallʼintenzione di reintegrare unʼarea urbana in via di dismissione nel suo contesto attraverso lʼinserimento di nuove funzioni che rispondano alle esigenze di questa parte di città e nel contempo riqualificare i fabbricati esistenti attraverso un progetto di recupero e completamento che favorisca il dialogo del complesso esistente con il sistema urbano circostante. La volontà di riuso della maggioranza degli edifici facenti parte del vecchio impianto si basa su considerazioni legate alla natura stessa del sito: lʼintenzione è quella di conservarne la memoria, non tanto per il suo valore storico-architettonico, ma perché nel caso specifico della Caserma più che di memoria è opportuno parlare di scoperta, essendo, per propria natura militare, un luogo da sempre estraneo alla comunità e al suo contesto, chiuso e oscurato dal limite fisico del muro di cinta. La caserma inoltre si compone di edifici essenzialmente funzionali, di matrice industriale, la cui versatilità si legge nella semplicità e serialità morfologica, rendendoli “organismi dinamici” in grado di accogliere trasformazioni e cambi di funzione. Il riuso si muove in parallelo ai concetti di risignificazione e riciclaggio, dividendosi in modo egualmente efficace fra presupposti teorici e pratici. Esso costituisce una valida alternativa alla pratica della demolizione, nel caso in cui questa non sia specificatamente necessaria, e alle implicazione economiche e ambientali (smaltimento dei rifiuti, impiego dei trasporti e fondi economici, ecc.) che la accompagnano. Alla pratica del riuso si affianca nel progetto quella di completamento e ampliamento, arricchendo il vecchio sistema di edifici con nuove costruzioni che dialoghino discretamente con la preesistenza stabilendo un rapporto di reciproca complementarietà. Il progetto di riqualificazione si basa su più ampie considerazioni a livello urbano, che prevedono lʼintegrazione dellʼarea ad un sistema di attraversamento pedonale e ciclabile che colleghi da nord a sud le principali risorse verdi del quartiere passando per alcuni dei principali poli attrattori dellʼarea, quali la Stazione Centrale, il Dopolavoro Ferroviario adibito a verde attrezzato, il nuovo Tecno Polo che sorgerà grazie al progetto di riqualificazione previsto per lʼex Manifattura Tabacchi di Pier Luigi Nervi e il nuovo polo terziario che sorgerà dalla dismissione delle ex Officine Cevolani. In particolare sono previsti due sistemi di collegamento, uno ciclo-pedonale permesso dalla nuova pista ciclabile, prevista dal nuovo Piano Strutturale lungo il sedime della vecchia ferrovia che correrà da nord a sud collegando il Parco della Montagnola e in generale il centro storico al Parco Nord, situato oltre il limite viario della tangenziale. Parallelamente alla pista ciclabile, si svilupperà allʼinterno del tessuto un ampio viale pedonale che, dal Dopolavoro Ferroviario (parco attrezzato con impianti sportivi) collegherà la grande area verde che sorgerà dove ora giacciono i resti delle ex Industrie Casaralta, adiacenti alla Caserma Sani, già oggetto di bonifica e in via di dismissione, incontrando lungo il suo percorso differenti realtà e funzioni: complessi residenziali, terziari, il polo culturale e le aree verdi. Allʼinterno dellʼarea della Caserma sarà integrato agli edifici, nuovi e preesistenti, un sistema di piazze pavimentate e percorsi di attraversamento che lo riuniscono al tessuto circostante e favoriscono il collegamento da nord a sud e da est a ovest di zone della città finora poco coinvolte dal traffico pedonale, in particolare è il caso del Fiera District separato dal traffico veloce di Via Stalingrado rispetto alla zona residenziale della Bolognina. Il progetto lascia ampio spazio alle aree verdi, le quali costituiscono più del 50 % della superficie di comparto, garantendo una preziosa risorsa ambientale per il quartiere. Lʼintervento assicura lʼinserimento di una molteplicità di funzioni e servizi: residenze unifamiliari e uno studentato, uffici e commercio, una biblioteca, un auditorium e un polo museale.
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L’oggetto della tesi di dottorato è costituito, nel quadro delle reciproche relazioni tra assetti territoriali e sviluppo economico, dalla dimensione giuridica del governo del territorio. Il diritto del governo del territorio, infatti, sta attraversando, con un ritmo ed una intensità crescenti, una fase di profonde e non sempre lineari trasformazioni. Questi mutamenti, lungi dal limitarsi ad aspetti specifici e particolari, incidono sui «fondamentali» stessi della «materia», arrivando a mettere in discussione le ricostruzioni teoriche più accreditate e le prassi applicative maggiormente consolidate. A dispetto della rilevanza delle innovazioni, però, la dimensione giuridica del governo del territorio seguita ad essere un campo segnato da una notevole continuità ed ambiguità di fondo, dove le innovazioni stesse procedono di pari passo con le contraddizioni. Un’ambiguità che, fatalmente, si riflette sull’azione delle pubbliche amministrazioni cui sono attribuiti compiti in materia. Queste, infatti, trovandosi spesso tra l’«incudine» (delle innovazioni) ed il «martello» (delle contraddizioni), sono costrette ad operare in un contesto fortemente disomogeneo e disarticolato già sul piano normativo. Da qui deriva, altresì, la difficoltà di restituirne una cifra complessiva che non sia la riproposizione di piatte descrizioni del processo di progressivo, ma costante incremento della «complessità» - normativa, organizzativa e funzionale - del sistema giuridico di disciplina del territorio, a cui corrisponde ciò che appare sempre di più come una forma implicita di «rinuncia» a logiche e moduli d’azione più o meno unitari nella definizione degli assetti territoriali: in questo senso, pertanto, vanno lette le ricorrenti affermazioni relative allo stato di crisi che, anche prescindendo dai difetti congeniti della disciplina per come si è venuta giuridicamente a configurare, caratterizza il sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica. Si spiega così perché, nonostante il profluvio di interventi da parte dei diversi legislatori, specialmente regionali, si sia ancora ben lontani dal fornire una risposta adeguata ai molteplici profili di criticità del sistema giuridico di disciplina del territorio: tra i quali, su tutti, va sicuramente menzionata la sempre più marcata asimmetria tra la configurazione «ontologicamente» territoriale e spaziale degli strumenti cui si tende a riconoscere la funzione di «motore immobile» dei processi di governo del territorio - i piani - e la componente temporale degli stessi in relazione alle vorticose modificazioni del contesto socio-economico di riferimento. Né, a dire il vero, gli «antidoti» alla complessità, via via introdotti in sede regionale, sembrano aver sortito - almeno fino ad ora - gli effetti sperati. L’esito di tutto ciò, però, non può che essere il progressivo venir meno di logiche unitarie e, soprattutto, «sistemiche» nella definizione degli assetti territoriali. Fenomeno, questo, che - paradossalmente - si manifesta con maggiore intensità proprio nel momento in cui, stante il legame sempre più stretto tra sviluppo socio-economico e competitività dei singoli sistemi territoriali, l’ordinamento dovrebbe muovere nella direzione opposta. Date le premesse, si è dunque strutturato il percorso di ricerca e analisi nel modo seguente. In primo luogo, si sono immaginati due capitoli nei quali sono trattati ed affrontati i temi generali dell’indagine e lo sfondo nel quale essa va collocata: le nozioni di governo del territorio e di urbanistica, nonché quella, eminentemente descrittiva, di governo degli assetti territoriali, i loro contenuti e le funzioni maggiormente rilevanti riconducibili a tali ambiti; la tematica della competitività e degli interessi, pubblici, privati e collettivi correlati allo sviluppo economico dei singoli sistemi territoriali; la presunta centralità riconosciuta, in questo quadro, al sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica in una prospettiva promozionale dello sviluppo economico; ma, soprattutto, i riflessi ed i mutamenti indotti al sistema giuridico di disciplina del territorio dall’azione delle dinamiche cosiddette glocal: questo, sia per quanto concerne le modalità organizzative e procedimentali di esercizio delle funzioni da parte dei pubblici poteri, sia per quanto attiene, più in generale, alla composizione stessa degli interessi nella definizione degli assetti territoriali. In secondo luogo, si è reputato necessario sottoporre a vaglio critico il sistema pianificatorio, cercando di evidenziare i fattori strutturali e gli ulteriori elementi che hanno determinato il suo insuccesso come strumento per realizzare le condizioni ‘ottimali’ per lo sviluppo economico delle collettività che usano il territorio. In terzo luogo, poi, si è rivolto lo sguardo al quadro delle soluzioni individuate dalla normativa e, per certi versi, offerte dalla prassi alla crisi che ha investito il sistema di pianificazione del territorio, soffermandosi, specificatamente e con approccio critico, sull’urbanistica per progetti e sull’urbanistica consensuale nelle loro innumerevoli articolazioni e partizioni. Infine, si è provato a dar conto di quelle che potrebbero essere le linee evolutive dell’ordinamento, anche in un’ottica de jure condendo. Si è tentato, cioè, di rispondere, sulla base dei risultati raggiunti, alla domanda se e a quali condizioni il sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica possa dirsi il modello preferibile per un governo degli assetti territoriali funzionale a realizzare le condizioni ottimali per lo sviluppo economico.
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Oggetto della ricerca sono l’esame e la valutazione dei limiti posti all’autonomia privata dal divieto di abuso della posizione dominante, come sancito, in materia di tutela della concorrenza, dall’art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, a sua volta modellato sull’art. 82 del Trattato CE. Preliminarmente, si è ritenuto opportuno svolgere la ricognizione degli interessi tutelati dal diritto della concorrenza, onde individuare la cerchia dei soggetti legittimati ad avvalersi dell’apparato di rimedi civilistici – invero scarno e necessitante di integrazione in via interpretativa – contemplato dall’art. 33 della legge n. 287/1990. È così emerso come l’odierno diritto della concorrenza, basato su un modello di workable competition, non possa ritenersi sorretto da ragioni corporative di tutela dei soli imprenditori concorrenti, investendo direttamente – e rivestendo di rilevanza giuridica – le situazioni soggettive di coloro che operano sul mercato, indipendentemente da qualificazioni formali. In tal senso, sono stati esaminati i caratteri fondamentali dell’istituto dell’abuso di posizione dominante, come delineatisi nella prassi applicativa non solo degli organi nazionali, ma anche di quelli comunitari. Ed invero, un aspetto importante che caratterizza la disciplina italiana dell’abuso di posizione dominante e della concorrenza in generale, distinguendola dalle normative di altri sistemi giuridici prossimi al nostro, è costituito dal vincolo di dipendenza dal diritto comunitario, sancito dall’art. 1, quarto comma, della legge n. 287/1990, idoneo a determinare peculiari riflessi anche sul piano dell’applicazione civilistica dell’istituto. La ricerca si è quindi spostata sulla figura generale del divieto di abuso del diritto, onde vagliarne i possibili rapporti con l’istituto in esame. A tal proposito, si è tentato di individuare, per quanto possibile, i tratti essenziali della figura dell’abuso del diritto relativamente all’esercizio dell’autonomia privata in ambito negoziale, con particolare riferimento all’evoluzione del pensiero della dottrina e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali sul tema, che hanno valorizzato il ruolo della buona fede intesa in senso oggettivo. Particolarmente interessante è parsa la possibilità di estendere i confini della figura dell’abuso del diritto sì da ricomprendere anche l’esercizio di prerogative individuali diverse dai diritti soggettivi. Da tale estensione potrebbero infatti discendere interessanti ripercussioni per la tutela dei soggetti deboli nel contesto dei rapporti d’impresa, intendendosi per tali tanto i rapporti tra imprenditori in posizione paritaria o asimmetrica, quanto i rapporti tra imprenditori e consumatori. È stato inoltre preso in considerazione l’aspetto dei rimedi avverso le condotte abusive, alla luce dei moderni contributi sull’eccezione di dolo generale, sulla tutela risarcitoria e sull’invalidità negoziale, con i quali è opportuno confrontarsi qualora si intenda cercare di colmare – come sembra opportuno – i vuoti di disciplina della tutela civilistica avverso l’abuso di posizione dominante. Stante l’evidente contiguità con la figura in esame, si è poi provveduto ad esaminare, per quanto sinteticamente, il divieto di abuso di dipendenza economica, il quale si delinea come figura ibrida, a metà strada tra il diritto dei contratti e quello della concorrenza. Tale fattispecie, pur inserita in una legge volta a disciplinare il settore della subfornitura industriale (art. 9, legge 18 giugno 1998, n. 192), ha suscitato un vasto interessamento della dottrina. Si sono infatti levate diverse voci favorevoli a riconoscere la portata applicativa generale del divieto, quale principio di giustizia contrattuale valevole per tutti i rapporti tra imprenditori. Nel tentativo di verificare tale assunto, si è cercato di individuare la ratio sottesa all’art. 9 della legge n. 192/1998, anche in considerazione dei suoi rapporti con il divieto di abuso di posizione dominante. Su tale aspetto è d’altronde appositamente intervenuto il legislatore con la legge 5 marzo 2001, n. 57, riconoscendo la competenza dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato a provvedere, anche d’ufficio, sugli abusi di dipendenza economica con rilevanza concorrenziale. Si possono così prospettare due fattispecie normative di abusi di dipendenza economica, quella con effetti circoscritti al singolo rapporto interimprenditoriale, la cui disciplina è rimessa al diritto civile, e quella con effetti negativi per il mercato, soggetta anche – ma non solo – alle regole del diritto antitrust; tracciare una netta linea di demarcazione tra i reciproci ambiti non appare comunque agevole. Sono stati inoltre dedicati brevi cenni ai rimedi avverso le condotte di abuso di dipendenza economica, i quali involgono problematiche non dissimili a quelle che si delineano per il divieto di abuso di posizione dominante. Poste tali basi, la ricerca è proseguita con la ricognizione dei rimedi civilistici esperibili contro gli abusi di posizione dominante. Anzitutto, è stato preso in considerazione il rimedio del risarcimento dei danni, partendo dall’individuazione della fonte della responsabilità dell’abutente e vagliando criticamente le diverse ipotesi proposte in dottrina, anche con riferimento alle recenti elaborazioni in tema di obblighi di protezione. È stata altresì vagliata l’ammissibilità di una visione unitaria degli illeciti in questione, quali fattispecie plurioffensive e indipendenti dalla qualifica formale del soggetto leso, sia esso imprenditore concorrente, distributore o intermediario – o meglio, in generale, imprenditore complementare – oppure consumatore. L’individuazione della disciplina applicabile alle azioni risarcitorie sembra comunque dipendere in ampia misura dalla risposta al quesito preliminare sulla natura – extracontrattuale, precontrattuale ovvero contrattuale – della responsabilità conseguente alla violazione del divieto. Pur non sembrando prospettabili soluzioni di carattere universale, sono apparsi meritevoli di approfondimento i seguenti profili: quanto all’individuazione dei soggetti legittimati, il problema della traslazione del danno, o passing-on; quanto al nesso causale, il criterio da utilizzare per il relativo accertamento, l’ammissibilità di prove presuntive e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi sanzionatori; quanto all’elemento soggettivo, la possibilità di applicare analogicamente l’art. 2600 c.c. e gli aspetti collegati alla colpa per inosservanza di norme di condotta; quanto ai danni risarcibili, i criteri di accertamento e di prova del pregiudizio; infine, quanto al termine di prescrizione, la possibilità di qualificare il danno da illecito antitrust quale danno “lungolatente”, con le relative conseguenze sull’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale. In secondo luogo, è stata esaminata la questione della sorte dei contratti posti in essere in violazione del divieto di abuso di posizione dominante. In particolare, ci si è interrogati sulla possibilità di configurare – in assenza di indicazioni normative – la nullità “virtuale” di detti contratti, anche a fronte della recente conferma giunta dalla Suprema Corte circa la distinzione tra regole di comportamento e regole di validità del contratto. È stata inoltre esaminata – e valutata in senso negativo – la possibilità di qualificare la nullità in parola quale nullità “di protezione”, con una ricognizione, per quanto sintetica, dei principali aspetti attinenti alla legittimazione ad agire, alla rilevabilità d’ufficio e all’estensione dell’invalidità. Sono poi state dedicate alcune considerazioni alla nota questione della sorte dei contratti posti “a valle” di condotte abusive, per i quali non sembra agevole configurare declaratorie di nullità, mentre appare prospettabile – e, anzi, preferibile – il ricorso alla tutela risarcitoria. Da ultimo, non si è trascurata la valutazione dell’esperibilità, avverso le condotte di abuso di posizione dominante, di azioni diverse da quelle di nullità e risarcimento, le sole espressamente contemplate dall’art. 33, secondo comma, della legge n. 287/1990. Segnatamente, l’attenzione si è concentrata sulla possibilità di imporre a carico dell’impresa in posizione dominante un obbligo a contrarre a condizioni eque e non discriminatorie. L’importanza del tema è attestata non solo dalla discordanza delle pronunce giurisprudenziali, peraltro numericamente scarse, ma anche dal vasto dibattito dottrinale da tempo sviluppatosi, che investe tuttora taluni aspetti salienti del diritto delle obbligazioni e della tutela apprestata dall’ordinamento alla libertà di iniziativa economica.
Resumo:
Con il presente progetto di tesi si intende proporre la riqualificazione di una porzione della cittadina di Toscanella di Dozza, attraverso la realizzazione di diversi edifici quali: una nuova chiesa parrocchiale corredata di aule e sale per le attività di catechesi ed altri spazi comuni, un centro culturale polivalente, che comprende anche diverse ricettività, un centro sportivo di modeste dimensioni con campo da calcetto all’aperto. Tutto il nuovo complesso si inserisce all’interno di un’area verde che costeggia il rio Sabbioso, e che collega attraverso un sistema di spazi aperti, i vari edifici oggetto di progettazione.
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Oggi piu' che mai e' fondamentale essere in grado di estrarre informazioni rilevanti e conoscenza dal grande numero di dati che ci possono arrivare da svariati contesti, come database collegati a satelliti e sensori automatici, repository generati dagli utenti e data warehouse di grandi compagnie. Una delle sfide attuali riguarda lo sviluppo di tecniche di data mining per la gestione dell’incertezza. L’obiettivo di questa tesi e' di estendere le attuali tecniche di gestione dell’incertezza, in particolare riguardanti la classificazione tramite alberi decisionali, in maniera tale da poter gestire incertezza anche sull’attributo di classe.
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Il concetto di “sostenibilità” si riferisce allo sviluppo dei sistemi umani attraverso il più piccolo impatto possibile sul sistema ambientale. Le opere che si inseriscono bene nel contesto ambientale circostante e le pratiche che rispettano le risorse in maniera tale da permettere una crescita e uno sviluppo a lungo termine senza impattare sull’ambiente sono indispensabili in una società moderna. I progressi passati, presenti e futuri che hanno reso i conglomerati bituminosi materiali sostenibili dal punto di vista ambientale sono particolarmente importanti data la grande quantità di conglomerato usato annualmente in Europa e negli Stati Uniti. I produttori di bitume e di conglomerato bituminoso stanno sviluppando tecniche innovative per ridurre l’impatto ambientale senza compromettere le prestazioni meccaniche finali. Un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” (WMA), pur sviluppando le stesse caratteristiche meccaniche, richiede un temperatura di produzione minore rispetto a quella di un tradizionale conglomerato bituminoso a caldo (HMA). L’abbassamento della temperature di produzione riduce le emissioni nocive. Questo migliora le condizioni dei lavoratori ed è orientato verso uno sviluppo sostenibile. L’obbiettivo principale di questa tesi di laurea è quello di dimostrare il duplice valore sia dal punto di vista dell’eco-compatibilità sia dal punto di vista meccanico di questi conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità”. In particolare in questa tesi di laurea è stato studiato uno SMA ad “alta lavorabilità” (PGGWMA). L’uso di materiali a basso impatto ambientale è la prima fase verso un progetto ecocompatibile ma non può che essere il punto di partenza. L’approccio ecocompatibile deve essere esteso anche ai metodi di progetto e alla caratterizzazione di laboratorio dei materiali perché solo in questo modo è possibile ricavare le massime potenzialità dai materiali usati. Un’appropriata caratterizzazione del conglomerato bituminoso è fondamentale e necessaria per una realistica previsione delle performance di una pavimentazione stradale. La caratterizzazione volumetrica (Mix Design) e meccanica (Deformazioni Permanenti e Comportamento a fatica) di un conglomerato bituminoso è una fase importante. Inoltre, al fine di utilizzare correttamente i materiali, un metodo di progetto avanzato ed efficiente, come quello rappresentato da un approccio Empirico-Meccanicistico (ME), deve essere utilizzato. Una procedura di progetto Empirico-Meccanicistica consiste di un modello strutturale capace di prevedere gli stati di tensione e deformazione all’interno della pavimentazione sotto l’azione del traffico e in funzione delle condizioni atmosferiche e di modelli empirici, calibrati sul comportamento dei materiali, che collegano la risposta strutturale alle performance della pavimentazione. Nel 1996 in California, per poter effettivamente sfruttare i benefici dei continui progressi nel campo delle pavimentazioni stradali, fu iniziato un estensivo progetto di ricerca mirato allo sviluppo dei metodi di progetto Empirico - Meccanicistici per le pavimentazioni stradali. Il risultato finale fu la prima versione del software CalME che fornisce all’utente tre approcci diversi di l’analisi e progetto: un approccio Empirico, uno Empirico - Meccanicistico classico e un approccio Empirico - Meccanicistico Incrementale - Ricorsivo. Questo tesi di laurea si concentra sulla procedura Incrementale - Ricorsiva del software CalME, basata su modelli di danno per quanto riguarda la fatica e l’accumulo di deformazioni di taglio dai quali dipendono rispettivamente la fessurazione superficiale e le deformazioni permanenti nella pavimentazione. Tale procedura funziona per incrementi temporali successivi e, usando i risultati di ogni incremento temporale, ricorsivamente, come input dell’incremento temporale successivo, prevede le condizioni di una pavimentazione stradale per quanto riguarda il modulo complesso dei diversi strati, le fessurazioni superficiali dovute alla fatica, le deformazioni permanenti e la rugosità superficiale. Al fine di verificare le propreità meccaniche del PGGWMA e le reciproche relazioni in termini di danno a fatica e deformazioni permanenti tra strato superficiale e struttura della pavimentazione per fissate condizioni ambientali e di traffico, è stata usata la procedura Incrementale – Ricorsiva del software CalME. Il conglomerato bituminoso studiato (PGGWMA) è stato usato in una pavimentazione stradale come strato superficiale di 60 mm di spessore. Le performance della pavimentazione sono state confrontate a quelle della stessa pavimentazione in cui altri tipi di conglomerato bituminoso sono stati usati come strato superficiale. I tre tipi di conglomerato bituminoso usati come termini di paragone sono stati: un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” con granulometria “chiusa” non modificato (DGWMA), un conglomerato bituminoso modificato con polverino di gomma con granulometria “aperta” (GGRAC) e un conglomerato bituminoso non modificato con granulometria “chiusa” (DGAC). Nel Capitolo I è stato introdotto il problema del progetto ecocompatibile delle pavimentazioni stradali. I materiali a basso impatto ambientale come i conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità” e i conglomerati bituminosi modificati con polverino di gomma sono stati descritti in dettaglio. Inoltre è stata discussa l’importanza della caratterizzazione di laboratorio dei materiali e il valore di un metodo razionale di progetto delle pavimentazioni stradali. Nel Capitolo II sono stati descritti i diversi approcci progettuali utilizzabili con il CalME e in particolare è stata spiegata la procedura Incrementale – Ricorsiva. Nel Capitolo III sono state studiate le proprietà volumetriche e meccaniche del PGGWMA. Test di Fatica e di Deformazioni Permanenti, eseguiti rispettivamente con la macchina a fatica per flessione su quattro punti e il Simple Shear Test device (macchina di taglio semplice), sono stati effettuati su provini di conglomerato bituminoso e i risultati dei test sono stati riassunti. Attraverso questi dati di laboratorio, i parametri dei modelli della Master Curve, del danno a fatica e dell’accumulo di deformazioni di taglio usati nella procedura Incrementale – Ricorsiva del CalME sono stati valutati. Infine, nel Capitolo IV, sono stati presentati i risultati delle simulazioni di pavimentazioni stradali con diversi strati superficiali. Per ogni pavimentazione sono stati analizzati la fessurazione superficiale complessiva, le deformazioni permanenti complessive, il danno a fatica e la profondità delle deformazioni in ognuno degli stati legati.
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Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.
Resumo:
La forte crescita nella pescicoltura ha portato ad una significativa pressione ambientale di origine antropica nei sistemi costieri. Il bivalve locale Scrobicularia plana è stato usato come bioindicatore per valutare la qualità ambientale di un ecosistema affetto da scarichi di acque residuali di una piscifattoria nel braccio di mare Rio San Pedro (Spagna sud-occidentale). I bivalvi sono stati raccolti nei sedimenti intertidali nell'ottobre del 2010 da cinque siti del braccio di mare, seguendo un gradiente di inquinamento decrescente dall'effluente al sito di controllo. Per valutare l'esposizione e l'effetto di contaminanti legati alle acque residuali delle piscifattorie è stata selezionata una batteria di biomarker. Sono state misurate nei tessuti delle ghiandole digestive dei bivalvi: l'attività di enzimi del sistema di detossificazione della Fase I (etossiresorufina-O-deetilasi, EROD e dibenzilfluoresceina, DBF) l'attività di un enzima del sistema di detossificazione di Fase II (glutatione S-transferasi, GST), l'attività di enzimi antiossidanti (glutatione perossidasi, GPX e glutatione reduttasi, GR) e parametri di stress ossidativo (perossidazione lipidica, LPO, e danno al DNA). In parallelo sono state misurate in situ, nelle aree di studio, temperatura, pH, salinità e ossigeno disciolto nelle acque superficiali; nelle acque interstiziali sono stati misurati gli stessi parametri con l'aggiunta del potenziale redox. Sono state trovate differenze significative (p<0,05) tra siti di impatto e sito di controllo per quanto riguarda l'attività di EROD e GR, LPO e danno al DNA; è stato osservato un chiaro gradiente di stress riconducibile alla contaminazione, con alte attività di questi biomarker nell'area di scarico delle acque residuali della pescicoltura e livelli più bassi nel sito di controllo. È stata trovata inoltre una correlazione negativa significativa (p<0,01) tra la distanza alla fonte di inquinamento e l’induzione dei biomarker. Sono state analizzate le componenti abiotiche, inserendole inoltre in una mappa georeferenziata a supporto. Ossigeno disciolto, pH, salinità e potenziale redox mostrano valori bassi vicino alla fonte di inquinamento, aumentando man mano che ci si allontana da esso. I dati ottenuti indicano nel loro insieme che lo scarico di acque residuali dalle attività di pescicoltura nel braccio di mare del Rio San Pedro può indurre stress ossidativo negli organismi esposti che può portare ad un'alterazione dello stato di salute degli organismi.
Resumo:
IMPARARE LA SOSTENIBILITA’ Oggetto di questa tesi di laurea è la progettazione di un asilo nido in prossimità della scuola dell’infanzia “Coccinella” di Bertinoro (FC) per rispondere alle esigenze espresse dalla’Amministrazione Comunale, orientate a realizzare un ampliamento della struttura esistente, completando così il polo scolastico comprendente anche la scuola elementare comunale adiacente. La strategia di intervento che il progetto ha adottato prevede due scenari: uno che assume integralmente gli obiettivi dell’Amministrazione e prevede la realizzazione di una struttura per la prima infanzia ad ampliamento di quella esistente, e un secondo che invece propone anche la realizzazione di una nuova scuola materna, in sostituzione di quella attualmente presente. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, mostrando particolari attenzioni alle tematiche ambientali, assunte come determinanti per ottenere elevati livelli di benessere per i fruitori. La scuola diventa così promotrice di una progettazione orientata a principi di sostenibilità ambientale, efficienza e risparmio energetico, attraverso scelte in cui, sin dalle prime fasi, tecnologia, ambiente, comfort e salute cercano un reciproco equilibrio. A scala urbana si è scelto di recuperare e ampliare il sistema di percorsi pedonali che consente il collegamento tra le diverse parti della città, valorizzando il paesaggio quale risorsa primaria. A scala locale, per garantire l’integrazione del nuovo intervento con l’ambiente e il territorio, il progetto ha richiesto un’approfondita analisi preliminare del sito, comprendente lo studio di elementi del contesto sociale, culturale, ambientale e paesaggistico. A questi si sono affiancati gli aspetti climatologici, funzionali alla scelta dell’esposizione da attribuire all’edificio in modo da mitigare gli effetti delle variazioni climatiche e ottimizzare la qualità indoor. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze di educatori e bambini. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Questo sistema consente la realizzazione di strutture affidabili, durevoli nel tempo e rispondenti a tre criteri fondamentali nell’ottica della sostenibilità: impiego di materiali rinnovabili, minimizzazione dei rifiuti e del consumo di acqua in cantiere e possibilità di recupero tramite smontaggio. Per garantire un corretto rapporto tra costruito e contesto urbano si è deciso di utilizzare materiali da rivestimento della tradizione locale, quali la pietra, e di attenuare l’impatto visivo dell’intervento attraverso l’impiego di coperture verdi. Queste, oltre a restituire in copertura il suolo occupato dai volumi edificati, contribuiscono alla mitigazione del microclima, sia all’interno dell’edificio che nel suo intorno. Rispetto agli obiettivi di benessere degli utenti, il progetto si è posto l’obiettivo di superare i confini determinati dalla normativa sui requisiti energetici, puntando al raggiungimento di condizioni ottimali in termini di salubrità del costruito e confort abitativo. Questo intervento si propone di sperimentare un approccio ecologico di sensibilizzazione ai criteri di sostenibilità, capace di coinvolgere tutti i protagonisti della vita scolastica: i bambini, gli insegnanti, i genitori e la città. “Imparare la sostenibilità” è l’obiettivo del progetto e la linea guida della tesi, i “percorsi di sostenibilità”, rappresenta il frutto degli studi, delle analisi, delle scelte che ci hanno spinto ad ottenere lo scopo prefissato e racchiude in un significato sia fisico che metaforico i risultati finali, sia a scala urbana, che a scala dell’edificio. Il termine “percorsi” ci permette di comprendere sia la nuova rete di collegamenti tra l’area di intervento e il resto della città quali strumento di rigenerazione e di contatto con il paesaggio, ma anche il processo di crescita e formativo che il bambino, destinatario e protagonista del progetto, intraprenderà in questi luoghi. La realizzazione di edifici tecnologicamente efficienti dal punto di vista delle prestazioni energetiche (raggiungimento classe B per la struttura esistente, classe A per le ipotesi di ampliamento) ma anche dal punto di vista del confort luminoso rappresenta la premessa per la formazione di una nuova generazione più responsabile e rispettosa nei confronti dell’ambiente che la circonda.
Resumo:
Architettura Alla domanda “cosa fa un architetto?” Non sono mai riuscito a dare una risposta soddisfacente ma leggendo gli scritti dei grandi architetti una cosa mi ha affascinato particolarmente: tutti raccontano di come nel progettare ci sia un equilibrio (scontro?) tra le conoscenze, le regole e la personale visione ed esperienza, in cui tutto si libera. Libeskind afferma di aver disegnato, in preda ad illuminazioni, più su tovagliolini da bar che su carta da disegno; Zumthor parla addirittura di momenti in cui si è come in preda ad un effetto di una droga: intuizioni! L’architetto progetta. Architetto come genio, particolarmente sensibile, quasi illuminato. “L’architettura non è per tutti”; mi chiedo allora non solo se esistono leggi, soluzioni o binari capaci di guidare anche chi è privo di tale estro ma se esiste un’Architettura comprensibile a tutti (anche alle generazioni future). Ancora una volta se penso ad un denominatore comune di benessere, una possibile guida, penso alla natura e ai suoi ritmi, un’Architettura che mantenga i legami con essa può forse ricordarci che siamo tutti ricchi. L’Architettura intesa come scoperta e non come invenzione, dunque onesta. Carcere Lo studio di una realtà come il carcere mi ha permesso di pormi numerose domande sul ruolo dell’Archittura, a partire dalla riflessione su ciò che significa e rappresenta il progetto architettonico. Studiando l’evoluzione delle carceri, legate indissolubilmente all’evoluzione del concetto di pena, è possibile dare molte risposte ai quesiti dovuti alle scelte progettuali. (costantemente stimolato dalle frequenti similitudini tra carcere e metropoli). Una contrapposizione dovuta al significato dell’abitare insieme al concetto di “qualità” rapportati al concetto di pena senza dimenticare le indicazioni delle norme di sicurezza. L’ Architettura intesa come ricerca del maggior benessere abitativo credo che debba comunque essere ricercata, anche nello spazio carcerario. Non vi è nessun paradosso se si pensa che lo scopo ultimo dello Stato è di voler reintegrare il detenuto in modo tale che non rappresenti più un pericolo e di conseguenza non gravi mai più sullo Stato stesso (troppo spesso chi è stato in carcere ci rientra dopo poco e per gli stessi motivi). “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”(art.27 Cost.) è da questa consapevolezza che dipende l’organizzazione della forma dello spazio e di tali strutture. Naturalmente il grande limite è imposto nel non creare situazioni di benessere tale da portare lo sprovveduto più disperato a commettere il crimine per poter godere dei servizi del carcere. Per questo motivo penso che una soluzione possa essere la ricerca di un equilibrio tra libertà degli spazi condivisi e i limiti dello spazio privato. A mio avviso tutte le esperienze positive devono avvenire in spazi collettivi insieme non solo agli altri carcerati ma anche con la società stessa (penso al Giardino degli incontri di Michelucci in cui c’è una attività teatrale gestita dagli enti comunali); mentre i limiti della reclusione penso debbano essere rappresentati dalla cella, da sempre momento di riflessione e di scoperta di sé stessi. Il detenuto impara a conoscere la società, impara a rispettarla ed una volta libero è più logico che sia disposto a ricambiare le attenzioni ricevute. La cella invece, deve rappresentare il momento in cui è forte il distacco con la società, in cui la si può guardare senza poterne fare parte: la cella come momento dell’attesa e non come comodo rifugio(seppur rispettando un livello di comfort ideale). Il disagio percepito non è da considerare una pena psicologica (anch’essa da evitare) o come un momento di purificazione (immaginario cristiano della colpa e dell’espiazione) ma più semplicemente come una fase del processo in grado (si spera) di recuperare il detenuto: è il desiderio e la consapevolezza di poter vivere insieme agli altri che porta al reinserimento. Di conseguenza è possibile dare una ulteriore risposta interessante; il carcere dovrà essere connesso alla città in modo tale che sia possibile l’interazione tra i due, inoltre permetterebbe alle persone in semi-libertà o in attesa di giudizio un più consono trattamento. Mettere in relazione città e carcere significa integrarli e completare le reciproche identità.
Resumo:
Come in un affresco nel quale sono stati sovrapposti vari strati di pittura o in un antico manoscritto di pergamena il cui testo originario è stato ricoperto da uno scritto più recente, così l’intento che ha generato il nostro percorso progettuale è stato quello di riscoprire le tracce presenti nell’area sia in ambito archeologico che paesaggistico consentendo una narrazione della storia del sito. L’intento è quello di far emergere l’aspetto relazionale del progetto di paesaggio attraverso la riscoperta degli elementi paesaggistici presenti nell’area di Claterna, strettamente legati ad un fattore identitario, di restituzione e soprattutto di percezione, intesi come lettura da parte di chi vive ed attraversa i territori. Il palinsesto si declina in questo senso come superficie attiva in grado di accogliere programmazioni temporanee e dinamiche per promuovere quella diversificazione e quella stratificazione che da sempre rappresentano il senso di urbanità ma anche il senso del paesaggio in continuo dialogo con il tempo. La messa a sistema dei vari frammenti mira a stabilire così una sequenza capace di guidare il visitatore all’interno del Parco e diviene elemento strutturante per la messa a fuoco di un disegno di mobilità sostenibile che dal centro di accoglienza dell’area archeologica conduce al Parco dei Gessi sfruttando un’antica via di penetrazione appenninica situata alla sinistra del torrente Quaderna. Il Museo della Città di Claterna e della Via Emilia, insieme al Centro ricerca per gli esperti del settore, entreranno così a far parte di una vasta rete di musei archeologici già presenti nel territorio bolognese. La ricchezza di questo sito e gli elementi che lo caratterizzano ci hanno indirizzato verso un duplice progetto che, alla grande scala, non aggiunge altri segni importanti a quelli già presenti nel territorio,cercando quindi di valorizzare i sistemi esistenti focalizzandosi sugli ambiti principali dell’area ed intensificando la consistenza segnaletica degli interventi. E’ stato previsto il mantenimento delle cavedagne esistenti per la fruizione di un Parco Agricolo Didattico legato ai temi delle coltivazioni in epoca romana ed a quelli dell’aia del ‘900, che costituirà un percorso alternativo a quello del Parco Archeologico. Il progetto articolato in un sistema di percorsi che permettono la visita del parco archeologico, vede due teste adiacenti alla Via Emilia e posizionate in modo ad essa speculare che costituiscono i poli principali del progetto: l’area di accoglienza per i visitatori che comprende un Polo Museale ed un Centro Ricerca con annessa una foresteria, punto di forza del parco dal punto di vista programmatico. Un grande museo diffuso all’aperto dunque che prevederà una sequenza museale lineare con un percorso definito, che risulterà si gerarchizzato ma al contempo reversibile. La visita del parco archeologico sarà quindi articolata in un percorso che partendo dal polo museale intercetterà l’area forense per poi sfruttare le cavedagne esistenti. L’area forense concepita come una piazza affacciata sul margine nord della via Emilia, verrà valorizzata dal progetto mediante il ripristino del basolato che affiancherà il percorso di visita installato lungo il perimetro del foro, punto di forza per l’economia dell’antica civitas romana. Il percorso piegherà poi verso la via Emilia affiancando le tracce aeree di un tempio a cameroni ciechi per poi inserirsi sulla cavedagna che costeggia la via Emilia attuale. Si proseguirà poi con la riscoperta di una porzione del basolato dell’antica via Emilia e dell’incrocio tra cardo e decumano fino ad intercettare il settore 11 con la musealizzazione della “domus diacronica” L’area archeologica divisa nettamente in due parti dalla Via Emilia attuale sarà connessa mediante attraversamenti a raso dotati di semafori a chiamata e barre di rallentamento. La scelta di questo tipo di connessione è stata dettata dall’esigenza di non voler introdurre segni forti sull’area come ponti pedonali o sottopassi che andrebbero ad intaccare il suolo archeologico. Il percorso quindi proseguirà con la visita del centro ricerca e di un muro didattico passando per un’area nella quale sono state individuate tracce aeree che verranno valorizzate mediante l’utilizzo di strutture fantasma per la rievocazione volumetrica degli abitati fino ad intercettare l’ultima tappa del percorso che sarà costituita dalla visita al settore 12, la cosiddetta “domus dei mosaici”.
Resumo:
After having covered the international regulation in the labour market and in the control mechanisms fighting the irregular and the concealed labour, the Author concentrates on the Italian system’s answers to the requests coming from the European Union. Starting from the White Book on the labour market in Italy, the problems originated by the Legislative Decree 124/2004 and, moreover, those which have affected the fight against the concealed labour are dealt with. The aim study is to verify that the juridical regulation adopted by the national lawmaker has contributed to solve the problems connected to the labour flexibility and the consequent temporary employment. The analysis of the problems has led to the conclusion that, regardless the lawmaker’s good intentions, the basic principles of the national juridical system do not allow the achievement of a full realization of the objectives. This is mainly because the lack of effective systems to protect the flexible employees often treated as temporary employees, and because of the difficulties to introduce the legal culture on which the whole system should stand.
Resumo:
Although in Europe and in the USA many studies focus on organic, little is known on the topic in China. This research provides an insight on Shanghai consumers’ perception of organic, aiming at understanding and representing in graphic form the network of mental associations that stems from the organic concept. To acquire, process and aggregate the individual networks it was used the “Brand concept mapping” methodology (Roedder et al., 2006), while the data analysis was carried out also using analytic procedures. The results achieved suggest that organic food is perceived as healthy, safe and costly. Although these attributes are pretty much consistent with the European perception, some relevant differences emerged. First, organic is not necessarily synonymous with natural product in China, also due to a poor translation of the term in the Chinese language that conveys the idea of a manufactured product. Secondly, the organic label has to deal with the competition with the green food label in terms of image and positioning on the market, since they are easily associated and often confused. “Environmental protection” also emerged as relevant association, while the ethical and social values were not mentioned. In conclusion, health care and security concerns are the factors that influence most the food consumption in China (many people are so concerned about food safety that they found it difficult to shop), and the associations “Safe”, “Pure and natural”, “without chemicals” and “healthy” have been identified as the best candidates for leveraging a sound image of organic food .
Resumo:
Questo lavoro di tesi curriculare ripercorre attraverso l’analisi di tre progetti, che ho svolto durante il mio percorso di studi, le mie esperienze nell’ambito della riqualificazione di aree al margine del centro storico. In fase di tesi ho poi svolto un lavoro fotografico a supporto degli elaborati progettuali che ho invece redatto negli anni di corso dei laboratori. Il lavoro fotografico a posteriori è da intendersi non tanto come approfondimento delle scelte progettuali effettuate, ma come un ripensamento e una riflessione sui luoghi sui quali ho precedentemente svolto i progetti. Per elaborare questo lavoro ho applicato le conoscenze che ho acquisito nel corso di Storia e Tecnica della Fotografia e nei workshop fotografici ai quali ho partecipato come studente. Dei tre progetti presi in esame, due sono stati svolti nei Laboratori di Progettazione (precisamente II e IV) e uno nel Laboratorio di Sintesi Finale. Come già detto, questi tre progetti sono stati da me scelti perché accomunati dalla prossimità delle aree ai centri storici delle città. Il carattere di queste aree di studio, composto da molteplici identità, è frammentario e le identifica come aree di margine o di confine nelle quali si rende necessario un processo di analisi e di riqualificazione. In maniera differente e con risultati altalenanti, le amministrazioni stanno provvedendo a cercare di dare a questi luoghi un carattere di maggior omogeneità .