920 resultados para segmental duplication
Resumo:
Lo scopo del progetto triennale del dottorato di ricerca è lo studio delle alterazioni genetiche in un gruppo di pazienti affetti da micosi fungoide ed un gruppo di pazienti affetti da sindrome di Sezary. Dalle biopsie cutanee è stato estratto il DNA e analizzato, comparandolo con DNA sano di riferimento, utilizzando la tecnica array-CGH, allo scopo di identificare la presenza di geni potenzialmente implicati nel processo di oncogenesi. Questa analisi è stata eseguita, per ogni paziente, su biopsie effettuate ad una fase iniziale di malattia e ad una fase di progressione della stessa. Sugli stessi pazienti è stata inoltre eseguita un’analisi miRNA. Si ipotizza che il profilo d’espressione dei miRNA possa infatti dare informazioni utili per predire lo stato di malattia, il decorso clinico, la progressione tumorale e la riposta terapeutica. Questo lavoro è stato poi eseguito su biopsie effettuate in pazienti affetti da sindrome di Sezary che, quando non insorge primitivamente come tale, si può considerare una fase evolutiva della micosi fungoide. La valutazione delle alterazioni genetiche, ed in particolare la correlazione esistente tra duplicazione e delezione genetica e sovra/sottoespressione genetica, è stata possibile attraverso l’interpretazione e la comparazione dei dati ottenuti attraverso le tecniche array-CGH e miRNA. Sono stati comparati i risultati ottenuti per valutare quali fossero le alterazioni cromosomiche riscontrate nei diversi stadi di malattia. L’applicazione dell’array-CGH e della metodica di analisi mi-RNA si sono rivelate molto utili per l’identificazione delle diverse aberrazioni cromosomiche presenti nel genoma dei pazienti affetti da micosi fungoide e sindrome di Sezary, per valutare la prognosi del paziente e per cercare di migliorare o trovare nuove linee terapeutiche per il trattamento delle due patologie. Lo studio di questi profili può rappresentare quindi uno strumento di grande importanza nella classificazione e nella diagnosi dei tumori.
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Multidetector row computed tomography over the last decade is commonly used in veterinary medicine. This new technology has an increased spatial and temporal resolution, could evaluate wider scanning range in shorter scanning time, providing an advanced imaging modality. Computed tomography angiographic studies are commonly used in veterinary medicine in order to evaluate vascular structures of the abdomen and the thorax. Pulmonary pathology in feline patients is a very common condition and usually is further evaluating with computed tomography. Up to date few references of the normal computed tomographic aspects of the feline thorax are reported. In this study a computed tomographic pulmonary angiography (CTPA) protocol is reported in normal cats and is compared with the up to date anatomical references. A CTPA protocol using a 64 MDCT in our study achieved high resolution images of the pulmonary arteries, pulmonary veins and bronchial lumen till the level of minor segmental branches. Feline pulmonary bronchial parenchyma demonstrates an architecture of mixed type with a monopedial model observed in the most anatomical parts and the dichotomic aspect is seen at the accessory lobe. The arterial and venous architecture is similar to the bronchial. Statistical analysis demonstrates the linear correlation of tracheal diameter to the felines weight. Vascular variations were noticed. The pulmonary venous system enters into the left atrium through three ostia (left cranial ostia: consisted of the anastomosis of the cranial and caudal portion of the left cranial pulmonary vein; right ostia: consisted of the anastomosis of the right cranial and middle pulmonary vein; and the caudal ostia: consisted of the anastomosis of the right and left caudal pulmonary vein). In conclusion CTPA is applicable in feline patients and provides an excellent imaging of the pulmonary arterial, venous and bronchial system till the level of minor segmental branches.
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In questo lavoro ci siamo posti come obiettivo lo studio della disfunzione atrio-ventricolare mediante tecniche ecocardiografiche avanzate (come il Tissue Doppler Imaging - TDI) in cani affetti da malattia mitralica cronica (MVD). Una prima parte è volta alla valutazione della funzionalità diastolica del ventricolo destro. Ci siamo proposti di analizzare la funzione del ventricolo destro in cani affetti da malattia del cuore sinistro per comprendere se quest’ultima possa condizionare direttamente la performance del settore cardiaco controlaterale. I risultati più importanti che abbiamo riscontrato sono: l’assenza di differenze significative nella disfunzione sisto-diastolica del ventricolo destro in cani con MVD a diverso stadio; la diretta correlazione tra le variabili TDI di funzionalità del ventricolo destro con il grado di disfunzione del ventricolo sinistro, come indicatori di interdipendenza ventricolare; ed infine il riscontro di una maggior tendenza ad alterazioni diastoliche del ventricolo sinistro in cani con ipertensione polmonare. A quest’ultimo proposito, per quanto riguarda le variabili TDI, il rapporto E/e’ dell’anulus mitralico laterale e settale è risultato avere una differenza significativa tra i cani con ipertensione polmonare e quelli privi di ipertensione polmonare (P<0,01). Nel secondo studio abbiamo applicato il TDI per l’analisi della funzione sisto-diastolica dell’atrio sinistro. Il lavoro è stato articolato in una parte di validazione della metodica su cani normali ed una su animali affetti da MDV. I risultati ottenuti mostrano che la valutazione ecocardiografica delle proprietà di deformazione dell’atrio sinistro basata sul TDI è attuabile e riproducibile nel cane. Abbiamo fornito dei valori di normalità per questa specie e confrontato questi dati con quelli ricavati in cani portatori di MVD. Le differenza tra le varie classi di malattia, nei diversi gradi di dilatazione atriale, sono risultate limitate, ma abbiamo individuato delle correlazioni tra i parametri TDI ed alcune variabili di funzionalità atriale.
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Die Hämocyanine der Cephalopoden Nautilus pompilius und Sepia officinalis sorgen für den Sauerstofftransport zwischen den Kiemen und den Geweben. Sie bestehen aus einem zylindrischen Dekamer mit interner Kragenstruktur. Während eine Untereinheit (also eine Polypeptidkette) bei NpH aus sieben paralogen funktionellen Domänen (FU-a bis FU-g) besteht, führte ein Genduplikationsereignis der FU-d zu acht FUs in SoH (a, b, c, d, d´, e, f, g). In allen Mollusken Hämocyaninen bilden sechs dieser FUs den äußeren Ring und die restlichen die interne Kragenstruktur. rnrnIn dieser Arbeit wurde ein dreidimensionales Modell des Hämocyanins von Sepia officinalis (SoH) erstellt. Die Rekonstruktion, mit einer Auflösung von 8,8Å (FSC=0,5), erlaubt das Einpassen von Homolologiemodellen und somit das Erstellen eines molekularen Modells mit pseudo atomarer Auflösung. Des Weiteren wurden zwei Rekonstruktionen des Hämocyanins von Nautilus pompilius (NpH) in verschiedenen Oxygenierungszuständen erstellt. Die auf 10 und 8,1Å aufgelösten Modelle zeigen zwei verschiedene Konformationen des Proteins. Daraus ließ sich eine Modellvorstellung über die allosterische Funktionsweise ableiten. Die hier erreichte Auflösung von 8Å ist die momentan höchste eines Molluskenhämocyanins. rnAuf Grundlage des molekularen Modells von SoH konnte die Topologie des Proteins aufgeklärt werden. Es wurde gezeigt, dass die zusätzliche FU-d´ in den Kragen integriert ist und somit die prinzipielle Wandarchitektur aller Mollusken Hämocyanine identisch ist. Wie die Analyse des erstellten molekularen Modells zeigt werden sind die beiden Isoformen (SoH1 und SoH2) in den Bereichen der Interfaces nahezu identisch; auch der Vergleich mit NpH zeigt grosse Übereinstimmungen. Des weiteren konnte eine Fülle von Informationen bezüglich der allosterischen Signalübertragung innerhalb des Moleküls gewonnen werden. rnDer Versuch, NpH in verschiedenen Oxygenierungszuständen zu zeigen, war erfolgreich. Die Datensätze, die unter zwei atmosphärischen Bedingungen präpariert wurden, führten reproduzierbar zu zwei unterschiedlichen Rekonstruktionen. Dies zeigt, daß der hier entwickelte experimentelle Ansatz funktioniert. Er kann nun routinemäßig auf andere Proteine angewandt werden. Wie der strukturelle Vergleich zeigte, verändert sich die Orientierung der FUs durch die Oxygenierung leicht. Dies wiederum beeinflusst die Anordnung innerhalb der Interfaces sowie die Abstände zwischen den beteiligten Aminosäuren. Aus dieser Analyse konnte eine Modellvorstellung zum allosterischen Signaltransfer innerhalb des Moleküls abgeleitet werden, die auf einer Umordnung von Salzbrücken basiert.
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Despite several clinical tests that have been developed to qualitatively describe complex motor tasks by functional testing, these methods often depend on clinicians' interpretation, experience and training, which make the assessment results inconsistent, without the precision required to objectively assess the effect of the rehabilitative intervention. A more detailed characterization is required to fully capture the various aspects of motor control and performance during complex movements of lower and upper limbs. The need for cost-effective and clinically applicable instrumented tests would enable quantitative assessment of performance on a subject-specific basis, overcoming the limitations due to the lack of objectiveness related to individual judgment, and possibly disclosing subtle alterations that are not clearly visible to the observer. Postural motion measurements at additional locations, such as lower and upper limbs and trunk, may be necessary in order to obtain information about the inter-segmental coordination during different functional tests involved in clinical practice. With these considerations in mind, this Thesis aims: i) to suggest a novel quantitative assessment tool for the kinematics and dynamics evaluation of a multi-link kinematic chain during several functional motor tasks (i.e. squat, sit-to-stand, postural sway), using one single-axis accelerometer per segment, ii) to present a novel quantitative technique for the upper limb joint kinematics estimation, considering a 3-link kinematic chain during the Fugl-Meyer Motor Assessment and using one inertial measurement unit per segment. The suggested methods could have several positive feedbacks from clinical practice. The use of objective biomechanical measurements, provided by inertial sensor-based technique, may help clinicians to: i) objectively track changes in motor ability, ii) provide timely feedback about the effectiveness of administered rehabilitation interventions, iii) enable intervention strategies to be modified or changed if found to be ineffective, and iv) speed up the experimental sessions when several subjects are asked to perform different functional tests.
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Die Neurogenese und axonale Wegfindung sind in den vergangenen Jahrzehnten Thema einer Vielzahl wissenschaftlicher Untersuchungen in den verschiedensten Organismen gewesen. Die zusammengetragenen Daten in Insekten und Crustaceen geben eine gute Übersicht darüber, wie das Nervensystem in Arthropoden aufgebaut wird. Die entwicklungsbiologischen Prozesse, die daran beteiligt sind, sind in den beiden genannten Gruppen sehr gut verstanden. In den Gruppen der Cheliceraten und Myriapoden jedoch wurden ähnliche Analysen bisher kaum durchgeführt. Das Hauptanliegen dieser Arbeit war es daher, Mechanismen in den Spinnen Achaearanea tepidariorum und Cupiennius salei, zwei Vertretern der Cheliceraten, zu untersuchen, die eine Rolle im Leitsystem der ventralen Mittellinie und bei der axonalen Wegfindung spielen. Eine Vorraussetzung hierfür sind Kenntnisse über die Architektur des Zentralnervensystems. In einem ersten Schritt beschrieb ich daher grundlegend die Morphologie des Nervensystems im Verlauf der gesamten Embryoalentwicklung. Ich konnte zeigen, dass in Spinnen ein für Arthropoden typisches Strickleiternervensystem gebildet wird. Dieses wird von segmental angelegten Neuronen geformt, wobei sowohl Gruppen von Zellen als auch einzelne Neurone daran beteiligt sind, die primären axonalen Trakte zu etablieren. Im Besonderen konnte ich eine Zelle identifizieren, die in Position, Projektionsmuster und der Expression des Markergens even-skipped vergleichbar zum PR2 Neuron in Drosophila ist, welches die posteriore Wurzel des Segmentalnervs anlegt.rnrnIn einem zweiten Ansatz untersuchte ich die ventrale Mittellinie in Spinnen im Bezug auf ihre mögliche Funktion in der axonalen Wegfindung. Es konnte gezeigt werden, dass es sich beim Epithel der Mittellinie, das die Lücke zwischen beiden Keimstreifhälften während des gesamten Prozesses der Inversion überspannt, um eine transiente Struktur handelt, die keine neuralen Zellen hervorbringt. Es ist daher vergleichbar mit der so genannten Floor plate in Vertebraten, die ebenfalls nur vorübergehend existiert. Die Untersuchung von single minded (sim) zeigte, dass es, anders als in Drosophila, wo sim ein wichtiges regulatorisches Gen für die korrekte Spezifizierung von Mittellinienzellen ist, nicht in den Zellen der Mittellinie, sondern in diesen benachbarten Zellen, exprimiert wird. Das ist vergleichbar mit Vertebraten. Zusätzlich konnte ich Expression von sim an den Basen der Gliedmassen und im Kopf nachweisen. Wie in Vertebraten könnte sim an der Musterbildung dieser Gewebe beteiligt sein. Dennoch spielt die Mittellinie in Spinnen eine wichtige Rolle als Organisator für auswachsende, kommissurale Axone. Diese Funktion teilt sie mit anderen Invertebraten und Vertebraten.rnrnDie Signaltransduktionskaskade, die an der axonalen Wegfindung an der Mittellinie beteiligt ist, ist in den verschiedensten Organismen hoch konserviert. In der vorliegenden Arbeit konnte ich sowohl in Achaearanea als auch in Cupiennius ein netrin Homolog identifizieren und eine konservierte Funktion des Wegfindungsmoleküls während der Bildung der Kommissuren aufzeigen. RNAi Experimente belegen, dass, wird die Funktion von netrin herunterreguliert, das Strickleiternervensystem nicht korrekt gebildet wird, ins Besondere die kommissuralen Faszikel. Des Weiteren konnte ich eine neue Funktion von netrin, die bisher in anderen Organsimen noch nicht beschrieben wurde, identifizieren. Neben seiner Rolle in der axonalen Wegfindung, scheint netrin auch an der epithelialen Morphogenese im zentralen Nervensystem beteiligt zu sein. In dieser Funktion scheint netrin in Gliazellen, die die epithelialen Vesikel der Invaginationsgruppen umhüllen, wichtig zu sein, um neurale Vorläuferzellen in einem undifferenzierten Zustand zu halten. Der Abbau von netrin Transkript durch RNA Interferenz führt zu einer verfrühten Segregation neuraler Vorläuferzellen aus dem epithelialen Verband der Invaginationsgruppen und zu einer Zunahme an Zellen, die den frühen Differenzierungsmarker islet exprimieren.
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Il trigono della vescica urinaria (UBT) è un'area limitata attraverso la quale penetrano nella vescica la maggior parte dei vasi e fibre e in cui le fibre nervose e neuroni intramurali sono più concentrati. Mediante l’utilizzo combinato di un tracciante retrogrado(FB) e dell’immunoistochimica sono stati valutati il fenotipo e l’area del soma dei neuroni dei gangli spinali (DRG), dei neuroni post-gangliari, il fenotipo dei gangli della catena simpatica (STG) e i gangli mesenterici caudali (CMG) innervanti l’UBT. - Caratterizzazione dei neuroni dei DRG con: peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP)(30±3%, 29±3%, rispettivamente), sostanza P(SP)(26±8%, 27±12%), ossido nitrico sintasi neuronale (nNOS)(21±4%; 26±7%), neurofilamento 200kDa (NF200)(75±14%, 81±7% ) , transient receptor potential vanilloid1 (TRPV1)(48±13%, 43±6%) e isolectina-B4-positivi (IB4) (56±6%;43±10%). I neuroni sensoriali, distribuiti da L2 a Ca1 (DRG), hanno presentato una localizzazione segmentale, mostrando maggior densità nei DRG L4-L5 e S2-S4. I neuroni sensoriali lombari sono risultati significativamente più grandi di quelle sacrali (1.112±624μm2 vs716±421μm2). Complessivamente, questi dati indicano che le vie lombari e sacrali probabilmente svolgono ruoli diversi nella trasmissione sensitiva del trigono della vescica urinaria. -I neuroni FB+ della STG e dei CMG sono risultati immunoreattivi per la tirosina idrossilasi (TH)(66±10,1%, 53±8,2%, rispettivamente), la dopamina beta-idrossilasi (DβH)(62±6,2%, 52±6,2%), neuropeptideY (NPY)(59±8%; 66±7%), CGRP(24±3%, 22±3%), SP(22±2%; 38±8%), polipeptide intestinale vasoattivo (VIP)(19±2%; 35±4%), nNOS(15±2%; 33±8%), trasportatore vescicolare dell'acetilcolina (VAChT)(15±2%; 35±5%), leu-encefalina (LENK)(14±7%; 26±9%), e somatostatina (SOM)(12±3%;32±7%).Il numero medio di neuroni FB+ (1845,1±259,3) era nella STG in L1-S3, con i pirenofori più piccoli (465,6±82.7μm2). Un gran numero (4287,5±1450,6) di neuroni FB+ di piccole dimensioni (476,1±103,9μm2) sono stati localizzati lungo il margine dei CMG. Il maggior numero (4793,3±1990,8) di neuroni FB + è stato osservato nel plesso pelvico, dove i neuroni marcati erano raggruppati in micro-gangli e con pirenoforo ancora più piccolo (374,9±85,4 μm2).
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Diese Arbeit untersucht zwei Lipoproteine, das discoidale High density-Lipoprotein (dHDL) und das β-Glukan-Bindeprotein (BGBP) aus dem Flusskrebs Astacus leptodactylus in funktioneller, struktureller und phylogenetischer Hinsicht. Die Nukleotid-Sequenz des BGBP konnte nahezu vollständig entschlüsselt werden. Dabei errechnet sich aus der abgeleiteten Aminosäure-Sequenz ein Molekulargewicht von 153 kDa. Das reife BGBP hat nur eine molekulare Masse von 105 kDa. Vermutlich kommt es durch eine Furin-ähnliche Protease zu einer post-translationalen N- und C-terminalen Prozessierung: zwei bisher nicht beschriebene, aber auch in der BGBP-Sequenz von anderen höheren Krebsen vorhandene, typische Furin-Schnittstellen (RAKR, bzw. RARR) wurden anhand von Sequenzvergleichen identifiziert. BGBP hat zwei Funktionen: zum Einen ist es für den Transport und die Aktivierung des proPhenoloxidase-Systems zuständig, zum Anderen für die Versorgung der Organe mit Lipiden, welche vermutlich der Energiegewinnung dienen. Eine 100 kDa große, BGBP-bindende Rezeptor-Fraktion konnte in Hämocyten-Membranen identifiziert werden. Das Vorkommen von dHDL war aus eigenen Befunden bisher ausschließlich in Astacus leptodactylus bekannt, doch konnte in dieser Arbeit ein mit dem dHDL-Antikörper reagierendes Protein erstmalig auch in anderen Arthropoden-Spezies nachgewiesen werden. Die discoidale Form und das Untereinheiten-Muster (240 + 85 kDa) sind typisch für die bei Vertretern ursprünglicher Tiergruppen gefundenen Lipoproteine (z.B. beim Cheliceraten Limulus und beim Polychaeten Nereis). Eventuell handelt es sich bei dHDL also um einen ‚Prototypen’ in der Lipoprotein-Evolution. Obwohl die Sequenz des dHDL auf Nukleotid-Ebene unbekannt ist, wurden die Sequenzen einiger dHDL-Peptide aus massenspektroskopischen Analysen gewonnen. Überraschenderweise befinden sich diese Sequenzen in der Aminosäuresequenz des BGBP. Dabei liegen alle Peptide am N- und/oder am C-Terminus der abgeleiteten BGBP-Aminosäure-Sequenz, und zwar in den Bereichen, die vermutlich durch das erwähnte Furin vom BGBP abgeschnitten werden, im reifen BGBP also gar nicht mehr vorkommen. Deshalb ist zu vermuten, dass BGBP und dHDL ein gemeinsames Vorläuferprotein haben und durch Genduplikation entstanden sind, oder dass es sich beim dHDL- und beim BGBP-Gen um ein und dasselbe Gen handelt. Das Genprodukt wird dann auf unterschiedliche Weise prozessiert und es entstehen die beiden Proteine dHDL und BGBP. Die Funktion von dHDL ist noch nicht eindeutig geklärt, es ließen sich aber dHDL-bindende Rezeptor-Fraktionen mit einer molekularen Masse von 160 kDa in somatischen Geweben (Muskel, Darm, Hepatopankreas, Kiemen und Samenleiter) sowie in Oocyten und Hämocyten nachweisen. Deshalb wird vermutet, dass dHDL als Energielieferant in Stoffwechsel-aktiven Organen und als Speicherprotein in Oocyten dient. Eine endocytotische Aufnahme konnte gezeigt werden.
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Die akute myeloische Leukämie (AML) stellt ein äußerst heterogenes hämatologisches Krankheitsbild dar, welches durch die unkontrollierte Proliferation unausdifferenzierter und gleichzeitig nicht-funktioneller hämatopoetischer Zellen gekennzeichnet ist. Sowohl die unterschiedliche Zellherkunft, als auch zytogenetische Aberrationen und molekulargenetische Mutationen sorgen für eine große Diversität der Erkrankung. In der Therapie kommen Chemotherapeutika zum Einsatz, welche die Leukämie in eine komplette Remission bringen sollen. Der einzige kurative Ansatz besteht aus der allogenen hämatopoetischen Stammzelltransplantation. Abgesehen von den gewünschten kurativen Effekten, induzieren die im Transplantat befindlichen Spender-T-Lymphozyten ebenfalls die Transplantat-gegen-Wirt Erkrankung – eine Hauptursache von Mortalität und Morbidität nach erfolgter allogener hämatopoetischer Stammzelltransplantation. Da bei vielen Patienten aufgrund ihres Alters und ihrer Begleiterkrankungen eine Transplantation nicht tolerieren und da viele akuten myeloischen Leukämien trotz Chemotherapie progredient sind, schlägt die Therapie fehl und es gibt keine Chance auf Heilung. rnZur Erforschung der pathologischen Prozesse der akuten myeloischen Leukämie sowie für die Entwicklung neuer Therapiekonzepte bedarf es stabiler Tiermodelle, die die maligne Erkrankung des Menschen darstellen können. Ziel der vorliegenden Arbeit war die Untersuchung des Engraftments humaner primärer akuter myeloischer Leukämien in immuninkompetenten NSG-Mäusen. Die Untersuchungen zeigten, dass lediglich 61,5% der getesteten Leukämien in den Versuchstieren nach der Xenotransplantation nachgewiesen werden konnten. Die Gründe hierfür sind noch nicht ausreichend geklärt, beinhalten jedoch vermutlich Elemente des Homings, des Überlebens der Zelle in der fremden murinen Knochenmarknische, der Abwesenheit spezifischer humaner Wachstumsfaktoren, sowie intrinsische Unterschiede unter den verschiedenen Leukämieproben. Leukämien, die mit einer schlechten Prognose beim Patienten verbunden sind, wachsen in den Tieren stärker an. In den Versuchen konnte gezeigt werden, dass Leukämien mit einer Längenmutation des FLT3-Rezeptors eher häufiger in den NSG-Mäusen anwachsen, als wenn diese Mutation fehlt. Die Analyse der erstellten Wachstumskinetiken zweier Leukämien ergab, dass die Höhe des Engraftments in den einzelnen Organen sowohl von der transplantierten Zellmenge, als auch von der Höhe der angesetzten Versuchszeit abhängt. Zudem wurde ein Wachstum humaner T-Lymphozyten in den xenotransplantierten Mäusen beobachtet, welches sowohl mit einem höheren Engraftment der Leukämie in der Maus verbunden war, als auch mit einer höheren Tiersterblichkeit vergesellschaftet war.rnZum Verhindern dieses Wachstums wurden zwei unterschiedliche Methoden angewendet und miteinander verglichen. Dabei erzielten sowohl die medikamentöse Behandlung der Tiere mit dem Calcineurininhibitor Cyclosporin A, als auch die CD3-Depletion der Leukämie vor der Transplantation ein T-Zell-freies Wachstum in den Mäusen, letzteres erwies sich jedoch als das schonendere Verfahren. In den T-Zell-freien Tieren konnte bei dem Großteil der Tiere kein Engraftment im Knochenmark festgestellt werden, was auf einen positiven Einfluss der humanen T-Lymphozyten beim Vorgang des Engraftments schließen lässt.rn
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Persons affected by Down Syndrome show a heterogeneous phenotype that includes developmental defects and cognitive and haematological disorders. Premature accelerated aging and the consequent development of age associated diseases like Alzheimer Disease (AD) seem to be the cause of higher mortality late in life of DS persons. Down Syndrome is caused by the complete or partial trisomy of chromosome 21, but it is not clear if the molecular alterations of the disease are triggered by the specific functions of a limited number of genes on chromosome 21 or by the disruption of genetic homeostasis due the presence of a trisomic chromosome. As epigenomic studies can help to shed light on this issue, here we used the Infinium HumanMethilation450 BeadChip to analyse blood DNA methylation patterns of 29 persons affected by Down syndrome (DSP), using their healthy siblings (DSS) and mothers (DSM) as controls. In this way we obtained a family-based model that allowed us to monitor possible confounding effects on DNA methylation patterns deriving from genetic and environmental factors. We showed that defects in DNA methylation map in genes involved in developmental, neurological and haematological pathways. These genes are enriched on chromosome 21 but localize also in the rest of the genome, suggesting that the trisomy of specific genes on chromosome 21 induces a cascade of events that engages many genes on other chromosomes and results in a global alteration of genomic function. We also analysed the methylation status of three target regions localized at the promoter (Ribo) and at the 5’ sequences of 18S and 28S regions of the rDNA, identifying differently methylated CpG sites. In conclusion, we identified an epigenetic signature of Down Syndrome in blood cells that sustains a link between developmental defects and disease phenotype, including segmental premature aging.
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Globine sind kleine globuläre Proteine mit nahezu ubiquitärem Vorkommen in allen Tiergruppen. Sie weisen eine typische Sandwichstruktur auf, die in der Regel aus acht α-Helices mit einer zentralen prosthetischen Häm-Gruppe besteht und die Proteine zur Bindung gasförmiger Liganden befähigt. Die Funktionen der Globine reichen von O2-Transport und – Speicherung, über eine Beteiligung bei der Entgiftung reaktiver Sauerstoff- und Stickstoffspezies bis hin zu sensorischen physiologischen Aufgaben. Innerhalb der Klasse der Insekten schien das Vorhandensein von Globinen zunächst auf Insekten mit offensichtlich hypoxischen Habitaten beschränkt zu sein. Die Entdeckung des Globins glob1 in Drosophila melanogaster deutete jedoch eine sehr viel weitere Verbreitung der Globine in Insekten an, die sich durch die Identifizierung von Globingenen in einer Vielzahl von normoxisch lebenden Insekten, wie z.B. Apis mellifera oder Aedes aegypti bestätigte. D. melanogaster besitzt drei Globine, glob1, glob2 und glob3. Glob1 ist eng mit anderen intrazellulären Insektenglobinen verwandt, was zu der Annahme führte, dass es sich bei glob1 um das ursprüngliche und bei glob2 und glob3 um abgeleitete D. melanogaster Globine handelt. Glob1 wird in allen Entwicklungsstadien exprimiert, wobei die Hauptexpressionsorte der Fettkörper und das Tracheensystem sind. Die Transkription des glob1 startet von zwei alternativen Promotoren (Promotor I und II), wodurch in Kombination mit alternativem Splicing vier Transkriptvarianten (Isoform A-D) entstehen, deren Translation jedoch in einer Proteinvariante (glob1) resultiert. Hypoxische Bedingungen führen zu einer vermutlich HIF (=‚hypoxia-inducible factor‘) -vermittelten Abnahme der glob1 Genexpression, wohingegen Hyperoxie eine leichte Zunahme der glob1 mRNA Menge bewirkt. Der mithilfe des UAS/Gal4- Systems erzeugte, RNAi-vermittelte glob1 Knockdown führt zu einer schlechteren Überlebensrate adulter Fliegen unter hypoxischen Bedingungen, einer verkürzten Erholungszeit nach hypoxischem Stupor in Weibchen sowie zu einer erhöhten Resistenz gegenüber dem ROS (=‘reactive oxygen species‘) -generierenden Herbizid Paraquat in Larven und adulten Weibchen. Diese Beobachtungen sprechen für eine Funktion des Drosophila glob1 innerhalb der O2-Versorgung. Unter hyperoxischen Bedingungen hingegen wurde kein Unterschied zwischen Fliegen mit wildtypischer und manipulierter glob1-Expression festgestellt, wodurch eine Beteiligung des glob1 bei der Entgiftung reaktiver Sauerstoffspezies als mögliche Funktion vorerst ausscheidet. Bei glob2 und glob3 handelt es sich um duplizierte Gene. Auf phylogenetischen Rekonstruktionen basierend konnte die Entstehung der Globin-Duplikate auf ein Duplikationsereignis vor der Radiation des Subgenus Sophophora vor mindestens 40 Millionen Jahren zurückgeführt werden. Die durchgeführten Analysen zur molekularen Sequenzevolution der Globin-Duplikate deuten darauf hin, dass glob2 und glob3 nach der Duplikation eine Kombination aus Sub- und Neo-Funktionalisierungsprozessen durchlaufen haben. Glob2 und glob3 zeigen eine deckungsgleiche mRNA Expression, die auf die männliche Keimbahn beschränkt ist. Aufgrund des hohen Konservierungsgrads der für die Häm- und O2-Bindung essentiellen Aminosäuren kann von der Funktionalität beider Proteine ausgegangen werden. Die streng auf die männliche Keimbahn begrenzte Expression von glob2 und glob3 deutet auf eine Rolle der Globin-Duplikate innerhalb der Spermatogenese hin, die möglicherweise in einem Schutz der Spermatogenese vor oxidativem Stress besteht. Auch eine Beteiligung beim korrekten Ablauf der Spermien-Individualisierung, beispielsweise durch Regulation von Apoptoseprozessen wäre denkbar.
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Im Rahmen der vorliegenden Arbeit wurde ein Bereich aus der geschlechtsbestimmenden Chromosomenregion, der „Contig SDR“, von C. tentans mit einer Größe von ~87 kb untersucht. Zur Erstellung des Contigs wurden 8 BAC-Klone aus C. tentans isoliert, teilweise subkloniert und sequenziert. Innerhalb des Contigs SDR konnten insgesamt 13 Gene sowie ein Teilbereich des Gens rpS5-like im distalen Bereich des Contigs SDR identifiziert werden. Hierbei handelt es sich um dieselben Gene, welche schon im Contig SDR von C. thummi identifiziert werden konnten. Ein Vergleich der beiden Contigs zeigt, dass die Abfolge der Gene zwischen den beiden Arten C. thummi und C. tentans identisch ist. Weiterhin konnten im Contig SDR von C. tentans sechs Bereiche lokalisiert werden, in denen repetitive oder transposable Elemente zu finden sind. Ein Vergleich der larvalen Transkripte (L4-Stadium) von 11 Genen des Contigs SDR aus C. thummi ♂ und C. thummi ♀ per RT-PCR und Hochdurchsatz-Sequenzierung zeigte mit Ausnahme der Gene luc7(p)-like sowie fs(1)K10-like bislang keine weiteren geschlechtsspezifischen Unterschiede. Im Gen luc7(p)-like konnte in C. thummi ♀ und C. piger ♀ ein alternativ gespleißtes Intron im eigentlichen Exon 2 identifiziert werden. Bei fs(1)K10-like konnte in C. thummi ♂ eine Duplikation des Gens nachgewiesen werden. Weiterhin wurden mit Hilfe des RACE-Verfahrens die 5’UTR- und 3’UTR-Bereiche der Transkripte analysiert. Hierdurch konnten differentielle Spleißprodukte identifiziert werden, welche jedoch nicht geschlechtsspezifisch auftreten. Die bioinformatische Bearbeitung der von den Genen der SDR kodierten Proteine auf konservierte Domänen zeigt vier Proteine, die möglicherweise als Transkriptions- oder Spleißfaktoren wirken können. Hierbei handelt es sich um die Proteine der Gene mi-er1-like, luc7(p)-like, polyhomeotic-like sowie rpn5-like. Für das auf Grund der männchenspezifischen Duplikation in C. thummi in den Fokus geratene Genprodukt von fs(1)K10-like konnten keine Domänen vorhergesagt werden. Somit kann nicht gesagt werden, ob das Protein im Rahmen der Geschlechtsdetermination eine Funktion haben könnte. Die Sequenzidentität der abgeleiteten AS-Sequenz liegt für alle Gene außer mi-er1-like (87,6 %) zwischen den beiden Arten C. tentans und C. thummi bei 93,3 %.
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Approximately 25% of acute myeloid leukemias (AMLs) carry internal tandem duplications (ITD) of various lengths within the gene encoding the FMS-like tyrosine kinase receptor 3 (FLT3). Although varying duplication sites exist, most of these length mutations affect the protein´s juxtamembrane domain. FLT3-ITDs support leukemic transformation by constitutive phosphorylation resulting in uncontrolled activation, and their presence is associated with worse prognosis. As known form previous work, they represent leukemia- and patient-specific neoantigens that can be recognized by autologous AML-reactive CD8+ T cells (Graf et al., 2007; Graf et al., unpublished). Herein, in patient FL, diagnosed with FLT3-ITD+ AML and in first complete remission after induction chemotherapy, T cells against her leukemia´s individual FLT3-ITD were detected at a frequency up to 1.7x10-3 among peripheral blood CD8+ T lymphocytes. This rather high frequency suggested, that FLT3-ITD-reactive T cells had been expanded in vivo due to the induction of an anti-leukemia response.rnrnCell material from AML patients is limited, and the patients´ anti-leukemia T-cell repertoire might be skewed, e.g. due to complex previous leukemia-host interactions and chemotherapy. Therefore, allogeneic sources, i.e. buffy coats (BCs) from health donors and umbilical cord blood (UCB) donations, were exploited for the presence and the expansion of FLT3-ITD-reactive T-cell populations. BC- and UCB-derived CD8+ T cells, were distributed at 105 cells per well on microtiter plates and, were stimulated with antigen-presenting cells (APCs) transfected with in vitro-transcribed mRNA (IVT-mRNA) encoding selected FTL3-ITDs. APCs were autologous CD8- blood mononuclear cells, monocytes or FastDCs.rnrnBuffy coat lymphocytes from 19 healthy individuals were analyzed for CD8+ T-cell reactivity against three immunogenic FLT3-ITDs previously identified in patients VE, IN and QQ and designated as VE_, IN_ and QQ_FLT3-ITD, respectively. These healthy donors carried at least one of the HLA I alleles known to present an ITD-derived peptide from one of these FLT3-ITDs. Reactivities against single ITDs were observed in 8/19 donors. In 4 donors the frequencies of ITD-reactive T cells were determined and were estimated to be in the range of 1.25x10-6 to 2.83x10-7 CD8+ T cells. These frequencies were 1,000- to 10,000-fold lower than the frequency of autologous FLT3-ITD-reactive T cells observed in patient FL. Restricting HLA I molecules were identified in two donors. In one of them, the recognition of VE_FLT3-ITD was found to be restricted by HLA-C*07:02, which is different from the HLA allele restricting the anti-ITD T cells of patient VE. In another donor, the recognition of IN_FLT3-ITD was restricted by HLA-B*35:01, which also had been observed in patient IN (Graf et al., unpublished). By gradual 3´-fragmentation of the IN_FLT3-ITD cDNA, the 10-mer peptide CPSDNEYFYV was identified as the target of allogeneic T cells against IN_FLT3-ITD. rnLymphocytes in umbilical cord blood predominantly exhibit a naïve phenotype. Seven UCB donations were analyzed for T-cell responses against the FLT3-ITDs of patients VE, IN, QQ, JC and FL irrespective of their HLA phenotype. ITD-reactive responses against all stimulatory FLT3-ITDs were observed in 5/7 UCB donations. The frequencies of T cells against single FLT3-ITDs in CD8+ lymphocytes were estimated to be in the range of 1.8x10-5 to 3.6x10-6, which is nearly 15-fold higher than the frequencies observed in BCs. Restricting HLA I molecules were identified in 4 of these 5 positive UCB donations. They were mostly different from those observed in the respective patients. But in one UCB donation T cells against the JC_FLT3-ITD had exactly the same peptide specificity and HLA restriction as seen before in patient JC (Graf et al., 2007). Analyses of UCB responder lymphocytes led to the identification of the 10-mer peptide YESDNEYFYV, encoded by FL_FLT3-ITD, that was recognized in association with the frequent allele HLA-A*02:01. This peptide was able to stimulate and enrich ITD-reactive T cells from UCB lymphocytes in vitro. Peptide responders not only recognized the peptide, but also COS-7 cells co-transfected with FL_FLT3-ITD and HLA-A*02:01.rnrnIn conclusion, T cells against AML- and individual-specific FLT3-ITDs were successfully generated not only from patient-derived blood, but also from allogeneic sources. Thereby, ITD-reactive T cells were detected more readily and at higher frequencies in umbilical cord blood than in buffy coat lymphocytes. It occurred that peptide specificity and HLA restriction of allogeneic, ITD-reactive T cells were identical to autologous patient-derived T cells. As shown herein, allogeneic, FLT3-ITD-reactive T cells can be used for the identification of FLT3-ITD-encoded peptides, e.g. for future therapeutic vaccination studies. In addition, these T cells or their receptors can be applied to adoptive transfer.
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Autism spectrum disorder (ASD) and Intellectual Disability (ID) are complex neuropsychiatric disorders characterized by extensive clinical and genetic heterogeneity and with overlapping risk factors. The aim of my project was to further investigate the role of Copy Numbers Variants (CNVs), identified through genome-wide studies performed by the Autism Geome Project (AGP) and the CHERISH consortium in large cohorts of ASD and ID cases, respectively. Specifically, I focused on four rare genic CNVs, selected on the basis of their impact on interesting ASD/ID candidate genes: a) a compound heterozygous deletion involving CTNNA3, predicted to cause the lack of functional protein; b) a 15q13.3 duplication containing CHRNA7; c) a 2q31.1 microdeletion encompassing KLHL23, SSB and METTL5; d) Lastly, I investigated the putative imprinting regulation of the CADPS2 gene, disrupted by a maternal deletion in two siblings with ASD and ID. This study provides further evidence for the role of CTNNA3, CHRNA7, KLHL23 and CADPS2 as ASD and/or ID susceptibility genes, and highlights that rare genetic variation contributes to disease risk in different ways: some rare mutations, such as those impacting CTNNA3, act in a recessive mode of inheritance, while other CNVs, such as those occurring in the 15q13.3 region, are implicated in multiple developmental and/or neurological disorders possibly interacting with other susceptibility variants elsewhere in the genome. On the other hand, the discovery of a tissue-specific monoallelic expression for the CADPS2 gene, implicates the involvement of epigenetic regulatory mechanisms as risk factors conferring susceptibility to ASD/ID.
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In dieser Arbeit wurden Mechanismen der Musterbildung in der terminalen Abdominalregion des Zentralnervensystems von Drosophila melanogaster untersucht. Dazu wurden zunächst die Anzahl der angelegten Neuromere und das Muster der dort lokalisierten neuralen Stammzellen (Neuroblasten) analysiert. Dabei zeigte sich, dass sowohl die Größe der Neuromere, als auch die Anzahl an Neuroblasten von anterior nach posterior sukzessiv abnimmt, wobei keine geschlechtsspezifischen Unterschiede in der Anzahl der vorhandenen Neuroblasten festgestellt werden konnten. Durch die Kombination einer Vielzahl von molekularen Markern war es anschließend möglich, die Identität aller Neuroblasten in diesem Bereich aufzuklären und in einer Karte zusammenzutragen. Sie weisen alle eine serielle Homologie zu Neuroblasten in weiter anterior gelegenen Segmenten auf. Des Weiteren wurde die embryonale Identität der geschlechtsspezifischen Neuroblasten untersucht und deren postembryonalen mänchenspezifischen Zellstammbäume charakterisiert. Diese detaillierten Beschreibungen bildeten die Grundlage für die funktionelle Analyse von geschlechts- und segmentspezifischen Faktoren, die zur Musterbildung in dieser Region des Zentralnervensystems beitragen. So konnte gezeigt werden, dass die weibliche Isoform von doublesex den programmierten Zelltod der geschlechtsspezifischen Neuroblasten induziert, während die männliche Isoform diesen verhindert. Das Hox-Gen Abdominal-B zeigt relativ milde Effekte auf das Überleben dieser Neuroblasten, was darauf hindeutet, dass weitere Faktoren benötigt werden, um diesen Prozess in segmentspezifischer Weise zu kontrollieren. Die Funktion von Hox-Genen wurde ferner im Hinblick auf die abgeleitete Morphologie der terminalen Neuromere untersucht. Es konnte herausgefunden werden, dass die regulatorische Isoform von Abdominal-B auf mehreren Ebenen wirkt: Sie beeinflusst die Zusammensetzung bestimmter Zellstammbäume durch Modifikation von Zelldeterminationsprozessen und durch die Kontrolle des programmierten Zelltods. Außerdem unterdrückt sie die Bildung einer spezifischen Subpopulation von Neuroblasten. Allerdings benötigt Abdominal-B.r die Co-Expression des ParaHox-Gens caudal, um sein gesamtes Potenzial bezüglich der Suppression dieser Neuroblasten zu entfalten. Die vorliegende Arbeit hat somit erste Einblicke in die geschlechtsspezifische und segmentspezifische Spezifizierung der terminalen Abdominalregion des Zentralnervensystems von Drosophila auf Ebene des Neuroektoderms, der daraus hervorgehenden Neuroblasten und deren Tochterzellen gewährt. Die vollständige und detailgetreue Beschreibung des Neuroblasten-Musters und der postembryonalen männchenspezifischen Zellstammbäume hat zudem attraktive Modellsysteme für zukünftige Untersuchungen etabliert, an denen sich weitere Mechanismen der Musterbildung im Zentralnervensystem analysieren lassen.