819 resultados para Palmira (Valle del Cauca)
Resumo:
Estructura de Teleformación
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Estructura de Teleformación
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Il sisma del 6 aprile ha palesato delle criticità già presenti nel territorio aquilano. Dopo l'emergenza ci si chiede quindi quale debba essere il futuro della città. Quello che risulta più evidente è sicuramente la scomparsa di un'interdipendenza tra città e territorio circostante che era invece alla base della nascita stessa del nucleo storico. Questo era infatti concepito inizialmente come una serie di entità eterogenee separate, 99 rioni che avrebbero ospitato la popolazione di altrettanti villaggi e castelli, ed arriva nel corso dei secoli ad inglobare un territorio molto più ampio di centri minori che si riconoscono nel capoluogo. Anche con la successiva crescita non si è mai sentita la necessità di provvedere ad uno sviluppo organizzato attraverso la realizzazione di servizi, ma si è sempre cercato di mantenere il centro storico come unico contenitore, non solo per la città ma per l'intero territorio. Così lo sviluppo fuori le mura è avvenuto soprattutto per mano privata generando una periferia caotica e disorganizzata come risposta alla domanda di alloggi, a cui non è mai stato dato l'onere, se non in fase progettuale, di sopperire alle necessità urbane di servizi e infrastrutture e soprattutto ad una totale mancanza di pianificazione di sviluppo futuro. Con la completa distruzione del centro storico è scomparso il cuore pulsante del territorio aquilano, a cui è subito seguito anche lo spegnimento della periferia, che gravitava e si appoggiava su di esso per la sua sopravvivenza. A questo punto la scelta di agire sulla prima periferia, in una zona di cerniera con il centro storico, diventa una scelta fondamentale, poiché questa diventa una possibilità per dare luogo ad una rinascita non solo della città dentro le mura ma dell'Aquila moderna. Poiché questo sia possibile è chiaro come l'attenzione maggiore debba rivolgersi non solo alla risposta della domanda abitativa, ma anche alla progettazione di spazi per la collettività, servizi a diversa scala e sedi per il piccolo e medio commercio per rendere possibili nuove opportunità sociali ed economiche. In quest'ottica risulta indispensabile mantenere un collegamento, fisico e visivo, con il centro storico, attraverso la riqualificazione della fascia verde a ridosso delle mura e la sua naturale prosecuzione al di là della strada nell'area di progetto. Una delle problematiche principali è stata inoltre la definizione o meno di un confine. La scelta è stata quella di una struttura aperta: una maglia senza un limite preciso ma con una chiara direzionalità che si rifà a quella del centro storico e che risulta la più adatta ad accogliere gli sviluppi futuri della città. Il progetto cerca quindi di interfacciarsi sempre con quelle che sono le preesistenze (come nel caso della Chiesa di S. Maria Mediatrice), per cui si perde una lettura chiusa del quartiere, a favore di un intervento che vuole essere una ricucitura piuttosto che un'imposizione al luogo. Diretta conseguenza è stata quindi la scelta di lavorare sugli spazi aperti, diversificandoli e caratterizzandoli a seconda delle situazioni, intesi come elementi di relazione, generatori di una fluida sequenza di luoghi, in cui l'edificio che vi trova sede non può essere scisso dal contesto circostante, ma ne diventa elemento complementare. Lo spazio assume così diverse declinazioni nel passaggio dal pubblico al privato, privo di cesure nette, alla ricerca di un abitare collettivo senza rinunce alla propria individualità. Alla varietà dei luoghi, si affianca anche la progettazione diversificata degli alloggi, per rispondere alle contemporanee esigenze dell'abitare.
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The Project dealt with the development of settlement pattern and the irrigation system in Samarkand oasis. The main topic of the research is the dating of the Dargom canal, the main water supply of Samarkand in the ancient times as well as today. The Project provided a new hypothesis on the chronology of Dargom, dated back to the Early centuires of the Current Era, in relation with the different phases of the settlement patterns. The researches were carried out with several international teams and schoalrs belonging to several disciplines.
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Il Massiccio del Cansiglio-Monte Cavallo costituisce uno dei maggiori complessi carsici italiani; con questo lavoro si cerca di fornirne una caratterizzazione idrogeologica sulla quale poter basare una futura prova di tracciamento multiplo, al fine di definirne con precisione la configurazione interna. Lo studio è incentrato sul monitoraggio in continuo di portate, temperature e conducibilità elettrica compensata a 25 °C delle tre sorgenti maggiori del fiume Livenza, che sgorgano alla base del Massiccio, e su un monitoraggio idrochimico discontinuo di nove sorgenti (tra cui figurano anche le tre principali) e di quattro grotte rappresentanti le aree di infiltrazione concentrata. L’enorme volume d’acqua contenuto in questo grande acquifero carsico sembra riversarsi quasi completamente nelle aree sorgive situate al margine occidentale della pianura friulana, che cinge il lato orientale del Massiccio. In linea generale, queste acque, tipicamente carbonatiche, non hanno tempi di residenza lunghi all’interno del bacino di provenienza e fluiscono con portate elevate (> 1 m3/s) da ognuna delle tre sorgenti maggiori; nel periodo estivo (luglio-agosto) si registra una fase di svuotamento, assai accentuata al Gorgazzo, sorgente, tra le tre, posta più a nord. Molinetto, situata più a sud, pare differenziarsi maggiormente dalle altre due grandi sorgenti, Santissima e Gorgazzo, mentre le sorgenti minori sembrano, al di là di alcune caratteristiche peculiari, abbastanza simili tra loro. In particolare, il Molinetto mostra, in risposta agli eventi meteorici intensi, un incremento di portata meno netto, accompagnato da un evidente fenomeno di pistonaggio, almeno durante il periodo di morbida. Al contrario, il Gorgazzo risponde immediatamente alle forti precipitazioni piovose e le acque di pioggia viaggiano rapidamente dalla zona di infiltrazione alla sorgente stessa. La Santissima, sorgente con valori medi di portata maggiori e valori di conducibilità elettrica e temperatura mediamente inferiori alle altre, sembra dipendere da un sistema con caratteristiche intermedie tra quelle delle due sorgenti adiacenti. Emerge la complessità di questo vasto sistema carsico che sembra mostrare un grado di carsificazione in aumento da sud-ovest a nord-est. Sulla base dei dati raccolti si suppone che al suo interno possano svilupparsi due sottosistemi: il primo sembra che riversi la sua riserva idrica nelle sorgenti Molinetto e Santissima, il secondo accomuna invece la Santissima con il Gorgazzo, il quale ne costituisce un “troppo pieno”.
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In 2011 the GSB/USB caving group of Bologna has discovered, in the southern fossil branches of Govjestica cave (Valle di Praça, Bosnia) a fossil deposit of vertebrates containing bones of Ursus spelaeus, Capra ibex, Cricetulus migratorius and Microtus. On the basis of the U/Th ages of the bones, teeth and carbonate flowstone covering the fossils (60 ka), datings carried out in the laboratories of U-Series at Bologna, and on the disposition of the bones, a past connection between Govjestica and the nearby Banja Stjena cave is hypothesised. The closure of this passage has occurred suddenly through a collapse that has forced the last cave bears awakened from their winter sleep to stay blocked in Govjestica, and die. The connecting passage has later been covered with calcite flowstones and is no longer visible. This hypothesis is sustained by the rather scarce number of skeletons of cave bears found in Govjestica (a dozen of skulls against the often large amounts of cave bears found in similar caves): Govjestica cave, and especially the Room of the Bones in its southern part, has been used by cave bears only for a couple of centuries before these parts became inaccessible. Furthermore, the entrance of Banja Stjena cave was probably located close to or at the level of the Praça river, that has excavated its thalweg for around 20 metres in the last 60 ka.
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En el norte de la Patagonia Argentina, el tradicional espacio del Alto Valle de Río Negro, se orientó desde sus inicios a actividades vinculadas a la exportación de fruta fresca, asimismo, ha sido punto de confluencia de circulación no sólo de capital y mercancías sino también de mano de obra. Al consolidarse la fruticultura entre 1940 y 1950, migrantes de orígen chileno y del interior de las provincias de Neuquén y Río Negro llegaron a la zona para emplearse en las chacras. Algunos de ellos, junto a sus familias, optaron por conformar pequeños núcleos de población próximos a las exportaciones agrícolas, constituyendo territorios con características particulares. En este trabajo presentaremos algunas aproximaciones a la construcción social de territorios de trabajadores y a la movilidad espacial de esta fuerza de trabajo, relacionadas con las transformaciones en la producción de peras y manzanas en el Alto Valle de Río Negro.
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Fil: Nieva, María del Valle.
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Este video es parte de una serie de producciones realizadas por alumnos de la Carrera de Comunicación Social de la UNCuyo, como trabajo final de la Cátedra de Televisión y Medios Audiovisuales en el año 2006. Los mismos participaron de una muestra audiovisual en el Cine de la Universidad en agosto de 2007. Son trabajos periodísticos y documentales de alumnos avanzados de la carrera, en formato profesional, abordando temáticas sociales, políticas, culturales y de arte, haciendo visible realidades y personajes de la provincia. Según alumnos y docentes, estos videos “van al encuentro del público mendocino para que nos conozca, critique, reflexione, sonría y se emocione…" "PALMIRA DEL AUGE A LA INCERTIDUMBRE", describe las consecuencias económicas y sociales que se produjeron en Plamira después de la privatización del ferrocarril durante el gobierno de ex presidente Carlos Menem.
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La abundancia y bajo costo del recurso hídrico en el Alto Valle de Río Negro combinados con un manejo ineficiente del mismo, principalmente durante la primera parte de la primavera, época en la que los productores riegan con mayor frecuencia para luchar pasivamente contra las probables heladas tardías, permiten inferir que los nitratos presentes en el suelo, así como el aportado por los fertilizantes nitrogenados, están sujetos al lixiviado durante una gran parte del ciclo productivo. En la actualidad no existen estudios regionales que ilustren la variación estacional de la concentración de nitratos en la zona de exploración radical de frutales, por lo que se inició el presente trabajo con el propósito de: a) medir la concentración de los nitratos en el perfil del suelo cultivado con manzanos, desde el período de floración hasta el inicio de caída de hojas, con fertilización nitrogenada en dos dosis y sin fertilización a distintas profundidades de extracción; b) determinar la eficiencia del riego a manto de dicho monte. Se ensayaron dos concentraciones de nitrógeno, adicionado como nitrato de amonio en dos oportunidades: el 50% a la caída de los pétalos y el 50% restante cercano a la cosecha, correspondiendo a dosis de 100 kg ha-1 (N1), 200 kg ha-1 (N2) y un testigo sin agregado de N (N0), durante el período 2004-2005 y 2005-2006. Para determinar los niveles de N en el suelo, expresado como nitratos, se extrajeron muestras del mismo a tres profundidades 0-30; 30-60; 60-90 cm, al inicio de floración, antes del primer riego y después de cada riego. La lámina de agua empleada para el riego a manto osciló entre 1712 y 2400 mm, con un aprovechamiento a campo del 30%. La concentración de nitratos fue baja cuando no se fertilizó, manteniéndose alrededor de 22 mg kg-1 en superficie y reduciéndose a la mitad a la profundidad de 30-60 cm, durante el período de muestreo. En ambas dosis empleadas, el contenido de nitratos del suelo fue mayor llegando a 175 y 300 mg kg-1, respectivamente. Estos valores se igualan a los del testigo a los 30 días en el caso de N1 y a los 60 días para N2. Los resultados permiten inferir que la concentración de nitratos fue efímera en el perfil del suelo y mejoró la eficiencia de riego, principalmente durante la primavera con el fin de minimizar pérdidas de nitrógeno.
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Fil: Fernández, Delfina.