986 resultados para Accademia della Crusca. Vocabolario.


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Nel contesto della progettazione di interventi di difesa da frane di crollo, la tesi è rivolta allo studio del comportamento di opere di protezione dalla caduta massi, con particolare riguardo alle barriere paramassi, strutture metalliche progettate per arrestare blocchi in caduta lungo un versante. Specificamente, il comportamento altamente non lineare di queste strutture è stato osservato mediante modellazione numerica agli elementi finiti con codice di calcolo STRAUS 7 v.2.3.3. La formulazione dei modelli è stata sviluppata a partire dai dati contenuti nel Catasto delle opere di protezione (VISO), recentemente messo a punto dalla Provincia Autonoma di Bolzano, nel contesto di una più ampia procedura di analisi della pericolosità di versante in presenza di opere di protezione, finalizzata ad una appropriata gestione del rischio indotto da frane di crollo. Sono stati messi a punto una serie di modelli agli elementi finiti di alcune tra le tipologie più ricorrenti di barriere paramassi a limitata deformabilità. Questi modelli, sottoposti ad una serie di analisi dinamiche e non-lineari, intese a simulare l’impatto di blocchi aventi massa e velocità nota, hanno permesso di osservare la risposta complessiva di queste strutture in regime dinamico identificando i meccanismi di rottura a partire dall’osservazione della formazione di cerniere plastiche, monitorando contestualmente grandezze rilevanti quali gli spostamenti e le forze mobilitate in fondazione. Questi dati, opportunamente interpretati, possono fornire i parametri necessari all’implementazione di più ampie procedure di analisi del rischio indotto da movimenti frane di crollo.

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Introduction Phospholipase Cb1 (PLC-β1) is a key player in the regulation of nuclear inositol lipid signaling and of a wide range of cellular functions, such as proliferation and differentiation (1,2,3). PLCb1 signaling depends on the cleavage of phosphatidylinositol 4,5-bisphosphate and the formation of the second messengers diacylglycerol and Inositol tris-phosphate which activate canonical protein kinase C (cPKC) isoforms. Here we describe a proteomic approach to find out a potential effector of nuclear PLC-b1 dependent signaling during insulin stimulated myogenic differentiation. Methods Nuclear lysates obtained from insulin induced C2C12 myoblasts were immunoprecipitated with anti-phospho-substrate cPKC antibody. Proteins, stained with Comassie blue, were excised, digested and subsequently analysed in LC-MS/MS. For peptide sequence searching, the mass spectra were processed and analyzed using the Mascot MS/MS ion search program with the NCBI database. Western blotting, GST-pull down and co-immunoprecipitation were performed to study the interaction between eEF1A2 and cPKCs. Site direct mutagenesis was performed to confirm the phosphorylated motif recognized by the antibody. Immunofluorescence analysis, GFP-tagged eEF1A2 vector and subcellular fractionation were performed to study nuclear localization and relative distribution of eEF1A2. Results We have previously shown that PLC-β1 is greatly increased at the nuclear level during insulin-induced myoblasts differentiation and that this nuclear localization is essential for induction of differentiation. Thus, nuclear proteins of insulin stimulated C2C12 myoblasts, were immunoprecipitated with an anti-phospho-substrate cPKC antibody. After Electrophoretic gel separation of proteins immunoprecipitated, several molecules were identified by LC-MS/MS. Among these most relevant and unexpected was eukaryotic elongation factor 1 alpha 2 (eEF1A2). We found that eEF1A2 is phosphorylated by PKCb1 and that these two molecules coimmunolocalized at the nucleolar level. eEF1A2 could be phosphorylated in many sites among which both threonine and serine residues. By site direct mutagenesis we demonstrated that it is the serine residue of the motif recognized by the antibody that is specifically phosphorylated by PKCb1. The silencing of PLCb1 gives rise to a reduction of expression and phosphorylation levels of eEF1A2 indicating this molecule as a target of nuclear PLCb1 regulatory network during myoblasts differentiation.

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Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.

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Background: Almost 10-15% of patients with active Ulcerative Colitis are refractory to conventional therapy. Infliximab is a treatment of proven efficacy in this group of patients. Aims: To evaluate the role of Inliximab in inducing and maintaining remission in patients with chronically active moderate-severe Ulcerative Colitis. Materials and methods: 53 patients were enrolled, 47 patients entered the study and were treated with a dose of 5 mg/kg. The remission was evaluated through endoscopy and clinical criteria. (Mayo Score). The primary endpoint were clinical and endoscopic remission in moderate-severe Ulcerative Colitis refractory to standard therapy, the secondary out point was the maintenance of remission in the long period. Results: 47 patients started the study, 43 completed the study, 4 dropped out for worsening disease or adverse events; 27 patients were treated with 3 infusions, 9 patients with 4 infusions, 7 patients with > o = 5 infusions. 34 /47 patients (72.3%) were responders 12 (25.5%) improved their symptoms, 22 ( 46.8%) were in remission after the treatment. Among the responders, 21/34 (61.8%) stopped the steroid therapy after 3 infusions, the others reduced the dose or maintained just topic therapy. 13/47 patients (27.7%) were non responders (p <0.001). After 3 months all 22 patients which had reached remission maintained low Mayo Score; 10/12 (83.3%) patients with clinical response maintained their low score, 2 relapsed . Conclusions: Infliximab is a valid therapy for the treatment of Ulcerative Colitis and can avoid surgery in selected patients.

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A multidisciplinary study was carried out on the Late Quaternary-Holocene subsurface deposits of two Mediterranean coastal areas: Arno coastal plain (Northern Tyrrhenian Sea) and Modern Po Delta (Northern Adriatic Sea). Detailed facies analyses, including sedimentological and micropalaeontological (benthic foraminifers and ostracods) investigations, were performed on nine continuously-cored boreholes of variable depth (ca. from 30 meters to100 meters). Six cores were located in the Arno coastal plain and three cores in the Modern Po Delta. To provide an accurate chronological framework, twenty-four organic-rich samples were collected along the fossil successions for radiocarbon dating (AMS 14C). In order to reconstruct the depositional and palaeoenvironmental evolution of the study areas, core data were combined with selected well logs, provided by local companies, along several stratigraphic sections. These sections revealed the presence of a transgressive-regressive (T-R) sequence, composing of continental, coastal and shallow-marine deposits dated to the Late Pleistocene-Holocene period, beneath the Arno coastal plain and the Modern Po Delta. Above the alluvial deposits attributed to the last glacial period, the post-glacial transgressive succession (TST) consists of back-barrier, transgressive barrier and inner shelf deposits. Peak of transgression (MFS) took place around the Late-Middle Holocene transition and was identified by subtle micropalaeontological indicators within undifferentiated fine-grained deposits. Upward a thick prograding succession (HST) records the turnaround to regressive conditions that led to a rapid delta progradation in both study areas. Particularly, the outbuilding of modern-age Po Delta coincides with mud-belt formation during the late HST (ca. 600 cal yr BP), as evidenced by a fossil microfauna similar to the foraminiferal assemblage observed in the present Northern Adriatic mud-belt. A complex interaction between allocyclic and autocyclic factors controlled facies evolution during the highstand period. The presence of local parameters and the absence of a predominant factor prevent from discerning or quantifying consequences of the complex relationships between climate and deltaic evolution. On the contrary transgressive sedimentation seems to be mainly controlled by two allocyclic key factors, sea-level rise and climate variability, that minimized the effects of local parameters on coastal palaeoenvironments. TST depositional architecture recorded in both study areas reflects a well-known millennial-scale variability of sea-level rising trend and climate during the Late glacial-Holocene period. Repeated phases of backswamp development and infilling by crevasse processes (parasequences) were recorded in the subsurface of Modern Po Delta during the early stages of transgression (ca. 11,000-9,500 cal yr BP). In the Arno coastal plain the presence of a deep-incised valley system, probably formed at OSI 3/2 transition, led to the development of a thick (ca. 35-40 m) transgressive succession composed of coastal plain, bay-head delta and estuarine deposits dated to the Last glacial-Early Holocene period. Within the transgressive valley fill sequence, high-resolution facies analyses allowed the identification and lateral tracing of three parasequences of millennial duration. The parasequences, ca. 8-12 meters thick, are bounded by flooding surfaces and show a typical internal shallowing-upward trend evidenced by subtle micropalaeontological investigations. The vertical stacking pattern of parasequences shows a close affinity with the step-like sea-level rising trend occurred between 14,000-8,000 cal years BP. Episodes of rapid sea-level rise and subsequent stillstand phases were paralleled by changes in climatic conditions, as suggested by pollen analyses performed on a core drilled in the proximal section of the Arno palaeovalley (pollen analyses performed by Dr. Marianna Ricci Lucchi). Rapid shifts to warmer climate conditions accompanied episodes of rapid sea-level rise, in contrast stillstand phases occurred during temporary colder climate conditions. For the first time the palaeoclimatic signature of high frequency depositional cycles is clearly documented. Moreover, two of the three "regressive" pulsations, recorded at the top of parasequences by episodes of partial estuary infilling in the proximal and central portions of Arno palaeovalley, may be correlated with the most important cold events of the post-glacial period: Younger Dryas and 8,200 cal yr BP event. The stratigraphic and palaeoclimatic data of Arno coastal plain and Po Delta were compared with those reported for the most important deltaic and coastal systems in the worldwide literature. The depositional architecture of transgressive successions reflects the strong influence of millennial-scale eustatic and climatic variability on worldwide coastal sedimentation during the Late glacial-Holocene period (ca. 14,000-7,000 cal yr BP). The most complete and accurate record of high-frequency eustatic and climatic events are usually found within the transgressive succession of very high accommodation settings, such as incised-valley systems where exceptionally thick packages of Late glacial-Early Holocene deposits are preserved.

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Le biomasse hanno sempre rappresentato per l’umanità una fonte estremamente versatile e rinnovabile di risorse e tutt’oggi il loro impiego risulta vantaggioso in particolare per produrre energia termica ed elettrica attraverso processi di combustione, sistemi che tuttavia emettono sostanze dannose verso la salute umana e l’ecosistema. Queste pressioni ambientali hanno indotto alcune amministrazioni regionali (fra cui la Lombardia) a bandire temporaneamente l’installazione di nuovi impianti a biomasse, per prevenire e contenere le emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell’ambiente. Il presente studio intende approfondire l’effetto ambientale di tali sistemi di riscaldamento domestico attraverso la tecnologia di analisi LCA (Life Cycle Assessment). Lo scopo dell’elaborato di Tesi consiste nell’eseguire un’analisi dell’intero ciclo di vita di due processi di riscaldamento domestico che utilizzino biomassa legnosa: una stufa innovativa a legna e una stufa a pellet. L’analisi ha quindi posto a confronto i due scenari con mezzi di riscaldamento domestico alternativi quali il boiler a gas, il pannello solare termico integrato con caldaia a gas e la pompa di calore elettrica. È emerso che tra i due scenari a biomassa quello a legna risulti decisamente più impattante verso le categorie salute umana e qualità dell’ecosistema , mentre per il pellet si è riscontrato un impatto maggiore del precedente nella categoria consumo di risorse. Dall’analisi di contributo è emerso che l’impatto percentuale maggiore per entrambi gli scenari sia legato allo smaltimento delle ceneri, pertanto si è ipotizzata una soluzione alternativa in cui esse vengano smaltite nell’inceneritore, riducendo così gli impatti. I risultati del punteggio singolo mostrano come lo scenario di riscaldamento a legna produca un quantitativo di particolato superiore rispetto al processo di riscaldamento a pellet, chiaramente dovuto alle caratteristiche chimico-fisiche dei combustibili ed alla efficienza di combustione. Dal confronto con gli scenari di riscaldamento alternativi è emerso che il sistema più impattante per le categorie salute umana e qualità dell’ecosistema rimane quello a legna, seguito dal pellet. I processi alternativi presentano impatti maggiori alla voce consumo di risorse. Per avvalorare i risultati ottenuti per i due metodi a biomassa è stata eseguita un’analisi di incertezza attraverso il metodo Monte Carlo, ad un livello di confidenza del 95%. In conclusione si può affermare che i sistemi di riscaldamento domestico che impiegano processi di combustione della biomassa legnosa sono certamente assai vantaggiosi, poiché pareggiano il quantitativo di CO2 emessa con quella assorbita durante il ciclo di vita, ma al tempo stesso possono causare maggiori danni alla salute umana e all’ecosistema rispetto a quelli tradizionali.

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Questo lavoro si è posto l’obiettivo di valutare l’effetto dei processi di combustione della biomassa sulla composizione chimica del particolato atmosferico. Sono state analizzate le polveri totali sospese (TSP) e le sotto-frazioni PM10 e PM2.5. Il sito di campionamento è collocato in un’area suburbana costiera nella provincia di Rimini. L’area di studio è soggetta all’apporto di contaminanti derivanti dalle emissioni del traffico autoveicolare (urbano e della vicina autostrada A14) e di piccole attività industriali, tra cui la più importante è l’inceneritore di rifiuti solidi urbani. Il campionamento è stato effettuato nei mesi marzo-aprile 2011. Durante questo periodo ricorre la tradizionale festa popolare delle “Focheracce” dove si bruciano enormi cataste di legna per salutare l’inverno ed accogliere la primavera. In corrispondenza proprio di questa giornata si registra in atmosfera un forte incremento della concentrazione di polveri accompagnato da una variazione nella loro composizione chimica. Il levoglucosano (LG), marker specifico dei processi di combustione della biomassa, mostra concentrazioni di un ordine più elevato rispetto a tutto il periodo di campionamento. Incrementi si registrano, più in generale, per tutti quei composti direttamente imputabili ai processi di combustione incompleta, come CO, CE ed IPA. Il campionamento in occasione dei fuochi ha inoltre evidenziato maggiori concentrazioni in atmosfera di potassio, magnesio, ammonio, nitrati e carbonati nella frazione TSP-PM10. In conclusione, dai risultati della caratterizzazione chimica nelle diverse frazioni granulometriche delle polveri è possibile affermare che i processi di combustione della biomassa, hanno nell’area di studio un ruolo importante nel determinare il carico complessivo delle PM. La correlazione inversa tra temperatura atmosferica e concentrazione di levoglucosano induce a pensare che il contributo dovuto alla combustione di biomassa sulle PM sia imputabile al riscaldamento domestico.

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Al giorno d’oggi i combustibili fossili come carbone, olio e gas naturale forniscono più del 75% dell’energia mondiale. Tuttavia, la crescente richiesta di queste fonti di energia non rinnovabili, si manifesta in un momento in cui le riserve naturali si stanno esaurendo; è stato infatti stimato che le riserve petrolifere di tutto il mondo possano essere sufficienti per fornire energia e produrre prodotti chimici per i prossimi quarant’anni. Per questo motivo la conversione delle biomasse per produrre energia e prodotti chimici sta diventando una valida alternativa per diversificare le fonti energetiche e ridurre il surriscaldamento globale. Le biomasse, infatti, oltre ad essere una fonte rinnovabile, generano minori emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili, perché la CO2 rilasciata nei processi di utilizzo viene bilanciata da quella consumata nel processo di crescita delle biomasse stesse. Lo sfruttamento delle biomasse per la produzione di building blocks per la chimica suscita particolare interesse, poiché le molecole ottenute sono già parzialmente funzionalizzate; ciò significa che la sintesi di prodotti chimici specifici richiede un minor numero di stadi rispetto ai building blocks petroliferi, con conseguente diminuzione di prodotti di scarto e sottoprodotti. Un esempio di queste potenziali “molecole piattaforma” è il 5-idrossimetilfurfurale (HMF), un importante composto derivato dalla disidratazione di zuccheri, intermedio chiave per la sintesi di un’ampia varietà di prodotti chimici e combustibili alternativi, tra cui l’acido 2,5- furandicarbossilico (FDCA), che è stato identificato tra i dodici composti chimici più importanti degli ultimi anni. Per esempio, il FDCA è un possibile sostituto dell’acido tereftalico, usato per produrre il polietilentereftalato (PET). Recentemente alcuni autori hanno riportato interessanti risultati sull’ossidazione dell’HMF a FDCA utilizzando catalizzatori a base di Au supportato. Questi catalizzatori mostrano però significativi problemi di disattivazione. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quindi lo sviluppo di catalizzatori attivi e stabili nella reazione di ossidazione dell’HMF a FDCA. Il lavoro portato avanti ha avuto come obbiettivi principali: l’ottimizzazione della sintesi di nanoparticelle di oro e oro/rame a diverso rapporto molare, mediante un processo di sintesi, in acqua, a basso impatto ambientale. Tale metodo di sintesi si basa sull’azione riducente del sistema glucosio-NaOH ed è stato messo a punto in lavori di tesi precedenti. Le nanoparticelle sintetizzate sono state utilizzate, quali fase attiva, per la preparazione di catalizzatori supportati su TiO2 e CeO2 lo studio dell’attività catalitica e riusabilità dei catalizzatori preparati nell’ossidazione in fase liquida del HMF a FDCA.