843 resultados para tomografia variazione totale norma L1 minimo alternato
Resumo:
Mémoire numérisé par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.
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Thèse numérisée par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.
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Mémoire numérisé par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.
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La sostituzione totale d’anca è uno degli interventi chirurgici con le più alte percentuali di successo. Esistono due varianti di protesi d’anca che differiscono in base al metodo di ancoraggio all’osso: cementate (fissaggio tramite cemento osseo) e non cementate (fissaggio tramite forzamento). Ad oggi, i chirurghi non hanno indicazioni quantitative di supporto per la scelta fra le due tipologie di impianto, decidendo solo in base alla loro esperienza. Due delle problematiche che interessano le protesi non cementate sono la possibilità di frattura intra-operatoria durante l’inserimento forzato e il riassorbimento osseo nel periodo di tempo successivo all’intervento. A partire da rilevazioni densitometriche effettuate su immagini da TC di pazienti sottoposti a protesi d’anca non cementata, sono stati sviluppati due metodi: 1) per la valutazione del rischio di frattura intra-operatorio tramite analisi agli elementi finiti; 2) per la valutazione della variazione di densità minerale ossea (tridimensionalmente attorno alla protesi) dopo un anno dall’operazione. Un campione di 5 pazienti è stato selezionato per testare le procedure. Ciascuno dei pazienti è stato scansionato tramite TC in tre momenti differenti: una acquisita prima dell’operazione (pre-op), le altre due acquisite 24 ore (post 24h) e 1 anno dopo l’operazione (post 1y). I risultati ottenuti hanno confermato la fattibilità di entrambi i metodi, riuscendo inoltre a distinguere e a quantificare delle differenze fra i vari pazienti. La fattibilità di entrambe le metodologie suggerisce la loro possibilità di impiego in ambito clinico: 1) conoscere la stima del rischio di frattura intra-operatorio può servire come strumento di guida per il chirurgo nella scelta dell’impianto protesico ottimale; 2) conoscere la variazione di densità minerale ossea dopo un anno dall’operazione può essere utilizzato come strumento di monitoraggio post-operatorio del paziente.
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La tesi nasce dalla volontà di agire sull’area della Darsena di Ravenna, strategica in quanto via d’acqua navigabile che congiunge il mare con il centro città ma dal potenziale ancora poco sfruttato. Il progetto è studiato per essere inserito come catalizzatore urbano, creando spazi di interazione attraverso elementi modulari galleggianti e riconfigurabili per adattarsi a programmi d’uso flessibili; tali elementi si aggregano formando un sistema che ristruttura lo spazio dell’attuale banchina, cambiandone la percezione da barriera a waterfront urbano. La necessità di ottenere una struttura con capacità di crescita e flessibilità programmatica sfocia in un approccio modulare seguendo il principio massima variazione/minimo numero di elementi i cui principi aggregativi si basano sulla tassellazione “Cairo”. Vengono studiate le possibilità di incorporare variazione ed eterogeneità all’interno del sistema senza comprometterne la modularità fino ad integrare percorsi multilivello. La definizione delle morfologie delle parti che compongono i moduli si basano sullo studio dei principi di galleggiamento, stabilità e yacht design: a partire dalla forma dello scafo adatta ai principi di tiling definiti in precedenza, tutte le parti che compongono le varie tipologie di modulo sono progettate cercando continuità e integrazione tettonica (geometrica, strutturale, funzionale e percettiva). Vengono proposte soluzioni integrate sia per le problematiche tipiche delle strutture galleggianti sia per l’inserimento di attività all’interno della soluzione architettonica. Vengono prototipati di una serie di moduli, scelti in modo da dimostrare i principi di ricombinazione, continuità, modularità e tiling.
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Questo lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca internazionale denominato “Venice Time Machine” dove collaborano fianco a fianco l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne e l’Università Cà Foscari di Venezia. Grazie al coinvolgimento dell’Archivio di Stato di Venezia, decine di chilometri di documenti verranno digitalizzati e indicizzati, al fine di creare un database open access da utilizzare per la ricerca e l’istruzione. Molti di questi documenti tuttavia sono particolarmente fragili oppure, come nel caso di diversi testamenti, non sono mai stati aperti, per cui le tecniche tradizionali di digitalizzazione non sono applicabili. Di qui deriva l’interesse per sperimentare nuove tecniche non invasive al fine di digitalizzare e quindi rendere fruibili al pubblico anche questi documenti altrimenti inaccessibili. Lo scopo dell’analisi tomografica è quello di creare un modello 3D del documento, su cui effettuare successive elaborazioni al fine di ottenere una separazione virtuale delle pagine e quindi permetterne la lettura anche se il manoscritto è chiuso e non può essere aperto. In particolare in questo lavoro di tesi sono stati analizzati due testamenti: un testamento del 1679, usato come campione di prova per verificare la migliore sorgente di raggi X ai fini della ricostruzione tomografica e anche per valutare l’efficacia della tecnica, e il testamento Alchier-Spiera (dai nomi dei testatori), datato 1634, di maggiore interesse poiché ancora chiuso. I risultati ottenuti sono molto soddisfacenti, poiché elaborando le ricostruzioni tomografiche è possibile la lettura virtuale sia di parole che di intere frasi. Questo risultato porta nuova linfa al progetto che, di base, si pone l’obiettivo di convertire in formato digitale decine di km di testi conservati in Archivio, ma che ha trovato, in questo tipo di testamenti chiusi, un ostacolo molto difficile da superare.
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La tomografia a coerenza ottica (Optical Coherence Tomography, OCT) rappresenta fondamentalmente una nuova modalità di diagnostica per immagini non invasiva e ad alta risoluzione. L’OCT fornisce immagini, sotto forma di sezioni trasversali o tomografiche, delle microstrutture dei tessuti biologici tramite la misura del ritardo dell’eco e dell’intensità della luce retrodiffusa o riflessa dal campione in analisi. L’OCT è una potente tecnica poiché fornisce in tempo reale immagini in situ delle strutture tissutali normali o patologiche, con una risoluzione da 1 a 15 micron, che è da uno a due ordini di grandezza maggiore rispetto alle tecniche per immagini convenzionali come ultrasuoni, risonanza magnetica o tomografia computerizzata. Tutto questo senza la necessità di ottenere e analizzare un campione tramite biopsia e studio istopatologico. Sin dall’inizio della sua utilizzazione nel 1991, l’OCT è stata impiegata in un vasto spettro di applicazioni cliniche, principalmente l'oftalmologia. In strutture non trasparenti, diverse da quelle oculari, la profondità massima esplorabile è limitata a 2-3 mm a causa dei fenomeni di attenuazione secondari e alla dispersione della luce. Inoltre, i numerosi sviluppi fatti dalla tecnologia OCT hanno portato ad alte velocità di acquisizione e, grazie all’utilizzo di sorgenti laser di ultima generazione, risoluzioni assiali dell’ordine di 1 micrometro. Dunque, la tomografia a coerenza ottica può essere sfruttata: - Quando la biopsia escissionale è pericolosa o impossibile. - Quando si rischiano errori di campionamento, come guida alla biopsia in modo da ridurre errori nel prelievo del campione. - Come guida alla procedura d’intervento, in associazione alle procedure di cateterismo, endoscopia e laparoscopia.
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Obesity is positively correlated to dietary lipid intake, and the type of lipid may play a causal role in the development of obesity-related pathologies. A major protein secreted by adipose tissue is adiponectin, which has antiatherogenic and antidiabetic properties. The aim of this study was to evaluate the effects of four different high-fat diets (enriched with soybean oil, fish oil, coconut oil, or lard) on adiponectin gene expression and secretion by the white adipose tissue (WAT) of mice fed on a selected diet for either 2 (acute treatment) or 60 days (chronic treatment). Additionally, 3T3-L1 adipocytes were treated for 48 h with six different fatty acids: palmitic, linoleic, eicosapentaenoic (EPA), docosahexaenoic (DHA), lauric, or oleic acid. Serum adiponectin concentration was reduced in the soybean-, coconut-, and lard-enriched diets in both groups. Adiponectin gene expression was lower in retroperitoneal WAT after acute treatment with all diets. The same reduction in levels of adiponectin gene expression was observed in epididymal adipose tissue of animals chronically fed soybean and coconut diets and in 3T3-L1 cells treated with palmitic, linoleic, EPA, and DHA acids. These results indicate that the intake of certain fatty acids may affect serum adiponectin levels in mice and adiponectin gene expression in mouse WAT and 3T3-L1 adipocytes. The effects appear to be time dependent and depot specific. It is postulated that the downregulation of adiponectin expression by dietary enrichment with soybean oil or coconut oil may contribute to the development of insulin resistance and atherosclerosis.
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Fructose- or sucrose-rich diets can cause insulin resistance and increase the risk of cardiovascular disease. Adipokines are correlated with the development of these diseases in obesity. We hypothesize that fructose and sucrose induce insulin resistance via effects on adipokine gene expression in adipocytes. This study analyzed the effect of fructose or glucose on adiponectin, haptoglobin, and angiotensinogen gene expression in 3T3-L1 adipocytes. Ten days after differentiation, the cells were pretreated with serum- and glucose-free medium. Twenty-four hours later, fructose or glucose (0, 5, 10, or 20 mmol) was added into the medium, and the cells were collected after a further 24 hours. Adiponectin, haptoglobin, and angiotensinogen gene expression were determined. Adiponectin gene expression increased when 10 or 20 mmol glucose was added compared with that observed for the non–hexose-treated cells. A similar effect occurred when 5 mmol fructose was added. Glucose (10 mmol) and fructose (20 mmol) stimulated haptoglobin gene expression in 3T3-L1 adipocytes compared with 0 mmol, with glucose producing a more pronounced effect. Although 20 mmol fructose caused an increase in angiotensinogen gene expression, glucose did not. In conclusion, in this study of 2 hexoses revealed an increase in adiponectin gene expression, suggesting that the effect of a glucose-rich diet on the development of insulin resistance is not related to the effect of these hexoses on adipocyte adiponectin gene expression. However, insulin resistance and cardiovascular disease promoted by fructose-rich diets could be partially related to the effect of fructose on adiponectin and angiotensinogen gene expression.
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Background Dietary lipids are directly related to the composition of adipose tissue, aetiology of obesity and arousal of obesity-related pathologies, like chronic inflammation states. Haptoglobin is an acute phase protein secreted by the liver and white adipose tissue, and its blood levels vary according to the volume of fat in the body. Aim of the study To investigate the effect of diets enriched with large amounts of dietary fats, which differ in their fatty acid composition, on the haptoglobin gene expression by visceral and subcutaneous adipose tissue of mice fed for 2 days or 8 weeks. 3T3-L1 cells were treated with fatty acids that are found in those types of dietary fats. Methods Mice were treated acutely (for 2 days) or chronically (for 8 weeks) with diets enriched with soybean oil, fish oil, coconut oil or lard. 3T3-L1 cells were treated with six different fatty acids. Haptoglobin gene expression was quantified by northern blotting. Results Both chronic and acute treatment with lard, which is rich in long chain saturated fatty acids, increased the haptoglobin mRNA expression in the retroperitoneal and epidydimal white adipose tissues. Chronic treatment with coconut oil, which is rich in medium chain saturated fatty acids, increased the haptoglobin expression in the epidydimal and subcutaneous depots. In 3T3-L1, palmitic acid increased the haptoglobin gene expression. Conclusion The type of lipids in the diet can differently modulate the white adipose tissue gene expression of haptoglobin, and saturated fatty acids play a major role in promoting a pro-inflammatory environment. This response is fat pad specific and dependant on the duration of treatment.