829 resultados para polpa de maracujá congelada
Resumo:
Lo scheletro è un tessuto dinamico, capace di adattarsi alle richieste funzionali grazie a fenomeni di rimodellamento ed alla peculiare proprietà rigenerativa. Tali processi avvengono attraverso l’azione coordinata di osteoclasti ed osteoblasti. Queste popolazioni cellulari cooperano allo scopo di mantenere l’ equilibrio indispensabile per garantire l’omeostasi dello scheletro. La perdita di tale equilibrio può portare ad una diminuzione della massa ossea e, ad una maggiore suscettibilità alle fratture, come avviene nel caso dell’osteoporosi. E’ noto che, nella fisiopatologia dell’osso, un ruolo cruciale è svolto da fattori endocrini e paracrini. Dati recenti suggeriscono che il rimodellamento osseo potrebbe essere influenzato dal sistema nervoso. L’ipotesi è supportata dalla presenza, nelle vicinanze dell’osso, di fibre nervose sensoriali responsabili del rilascio di alcuni neuro peptidi, tra i quali ricordiamo la sostanza P. Inoltre in modelli animali è stato dimostrato il diretto coinvolgimento del sistema nervoso nel mantenimento dell’omeostasi ossea, infatti ratti sottoposti a denervazione hanno mostrato una perdita dell’equilibrio esistente tra osteoblasti ed osteoclasti. Per tali ragioni negli ultimi anni si è andata intensificando la ricerca in questo campo cercando di comprendere il ruolo dei neuropeptidi nel processo di differenziamento dei precursori mesenchimali in senso osteogenico. Le cellule stromali mesenchimali adulte sono indifferenziate multipotenti che risiedono in maniera predominante nel midollo osseo, ma che possono anche essere isolate da tessuto adiposo, cordone ombelicale e polpa dentale. In questi distretti le MSC sono in uno stato non proliferativo fino a quando non sono richieste per processi locali di riparo e rigenerazione tessutale. MSC, opportunamente stimolate, possono differenziare in diversi tipi di tessuto connettivo quali, tessuto osseo, cartilagineo ed adiposo. L’attività di ricerca è stata finalizzata all’ottimizzazione di un protocollo di espansione ex vivo ed alla valutazione dell’influenza della sostanza P, neuropeptide presente a livello delle terminazioni sensoriali nelle vicinanze dell’osso, nel processo di commissionamento osteogenico.
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Questa tesi è dedicata alla qualità dell'alimento ittico in tre delle sue possibili accezioni. Dopo aver spiegato il complicato rapporto del consumatore con gli alimenti ittici e come l'Unione Europea abbia cercato di fare chiarezza al riguardo, gli argomenti di discussione saranno: Autenticazione d'origine La polpa di 160 esemplari di spigola (Dicentrachus labrax), suddivisi tra selvatici, allevati intensivamente e allevati estensivamente, provenienti dall'Italia e dall'estero per un totale di 18 fonti indagate, è stati analizzata individualmente per caratterizzarne la componente lipidica, isotopica e minerale e verificare le potenzialità di queste informazioni ai fini della autenticazione di origine in senso lato. Stima della Freshness Quality Numerosi lotti di seppia (Sepia officinalis), nasello (Merluccius merluccius) e triglia di fango (Mullus barbatus) sono stati sottoposti a due possibili modalità di stoccaggio sotto ghiaccio fondente, per indagare come, nell’arco della loro vita commerciale, ne evolvessero importanti connotati chimici (cataboliti dell’ATP e loro rapporti), fisici (proprietà dielettriche dei tessuti) e sensoriali (Quality Index Methods specie-specifici. Studio del profilo nutrizionale La componente lipidica di numerosi lotti di mazzancolla (Penaeus kerathurus), canocchia (Squilla mantis) e seppia (Sepia officinalis) è stata caratterizzata allo stato crudo e dopo cottura secondo tecniche “dedicate” per stabilire il contributo di queste matrici come fonte di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 e per pervenire alla determinazione dei loro coefficienti di ritenzione vera.
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Il pomodoro è una delle colture principali del panorama agro-alimentare italiano e rappresenta un ingrediente base della tradizione culinaria nazionale. Il pomodoro lavorato dall’industria conserviera può essere trasformato in diverse tipologie merceologiche, che si differenziano in base alla tecniche di lavorazione impiegate ed alle caratteristiche del prodotto finito. la percentuale di spesa totale destinata all’acquisto di cibo fuori casa è in aumento a livello globale e l’interesse dell’industria alimentare nei confronti di questo canale di vendita è quindi crescente. Mentre sono numerose le indagine in letteratura che studiano i processi di acquisto dei consumatori finali, non ci sono evidenze di studi simili condotti sugli operatori del Food Service. Obiettivo principale della ricerca è quello di valutare le preferenze dei responsabili acquisti del settore Food Service per diverse tipologie di pomodoro trasformato, in relazione ad una gamma di attributi rilevanti del prodotto e di caratteristiche del cliente. La raccolta dei dati è avvenuta attraverso un esperimento di scelta ipotetico realizzato in Italia e alcuni mercati esteri. Dai risultati ottenuti dall’indagine emerge che i Pelati sono la categoria di pomodoro trasformato preferita dai responsabili degli acquisti del settore Food Service intervistati, con il 35% delle preferenze dichiarate nell'insieme dei contesti di scelta proposti, seguita dalla Polpa (25%), dalla Passata (20%) e dal Concentrato (15%). Dai risultati ottenuti dalla stima del modello econometrico Logit a parametri randomizzati è emerso che alcuni attributi qualitativi di fiducia (credence), spesso impiegati nelle strategie di differenziazione e posizionamento da parte dell’industria alimentare nel mercato Retail, possono rivestire un ruolo importante anche nell’influenzare le preferenze degli operatori del Food Service. Questo potrebbe quindi essere un interessante filone di ricerca da sviluppare nel futuro, possibilmente con l'impiego congiunto di metodologie di analisi basate su esperimenti di scelta ipotetici e non ipotetici.
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La presente tesi di laurea tratta la valorizzazione degli scarti della lavorazione degli agrumi. Tutti i processi di trasformazione utilizzati nell’industria agrumaria danno origine a tre prodotti principali: succo, olio essenziale e pastazzo; il terzo, sottoprodotto a basso valore o scarto di lavorazione, è una biomassa vegetale costituita da scorze, detriti di polpa, semi e frutti di scarto. Questo lavoro si è concentrato su due aspetti fondamentali: lo studio dei possibili utilizzi del pastazzo di agrumi, che si può considerare una fonte di sostanze ad alto valore aggiunto, e la valorizzazione di tale sottoprodotto mediante digestione anaerobica per la produzione di biogas. La composizione chimica degli scarti della lavorazione degli agrumi offre ampie possibilità di utilizzazione: come alimento zootecnico, per la produzione di compost, per l’estrazione di pectina, fibre alimentari e oli essenziali, per il recupero di limonene e per produrre bioetanolo. Infine di recente il pastazzo è stato individuato come componente nella produzione di biogas, attraverso la digestione anaerobica; ciò risulta coerente con il quadro normativo riguardante gli incentivi per la produzione di biogas. E' stato analizzato un caso pratico, l’impianto di produzione di biogas alimentato a biomasse, situato in Sicilia, in contrada Nuova Scala a Mussomeli (CL); l’impianto ha una potenza di 999 KW ed è attivo dal 31 Dicembre 2012. In generale, affinchè si realizzi un corretto dimensionamento di un impianto di produzione di biogas, è necessario conoscere il potenziale metanigeno, che esprime la quantità di biogas metano massimo potenzialmente ottenibile da una biomassa, e la quantità di biomasse disponibili. In particolare, per l’impianto in questione, sono stati elaborati dati relativi alle analisi chimiche condotte sulle singole matrici in input all’impianto, sulla base delle quali è possibile dare un primo giudizio di fermentescibilità dei vari substrati e della rispettiva resa in biogas.
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I dati riportati in letteratura relativi alla struttura degli organi linfoidi dei Cetacei sono scarsi, talvolta discordanti e riferiti solo ad alcune specie. Per questo motivo è stato condotto il presente studio che ha utilizzato il tursiope (Tursiops truncatus) come specie di riferimento. In particolare, in tre soggetti di tursiope è stata analizzata, mediante l’ausilio di specifici software di analisi dell’immagine, la struttura dei seguenti organi linfoidi: timo, milza e linfonodi. Il timo, analogamente a quanto si osserva negli altri Mammiferi, si presenta come organo lobulato. In ciascun lobulo è possibile individuare due zone: la corticale e la midollare. A differenza di quanto si osserva nell’Uomo, è interessante sottolineare come nella midollare di ciascun lobulo non sia mai stata osservata la componente fibrillare. E’ possibile ipotizzare che tale differenza sia dovuta ad eventi connessi con l’organogenesi del timo. Nel tursiope il rapporto cortico/midollare non mostra differenze rispetto a quanto si osserva in altri Mammiferi. La milza del tursiope mostra caratteristiche strutturali simili a quelle osservate in altri Mammiferi. Nel tursiope, rispetto ad altri Mammiferi (Equidi, Ruminanti, Suidi e Carnivori), la quantità di polpa bianca, sul totale della polpa splenica, appare decisamente inferiore (5% vs 30%). Dal momento che le dimensioni della milza non sono particolarmente evidenti, anche la polpa rossa, se rapportata alle dimensioni dell’animale, non si presenta abbondante come in altre specie. Tale dato indica come la milza del tursiope, analogamente a quanto si osserva nell’Uomo e nei Roditori, non svolge alcuna funzione di deposito del sangue. I linfonodi di tursiope sono, tra gli organi linfoidi esaminati, quelli che mostrano le maggiori differenze strutturali rispetto a quelli di numerosi altri Mammiferi (eccezion fatta per il maiale). I noduli linfatici ed il tessuto internodulare sono, infatti, posti sia nella parte superficiale che in quella profonda del linfonodo. Tale aspetto non consente di identificare la zona paracorticale e di definire una precisa delimitazione topografica tra corticale e midollare. Il rapporto tra noduli linfatici e tessuto internodulare indica come nel linfonodo di tursiope sia più diffuso il tessuto internodulare che, a differenza del nodulo linfatico (area B-competente), contiene anche territori T-competenti.
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El último libro de Javier Cercas, Anatomía de un instante (2009) se presenta como un particular caso de intervención en los debates por el sentido del pasado reciente en España,cuyo análisis se verá necesariamente atravesado por una perspectiva intermedial. La portadadel libro invita al lector a detenerse sobre la imagen borrosa de un fotograma, un cuadro extraído la grabación televisiva de la toma del Congreso por parte del teniente coronel Tejeroy sus hombres el 23 de febrero de 1981. El libro, a partir de esa imagen congelada, intenta releer la transición y su significación en la escena del presente, deteniéndose en los gestos, implicancias y suposiciones, a partir de una serie de operaciones sobre el propio estatuto de su escritura y su imagen de escritor, superponiendo en su cierre los espectros de la memoriapública a aquellos de la memoria individual. El presente trabajo ensaya un primer acercamiento al texto, pensando su lugar en la encrucijada de la literatura, el mercado y los debates públicos y en torno a la cuestión de la memoria (y la posmemoria).
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El último libro de Javier Cercas, Anatomía de un instante (2009) se presenta como un particular caso de intervención en los debates por el sentido del pasado reciente en España,cuyo análisis se verá necesariamente atravesado por una perspectiva intermedial. La portadadel libro invita al lector a detenerse sobre la imagen borrosa de un fotograma, un cuadro extraído la grabación televisiva de la toma del Congreso por parte del teniente coronel Tejeroy sus hombres el 23 de febrero de 1981. El libro, a partir de esa imagen congelada, intenta releer la transición y su significación en la escena del presente, deteniéndose en los gestos, implicancias y suposiciones, a partir de una serie de operaciones sobre el propio estatuto de su escritura y su imagen de escritor, superponiendo en su cierre los espectros de la memoriapública a aquellos de la memoria individual. El presente trabajo ensaya un primer acercamiento al texto, pensando su lugar en la encrucijada de la literatura, el mercado y los debates públicos y en torno a la cuestión de la memoria (y la posmemoria).
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El último libro de Javier Cercas, Anatomía de un instante (2009) se presenta como un particular caso de intervención en los debates por el sentido del pasado reciente en España,cuyo análisis se verá necesariamente atravesado por una perspectiva intermedial. La portadadel libro invita al lector a detenerse sobre la imagen borrosa de un fotograma, un cuadro extraído la grabación televisiva de la toma del Congreso por parte del teniente coronel Tejeroy sus hombres el 23 de febrero de 1981. El libro, a partir de esa imagen congelada, intenta releer la transición y su significación en la escena del presente, deteniéndose en los gestos, implicancias y suposiciones, a partir de una serie de operaciones sobre el propio estatuto de su escritura y su imagen de escritor, superponiendo en su cierre los espectros de la memoriapública a aquellos de la memoria individual. El presente trabajo ensaya un primer acercamiento al texto, pensando su lugar en la encrucijada de la literatura, el mercado y los debates públicos y en torno a la cuestión de la memoria (y la posmemoria).
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El título de esta tesis, utiliza primero una expresión periodística muy conocida sobre esta obra, que expresa muy bien su característica contradictoria, paradójica, siempre entre opuestos, frecuentemente utilizadas por los textos que sobre esta obra se han escrito. La segunda expresión define a esta tesis, incluida en el grupo de investigación sobre el objetivo común de la Crítica Arquitectónica. La casa Malaparte, olvidada durante largo tiempo y venerada en otros momentos, fue elegida por referéndum en 1979 por la revista “Modo (Cien proyectos para recordar)” como la obra más representativa de la arquitectura italiana del siglo XX. Un icono de modernidad en 1979 y paradójicamente no en su momento, ya que difícilmente se podría encuadrar en las tipologías de vivienda moderna de los años treinta. El objetivo de esta tesis es la racionalización del valor de esta obra, admitida de alguna manera en los “manuales de arquitectura moderna”, proponiendo para ello el reconocimiento de sus singularidades y regularidades como elementos de investigación del valor sustantivo de la arquitectura, el polinomio indisociable: contexto, forma, función, construcción. Tenemos datos, textos, hermenéutica. Nuestro método no puede ser otro que la crítica de los datos y texto y la crítica poética. Nuestra tesis, se inserta en este conjunto de crítica arquitectónica, vinculada al método llamado por el Catedrático Dr. Antonio Miranda Regojo “Mírregan-Todorov” que emplearemos como referencia y método para mostrar lo que más nos interesa, la calidad de la arquitectura, su ser, que paradójicamente, difiere de su descripción, de su momento histórico, en fin de todo aquello que en realidad solo la describe, la analiza y la interpreta. Nuestra variación propuesta al modelo de referencia, consta del siguiente desarrollo: 1. Crítica de “La Crítica”. 2. Crítica poética. 3. Conclusiones El primer capítulo, propone “La Crítica”, entendida como ese valor colectivo depositado por los textos escritos sobre la obra contrastado con nuestras observaciones personales respecto de cada uno de ellos. Las críticas seleccionadas muestran una nube de alternativas relativas a la descripción, análisis e interpretación que sobre la obra se han producido. Este capítulo, constituye una compilación de textos ordenada cronológicamente, que introduce al conocimiento de la obra. Recoge las primeras referencias, los artículos, los libros, las películas y anuncios así como alguno de los textos académicos que se han escrito sobre esta obra. 15 Los artículos seleccionados son los siguientes: Aldo Morbelli 1942. A. Alieri M.Clerici F.Palpacelli y G.Vaccaro 1966. Francesco Venezia con G.Petrusch 1973 Vieri Quilici.1977/1981 G.K.Koenig, 1979 John Hejduk 1980 Audrey Batey 1980. Manfredo Tafuri 1981. Francesco Venezia 1983. Joe Bostik 1989. Vittorio Savi, 1989. Marida Talamona 1989. W. Arets, W. Van der Bergh. 1989. Franco Purinni 1991. Marida Talamona 1997. Bruce Chatwin 1997. Los libros seleccionados han sido: Marida Talamona. Casa Malaparte, Milano 1990. Sergio Attanasio. Curzio Malaparte “Casa come me” Punta del Massullo, tel. 160 Capri. Nápoles 1990 Gianni Petenna. CasaMalaparte, Capri, 1999 Michael McDonough. A house like me. Edit.Clarkson Potter,New York 1999 Mario Ferrari. Adalberto Libera “Casa Malaparte en Capri1938-1942” 2008 Las películas seleccionadas: Il Cristo proibito, 1956 Le Mèpris, 1963 La Pelle, 1981 Anuncio de Hugo Boss 2010 16 Los textos académicos recogidos son: Angela delGaudio. Casa Malaparte. Interventi e restauri. 2003 Nicoletta Setola. Casa Malaparte. Il cantiere le tecnologie i materiali. 2004 Gloria Paz Saravia Ortiz. La casa Malaparte de A.libera. 2007 En el capítulo segundo “Crítica poética” se circunscribe, según la definición utilizada, a lo que en particular tiene como nivel de verdad, por la idoneidad de su construcción, tipología e iconología en relación al lugar (entidad propia, identidad auténtica). Existen algunos estudios que proponen a la casa Malaparte comprendida en la poética común de la obra de su arquitecto, Adalberto Libera. Nuestra posición nada tiene que ver con “la manera de hacer de un autor” se inclina a investigar obras enlazadas por estructuras comunes, reflejo y consecuencia especialmente de la propia arquitectura, nos interesa la poética de la arquitectura, no la de un autor. Realizamos tres ensayos, el primero trata de investigar el “Lugar” contexto de la obra, proponiendo el reconocimiento de un sistema lugar-arquitectura, (Conjunto de reglas o principios sobre una materia racionalmente enlazados entre sí) del que formulamos una serie de definiciones como características de esta relación: la analogía, la simpatía, la emulación, la signatura, la nematología y la sinexión. Concluyendo que la relación encontrada en la Malaparte podría explicarse de esta manera: ninguna mimesis, admite cierta analogía, un camuflaje solo geométrico, sin emulación de “tipismo” alguno, con emulación del modelo continuo de la “caja” desde el ataúd a la humilde vivienda , con “simpatía” como una obra contemporánea, con una fuerte signatura sobre el lugar, en correspondencia a lugar señalado por la historia y a la indeterminación iconológica que propone su arquitectura, (fetiche, simulacro) con una relación “nematológica” a través de su implantación y con una vinculación especial de “sinexión” entre la superficie del lugar y el acomodo de esta arquitectura. Continuamos con la relación propia de la obra y el lugar, concluyendo como la casa Malaparte propone el espacio sobre su cubierta, a modo de patio, de recinto. La obra demuestra que no es únicamente la sustancia material quien protagoniza la acción de “recintar”. El vértigo constituye la materia infranqueable del perímetro. En la Malaparte es el plano arquitectónico, (elevado) el recinto descubierto, el plano que posibilita la máxima relación con el exterior en esta arquitectura. En su interior el paisaje deja de ser fondo y el habitante se incorpora al escenario, se incorpora al paisaje. Te encuentras midiendo, relacionando distancias desde las espículas de pino, rocas, acantilados, barcos, islas, mar hasta la costa de Amalfi. Esta posición sobre el paisaje, es comparada con la casa Kaufman de F.L.Wrigth. El segundo ensayo investiga el proyecto de la obra. Distinguimos entre proyecto-forma, proyecto-origen, proyecto programa, proyecto-acción y proyectos-signo. Encontramos que no existe proyecto-forma que explique la casa Malaparte, tenemos proyectoorigen, proyecto-programa y proyectos-signo suficientes para racionalizar esta obra. Nos encontramos con un proyecto-acción, en permanente discusión, debatido hasta la saciedad, con la finalidad de habitar aquella roca, cuyas proposiciones se contrastan en la obra, ampliando el proceso de proyecto a la propia acción de construir, proyecto y construcción no estan disociados. Los proyectos “signo” de esta obra, nos permiten relacionar la permanencia de un programa, una organización, una comunicación y distribución que entendemos continua y conducida por Malaparte. Lo realmente importante previsto y controlable por aquel: programa y distribución. Nos permitimos afirmar que lo significante continuo es un proyecto–programa limitado a una forma necesaria iniciada por Libera, como una semilla. Su forma es el resultado de un procedimiento, arraigado y condicionado a un terreno. Un proceso que consiste en establecer unas alturas tipo sobre un programa distribuido en planta, y limitado con una construcción racional, tipológica sobre muros de carga, capaz de soportar cualquier programa habitacional, que proporciona inevitablemente un resultado seguro. El tercer ensayo propone una “novela” sobre la manera de construcción de la obra, que nos permite explicar la gran escalera de la Malaparte. Encontramos que la construcción de la Malaparte, también forma parte de un sistema. Este sistema es capaz de generar forma, sin recurrir a las mascaras fijadas por la tradición o las modas, manteniendo su libertad de expresión sin concesiones. Consideramos que en el camino de acceso a la obra que hubo que ejecutarse para tal fin están las claves para la comprensión de su escalera. La escalera de la Malaparte la comprendemos desde la propia accesibilidad a la obra. Su trazado abocinado, su forma “strombata”, es consecuencia para nosotros de sus límites físicos, su elevación, resultado de las cotas que responden a los niveles de los planos de trabajo, incluida la terraza –patio. Su expresión geométrica sería visible desde la ejecución de las obras; no es posterior al paralelepípedo inicial, sino previa. Su función de acceso a la terraza no es la principal, excluida desde el proyecto administrativo de Libera, al texto escrito de Malaparte sobre su casa (ninguna escalera exterior). Sus funciones principales subyacentes que quedan envueltas son primeramente abastecer la obra, en segundo lugar como cubierta de la escalera interior que tuvo que salir de su posición centrada en el paralelepípedo inicial, al extremo exterior de este. La solución a estas necesidades acuciantes, mostrarían su función paradigmática en un tercer lugar, su solución como cubierta peldañeada, como fachada remontable, que se produce desde nuestra visión del exterior, la gran escalera de acceso al lugar principal y el hecho único y genial de la Malaparte. Las conclusiones finales de esta tesis están referidas en primer lugar al Texto escrito sobre la obra y en segundo lugar a la obra misma: La Casa es entendida en los textos analizados, como objeto que soporta simultáneamente la idea romántica de emoción-inspiración y la contemporánea de invitación a su conocimiento. Producto de su singular abstracción explicamos su transformación en lo que constatamos dos vías extremas: una como artefacto, trasto inútil y pretencioso que explica las críticas extremas de Koening y Durante. Habría que demoler la Malaparte, y por la otra se produce su transformación en “objeto artístico” (inspiraciónemoción– conocimiento) que hay que venerar. Este trinomio deviene en interpretación y de aquí su provocación hacia la literatura, el cine y la imagen sobre la obra. Ambos extremos podrían originarse por no comprender, por no llegar a explicar cómo este objeto es también casa, casa con patio, habitación, refugio, arquitectura con toda su contingencia que con coherencia, razón y libertad de expresión produce aquel objeto, con la única intencionalidad acuciante de ser construido y habitado. El gran valor “literario-artístico” de la Malaparte recogido en sus textos, debemos admitir pues que tiene su origen en la interpretación de lo arquitectónico, que no es evidente, que entendemos no puede deducirse de su mera imagen, del mismo modo que la escultura asociada a un capitel corintio, que algunos pretenden disociar del apoyo constructivo de un pie derecho, como la solución del tímpano- escultura de una portada barroca, que pretendemos separar de la eficacia del dintel, como la cúpula solución a la cubierta del Panteón de Agripa, que estudiamos aparte como un problema de ingeniería, estos aspectos múltiples, complejos y no evidentes producen la fragmentación de lo arquitectónico, y permiten sus interpretaciones independientes, desguazando la arquitectura en trozos muy visibles que algunos llamaron “arte” y sistemas mas ocultos que otros llamaron “ingeniería y técnica”. Contemplar lo humano con fantasía es también nuestra conclusión deductiva de lo que nos permite la Malaparte, su identidad propia y peculiar deducida del Texto. Una arquitectura que permite examinar lo humano con fantasía, también un gran valor común, literario y arquitectónico que no queremos disociar. Si nos afirmamos en la autonomía de la arquitectura, sin renunciar al Texto, su identidad no es más que materialidad, ni menos que la metáfora del habitar diverso del hombre en la tierra. Ambos discursos permanecerán siempre abiertos para poetas y arquitectos. La Malaparte puede explicarse desde el lugar, de su proyecto y su construcción. Podríamos limitarnos aun más, solamente de su realidad congelada actual lograríamos inferir su valor como arquitectura que ha resuelto el problema; cubriendo, superponiendo con rigurosa limpieza, orden y geometría, al caos de accidentalidad y esfuerzo, un resultado despejado, de la materialidad y la técnica, esto es en definitiva el poder de lo arquitectónico, realizado no como máscara superpuesta, sino como resultado coherente, piel viva sobre huesos y músculos necesarios.
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Es notoria la importancia de la naturaleza en la evolución de la arquitectura. Hasta la gran eclosión de la industria manufacturera y la mejora en las infraestructuras de comunicación, se podría decir que ambas corrían paralelas, para a partir de ahí dejar “congelada” la sabiduría popular y dar un salto a la globalidad, generando una situación de libertad arquitectónica prácticamente total, que independiza la construcción de su ubicación. "El biomimetismo es esencialmente un campo de investigación interdisciplinar, una serie de colaboraciones entre botánicos, físicos, matemáticos, ingenieros y zoólogos; donde la rígida división entre disciplinas «puras» cede lugar a un área de investigación que apunta a generar tecnología inteligente (smarttechnologies), utilizando materiales o procesos que sean de alguna manera sensibles al medio ambiente." (M. Weinstock, 1998). “La morfología de las plantas en los diferentes climas parece tener cierta analogía con la edificación, ya que algunas de las tensiones que inciden en su forma (tales como las variaciones de temperatura) corresponden de manera similar a las necesidades humanas.” (V. Olgyay 1963). En el presente trabajo se han estudiado las especies endémicas que nos rodean, para poder leer a través de ellas millones de años de supervivencia en este entorno, con el fin de mimetizar sus respuestas. También se han estudiado diferentes tipologías de arquitectura vernácula y su simulación energética, con el propósito de evaluar la demanda energética optima exigible. A partir de una ubicación específica, la orientación, compacidad, perforación y las características de la envolvente son los elementos que más influyen en la demanda energética de una edificación. Tanto la forma como los materiales pueden ser mimetizados con la naturaleza. En esta Tesis se han cuantificado los parámetros de diseño formales tomando como referencia las especies vegetales o la arquitectura vernácula, sin perder de vista los objetivos buscados por normativas o institutos en la reducción del consumo energético vinculado a la calefacción y ventilación. ABSTRACT The importance of the nature in the evolution of the architecture is well-known. Until the great burst of the manufacturing industry and the improvement in communication infrastructures, it would be possible to be said that both ran parallel, stops there from leaving “frozen” the popular wisdom and jump to the globalization, creating a situation almost complete architectural freedom, that it frees the construction of its location. "Biomimicry is essentially an interdisciplinary field of research, a series of collaborations among botanists, physicists, mathematicians, engineers and zoologists; where the rigid division between "pure" disciplines gives way to an area of research that aims to generate intelligent technology (smarttechnologies), using materials and processes that are in some environmentally sensitive manner. "(M. Weinstock, 1998). “The morphology of the plants in different climates seems to have some analogy with the building, as some of the tensions that affect their form (such as the temperature variations) are similar to the human necessities.” (V. Olgyay 1963). In the present work, the endemic species that surround to us have been studied, to be able to read through them millions of years of survival in this environment, in order to mimic their answers. Also different types or popular architecture and their energy simulation have been studied, in order to evaluate the rate of energy optimum demand. Orientation, compactness, perforation and characteristics of the envelope are the elements that influence more in the energy demand of a building. The shape and materials can be mimic with nature. Each of them has been quantified in this work by reference plant species or popular architecture, without losing sight of the objectives sought by regulations or institutes about reduction in energy consumption.
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Emilio Pemjean es un arquitecto de la luz. Pero la luz que él maneja no es aquella que, día tras día, ilumina de manera distinta el objeto construido. La luz con la que él trabaja es una luz construida por medio de la fotografía. Un destello recreado a voluntad en el interior de una maqueta y capturado en una imagen. Una luz congelada en el tiempo que remite a un tiempo ya pasado o quizás inventado. En su trabajo, a medio camino entre la instalación, la arquitectura y la fotografía, la luz siempre es el tema. De hecho, intentar distinguir entre el espacio y la luz en su obra es tan difícil como intentar separar al arquitecto del fotógrafo.
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Introdução: A polpa farinácea do jatobá-do-cerrado (Hymenaea stigonocarpa Mart.) apresenta alto teor de fibra alimentar, em média 60 g/100 g, que são importantes para a redução do risco e controle de doenças crônicas não transmissíveis (DCNT). A extrusão termoplástica neutraliza aromas intensos, proporciona a formação de amido resistente, aumenta a fibra alimentar solúvel e melhora a textura do produto final. Objetivo: Estudar o efeito das farinhas de jatobá-do-cerrado in natura (FIN) e extrusada (FE) no metabolismo lipídico e parâmetros fermentativos em hamsters, bem como verificar a resposta glicêmica em humanos após a extrusão. Métodos: Processo de extrusão: velocidade de 200 rpm; matriz com 4 mm de diâmetro; taxa de compressão 3:1; alimentação constante de 70 gramas/minuto; temperatura de 150 °C; proporção farinha de jatobá-do-cerrado e amido de milho: 70:30 por cento e umidade a 25 por cento . Foi realizado um experimento animal com hamsters durante 21 dias, em que se analisou alguns parâmetros do metabolismo lipídico e colônico (fermentativos) dos animais, divididos em quatro grupos experimentais, se diferenciando pela dieta. As dietas controle (GC), in natura (GFI) e extrusada (GFE) eram hipercolesterolemizantes (13,5 por cento de gordura de coco e 0,1 por cento de colesterol) e a dieta referência (GR) com óleo de soja como fonte lipídica, não. Todas as dietas apresentavam 15 por cento de fibra alimentar, sendo que as dietas GR e GC tinham como fonte de fibra a celulose, e as dietas GFI e GFE tiveram as próprias fibras como fonte. A resposta glicêmica em humanos foi verificada por meio do ensaio do índice glicêmico e carga glicêmica da FE, com dez voluntários saudáveis que consumiram 25 gramas de carboidratos disponíveis do alimento teste (farinha extrusada) ou do pão branco como alimento controle. Resultados: Não foi observada diferença significativa entre o peso final, ingestão diária média e total, ganho de peso e CEA entre os animais dos quatro grupos. A concentração de triglicerídeos foi menor em 41 por cento e 38 por cento nos animais que receberam as dietas GFI e GFE, em relação aqueles que receberam a dieta GC, assim como também para o colesterol total (55 por cento e 47 por cento ), LDL-c (70 por cento e 53 por cento ) e não-HDL-c (63 por cento e 49 por cento ) séricos, lipídeos totais hepáticos (39 por cento e 45 por cento ) e o peso dos fígados dos animais também foi menor (21 por cento em ambos os grupos). Não houve diferença no colesterol hepático e excretado nas fezes dos animais dos quatro grupos. Os animais do GFE excretaram 57 por cento mais ácidos biliares nas fezes que os animais do GC. Com relação aos parâmetros fermentativos, observou-se maior excreção de fibras (1,24 ± 0,08 e 1,52 ± 0,09 gramas) nos animais dos grupos GR e GC respectivamente, em relação aos do GFI e GFE (0,50 e 0,48 gramas), porém o escore fecal (3,50 ± 0,19 e 3,38 ± 0,18) e o grau de fermentação (54 e 52 por cento ) foi maior nos animais dos grupos GFI e GFE. Houve uma maior produção de AGCC no ceco dos animais dos grupos GFI e GFE (80 e 57,5 µmol/g de ceco respectivamente) e maior diminuição do pH no conteúdo cecal nos animais do grupo GFI (7,49 ± 0,10), em relação ao GC (8,06 ± 0,13). Os ácidos acético e propiônico, estiveram presentes em maior quantidade no ceco dos animais dos grupos GFI (58,5 e 6,1 µmol/g de ceco) e GFE (42,5 e 6,6 µmol/g de ceco) e os animais do GFI produziram mais ácido butírico (15 µmol/g de ceco), em relação aos demais grupos. Quanto à resposta glicêmica da farinha pós extrusão, não houve diferença entre a área de resposta glicêmica da farinha extrusada e do pão branco, o índice glicêmico da farinha extrusada (glicose como controle) foi classificado como moderado, e a carga glicêmica (na porção de 30 gramas), baixa. Conclusão: As FIN e FE favoreceram a redução do colesterol total, LDL-c, não-HDL-c e dos triglicerídeos séricos, além da diminuição do acúmulo de lipídeos hepáticos. Foi observado também aumento expressivo na formação de AGCC e no grau de fermentação. A FE proporcionou um aumento na excreção de ácidos biliares nas fezes e apresentou índice glicêmico moderado e baixa carga glicêmica.
Resumo:
Silagens de milho são mais propensas à deterioração quando expostas ao ar. As leveduras assimiladoras de ácido lático são frequentemente os primeiros microrganismos a iniciar a deterioração aeróbia nas silagens. Alguns estudos reportam que silagem de milho aerobicamente instável está associada à redução no consumo, na produção de leite e depressão no teor de gordura do leite. Portanto, o objetivo deste estudo foi avaliar a influência de inoculação de leveduras (Pichia norvegensis) e a exposição ao ar por 48 horas sobre o valor nutritivo das silagens e o desempenho de vacas leiteiras. O milho foi colhido com 34% de MS, tratado sem (Controle) ou com P. norvegensis, na dose 1×105 ufc/g MV (Levedura) e armazenado silos tipo bolsa (40 t/silo). Após 123 dias de armazenamento, os silos foram abertos e a silagem foi fornecida para vacas leiteiras. Diariamente, as silagens foram retiradas e fornecidas imediatamente (Fresca) ou após 48 horas de exposição (Exposta). Vinte vacas Holandesas foram distribuídas em 5 quadrados latinos replicados 4×4, com períodos de 21 dias (15 d para adaptação + 6 d para amostragem). As dietas foram formuladas para conter: 53% silagem de milho, 8% caroço de algodão, 18% farelo de soja, 9,5% polpa cítrica, 9% milho seco moído e 2,5% premix vitamínico e mineral. Os quatro tratamentos foram assim constituídos: silagem controle fresca (CF), silagem controle exposta (CE), silagem inoculada com levedura fresca (LF) e silagem inoculada com levedura exposta (LE). A inoculação com levedura aumentou as perdas de matéria seca (P<0,001) e reduziu o tempo de estabilidade aeróbia (P=0,03) das silagens de milho. No ensaio de desempenho animal, reduziu a produção de leite corrigida para 3,5% de gordura (P=0,03) e a eficiência alimentar (ELL leite/CMS) (P<0,01), porém não alterou o teor de gordura do leite. Quanto aos efeitos da exposição ao ar por 48 horas, estes reduziram a concentração de ácido lático (P<0,001), que consequentemente aumentou o pH (P=0,004) das silagens, além de reduzir outros produtos de fermentação. A exposição também reduziu a produção de leite corrigido para gordura (P=0,02) e a eficiência alimentar (P=0,10). Nenhum tratamento alterou o consumo de MS. Houve tendência para redução da digestibilidade da MS e FDN e do NDT, quando as silagens foram expostas ao ar. A inoculação com leveduras e a exposição ao ar por 48 horas deprimem o desempenho animal através da redução no valor nutritivo das silagens de milho.
Resumo:
O objetivo deste trabalho foi avaliar os efeitos da inclusão de caroço de algodão e vitamina E em dietas para bovinos confinados por 83, 104 e 111 dias sobre as características da carcaça, qualidade da carne e características sensoriais da carne in natura e de hambúrgueres. Foram utilizados 54 bovinos da raça Nelore, machos, não castrados, com média de 350 kg ± 30 kg de peso vivo inicial e 24 meses de idade, divididos em três grupos de acordo com o peso vivo inicial e distribuídos em três dietas: dieta sem inclusão de caroço de algodão (C), dieta contendo 30% MS de caroço de algodão (CA) e dieta contendo 30% MS de caroço de algodão e 500 UI de vitamina E/kg de matéria seca da ração (CAE). As dietas empregadas foram compostas de diferentes concentrados, incluindo milho grão seco, polpa cítrica, bagaço de cana cru e farelo de soja, com relação volumoso:concentrado de 14:86 e média de 16% PB nas três dietas. Os animais abatidos aos 83 dias de confinamento eram correspondentes ao grupo de maior peso vivo, já os animais mais leves foram abatidos aos 111 dias de confinamento. O experimento foi em arranjo fatorial 3 x 3, considerando três dietas e três períodos de confinamento, totalizando 9 tratamentos. Os animais que permaneceram em confinamento por mais tempo apresentaram maior rendimento de carcaça (56,33%) e carnes mais macias (3,02 kg). As dietas CA e CAE resultaram em menor força de cisalhamento (3,15 e 3,31 kg, respectivamente). A inclusão de vitamina E se mostrou indiferente para a cor e TBARS, em relação à dieta CA. A inclusão do caroço de algodão em dietas para bovinos não influenciou no teor de ácidos graxos saturados, porém aumentou os teores de alguns ácidos graxos poli-insaturados (AGPI) nas carnes. Por outro lado, houve um aumento linear nos níveis de ácidos graxos saturados (AGS) à medida que aumentaram os dias de confinamento. Em relação às características sensoriais, no teste descritivo, as carnes in natura dos animais alimentados com CA e CAE foram mais macias e suculentas (P < 0,05), porém apresentaram um sabor mais intenso e os provadores treinados detectaram um sabor estranho nestas carnes (P < 0,05). No entanto, para o teste afetivo, apenas foi detectado sabor estranho para os hambúrgueres provenientes da dieta CA, os atributos aroma e aroma estranho não foram influenciados pelas dietas (P > 0,05). Por meio do teste discriminativo, foi observado que os hambúrgueres provenientes de animais alimentados com CA e CAE por 104 e 111 dias de confinamento apresentaram diferença em relação ao sabor quando comparados aos hambúrgueres de animais do grupo C destes mesmos períodos, e que os hambúrgueres da dieta CA não apresentaram diferença de sabor quanto aos dias de confinamento. A inclusão de 30% MS de caroço de algodão mostrou ser uma boa alternativa para melhorar as características físico-químicas da carne e seu perfil de ácidos graxos, entretanto atribui um sabor estranho ao produto final, independente do período de confinamento, sendo perceptível ao consumidor e reduzindo aceitabilidade. Ao longo dos dias de confinamento, a carne dos animais se torna menos saudável, do ponto de vista de composição lipídica, ao consumo humano. A adição de 500 UI de vitamina E em dietas contendo caroço de algodão mostrou-se desnecessária
Resumo:
Os cães, por fatores diversos, acabam por apresentar dentes fraturados com ou sem exposição de polpa. Estas fraturas basicamente são identificadas como fraturas recuperáveis não complicadas, recuperáveis complicadas ou irrecuperáveis. As fraturas recuperáveis (localizadas apenas no esmalte e dentina) são tratadas com dentística restauradora. As recuperáveis complicadas (com lesões em esmalte, dentina e exposição do canal radicular) passam por tratamento endodôntico, podendo ser seguidas de restaurações metálicas. Os dentes mais comumente acometidos são os dentes caninos, superiores ou inferiores. Este trabalho em dentes artificiais simulando considerável destruição de sua porção coronal objetivou testar, após a adaptação da restauração metálica fundida, a resistência às fraturas no dente canino. Os dentes artificiais foram padronizados com uma técnica de replicação de raízes artificiais em molde de resina acrílica quimicamente ativada. Oitenta réplicas iguais de resina composta fotopolimerizável, padronizadas em tamanho e forma, foram construídas a partir desta técnica. Antes da reconstrução protética, aplicou-se o tratamento endodôntico, desobturação, preparo do canal radicular e moldagem. Proteticamente, um pino intrarradicular reto e outro curvo, ambos com núcleo para sustentar a coroa metálica fundida foram cimentados na porção coronal de cada raiz-réplica. Os núcleos e coroa metálica foram ambos ferulados ou estojados. Avaliou-se os dois tipos de restauração com pino intrarradicular curvos ou retos cimentados com cimento de fosfato de zinco ou resinoso para identificar o melhor conjunto restaurador. Os testes de resistência biomecânica de 80 raízes-réplicas foram divididos em 4 grupos com 20 corpos de prova para cada um dos grupos. Grupo 1: das raízes-réplicas com pino intrarradicular curvo cimentados com cimento resinoso. Grupo 2: das raízes-réplicas com pino intrarradicular curvo cimentados com cimento de fosfato de zinco. Grupo 3: das raízes-réplicas com pino intrarradicular reto cimentados com cimento resinoso. Grupo 4: das raízes-réplicas com pino intrarradicular reto cimentados com cimento de fosfato de zinco. Estes grupos foram submetidos a teste de força com pré-carga de 1,5 N, com velocidade de avanço constante de 0,05 mm por minuto em ponto pré- determinado (mésio-lateral vestibularizada) até ocorrência de fratura do conjunto ou parte dele em uma Máquina Universal Kratos. Com a avaliação biomecânica e estudo estatístico de Kruskall-Wallis, identificou-se que os dados obtidos não seguiram distribuição normal. Esta diferença mostrou-se com o p<0,05 na interpretação do teste. No caso de dados não paramétricos o post-hoc do Kruskal-Wallis foi o teste de U de Mann-Withney. Paralelamente, um estudo com análise de elementos finitos comparou os resultados obtidos. Não houve diferença significativa sobre o tipo de cimento utilizado ou que favorecesse o uso do pino reto ou do pino curvo, recaindo a escolha para o operador decidir de acordo com a melhor indicação para cada caso clínico