942 resultados para Placental vascularization


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Obiettivi. L’ecografia con mezzo di contrasto (CEUS) può fornire informazioni sulla microvascolarizzazione della parete intestinale nella malattia di Crohn. L’infiammazione della parete intestinale non sembra essere correlata alla quantità di parete vascolarizzata (studi di pattern di vascolarizzazione, SVP) ma all’intensità del flusso di parete in un determinato periodo di tempo (studi di intensità-tempo, SIT). Scopo dello studio è valutare se gli studi SVP e/o SIT mediante CEUS siano in grado di mostrare il reale grado d’infiammazione della parete vascolare e se possano predire l’attività di malattia a 3 mesi. Materiali e metodi: 30 pazienti con malattia di Crohn venivano sottoposti a SVP e SIT mediante CEUS e venivano rivisti dopo 3 mesi. L’eCografia era eseguita con uno strumento dedicato con un software particolare per il calcolo delle curve intensità-tempo e con l’ausilio di un mezzo di contrasto (Sonovue). L’analisi quantitativa consisteva nella misura dell’area sotto la curva (AUC) (con cut-off tra malattia attiva e inattiva di 15) e di un intensità media (IM) con un cut-off di 10. Tutti gli esami venivano registrati e analizzati in modo digitale. Risultati: A T0: CDAI era inferiore a 150 in 22 pazienti e superiore a 150 in 8 pazienti; a T3: CDAI era inferiore a 150 in 19 pazienti e superiore a 150 in 11 pazienti. A T0 sia la CEUS SPV che la SIT evidenziavano bassa specificità, accuratezza diagnostica e valore predittivo negativo; a T3 la CEUS SVP mostrava bassa sensibilità e accuratezza diagnostica rispetto alla SIT che era in grado, in tutti i casi tranne uno, di predire l’attività clinica di malattia a tre mesi. Conclusioni: in questo studio, la CEUS-SIT ha mostrato buona accuratezza diagnostica nel predire l’attività clinica di malattia nel follow-up a breve termine di pazienti con malattia di Crohn.

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Lo sviluppo e la funzionalità della placenta influenzano direttamente la crescita ed il benessere del feto all'interno dell'utero, quindi qualsiasi problema strutturale o funzionale della placenta influenzerà lo sviluppo del feto. Lo scopo di questa tesi è stato quello di approfondire diversi aspetti clinici e clinico-patologici dell’insufficienza placentare nella specie equina, con l’intento di individuare dei parametri che possano essere di ausilio per l’identificazione precoce del puledro a rischio e della necessità di interventi terapeutici. La valutazione della concentrazione di lattato nel sangue e nel liquido amniotico potrebbe essere un utile strumento diagnostico per la diagnosi di acidosi metabolica associata ad ipossia/ischemia nel puledro e per identificare la necessità di un intervento precoce alla nascita. La risposta all’ipossia sembra essere mediata dall’HIF-1 e dall’HSF-1 anche nel puledro neonato, e se questi dati venissero confermati su un numero maggiore di animali, i due marcatori proteici e la MDA potrebbero essere utilizzati per la diagnosi di PAS nel puledro. L’esame di tutta l’unità placentare riveste un ruolo di fondamentale importanza per l’acquisizione di informazioni riguardo all’ambiente di vita intrauterino del puledro, ed è quindi auspicabile nella pratica ostetrica routinaria una maggiore attenzione all’esame della placenta, soprattutto in caso di patologie materno-fetali. Tra i parametri biochimici valutati al momento della nascita, la creatininemia e la glicemia possono fornire informazioni sull’efficienza dello scambio placentare ed essere quindi utilizzati per individuare puledri a rischio. Infine, lo sviluppo di una macro per il software ImageJ porta alla luce uno strumento nuovo, semplice da usare ed economico, per la valutazione morfometrica dell’arborizzazione dei villi placentari; tuttavia la ricerca necessità ulteriori indagini su un numero maggiore di animali per valutare le differenze morfometriche tra placente normali e patologiche.

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La chirurgia con ultrasuoni focalizzati guidati da MRI (MR-g-FUS) è un trattamento di minima invasività, guidato dal più sofisticato strumento di imaging a disposizione, che utilizza a scopo diagnostico e terapeutico forme di energia non ionizzante. Le sue caratteristiche portano a pensare un suo possibile e promettente utilizzo in numerose aree della patologia umana, in particolare scheletrica. L'osteoma osteoide affligge frequentemente pazienti di giovane età, è una patologia benigna, con origine ed evoluzione non chiare, e trova nella termoablazione con radiofrequenza continua sotto guida CT (CT-g-RFA) il suo trattamento di elezione. Questo lavoro ha valutato l’efficacia, gli effetti e la sicurezza del trattamento dell’osteoma osteoide con MR-g-FUS. Sono stati presi in considerazione pazienti arruolati per MR-g-FUS e, come gruppo di controllo, pazienti sottoposti a CT-g-RFA, che hanno raggiunto un follow-up minimo di 18 mesi (rispettivamente 6 e 24 pazienti). Due pazienti erano stati esclusi dal trattamento MR-g-FUS per claustrofobia (2/8). Tutti i trattamenti sono stati portati a termine con successo tecnico e clinico. Non sono state registrate complicanze o eventi avversi correlati all’anestesia o alle procedure di trattamento, e tutti i pazienti sono stati dimessi regolarmente dopo 12-24 ore. La durata media dei trattamenti di MR-g-FUS è stata di 40±21 min. Da valori di score VAS pre-trattamento oscillanti tra 6 e 10 (su scala 0-10), i trattamenti hanno condotto tutti i pazienti a VAS 0 (senza integrazioni farmacologiche). Nessun paziente ha manifestato segni di persistenza di malattia o di recidiva al follow-up. Nonostante la neurolisi e la risoluzione dei sintomi, la perfusione del nidus è stata ritrovata ancora presente in oltre il 70% dei casi sottoposti a MR-g-FUS (4/6 pazienti). I risultati derivati da un'analisi estesa a pazienti più recentemente arruolati confermano questi dati. Il trattamento con MR-g-FUS sembra essere efficace e sicuro nel risolvere la sintomatologia dell'osteoma osteoide.

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Introduzione L’efficacia dei chemio/radioterapici ha aumentato notevolmente l’aspettativa di vita delle pazienti oncologiche, tuttavia, questi trattamenti possono compromettere la funzionalità ovarica. La crioconservazione di tessuto ovarico, con il successivo reimpianto, ha lo scopo di preservare la fertilità delle pazienti a rischio di fallimento ovarico precoce. Scopo dello studio Definire la migliore procedura di crioconservazione e reimpianto in grado di ottenere la neovascolarizzazione del tessuto reimpiantato nel minor tempo possibile al fine di diminuire la perdita follicolare causata dall’ischemia durante la procedura. Materiali e metodi Per ciascuna paziente (3) le biopsie ovariche, sono state prelevate laparoscopicamente e crioconservate secondo il protocollo di congelamento lento/scongelamento rapido. Campioni di corticale ovarica sono stati processati per l’analisi istologica, ultrastrutturale, immuistochimica e confocale per valutare la preservazione morfologiaca del tessuto. Le fettine di corticale ovarica sono state scongelate e reimpiantate ortotopicamente (2), nelle ovaia e in due tasche peritoneali, o eterotopicamente (1), in due tasche create nel sottocute sovrapubico. Risultati Le analisi di microscopia hanno mostrato il mantenimento di una discreta morfologia dello stroma, e dei vasi criopreservati e un lieve ma non significativo danneggiamento dei follicoli scongelati. Tutte le pazienti hanno mostrato la ripresa della funzionalità endocrina rispettivamente dopo 2/4 mesi dal reimpianto. Il color-doppler, inoltre ha rivelato un significativo aumento della vascolarizzazione ovarica rispetto alla quasi totale assenza di vascolarizzazione prima del reimpianto, quando le pazienti mostravano una conclamata menopausa. Conclusioni Lo studio ha confermato la ripresa della vascolarizzazione dell’ovaio in seguito a reimpianto avascolare di fettine di corticale, senza l’impiego di fattori esogeni o meccanici aggiuntivi, in tempi concordanti con i dati della letteratura. I risultati sono incoraggianti e l’avanzare degli studi e della ricerca potranno contribuire allo sviluppo di nuove metodologie di reimpianto che possano avere un successo clinico ed una sicurezza superiori a quelle finora ottenute.

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L’ecografia del tratto gastroenterico è una delle metodiche d’elezione nella valutazione diagnostica delle patologie gastrointestinali nel gatto. In questa tesi dottorale sono presentati i risultati di tre studi in cui l’ecografia convenzionale e con mezzo di contrasto è stata impiegata in gatti sani o con patologie gastroenteriche. Lo scopo del primo studio, prospettico, è stato quello di determinare lo spessore ecografico dei singoli strati di parete nell’intestino tenue in una popolazione di gatti sani. Lo strato mucoso è risultato significativamente più spesso nel duodeno e nel digiuno, per la maggiore grandezza dei villi in queste porzioni dell’intestino tenue. A livello dell’ileo, gli strati di maggior spessore sono risultati quello sottomucoso, per l’abbondante presenza di aggregati linfoidi, e quello muscolare, a causa delle caratteristiche anatomo-funzionali di sfintere che questo tratto intestinale svolge. Il secondo progetto, retrospettivo, nasce dalla collaborazione tra due centri universitari, uno italiano e uno americano, con l’obiettivo di confrontare lo spessore della tonaca muscolare intestinale in gatti affetti da Inflammatory Bowel disease (IBD) o da neoplasie intestinali. In questo studio, l’ipertrofia della tonaca muscolare (ITM) è stato maggiormente osservato in gatti con IBD rispetto a gatti con neoplasie intestinali, ma non sono state evidenziate differenze di spessore della tonaca muscolare tali da poter differenziare le due patologie. Lo scopo del terzo progetto, prospettico, è stato quello di descrivere il pattern di perfusione parietale del piccolo intestino, valutato mediante uso di mezzo di contrasto ecografico, in gatti con ITM associata a IBD. In tutti gli animali studiati, l’ITM si è associato a una modesta assunzione del mezzo di contrasto rispetto agli altri strati della parete intestinale. Questi risultati confermano che l’ITM che si osserva in gatti con IBD non è associato a significativi aumenti della vascolarizzazione di tale strato parietale.

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In dieser Arbeit wird eine Einteilung der degenerativen strukturellen Veränderungen der Synovialmembran vorgestellt. Anhand der Kriterien Fibrosierung des Stromas, Rückgang des Gefäßnetzes, Auftreten von Hyalinose und chondroider Metaplasie mit und ohne Nachweis von CPPD Kristallen wurden Präparate der Synovialmembran von 59 Patienten mit Nachweis degenerativer strukturellen Veränderungen in 4 Stadien eingeteilt. rnHyalinose (Stadium 3) konnte in den untersuchten Schnitten nur relativ selten beobachtet werden, so dass am ehesten von einem Vorstadium zur chondroiden Metaplasie auszugehen ist. rnDie Verteilung der Erkrankungsdauer und des Alters in den verschiedenen Stadien lassen darauf schließen, dass höhere Stadien mit höherem Alter und längerer Erkrankungsdauer korrelieren. rnAus der vorhandenen Literatur ergeben sich Hinweise, welche Faktoren zu der Entstehung der strukturellen Veränderungen beitragen können: rnAus dem Netzwerk der Zytokine scheinen TGF-beta und die BMP’s an der Zunahme der Fibrose und an der Entstehung chondroider Metaplasie beteiligt zu sein. Makrophagen scheinen dabei eine wichtige Rolle zu spielen. Dies weist darauf hin, dass entzündliche und strukturelle Veränderungen miteinander vernetzt sind. rnBei der Entstehung der chondroiden Metaplasie kommen zusätzlich mechanische Einflüsse in Form von zyklischen Kompressionen als Einflussfaktor in Frage. rnDie Regulierung der Angiogenese ist noch zu wenig verstanden, um den Gefäßrückgang bei fortgeschrittenen strukturellen Veränderungen zu erklären. Erklärungsansätze sind zum einen zunehmende mechanische Schädigung bei zunehmender Inkongruenz der Gelenkflächen. Zum anderen könnte eine beginnende chondroide Metaplasie mit Expression von Chondromodulin I eine entscheidende Rolle spielen. rnInsgesamt muss man davon ausgehen, dass die zunehmenden strukturellen Veränderungen die Ernährung des Knorpels erschweren. Dabei ist an erster Stelle der Rückgang des Gefäßnetzes zu nennen. Dies erschwert nicht nur die Versorgung mit Nährstoffen, sondern auch den Abtransport von Stoffwechselprodukten. Ab einem gewissen Punkt ist aber auch davon auszugehen, dass die Funktion der Deckzellschicht beeinträchtigt wird. Wenn die Konzentration der Hyaluronsäure in der Synovia dadurch sinkt, kann dies durch eine vermehrte Permeabilität der Synovialmembran zum verstärkten Ausstrom von Wasser aus der Gelenkhöhle führen. Durch ein Ödem des umliegenden Gewebes kann dadurch der Blutfluss im Bereich des Gelenks zusätzlich vermindert werden. rnAuch die zunehmende Fibrosierung der Synovialmembran kann einen Einfluss auf die Permeabilität der Synovialmembran haben. Ob und in welchen Stadien der Veränderungen das einen relevanten Einfluss für die Ernährung der Chondrozyten hat, ist noch unklar.rn

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The aim of this study was to investigate cortisol and progesterone (P4) trends in hair from birth up to postweaning in Italian trotter foals. Hair sampling is non-invasive and hair concentrations provide retrospective information of integrated hormone secretion over periods of several months. Samples were collected at birth and at a distance of 30 days, collecting only regrowth hair, up to post weaning. From birth to 3 months, foals cortisol falls from 47.64±5.6 to 4.9±0.68 pg/mg (mean±standard error), due to the interruption of foetal-placental connection and progressive adaptation to extrauterine life. From the third month of life to post weaning concentrations don’t vary significantly, underlining a non-chronic activation of the HPA axis. Hair P4 significantly decreases in the first two samples (from 469.68±72,54 to 184.65±35.42 pg/mg). At 2 (111.78±37.13 pg/mg) and 3 months (35.96±6.33 pg/mg) hair concentrations don’t show significant differences. These concentrations are not due to interactions of the utero-placental tissues with foals, animals are still prepuberal and P4 isn’t produced by adrenals as a result of high stress. We could therefore hypothesize that the source of foal hair P4 could be milk, suckled from mares. The high individual variability in hair at 2 and 3 months is due to a gradual and subjective change in foal diet, from milk to solid food, and to the fact that mares do not allow to suckle. From fourth month to post weaning P4 concentration in hair remains around 37.56±6.45 pg/mg. In conclusion, hair collected at birth, giving information about last period of gestation, could be used along with traditional matrices, to evaluate foals maturity. Hair cortisol could give indications about foals capacity to adapt to extra-uterine life. Finally milk, configuring as a bringer of nutrients and energy and assuming the characteristic of a nutraceutical, could give fundamental information about parental care.

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In corso di gravidanza normale avvengono modificazioni emodinamiche centrali e periferiche volte a garantire le crescenti richieste nutritive dell'unità feto-placentare. L’ecografia con mezzo di contrasto (CEUS-Contrast Enhanced Ultrasonography) a base di microbolle offre una nuova opportunità di monitorare e quantificare la perfusione utero-placentare in condizioni normali e patologiche. L’ecocardiografia è stata ampiamente usata in medicina umana per valutare l’adattamento morfo-funzionale cardiaco materno durante la gravidanza. Gli scopi di questo lavoro prospettico sono stati di applicare, per la prima volta nella specie equina, un mezzo di contrasto di II generazione (Sonovue®), al fine quantificare la perfusione utero-placentare in corso di gravidanza normale, valutandone gli effetti sul benessere materno-fetale e di descrivere le modificazioni nei parametri ecocardiografici morfometrici e funzionali cardiaci, in particolare relativi alla funzione del ventricolo sinistro nel corso di una gravidanza fisiologica. Due fattrici sane di razza Trottatore sono state monitorate ecograficamente in maniera seriale durante l’intero corso della gravidanza, tramite esame bidimensionale, ecocontrastografia dell'unità utero-placentare, flussimetria Doppler delle arterie uterine, ecocardiografia materna in modalità bidimensionale, M-mode, Doppler e Tissue Doppler Imaging. I neonati sono stati clinicamente monitorati e gli invogli fetali esaminati. Il pattern di microperfusione utero-placentare è valutabile quali-quantitativamente tramite la CEUS e dimostra un’aumento del flusso a livello di microvascolarizzazione uterina con l'avanzare della gravidanza; non è stata rilevata la presenza di microbolle a livello di strutture fetali nè effetti dannosi sul benessere materno-fetale. In questo studio sono state osservate delle modificazioni cardiache materne in corso di gravidanza fisiologica, relative all'aumento della FC, del CO ed in particolare all'aumento delle dimensioni dell'atrio sinistro ed a modificazioni nelle onde di velocità di flusso e tissutali di riempimento del ventricolo sinistro.

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Patienten, die an Osteosarkom leiden werden derzeit mit intravenös applizierten krebstherapeutischen Mitteln nach Tumorresektion behandelt, was oftmals mit schweren Nebenwirkungen und einem verzögerten Knochenheilungsprozess einhergeht. Darüber hinaus treten vermehrt Rezidive aufgrund von verbleibenden neoplastischen Zellen an der Tumorresektionsstelle auf. Erfolgreiche Knochenregeneration und die Kontrolle von den im Gewebe verbleibenden Krebszellen stellt eine Herausforderung für das Tissue Engineering nach Knochenverlust durch Tumorentfernung dar. In dieser Hinsicht scheint der Einsatz von Hydroxyapatit als Knochenersatzmaterial in Kombination mit Cyclodextrin als Medikamententräger, vielversprechend. Chemotherapeutika können an Biomaterial gebunden und direkt am Tumorbett über einen längeren Zeitraum freigesetzt werden, um verbliebene neoplastische Zellen zu eliminieren. Lokal applizierte Chemotherapie hat diverse Vorteile, einschließlich der direkten zytotoxischen Auswirkung auf lokale Zellen, sowie die Reduzierung schwerer Nebenwirkungen. Diese Studie wurde durchgeführt, um die Funktionsfähigkeit eines solchen Arzneimittelabgabesystems zu bewerten und um Strategien im Bereich des Tissue Engineerings zu entwickeln, die den Knochenheilungsprozess und im speziellen die Vaskularisierung fördern sollen. Die Ergebnisse zeigen, dass nicht nur Krebszellen von der chemotherapeutischen Behandlung betroffen sind. Primäre Endothelzellen wie zum Beispiel HUVEC zeigten eine hohe Sensibilität Cisplatin und Doxorubicin gegenüber. Beide Medikamente lösten in HUVEC ein tumor-unterdrückendes Signal durch die Hochregulation von p53 und p21 aus. Zudem scheint Hypoxie einen krebstherapeutischen Einfluss zu haben, da die Behandlung sensitiver HUVEC mit Hypoxie die Zellen vor Zytotoxizität schützte. Der chemo-protektive Effekt schien deutlich weniger auf Krebszelllinien zu wirken. Diese Resultate könnten eine mögliche chemotherapeutische Strategie darstellen, um den Effekt eines zielgerichteten Medikamenteneinsatzes auf Krebszellen zu verbessern unter gleichzeitiger Schonung gesunder Zellen. Eine erfolgreiche Integration eines Systems, das Arzneimittel abgibt, kombiniert mit einem Biomaterial zur Stabilisierung und Regeneration, könnte gesunden Endothelzellen die Möglichkeit bieten zu proliferieren und Blutgefäße zu bilden, während verbleibende Krebszellen eliminiert werden. Da der Prozess der Knochengeweberemodellierung mit einer starken Beeinträchtigung der Lebensqualität des Patienten einhergeht, ist die Beschleunigung des postoperativen Heilungsprozesses eines der Ziele des Tissue Engineerings. Die Bildung von Blutgefäßen ist unabdingbar für eine erfolgreiche Integration eines Knochentransplantats in das Gewebe. Daher ist ein umfangreich ausgebildetes Blutgefäßsystem für einen verbesserten Heilungsprozess während der klinischen Anwendung wünschenswert. Frühere Experimente zeigen, dass sich die Anwendung von Ko-Kulturen aus humanen primären Osteoblasten (pOB) und humanen outgrowth endothelial cells (OEC) im Hinblick auf die Bildung stabiler gefäßähnlicher Strukturen in vitro, die auch effizient in das mikrovaskuläre System in vivo integriert werden konnten, als erfolgreich erweisen. Dieser Ansatz könnte genutzt werden, um prä-vaskularisierte Konstrukte herzustellen, die den Knochenheilungsprozess nach der Implantation fördern. Zusätzlich repräsentiert das Ko-Kultursystem ein exzellentes in vitro Model, um Faktoren, welche stark in den Prozess der Knochenheilung und Angiogenese eingebunden sind, zu identifizieren und zu analysieren. Es ist bekannt, dass Makrophagen eine maßgebliche Rolle in der inflammatorisch-induzierten Angiogenese spielen. In diesem Zusammenhang hebt diese Studie den positiven Einfluss THP-1 abgeleiteter Makrophagen in Ko-Kultur mit pOB und OEC hervor. Die Ergebnisse zeigten, dass die Anwendung von Makrophagen als inflammatorischer Stimulus im bereits etablierten Ko-Kultursystem zu einer pro-angiogenen Aktivierung der OEC führte, was in einer signifikant erhöhten Bildung blutgefäßähnlicher Strukturen in vitro resultierte. Außerdem zeigte die Analyse von Faktoren, die in der durch Entzündung hervorgerufenen Angiogenese eine wichtige Rolle spielen, eine deutliche Hochregulation von VEGF, inflammatorischer Zytokine und Adhäsionsmoleküle, die letztlich zu einer verstärkten Vaskularisierung beitragen. Diese Resultate werden dem Einfluss von Makrophagen zugeschrieben und könnten zukünftig im Tissue Engineering eingesetzt werden, um den Heilungsprozess zu beschleunigen und damit die klinische Situation von Patienten zu verbessern. Darüber hinaus könnte die Kombination der auf Ko-Kulturen basierenden Ansätze für das Knochen Tissue Engineering mit einem biomaterial-basierenden Arzneimittelabgabesystem zum klinischen Einsatz kommen, der die Eliminierung verbliebener Krebszellen mit der Förderung der Knochenregeneration verbindet.

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Verschiedene Krankheiten gehen mit einer fehlerhaften Vaskularisierung einher. Allerdings ist der Erfolg der derzeitig vorhandenen Therapieansätze, die sich z.B. auf VEGF fokussieren, beschränkt. Aus diesem Grund ist es wichtig, neue Strategien zur Regulation der Angiogenese zu entwickeln. Hierbei stehen neue Signaltransduktions-wege im Fokus, die sich als vielversprechend erweisen, um Angiogenese zu fördern oder zu inhibieren. Die Blutgefäßneubildung ist ein hochregulierter Prozess, der mit einer hohen Proteinsyntheserate verknüpft ist. Die Angiogenese wurde bereits mit dem ER-Stress Signaltransduktionsweg, der Unfolded Protein Response (UPR), in Verbindung gebracht (Zeng et al., 2013; Bouvier et al., 2012). Eine im Rahmen der vorliegenden Studie durchgeführte histologische Untersuchung konnte eine Fehlregulierung der Expression von UPR beteiligten Proteinen in vivo unter pathologischen Bedingungen gezeigt werden. Bemerkenswerter Weise war BiP, der Hauptsensor der UPR, in Endothelzellen von Angiosarkomen sehr stark exprimiert. In in vitro Experimenten wurde gezeigt, dass das Herunterregulieren von BiP mittels RNAi Einfluss auf die inflammatorische Antwort und die Bildung angiogener Strukturen in Endothelzellen nimmt. Das Herunterregulieren des Proteins BiP verstärkte die inflammatorische Antwort von HUVEC, was sich in einer gesteigerten Bildung von IL-8 und ICAM-1 äußerte und wurde auf die Aktivierung der UPR durch die verringerte Menge an BiP zurückgeführt. Der Phänotyp BiP-herunterregulierter Zellen entsprach dem untransfizierter Zellen, welcher durch das Cytoskelett und die Expression des endothelspezifischen Markers CD31 charakterisiert wurde. Im Gegensatz dazu änderte sich der Grad der Glykosylierung in transfizierten Zellen. Im Hinblick auf die Blutgefäßbildung, zeigten sich eine gehemmte Migration und eine inhibierte Bildung Gefäß-ähnlicher Strukturen in BiP-herunterregulierten Zellen. In diesen Zellen war die Expression von KDR auffallend stark inhibiert, wohingegen die Flt-1 Expression sich als gleichbleibend herausstellte, was ebenfalls auf die Aktivierung der UPR zurückgeführt werden konnte. Alternativ wäre der reduzierte Level des Proteins BiP im Hinblick auf die Funktion als Helferenzym in der Proteinfaltung eine mögliche Erklärung für die gehemmte Expression von KDR. Die Ergebnisse dieser Studie deuten darauf hin, dass stabile Spiegel von BiP die Regulierung der Angiogenese durch die Kontrolle der UPR in physiologischen Prozessen unterstützen könnte. Eine Fehlregulierung von BiP durch Unterdrückung der UPR, wie z.B. in malignen Tumoren, könnte Tumorzellen und beteiligten Endothelzellen einen Vorteil verschaffen und zu einer gestörten Vaskularisierung führen. Somit stellt das Stresssensorprotein BiP und die UPR einen potentiellen Angriffspunkt für die Regulation der Angiogenese dar.

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Bone formation and osseointegration of biomaterials are dependent on angiogenesis and vascularization. Angiogenic growth factors such as vascular endothelial growth factor (VEGF) were shown to promote biomaterial vascularization and enhance bone formation. However, high local concentrations of VEGF induce the formation of malformed, nonfunctional vessels. We hypothesized that a continuous delivery of low concentrations of VEGF from calcium phosphate ceramics may increase the efficacy of VEGF administration.VEGF was co-precipitated onto biphasic calcium phosphate (BCP) ceramics to achieve a sustained release of the growth factor. The co-precipitation efficacy and the release kinetics of the protein were investigated in vitro. For in vivo investigations BCP ceramics were implanted into critical size cranial defects in Balb/c mice. Angiogenesis and microvascularization were investigated over 28 days by means of intravital microscopy. The formation of new bone was determined histomorphometrically. Co-precipitation reduced the burst release of VEGF. Furthermore, a sustained, cell-mediated release of low concentrations of VEGF from BCP ceramics was mediated by resorbing osteoclasts. In vivo, sustained delivery of VEGF achieved by protein co-precipitation promoted biomaterial vascularization, osseointegration, and bone formation. Short-term release of VEGF following superficial adsorption resulted in a temporally restricted promotion of angiogenesis and did not enhance bone formation. The release kinetics of VEGF appears to be an important factor in the promotion of biomaterial vascularization and bone formation. Sustained release of VEGF increased the efficacy of VEGF delivery demonstrating that a prolonged bioavailability of low concentrations of VEGF is beneficial for bone regeneration.

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Adverse events in utero may predispose to cardiovascular disease in adulthood. The underlying mechanisms are unknown. During preeclampsia, vasculotoxic factors are released into the maternal circulation by the diseased placenta. We speculated that these factors pass the placental barrier and leave a defect in the circulation of the offspring that predisposes to a pathological response later in life. The hypoxia associated with high-altitude exposure is expected to facilitate the detection of this problem.

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The fusion of mammalian cells into syncytia is a developmental process that is tightly restricted to a limited subset of cells. Besides gamete and placental trophoblast fusion, only macrophages and myogenic stem cells fuse into multinucleated syncytia. In contrast to viral cell fusion, which is mediated by fusogenic glycoproteins that actively merge membranes, mammalian cell fusion is poorly understood at the molecular level. A variety of mammalian transmembrane proteins, among them many of the immunoglobulin superfamily, have been implicated in cell-cell fusion, but none has been shown to actively fuse cells in vitro. Here we report that the FGFRL1 receptor, which is up-regulated during the differentiation of myoblasts into myotubes, fuses cultured cells into large, multinucleated syncytia. We used luciferase and GFP-based reporter assays to confirm cytoplasmic mixing and to identify the fusion inducing domain of FGFRL1. These assays revealed that Ig-like domain III and the transmembrane domain are both necessary and sufficient to rapidly fuse CHO cells into multinucleated syncytia comprising several hundred nuclei. Moreover, FGFRL1 also fused HEK293 and HeLa cells with untransfected CHO cells. Our data show that FGFRL1 is the first mammalian protein that is capable of inducing syncytium formation of heterologous cells in vitro.

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The objective of the study was to determine the feasibility of generating a biodegradable, stem cell-loaded osteogenic composite graft from human placenta. Initially, a scaffold from human chorion membrane was produced. Human placenta mesenchymal stem cells (MSCs) derived from either first-trimester chorionic villi or term chorion membrane were differentiated osteogenically on this scaffold. Outgrowth, adherence, and osteogenic differentiation of cells were assessed by immunohistochemistry (IHC), scanning electron microscopy, protein expression, and real-time polymerase chain reaction (RT-PCR). Our results showed that a cell-free extracellular matrix scaffold can be generated from human chorion. Seeded MSCs densely adhered to that scaffold and were osteogenically differentiated. Calcium and alkaline phosphatase were detected in the cell-scaffold constructs as a proof of mineralization and findings were confirmed by IHC and RT-PCR results. This study shows for the first time that generation of an osteogenic composite graft using placental tissue is feasible. It might allow therapeutic application of autologous or allogeneic grafts in congenital skeletal defects by means of a composite graft.

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Fetal echocardiography was initially used to diagnose structural heart disease, but recent interest has focused on functional assessment. Effects of extracardiac conditions on the cardiac function such as volume overload (in the recipient in twin-twin transfusion syndrome), a hyperdynamic circulation (arterio-venous malformation), cardiac compression (diaphragmatic hernia, lung tumours) and increased placental resistance (intrauterine growth restriction and placental insufficiency) can be studied by ultrasound and may guide decisions for intervention or delivery. A variety of functional tests can be used, but there is no single clinical standard. For some specific conditions, however, certain tests have shown diagnostic value.