936 resultados para Eighteenth-century French literature


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L’argomento affrontato nel presente lavoro di tesi dal titolo “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco” è la versione interlinguistica di testi saggistici afferenti all’ambito del metadiscorso letterario. Nello specifico, non vengono analizzati testi di critica e/o metodologia ma scritti funzionali, di forte carattere pragmatico, che pur tuttavia rientrano tra le testimonianze di alta caratura letteraria, perché dovuti ad autrici che hanno fatto dell’espressione estetica la propria finalità primaria. I materiali scelti per l’analisi linguistico-testuale, compresi in un arco temporale tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, sono realizzati da donne che hanno operato in ambito teatrale facendo dell’attività di scrittura lo strumento della propria emancipazione intellettuale ed economica. La necessità di trovare una via alla pubblicazione le ha indotte a strategie di scrittura connotate da particolari stilemi e artifici retorici atti a favorire l’accettazione e la diffusione delle proposte editoriali di cui questi “paratesti” costituivano il momento giustificante. Il “lavoro di penna” è un’esperienza che viene ad assumere molteplici contorni, non privi di ricadute al momento della scelta delle strategie traduttive. Dal punto di vista formale, le testimonianze si collocano in una zona di modalità espressiva contigua alla testimonianza autobiografica. Il periodo storico e l’area di provenienza delle autrici hanno reso necessario un approccio capace di incrociare il piano diacronico con la dimensione diatopica, rendendo conto delle componenti diamesiche di una scrittura che nasce dal teatro per il teatro e ad esso e ai suoi frequentatori deve rapportarsi. Il modello traduttologico applicato ricava le sue linee fondamentali dalle riflessioni della linguistica testuale e dall’approccio integrato/multidisciplinare della “prototipologia dinamica”.

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La ricerca si propone di inquisire il modo in cui il fantastico del primo Novecento utilizza la rappresentazione finzionale degli oggetti ai fini della propria emersione. Si ipotizza che certi schemi rappresentativi elaborati da autori fantastici come Hoffmann, Poe o Maupassant siano riscontrabili anche nella letteratura del XX secolo, e vengano reimpiegati per rispondere a una mutata situazione socioculturale. La tesi è bipartita: la prima parte, che è a sua volta suddivisa in due capitoli, funziona da cornice teorica e storica alle analisi testuali. Vi si discute del concetto di immagine; e da tale discussione viene derivata una precisa idea di spazio e di oggetto letterari. In seguito si procede a una ricostruzione della storia del fantastico ottocentesco (dalla quale non sono assenti riflessioni teoriche e in particolare genologiche), che da un lato è volta a storicizzare l’idea di “genere fantastico”; dall’altro ha come obiettivo l’identificazione di una tipologia di oggetti strutturalmente legata a quel genere narrativo. Due sono le classi di oggetti così individuate, e altrettanti i capitoli che compongono la seconda parte del lavoro. Entrambi i tipi di oggetto, che per semplicità si possono chiamare oggetti-feticcio e oggetti spettrali, stanno a metà strada tra immaginario e reale; ma mentre l’oggetto-feticcio ha qualcosa in più rispetto a un oggetto descritto realisticamente, l’oggetto spettrale ha un che di deficitario, e non giunge al risultato di una completa materializzazione. Tra gli autori affrontati compaiono Papini, Pirandello, Bontempelli, Savinio, Landolfi; né mancano riferimenti ad autori di altre nazioni da Kafka a Sartre, da James a Virginia Woolf, in ottemperanza all’idea di considerare il fantastico italiano all’interno di una più ampia geografia letteraria.

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La dissertazione è uno studio monografico delle cantate dialogiche e delle serenate a più voci e strumenti composte da Händel in Italia negli anni 1706-1710. Insieme ai drammi per musica e agli oratori coevi, le quattro cantate "Aminta e Fillide" HWV 83, "Clori, Tirsi e Fileno" HWV 96, "Il duello amoroso" HWV 82, "Apollo e Dafne" HWV 122 e le due serenate "Aci, Galatea e Polifemo" HWV 72 e "Olinto pastore arcade alle glorie del Tebro" HWV 143 costituiscono le prime importanti affermazioni di Händel come compositore di musica vocale. Le sei composizioni sono state studiate sotto l’aspetto storico-letterario, drammaturgico-musicale e della committenza, con l’obiettivo di individuare intersecazioni fra questi piani. I testi poetici, di cui si è curata l’edizione, sono stati analizzati da un punto di vista storico e stilistico e collocati nel particolare contesto romano del primo Settecento, in cui la proibizione di ogni spettacolo teatrale determinò, sotto la spinta di una raffinata committenza, un ‘drammatizzazione’ dei generi della cantata e della serenata. L’analisi musicale di ciascuna composizione è stata dunque finalizzata a una lettura ‘drammaturgica’, che ha portato alla individuazione dei dispositivi di ascendenza teatrale nella scelte compositive di Händel. Lo studio si conclude con un selettivo confronto con le cantate e le serenate scritte negli stessi anni a Roma da Alessandro Scarlatti.

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Questa ricerca ha l’obiettivo di dare nuovi contributi alla conoscenza della pittura di paesaggio francese nell’Ottocento attraverso lo studio dell’opera di Paul Flandrin (1811-1902). Flandrin si colloca al crocevia di esperienze fondamentali nella ricerca artistica di metà Ottocento: l’eredità di Camille Corot, l’insegnamento di Jean-Auguste Dominique Ingres, la pratica del lavoro en plein air, la tradizione del paesaggio neoclassico. Il corpus di opere del pittore lionese Paul Flandrin (1811-1902) ricostruito in questa tesi è frutto di una sistematica operazione di ricerca sul campo e viene in seguito analizzato alla luce dei recenti studi sulla pittura di paesaggio neoclassico in Francia nel XIX secolo. La ricerca si fonda su una grande quantità di materiale inedito: dipinti, disegni, taccuini di studio en plein air, corrispondenza con colleghi e amici. Da questa ricerca la fisionomia artistica di Paul Flandrin emerge ben individuata singolarmente e al tempo stesso ancorata al contesto storico-artistico attraverso le relazioni con i colleghi, l’utilizzo di determinate tecniche, la frequentazione di mete comuni ai paesaggisti suoi contemporanei, la decisa presa di posizione a favore del paesaggio neoclassico.

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The proximal femur is a high-diversity region of the human skeleton, especially at the anterior junction between head and neck, where various bony morphologies have been recognized since mid nineteenth century. Classical literature on this topic is chaotic and contradictory, making almost impossible the comparison of data from different researches. Starting from an extensive bibliographic review, the first standardized method to score these traits has been created. This method allows representing both the anatomical diversity of the region already described in literature and a part of variability not considered before, giving few and univocal definitions and allowing to collect comparable data. The method has been applied to three identified and five archaeological European skeletal collections, with the aim of investigating the distribution of these features by sex, age and side, in different places and time periods. It has also been applied to 3D digital reconstructions of femurs from CT scan files of coxo-femoral joints from fresh cadavers. In addition to the osseous traits described in the standardized method, the presence and frequency of some features known as herniation pits have been scored both on bones and on CT scans. The various osseous traits of the proximal femur are present at similar frequencies in skeletal samples from different countries and different historical periods, even if with clear local differentiation. Some of the features examined show significant trends related to their distribution by gender and age. Some hypotheses are proposed about the etiology of these morphologies and their possible implication with the acquisition of bipedalism in Humans. It is therefore highlighted the possible relation of some of these traits with the development of disorders of the hip joint. Moreover, it is not recommended the use of any of these features as a specific activity-related marker.

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Joaquín Camaño fu un gesuita della Provincia del Paraguay, vissuto nell' esilio italiano la maggior parte della sua vita dal 1767 al 1820. Il suo lavoro e la sua fama possono essere considerati di minore importanza se paragonati a molti altri gesuiti esiliati per ordine di Carlo III alla fine del XVIII secolo in Emilia-Romagna. Attraverso la mia ricerca approfondisco il ruolo di J. Camaño quale personaggio minore che entra nella vita degli altri espulsi tramite un dinamico network relazionale di cui è stato uno dei principali artefici. Il mio obiettivo è stato quello di studiare l'impatto che ebbero gli esuli gesuiti americani, attraverso la vita di Joaquin Camaño, sul mondo intellettuale italiano, europeo ed americano dopo l'espulsione del 1767. Egli, con i suoi studi, si inserisce nella rinnovata e vivace retorica del “Mondo Nuovo” che in quegli anni assume un grande dinamismo. Nato nella modesta città di La Rioja, in Argentina, si erge come un brillante cartografo, etnografo e linguista nel contesto dell'Illustrazione europea grazie alla sua particolare vita da missionario. Dopo l'espulsione, Joaquin Camaño, insieme ad altri numerosi confratelli americani, arriverà a Faenza, nello Stato Pontificio, dedicandosi allo studio della cartografia, dell'etnografia e delle lingue americane. Le sue ricerche si collocano in un momento nevralgico per la storia del pensiero linguistico-antropologico, quando l'osservazione diretta e la riflessione teorica dei fenomeni si misuravano con la grande varietà umana ormai riscontrata nel mondo.

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Ms. Net wanted to find out if there was what she terms a "collective identity of the intelligentsia" of Romania and France between 1945 and 1989. She conducted her research on a corpus of memoirs from both cultures, and in the process, uncovered some fundamental differences, which she presented in the form of a 178 page manuscript in English, and also on disc. One of the most basic appears to be that French memorialists rarely deal with social, historical and political changes and events. Ms. Net regards these writers as shutting their eyes to reality, and attempting to preserve the past. They are interested in their personal history, and in the genesis of their own works. According to Ms. Net, this tendency is so marked that she doubts whether 20th century French writers share the dominant mentalities of their times. In her opinion all this points to the fact that the French intelligentsia are "trying hard to preserve their cultural hegemony" a task which she maintains has always been an essential aspect of the identity of the French intellectual. In Romania, of course, the situation was very different. To take an example: many Romanian memoirs speak about the campaigns to improve the lot of women, while at the same time recognising and analysing the way that this was simply a "cover" for promoting the most incompetent people, men and women alike. They also express frustration at the way access to information was blocked due to the media being government controlled. Ms. Net concludes, eventually, that, in general, intellectuals, more than any other group in society, ensure the continuity of the dominant mentalities in a given cultural space. Consequently, she feels, we must revise the idea - or myth as she calls it - that intellectuals represent the avant-garde in a given society. Specifically, she concludes that petty bourgeois, patriarchal and elitist mentalities are still prevalent in France. The truth is, she reflects, that intellectuals are always true to their nature, no mater when and where they are living.

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Past global climate changes had strong regional expression. To elucidate their spatio-temporal pattern, we reconstructed past temperatures for seven continental-scale regions during the past one to two millennia. The most coherent feature in nearly all of the regional temperature reconstructions is a long-term cooling trend, which ended late in the nineteenth century. At multi-decadal to centennial scales, temperature variability shows distinctly different regional patterns, with more similarity within each hemisphere than between them. There were no globally synchronous multi-decadal warm or cold intervals that define a worldwide Medieval Warm Period or Little Ice Age, but all reconstructions show generally cold conditions between ad 1580 and 1880, punctuated in some regions by warm decades during the eighteenth century. The transition to these colder conditions occurred earlier in the Arctic, Europe and Asia than in North America or the Southern Hemisphere regions. Recent warming reversed the long-term cooling; during the period ad 1971–2000, the area-weighted average reconstructed temperature was higher than any other time in nearly 1,400 years.

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The observations of Michel Foucault, noted Twentieth Century French philosopher, regarding modern power relations and orders of discourse, form the framework utilized to analyze and interpret the power struggles of AIDS activists and their opponents--the religious and radical right, and the administrative agencies of the 'Liberal' welfare State. Supported by the tools of sociolinguistic inquiry, the analysis highlights the success of a safer sex campaign in Houston, Texas to illustrate the dynamics of cultural and political change by means of discursive transformations initiated by the gay micro-culture. The KS/AIDS Foundation, allied with both the biomedical community and gay entertainment spheres, was successful in conveying biomedical cautions that resulted in altered personal behavior and modified public attitudes by using linguistic conventions consonant with the discourse of the Houston gay micro-culture. The transformation of discursive practices transgressed not only the Houston gay micro-culture's boundaries, but the city boundaries of Houston as well. In addition to cultural and political change, moderate and confrontational gay activists also sought to change the cognitive boundaries surrounding 'the gold standard' for clinical research trials.^ From a Foucauldian perspective, the same-sex community evolved from the subordinated Other to a position of power in a period of five years. Transformations in discursive practices and power relations are exemplified by the changing definitions employed by AIDS policy-makers, the public validation of community-based research and the establishment of parallel track drug studies. Finally, transformations in discursive practices surrounding the issues of HIV antibody testing are interpreted using Foucault's six points of power relations. The Montrose Clinic provides the case study for this investigation. The clinic turned the technical rationalities of the State against itself to achieve its own ends and those of the gay micro-culture--anonymous testing with pre and post test counseling. AIDS Talk portrays a dramatic transformation in discursive practices and power relations that transcends the historical moment to provide a model for future activists. Volume 2 contains copies of fugitive primary source materials largely unavailable elsewhere. Original documents are archived in the Harris County Medical Archives in the Houston Academy of Medicine located in the Texas Medical Center Library, Houston, Texas. ^

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A 700-year, high-resolution, multivariate ice core record from Dome Summit South (DSS) (66degrees46'S, 112degrees48'E; 1370 m), Law Dome, is used to investigate sea level pressure (SLP) variability in the region of East Antarctica. Empirical orthogonal function (EOF) analysis reveals that the first EOF (LDEOF1) of the combined glaciochemical, oxygen isotope ratio, and accumulation rate record from DSS represents most of the variability in sea salt seen in the record. LDEOF1 is positively correlated (at least 95% confidence level) to instrumental June mean SLP across most of East Antarctica. Over the last 700 years, LDEOF1 levels at Law Dome were the highest during the nineteenth century, suggesting an increase in intensification of winter circulation during this period. The Law Dome DSS oxygen isotope ratio series also indicates that the nineteenth century had the coldest winters of any century in the record. In contrast, LDEOF1 levels were the lowest at Law Dome during the eighteenth century, suggesting a significant shift in the patterns and/or intensity of East Antarctic atmospheric circulation between the eighteenth and the nineteenth centuries. The LDEOF1 sea salt record is characterized by significant decadal-scale variability with a strong 25-year periodic structure.

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For decades, if not centuries, the term imperialism has been used in manifold and ambivalent ways. Some historians, such as William Hancock, therefore shied away from using it in their texts, while others set up theories to explain as much as possible with regard to the European expansion into the non-European world – and in some cases even beyond. Taking the three cases of German colonial policy before 1890, the granting of “responsible government” to the so-called British dominions and the expansion of British power in South Asia from the mid-eighteenth century to 1914, this article seeks to show to what extent a knowledge of both older and more recent theories of imperialism can still be useful for empirical research in the humanities and the social sciences.

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By looking at Great Britain and the American colonies in conjunction with the larger British Atlantic Empire, historians can better understand the political, social, and cultural transformations that occurred when transatlantic actors met. William Samuel Johnson is an example of an "ordinary" agent who nonetheless had extensive contacts with numerous British and American thinkers. While acting on Connecticut's behalf in London between 1767 and 1771, he sent reports back to Connecticut governors Jonathan Trumbull and William Pitkin on parliamentary proceedings while corresponding with the people who traveled around the Atlantic world during this critical period-merchants, seafarers, emigrants, soldiers, missionaries, radicals and conservatives, reformers, and politicians. He is also representative of the late eighteenth-century empire writ large. Agents, who had once been a source of stability in the far-flung colonies, became a destabilizing force as confusion and conflict grew over conceptual ideas of what constituted "the empire" and who was included in it. Johnson was a sane observer in the midst of the ideological and administrative upheaval of the 1760's and 1770's. His subsequent loyalism and political obscurity during the war years was in many ways a result of his attempts to reconcile various factional interests during his tenure as an agent. Although he did his best to resolve these divisions and provide an accurate account of the powerful nationalistic forces gathering on both sides of the Atlantic on the eve of the American Revolution, the agents' collective failures as transatlantic mediators helped bring about the collapse of an imperial community. This disintegration had dramatic effects on the whole of the Atlantic world.