1000 resultados para storia Dakar colonizzazione Sarkozy Francia Africa tratta colonialismo


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O presente ensaio pretende analisar a forma como o paradigma pós-colonial tem vindo a ser incorporado em algumas instituições culturais (museus e centros de arte) em Portugal. Tratando-se de um paradigma que tem sido amplamente discutido em várias áreas disciplinares, procurar-se-á analisar de que forma algumas instituições portuguesas se têm posicionado (deliberadamente ou não) perante as ideias principais que informam o paradigma pós-colonial e de que forma essas ideias se manifestam nas práticas dessas instituições. Serão analisados em detalhe dois projetos: o programa Próximo Futuro da Fundação Calouste Gulbenkian e o projeto do Centro Cultural Africa.cont. Estes dois projetos foram escolhidos por se considerar que são os projetos que mais diretamente abordaram a temática pós-colonial em Portugal e as suas questões fundamentais. O ensaio inicia-se com uma breve exposição sobre o tema em questão, procurando-se apresentar de que forma o debate sobre o pós-colonialismo é concebido e tem marcado presença na esfera internacional. Paralelamente, procura-se refletir sobre a forma como esse debate tem sido recebido em Portugal, quer na esfera académica quer no que se refere às instituições culturais. De seguida, são apresentados os estudos de caso a analisar: o programa Gulbenkian Próximo Futuro e o projeto do Africa.cont, procurando-se refletir sobre a existência de uma agenda pós-colonial nestes programas.

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Au Sénégal, les maladies diarrhéiques constituent un fardeau important, qui pèse encore lourdement sur la santé des enfants. Ces maladies sont influencées par un large éventail de facteurs, appartenant à différents niveaux et sphères d'analyse. Cet article analyse ces facteurs de risque et leur rôle relatif dans les maladies diarrhéiques de l'enfant à Dakar. Ce faisant, elle illustre une nouvelle approche pour synthétiser le réseau de ces déterminants. Une analyse en classes latentes (LCA) est d’abord menée, puis les variables latentes ainsi construites sont utilisées comme variables explicatives dans une régression logistique sur trois niveaux. Les résultats confirment que les déterminants des diarrhées chez l'enfant appartiennent aux trois niveaux d'analyse et que les facteurs comportementaux et l'assainissement du quartier jouent un rôle prépondérant. Les résultats illustrent aussi l'utilité des LCA pour synthétiser plusieurs indicateurs, afin de créer une image causale intégrée, tout en utilisant des modèles statistiques parcimonieux.

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La tesi tratta la storia veterotestamentaria di Iefte (Jdg 10,6-12,7). Il lavoro è diviso in due parti: la prima concerne la formazione del testo biblico e propone una nuova analisi critico-testuale del passo attraverso il confronto tra TM, LXX, Vg e altre fonti. Questo raffronto esamina i rapporti tra il TM e il modello ebraico dei LXX e le differenze tra le diverse recensioni dei LXX; inoltre, lo studio del lessico e dei temi in esso presenti porta alla formulazione di una nuova ipotesi sul tempo della composizione e sulla contestualizzazione storica e letteraria dell'episodio all'interno del corpus biblico. La seconda parte si concentra sulla storia delle interpretazioni del passo nel mondo latino e greco dal I secolo d.C. all'inizio del V secolo, e ha portato alla costituzione di un dossier di brani, esaminati nel loro contesto, che commentano o citano l'episodio. L'attenzione al contesto ha permesso di risolvere alcuni problemi che finora hanno impedito la ricostruzione del percorso esegetico del brano (attribuzione di alcuni frammenti catenari, datazione del De virginitate di Ambrogio, ecc.) Questo nuovo approccio di ricerca combina un'analisi completa dell'episodio biblico con uno studio approfondito della sua esegesi. Rivela così, da un lato, le scelte effettuate durante la composizione di un testo scritturistico problematico, e, dall'altro, i diversi meccanismi utilizzati dagli esegeti per spiegare il significato di una storia in cui la bontà di Dio, che ha tollerato il sacrificio umano, è messa in discussione.

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La tesi si propone di analizzare i procedimenti giudiziari avviati dalla magistratura francese nel dopoguerra - dal 1945 alla metà degli anni Cinquanta – a carico di ex partigiani per crimini commessi tra il 1944 e il 1° giugno 1946, data legale della cessazione delle ostilità. La tesi è strutturata in quattro capitoli tematici principali. Andando oltre la cesura rappresentata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la tesi esamina un aspetto poco conosciuto di quanto accaduto dopo la fine della guerra di liberazione, coinvolgendo alcuni dei suoi protagonisti. Fin dall'inizio, la Resistenza ha rappresentato una complessa "questione memoriale"; questo studio mostra come i processi ai partigiani si inseriscano nel quadro più ampio della difficile costruzione della memoria degli anni della guerra. In effetti, i processi ai partigiani hanno costituito un terreno di confronto politico e sono stati strumentalizzati. Inoltre, la tesi si inserisce nel dibattito storiografico intorno alla categoria della giustizia di transizione, completando un quadro che si limitava allo studio dell’epurazione. È un nuovo sguardo sul periodo di transizione che ci permette di osservare, in modo completo e complesso, il passaggio attraverso diverse forme di giustizia con continuità e rotture. In questo senso, lo studio dei processi porta alla luce una serie di dinamiche legate non solo agli attori direttamente coinvolti, ma anche alla società in generale.

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La presente tesi si propone di trattare il soggetto della screendance, giovane disciplina in continua definizione nata combinando cinema e coreografia, da una prospettiva alternativa, coerente con le ultime trasformazioni sociali. La ricerca, suddivisa in quattro parti, inizia da una ricognizione critica sulla terminologia utilizzata per indicare la screendance nel suo sviluppo storico in Europa e in Cina durante il XX secolo. Adoperando una metodologia basata sugli strumenti della storiografia comparativa, vengono utilizzati come chiavi di lettura i due concetti taoisti di xiang o visione e xing o forma, l’uno riferito al contesto culturale, storico e artistico di una data società umana in un dato periodo storico, e l’altro alludente alle forme artistiche specifiche definite da quei principi. Nel focalizzarsi sul confronto tra i differenti sviluppi della screendance nel corso del XX secolo in Europa e in Cina, nella seconda parte, la tesi affronta una comparazione diacronica delle trasformazioni di xiang delle due aree geografiche, insieme a una comparazione sincronica delle xing, rendendo più evidenti analogie e divergenze di numerosi case studies occidentali e cinesi.  Uno sguardo sul panorama europeo, attento alle differenze nella disseminazione della screendance attraverso i festival in Gran Bretagna, Francia, Belgio e Italia, costituisce il focus della terza parte. Con la quarta ed ultima parte, la tesi riserva ampio spazio alla disamina della situazione contemporanea della screendance, seguendone la diffusione negli ultimi quattro decenni attraverso i festival e, più recentemente, i nuovi canali social di creazione e condivisione di contenuti video, e prospettando un futuro in cui la realtà della screendance europea e quella cinese potranno confrontare le proprie identità culturali. Il ricco apparato documentario include un elenco dei festival di screendance europei e cinesi, e una serie di interviste inedite ai maggiori operatori e professionisti del settore, italiani ed europei.

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Questo progetto di ricerca si pone l'obiettivo di gettare luce sul commercio delle spezie nel Medioevo, a partire dai preziosi dati contenuti nei registri del dazio di Bologna (1388-1448), nei quali venivano raccolti tutti i prodotti afferenti al cosiddetto "dazio della mercanzia" che transitavano in città per poi proseguire il viaggio verso altre destinazioni. Nel Medioevo, Bologna rappresentava un importante snodo per collegare i principali empori del mare Adriatico (prima fra tutti Venezia) con i mercati della Toscana, come Firenze, Pisa e il suo sbocco marittimo, Porto Pisano, da cui le spezie salpavano in direzione di altre regioni europee, come la Francia, l'Inghilterra, la penisola iberica e le Fiandre. I quantitativi di spezie giornalieri, mensili, annuali e totali costituiscono un dato inedito ed inaspettato: infatti, un prodotto tradizionalmente descritto dalla storiografia come raro, prezioso e difficile da reperire, affluiva in realtà con sorprendente costanza e raggiungendo volumi molto elevati. Considerando che Bologna, nonostante la sua importanza nel panorama italiano, rappresentava pur sempre uno snodo "minore" nella complessa rete di circuiti commerciali su cui erano solite viaggiare le spezie (come le grandi rotte marittime, per esempio), questi quantitativi tanto elevati di spezie ci obbligano a riflettere su quanto detto sino ad ora sul commercio di questi prodotti nel Medioevo e a mettere i dati bolognesi a confronto con quelli provenienti da altre fonti. Affiancando al tradizionale metodo storiografico un approccio "empirico", che tenga conto delle caratteristiche materiali ed organolettiche delle spezie, nonché delle informazioni provenienti da un ampio numero di fonti – non necessariamente legate al periodo preso in esame – è possibile riaprire il dibattito attorno a questo tema, che ha ancora molto da offrire alla ricerca storico alimentare.

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La tesi prende in esame l’attività artistica di Nicolò dell’Abate (Modena, 1509 – Parigi, 1571), con particolare riferimento alla sua grafica. L’artista lavorò circa sessanta anni suddivisi fra l’Emilia, in alcune delle sue piccole entità politiche autonome come Modena, Scandiano, Soragna, Busseto, Bologna, e la Francia, potente stato nazionale che, all’epoca qui presa in considerazione, era guidato dalla casata dei Valois: la carriera italiana di Nicolò dell’Abate si sviluppa in un arco temporale che si estende dal 1529 alla primavera del 1552, quando si trasferisce definitivamente oltralpe, morendo a Parigi alla fine di marzo del 1571. L’elaborato è diviso in quattro capitoli, dei quali il primo, introduttivo, ripercorre per sommi capi le principali tappe della sfaccettata attività italiana; il secondo e il terzo sono invece incentrati sull’esame dell’attività artistica francese del maestro, con particolare riferimento alla grafica, indagata sulla base della ricostruzione del contesto storico, culturale e artistico della Francia dell’epoca, con specifico riguardo alla corte reale della famiglia Valois nei periodi compresi fra l’arrivo di Nicolò, nel 1552, e la morte prematura del re Enrico II, nel 1559, e fra il 1560 e il 1571, durante il quale deteneva il potere de facto la regina madre Caterina de’ Medici, moglie di Enrico. Il quarto e ultimo capitolo costituisce il catalogo dei disegni italiani e francesi: è preceduto da un saggio introduttivo che esamina lo stile disegnativo di Nicolò dell’Abate in Italia e in Francia, le sue caratteristiche fondamentali e il suo mutamento, oltre alle tecniche grafiche impiegate dall’artista, la loro evoluzione e variazione e il loro ruolo nella sua poetica. Infine, in appendice, è presente il regesto delle fonti francesi sull’attività dell’artista e di alcuni dei maggiori esponenti della cosiddetta scuola di Fontainebleau.

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Persistent food insecurity and famines have continued to significantly shape the development policies of Ethiopia for decades. Over the decades, frequent famines caused not only the death of hundreds of thousands of victims but also significantly contributed to two revolutions that swept away the Haile Selassie and Derg regimes, as well as significantly taxing the legitimacy of the incumbent regime. As a result, agriculture and food security have become increasingly the top policy priorities for all political regimes in Ethiopia. However, the development policies of the ruling elites of Ethiopia have consistently failed to transform backward agriculture and ensure food security. The failures of the development policies of the Ethiopian governments over the years were attributed to several factors. Ethiopian authoritarian politics, centralized rule with a lack of transparency and accountability; the isolation of peasants from the development and governance process, and the lack of coherent agricultural development strategies that invest in peasant agriculture and create synergy among sectors are identified as key issues that have contributed to the persistence of food insecurity in the country. The literature on the failure of Ethiopia's political regimes to address food insecurity and famine has two major gaps that this study aims to fill. First, the cumulative and path-dependent food security and agricultural development policy environment were not adequately considered. Second, the strategy of extraversion by subsequent political regimes to use external support as a relief to prevent the famine-induced political crisis. This study used a mixed approach to collect data and present the evolution of the interplays of development policies and food security in three regimes within the context of international food security discourses. This study found out how the historical patterns of approaches of Ethiopia’s regimes to development and governance led to frequent famines and persistent food insecurity.

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OBJECTIVE: to estimate the prevalence of contraceptive use and associated factors among adolescents attending public schools on Santiago Island, Cape Verde. METHODS: a cross-sectional study was carried out with 368 sexually active adolescents aged 13-17years attending eight public elementary and high schools, randomly selected, on Santiago Island, Cape Verde, between January and March 2007. Poisson regression with robust variance was used for the multiple analysis of risk factors, at a 5% level of significance. RESULTS: among 368 adolescents, 69.3% reported having used a contraceptive method during the last act of sexual intercourse. The most frequently used method were condom (94.9%) and pill (26.4%). Factors significantly and positively associated with contraceptive use were: living in the capital (PR=1.23; CI95%: 1.07; 1.39); having dated and had sexual intercourse (PR =1.53; CI95%: 1.14;2.06); and having more than nine years of schooling (PR=1.19; CI95%: 1.02; 1.38). CONCLUSIONS: more educated adolescents who studied in Praia (the capital city) and were dating at the time of the study were more likely to use contraception. The high prevalence of condom use and the association between contraception use and years of schooling among adolescents may indicate that sexual and reproductive health policies have produced positive outcomes that may account for the decrease in HIV infection.

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Foram analisados fatores associados ao início da vida sexual de adolescentes na Ilha de Santiago, Cabo Verde, segundo sexo. Estudo realizado com amostra probabilística e representativa de 768 adolescentes, age 13-17 anos, de escolas secundárias públicas da Ilha de Santiago em 2007. A associação foi testada pelo teste de proporção, qui-quadrado de Pearson ou Fisher e regressão logística. Nos rapazes, os fatores associados ao início da vida sexual foram: idade maior que 14 anos, ser católico e consumo de bebidas alcoólicas. Para meninas: escolaridade maior que nove anos e ter parceiro afetivo-sexual. Ao contrário de outros contextos da África Subsaariana, foram constatadas taxas elevadas de uso de preservativo por adolescentes no início da vida sexual. Os adolescentes podem iniciar a vida sexual de maneira mais segura se tiverem informação, educação sexual e acesso a métodos de prevenção à gravidez e às DST. Este artigo oferece elementos para a reflexão sobre o delineamento de políticas de redução da vulnerabilidade dos jovens às DST/AIDS e sobre os limites e desafios da promoção do uso do preservativo e educação sexual, focando as relações desiguais de gênero

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In South Africa, and especially in Johannesburg, apartheid's ""racial"" paradigms are being transformed. Fifteen years after the end of apartheid and the elimination of all forms of inequity based on notion of ""race,"" including the abolition of the Immorality Act of 1949 that prohibited mixed marriages, the discourses of youth challenge preestablished boundaries. Today, the South African Constitution gives people the right to proclaim their sexual orientation and to shape their own identities. Through ethnographic observations carried out in Johannesburg and in-depth interviews with young people, this paper explores transforming notions of identity based on ""race/color/ethnicity,"" gender, class, and sexuality. The dynamics and challenges faced by young people with regards to mixed interactions in post-apartheid Johannesburg are analyzed and the paper looks at how "" race,"" gender, and sexuality interact in the various spaces in Johannesburg and how they affect young people's lives, particularly their perceptions of risk, violence, and HIV/AIDS vulnerability.

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Much of social science literature about South African cities fails to represent its complex spectrum of sexual practices and associated identities. The unintended effects of such representations are that a compulsory heterosexuality is naturalised in, and reiterative with, dominant constructions of blackness in townships. In this paper, we argue that the assertion of discreet lesbian and gay identities in black townships of a South African city such as Cape Town is influenced by the historical racial and socio-economic divides that have marked urban landscape. In their efforts to recoup a positive sense of gendered personhood, residents have constructed a moral economy anchored in reproductive heterosexuality. We draw upon ethnographic data to show how sexual minorities live their lives vicariously in spaces they have prised open within the extant sex/gender binary. They are able to assert the identities of moffie and man-vrou (mannish woman) without threatening the dominant ideology of heterosexuality.

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Tropical countries face special specific problems in implementing sustainable forest management (SFM). In many countries, questions are raised on whether tropical forests should be publicly, commonly or privately owned and managed in order to enhance sustainability. Other debates also focus on whether small-scale enterprises are better positioned than large-scale industrial concessions to reduce poverty and attain sustainable management. In countries where large tracts of forest are state-owned, concessions are viewed as a means of delivering services of public and collective interest through an association of private investment and public regulation. However, the success of an industrial concession model in countries with large forest resource endowment to achieve multiple goals such as sustainable forest management and local/regional development depends on two critical assumptions. First, forest functions and services should be managed and maintained as public goods. In many cases, additional uses - and corresponding rights - can take place alongside logging activities. Industrial concessions can be more efficient than other tenure models (such as community-based forest management and small-scale enterprises) in achieving SFM, add value to raw material and comply with growing environmental norms. This is especially the case in market-remote areas with low population density and poor infrastructure. Secondly, to achieve these different outcomes, any concession system needs to be monitored and regulated, especially in contexts dominated by asymmetrical information between regulating authorities and concessionaires. New institutional responses have recently been put forward in several countries, providing valuable materials to design a renewed policy mix which associates public and private incentives. This paper provides a survey of the experience of forest concessions in several Central African and South American countries. The concession system is examined in order to clarify the issues involved, the problems encountered, and what can be learned from the shared experience of these countries in the last decade. This paper argues that despite a sometimes patchy record, concessions can help promote SFM so long as they are packaged with a certain number of specific measures. (C) 2008 Elsevier B.V. All rights reserved.

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This is the ninth publication in a series on the taxonomy of phytoseiid mites of sub-Saharan Africa. Sixty-five phytoseiid species of the tribe Typhlodromini Wainstein, all of which are in the genus Typhlodromus Scheuten are reported in this paper (62 in the subgenus Anthoseius DeLeon and 3 in the subgenus Typhlodromus Scheuten). They refer to all species of this tribe known to occur in sub-Saharan Africa. Fifteen new species are described and 41 species are redescribed. Most of the reported species were collected in various habitats in southern Africa and in cassava habitats in tropical Africa. A key is included for the separation of these species.

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This is the eighth publication of a series on the determination of phytoseiid mites of sub-Saharan Africa. Twenty-three phytoseiid species of the tribe Paraseiulini Wainstein are reported in this paper. They refer to all species of this tribe known to occur in sub-Saharan Africa. Six of these species are described for the first time and 13 species are redescribed. Most of the reported species were collected in cassava habitats in tropical Africa and in other habitats in South Africa. A key is included to help in the separation of the species treated in this paper.