996 resultados para parco agricolo, orti urbani, fitodepurazione, mercato
Resumo:
Il dibattito sullo sviluppo, che caratterizza da anni i principali tavoli di discussione politica a livello internazionale, ha via via richiamato l'attenzione sul “locale” come dimensione ottimale a partire dalla quale implementare politiche volte al miglioramento delle condizioni di vita di molte popolazioni del mondo. L'allargamento a livello globale del già esistente gap tra i “poveri” – vecchi e nuovi – ed i “ricchi” del mondo ha reso la lotta e l'alleviamento della povertà uno degli obiettivi più urgenti dei nostri giorni, ma anche più difficili da raggiungere a livello mondiale. Gran parte della povertà mondiale è povertà rurale, ovvero quella povertà che caratterizza i tanti agricoltori (campesinos) del mondo, che continuano a vivere ai margini della società e ad essere scalzati fuori da ogni possibilità di accesso al mercato per via della mancanza strutturale di risorse nella quale versano. La necessità di sopravvivere, unita all'esigenza di incorporare i veloci cambiamenti imposti dal mondo globalizzato, ha portato nel tempo queste popolazioni a perdere o a contaminare, talvolta irreparabilmente, l' “antico” rapporto con l'ambiente e la natura, fonte di vita e sostentamento, ed anche molti dei propri ancestrali aspetti culturali tradizionali che, paradossalmente, sono stati proprio gli unici elementi dimostratisi in grado di rinsaldare i legami già esistenti all'interno delle comunità e di tenere unite queste fragili realtà di fronte alle continue sfide imposte dal “cambiamento”. E' in questo contesto che si innesta l'esperienza di sviluppo proposta e presentata in questo lavoro; un'esperienza che nasce sulle Ande ecuadoriane, in un villaggio meticcio della Provincia di Bolívar, capoluogo parrocchiale di una più vasta comunità che raggruppa una trentina di villaggi, molti dei quali in toto o in prevalenza di etnia indigena quechua. Un'esperienza, quella di Salinas de Bolívar, che all'interno del panorama ecuadoriano si presenta come un esempio innovativo, coraggioso ed ambizioso di riconquista del protagonismo da parte della popolazione locale, divenendo “emblema” dello sviluppo e “immagine che guida”. Questo, in un paese come l'Ecuador, dove l'assenza di politiche efficaci a supporto del settore agricolo, da un lato, e di politiche sociali efficienti atte a risollevare le precarie condizioni di vita in cui versa la maggior parte della popolazione, soprattutto campesina, dall'altro, rende obbligatorio riflettere sull'importanza e sull'esigenza insieme di restituire spazio e vigore alle compagini della società civile che, come nell'esperienza raccontata, attraverso particolari forme organizzative di tipo socio-economico, come la Cooperazione, sono andate a colmare, seppur solo in parte, i vuoti lasciati dallo Stato dando vita a iniziative alternative rispetto al ventaglio di proposte offerte dai consueti meccanismi di mercato, fortemente escludenti, ma comunque vicine agli attori locali e più rappresentative delle loro istanze, giustificando ed avallando ancora di più la netta separazione oramai riconosciuta tra mera “crescita” e “sviluppo”, dove l'aspetto qualitativo, che va a misurare per l'appunto il benessere e la qualità di vita di una popolazione e del suo ambiente, non deve cioè cedere il passo a quello più strettamente quantitativo, a partire dal quale, se non vi è una equa redistribuzione delle risorse, quasi mai si potranno innescare processi di sviluppo duraturi e sostenibili nel tempo. L'accezione di “alternativo” sta quindi ad indicare, prima di ogni altra cosa, l'implementazione di processi di sviluppo che siano includenti e pertanto accessibili a tutti gli individui, indistintamente, e realmente concretizzabili partendo dalle risorse presenti in loco e nel rispetto di quell'insieme identitario – storico, sociale, culturale, politico, economico ed ambientale – che caratterizza ogni realtà ed ogni specifico contesto sociale ed economico del mondo. Di qui l'importanza di implementare alla base processi di governance che, attraverso la partecipazione di tutti gli attori del territorio si configurino come emanazione delle istanze degli stessi. Nel corso del lavoro si fornirà un breve ma incisivo identikit dell'Ecuador, come fondamentale cornice al caso di studio oggetto di indagine, supportata da una descrizione geografico-ambientale, sociale, culturale, politica ed economica della realtà nella quale esso si sviluppa, tanto a livello nazionale quanto più strettamente regionale. Questo esercizio sarà utile al fine di rendere più visibili e comprensibili i fattori che hanno determinato lo sviluppo e la continuità dell'esperienza dei Salineros nel lungo cammino, iniziato appena trent'anni fa, verso l'autodeterminazione e la riconquista di una libertà di scelta un tempo non lontano negata e successivamente ritrovata, che li ha resi di nuovo protagonisti del proprio presente e in grado di guardare ad un futuro diverso e possibile.
Resumo:
La città di Ferrara può essere considerata un unicum che emerge rispetto ad altre realtà urbane, pur dotate di loro peculiarità storiche e morfologiche. La base per la formazione di questa unicità, fu gettata dagli Este, e da Biagio Rossetti, che, con l'addizione erculea, raddoppiarono la superficie della città medioevale. L'addizione, fu realizzata per una previsione di aumento della popolazione,che mai si concretizzò, se non, in parte, nel corso dell'ultimo secolo. Ciò, si tradusse in una notevole stabilità del rapporto pieni/vuoti, all'interno della città: vuoti che divennero spazi verdi urbani, e pieni che, nonostante le ristrutturazioni divenute necessarie nel corso dei secoli, mantennero prevalentemente le volumetrie e i sedimi storici. Infatti, il verde degli orti e dei giardini del tessuto storico, costituisce un sistema inscindibile con il costruito, e ne caratterizza la forma urbana dall'interno. Nel corso del Novecento, il centro storico, subì notevoli cambiamenti, anche se gli interventi riguardarono prevalentemente i vuoti urbani, mantenendo quasi intatto l'esistente. L'immobilismo dei secoli passati, ha mantenuto Ferrara una città a misura d'uomo, non tormentata dal caotico traffico automobilistico delle città attuali;per le sue peculiarità, storiche e morfologiche, Ferrara fu dichiarata "Patrimonio dell'Umanità" dall'Unesco, ponendo fine ad eventuali modifiche del centro storico, che avrebbero potuto intaccarne i caratteri. L'area della quale ci occupiamo, nonostante si trovi all'interno del tessuto medioevale consolidato, ha subito delle importanti trasformazioni nel secolo scorso; il duecentesco Convento agostiniano di San Vito, che occupava gran parte dell'isolato, assieme ai giardini di Palazzo Schifanoia, fu demolito per far posto ad una nuova caserma; probabilmente perché il convento stesso, dopo le conquiste napoleoniche e con vicende alterne, era già adibito a tale funzione. La nuova caserma mal si inserisce nel tessuto urbano, poiché rappresenta un "fuori scala", un evidente distacco dal rapporto verde/costruito della città medioevale circostante. Fin dalle analisi dei primi piani regolatori del secondo dopoguerra, la caserma fu considerata un elemento incongruo con il tessuto esistente, prevedendone quindi la possibilità di demolizione; dagli anni '90, inoltre, l'area militare è inutilizzata, e oggigiorno, versa in una condizione di avanzato degrado superficiale. L'area di progetto, ha una grande importanza storica, poiché rappresentava il terzo polo estense di amministrazione del potere, dopo il Castello Estense, e l'area del Palazzo dei Diamanti. I palazzi estensi che caratterizzavano l'area in epoca rinascimentale, Palazzo Schifanoia, Palazzo Bonacossi e Palazzina Marfisa d'Este, sono sopravissuti, anche se profondamente cambiati in particolar modo negli spazi verdi. Il progetto che ci proponiamo di realizzare, vuole stabilire, un nuovo rapporto tra pieni e vuoti, basandoci sulla lettura della città storica, delle sue tipologie e peculiarità. Impostando il progetto sulla realizzazione concreta del Polo dei Musei Civici di Arte Antica di Ferrara, oggi esistente solo a livello burocratico e amministrativo, ridefiniamo una parte di città, attribuendole quella centralità nel tessuto storico, che già la caratterizzava in passato.
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La città di Ferrara può essere considerata un unicum che emerge rispetto ad altre realtà urbane, pur dotate di loro peculiarità storiche e morfologiche. La base per la formazione di questa unicità, fu gettata dagli Este, e da Biagio Rossetti, che, con l'addizione erculea, raddoppiarono la superficie della città medioevale. L'addizione, fu realizzata per una previsione di aumento della popolazione,che mai si concretizzò, se non, in parte, nel corso dell'ultimo secolo. Ciò, si tradusse in una notevole stabilità del rapporto pieni/vuoti, all'interno della città: vuoti che divennero spazi verdi urbani, e pieni che, nonostante le ristrutturazioni divenute necessarie nel corso dei secoli, mantennero prevalentemente le volumetrie e i sedimi storici. Infatti, il verde degli orti e dei giardini del tessuto storico, costituisce un sistema inscindibile con il costruito, e ne caratterizza la forma urbana dall'interno. Nel corso del Novecento, il centro storico, subì notevoli cambiamenti, anche se gli interventi riguardarono prevalentemente i vuoti urbani, mantenendo quasi intatto l'esistente. L'immobilismo dei secoli passati, ha mantenuto Ferrara una città a misura d'uomo, non tormentata dal caotico traffico automobilistico delle città attuali; per le sue peculiarità, storiche e morfologiche, Ferrara fu dichiarata "Patrimonio dell'Umanità" dall'Unesco, ponendo fine ad eventuali modifiche del centro storico, che avrebbero potuto intaccarne i caratteri. L'area della quale ci occupiamo, nonostante si trovi all'interno del tessuto medioevale consolidato, ha subito delle importanti trasformazioni nel secolo scorso; il duecentesco Convento agostiniano di San Vito, che occupava gran parte dell'isolato, assieme ai giardini di Palazzo Schifanoia, fu demolito per far posto ad una nuova caserma; probabilmente perché il convento stesso, dopo le conquiste napoleoniche e con vicende alterne, era già adibito a tale funzione. La nuova caserma mal si inserisce nel tessuto urbano, poiché rappresenta un "fuori scala", un evidente distacco dal rapporto verde/costruito della città medioevale circostante. Fin dalle analisi dei primi piani regolatori del secondo dopoguerra, la caserma fu considerata un elemento incongruo con il tessuto esistente, prevedendone quindi la possibilità di demolizione; dagli anni '90, inoltre, l'area militare è inutilizzata, e oggigiorno, versa in una condizione di avanzato degrado superficiale. L'area di progetto, ha una grande importanza storica, poiché rappresentava il terzo polo estense di amministrazione del potere, dopo il Castello Estense, e l'area del Palazzo dei Diamanti. I palazzi estensi che caratterizzavano l'area in epoca rinascimentale, Palazzo Schifanoia, Palazzo Bonacossi e Palazzina Marfisa d'Este, sono sopravissuti, anche se profondamente cambiati in particolar modo negli spazi verdi. Il progetto che ci proponiamo di realizzare, vuole stabilire, un nuovo rapporto tra pieni e vuoti, basandoci sulla lettura della città storica, delle sue tipologie e peculiarità. Impostando il progetto sulla realizzazione concreta del Polo dei Musei Civici di Arte Antica di Ferrara, oggi esistente solo a livello burocratico e amministrativo, ridefiniamo una parte di città, attribuendole quella centralità nel tessuto storico, che già la caratterizzava in passato.
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La tesi di dottorato focalizza su quei fenomeni nei quali è particolarmente visibile una diffusa propensione all’assunzione di responsabilità nei confronti del significato e delle conseguenze del proprio agire di mercato. La tesi esamina le implicazioni connesse ad una nuova etica del consumo sia dal punto di vista del consumatore sia da quello dell’impresa, in particolare indaga l’atteggiamento di consumatori e produttori rispetto a pratiche di responsabilità sociale di impresa. Nel primo capitolo “Dimensioni di un consumo in evoluzione” le griglie concettuali interpretative del fenomeno del consumo vengono distinte da quelle peculiari del sistema produttivo, arrivando all’individuazione di strumenti che svelano le logiche proprie del fenomeno indagato. In questo scenario la società complessa corrisponde alla società dei consumi e il consumo diventa area esperienziale, capace anche di creare senso, orizzonti valoriali e di assumere valenze interattive e simboliche. Nel secondo capitolo “Il cittadino consumatore” è stato rappresentato il variegato mondo del consumatore, quel cittadino che si esprime politicamente non solo con il voto ma anche attraverso le proprie pratiche di consumo che veicolano scelte, ideali, valori. Sono rappresentati i tanti volti del consumatore “responsabile”, “critico” ed “etico”, attraverso lo studio del commercio equo e solidale, i Gas, la finanza etica, tutti significativi segnali di mutamento con cui governi e imprese sono chiamati a confrontarsi. Vengono prese in esame ricerche nazionali e internazionali per meglio comprendere quanto e con quali modalità sono diffuse, nella popolazione, pratiche di consumo responsabile rispetto a ben identificate pratiche di Rsi. Nel terzo capitolo “La Responsabilità Sociale d’Impresa” si approfondisce il concetto di responsabilità sociale di impresa: sono illustrate le evoluzioni che questa prassi ha subito nel corso della storia, le sue differenti declinazioni attuali, gli elementi che la distinguono, i suoi strumenti. Nel quarto capitolo “La responsabilità sociale di impresa e la grande distribuzione” vengono analizzate le relazioni esistenti tra la grande distribuzione (Coop e Conad) e la Rsi, considerando anche il ruolo della grande distribuzione, nella metropoli, nelle scelte di consumo. Nello specifico si vogliono comprendere le strategie aziendali, la struttura organizzativa, i servizi, i prodotti “etici” distribuiti e la loro relazione con il consumatore. Il quinto capitolo “La ricerca” contiene la ricerca empirica, 60 interviste in profondità somministrate a consumatori di Coop e Conad e a elementi rappresentativi (dirigenti) delle aziende in questione; l’elaborazione dei dati avviene con l’analisi di contenuto attraverso la costruzione di frasi chiave. Le conclusioni finali a cui perveniamo cercano di fare luce sul mondo del consumo e su quello dell’impresa nel momento in cui si confrontano con la responsabilità del proprio agire. Emergono diversi elementi per sostenere che la cultura della responsabilità assume un peso tutt’altro che marginale nelle strategie di azione delle imprese e nell’analisi del comportamento dei consumatori. Il sistema impresa assume la responsabilità come elemento qualificante la propria politica industriale, legandolo alla sostenibilità, alla reputazione, al rapporto fiduciario con il cliente. Analizzando il ruolo dei cittadini consumatori nello spazio di riferimento, nell’impegno e nel tentativo di decidere, attraverso determinati consumi, il modo di vivere il proprio territorio, abbiamo forse compreso qualcosa in più. Si veicola attraverso le scelte di consumo un’idea di vivere la città per cui è imprescindibile la qualità della vita, perseguita anche attraverso l’approvazione o, di converso, il disconoscimento delle imprese e dei rispettivi prodotti. Nell’analisi dell’atteggiamento partecipativo del cittadino verso la propria sfera pubblica possiamo sostenere che la dimensione del consumo tracima di gran lunga il mercato prefigurando un differente modello di società.
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Questo progetto consiste nella riqualificazione del Parco di Levante di Cesenatico. Si tratta di un complesso termale, alberghiero, residenziale e commerciale. Vengono studiati più approfonditamente il complesso terme - albergo e la piazza sul mare, simboli del turismo balneare della riviera adriatica.
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Questo progetto consiste nella riqualificazione del Parco di Levante di Cesenatico. Si tratta di un complesso termale, alberghiero, residenziale e commerciale. Vengono studiati più approfonditamente il complesso terme - albergo e la piazza sul mare, simboli del turismo balneare della riviera adriatica.
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Nel tentativo di rispondere alle esigenze valutate in seguito all’analisi del centro storico in base a differenti profili investigativi, si è formulato un programma di intervento con obiettivi e strategie codificate. In modo particolare viene privilegiata l’indagine effettuata a livello sociale sulla popolazione del centro storico, ambito di ricerca necessario per una buona premessa per un progetto che ha come oggetto l’abitare. Da queste considerazioni nasce l’idea del progetto dove il tema della residenza si inserisce in un contesto urbano in stretta relazione con il tessuto storico della città di Forlì. L’individuazione dell’area di progetto, situata in una posizione di confine tra due realtà differenti, il centro storico e la circonvallazione che lo racchiude, suggerisce la necessità di stabilire attraverso collegamenti perdonali e ciclabili fra l’area in esame e la periferia esterna una configurazione dinamica, dove il vuoto urbano che si presenta è lo scenario ideale per ristabilire una porta moderna alla città, ricomponendo la leggibilità tra la sfera naturale e quella insediativa. Alla scala urbana l’obiettivo è quello di stabilire il ruolo di centralità dell’area, nel suo insieme, restituendo ai fatti urbani della città le funzioni di interesse pubblico generale. La zona oggetto di discussione è un nodo urbano in cui coesistono manufatti di pregio architettonico e storico come quello della Filanda in oggetto e dell’Ex Complesso conventuale della Ripa, in grado di essere potenziali contenitori di funzioni pubbliche di alto livello, e aree verdi da riqualificare, con forte propensione all’uso pubblico, come gli Orti di via Curte. Sotto questo profilo deve essere valutata anche la tematica del rapporto con l’architettura antica, tenendo in considerazione l’effetto di impatto che i nuovi interventi avranno sull’esistente. È dunque il sito di progetto che detta le metodologie di approccio legate alla necessità di un intervento sostenibile e non invasivo. Partendo da queste considerazioni si sviluppano le tematiche legate alla flessibilità e alle sue coniugazioni. La società contemporanea che ci impone ogni giorno modelli di vita sempre nuovi e la necessità di movimento e trasformazione, ci mette di fronte più che mai al bisogno di progettare spazi non rigidi, ma aperti alle molteplici possibilità d’uso e ai cambiamenti nel tempo. La flessibilità viene dunque concepita in relazione ai concetti di complessità e sostenibilità. Se da una parte è necessario riconoscere la molteplicità dei modi d’uso con i quali l’oggetto dovrà confrontarsi ed assumere il carattere aleatorio di qualsiasi previsione relativa ai modelli di comportamento dell’utenza, dall’altra occorre cogliere all’interno del progetto della residenza flessibile la possibilità di pervenire a un costruire capace di riconfigurarsi di volta in volta, adattandosi alle differenti condizioni d’uso, senza dover procedere a drastiche modifiche che impongono la dismissione di materiali e componenti. Il sistema della stratificazione a secco può essere quello che attualmente meglio risponde, per qualità ed economicità, ai concetti della biologia dell’abitare e della casa intelligente, nozioni che acquisiscono sempre più importanza all’interno di una nuova concezione della progettazione. Si sceglie dunque di riportare la Filanda, quanto possibile, alla riconfigurazione originaria, prima che la corte interna fosse completamente saturata di depositi e magazzini come ci si presenta oggi e di concepire una nuova configurazione di quello che diventa un isolato urbano integrato nel tessuto storico, e nodo strutturante per un’area più vasta. Lavorando sulla residenza occorre mettere in primo piano il protagonista dell’architettura che si va a progettare: l’uomo. Per questo la scala urbana e la dimensione umana devono essere concepite parallelamente e la progettazione della cellula di base che si struttura secondo le modalità premesse di flessibilità e sostenibilità si sovrappone all’obiettivo di individuare all’interno del vuoto urbano, una nuova densità, dove il dialogo tra pubblico e privato sia il presupposto per lo sviluppo di un piano integrato e dinamico.