151 resultados para exegesis


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Review of The Bible at Qumran: Text, Shape, and Interpretation, edited by Peter W. Flint. Studies in the Dead Sea Scrolls and Related Literature. Grand Rapids, MI: Eerdmans, 2001. Pp. xv + 266. Price: $22.00. ISBN 0-8028-4630-0. This volume is another contribution to the Eerdmans series Studies in the Dead Sea Scrolls and Related Literature. The essays are loosely gathered around the topic "The Bible at Qumran," and the editor has divided the articles into two groups. Part 1, "The Scriptures, the Canon, and the Scrolls," includes articles by J.A. Sanders, B.W. Waltke, E. Ulrich, C.A. Evans, and the editor, P.W. Flint. The contributors to Part 2, "Biblical Interpretation and the Dead Sea Scrolls," are J.C. VanderKam, C.A. Evans, J.E. Bowley, J.M. Scott, M.G. Abegg, and R.W. Wall. Unlike other volumes of collected essays in this series, which have highlighted the work of a single author or published the proceedings of a particular conference, this collection has a more disparate origin. Some contributions were given as papers at the Dead Sea Scrolls Institute of Trinity Western University (Bowley, Ulrich, VanderKam and Wall), one (Waltke) is reprinted from The New International Dictionary of Old Testament Theology and Exegesis (Grand Rapids: Zondervan, 1997), and the rest (Abegg, Evans, Flint, Sanders and Scott) were invited for the volume.

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La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.

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Il presente progetto di ricerca propone l’esegesi di alcune sezioni delle Grazie di Ugo Foscolo, secondo l’Edizione Nazionale (1985), a cura di Pagliai-Scotti. È stato fornito il commento delle seguenti sezioni: Prima redazione dell’Inno, Seconda redazione dell’Inno e Appendice alla Seconda redazione dell’Inno, Versi del Rito, Quadernone, Stesure milanesi: Viaggio delle api e frammenti sparsi. Tutte le stesure della Prima redazione dell’Inno e alcuni frammenti delle Stesure milanesi non erano mai stati commentati fino ad ora. Il commento offre una ricostruzione dell’intertesto delle Grazie – le fonti letterarie, erudite e figurative –, e punta alla storicizzazione e alla contestualizzazione della poesia di Foscolo. Attraverso lo studio dei frammenti nella loro evoluzione è possibile intendere come i tre inni, diventati uno soltanto nella redazione del Quadernone, rappresentino la sintesi di tutto il sapere e gli interessi foscoliani (eruditi, scientifici, filosofico-estetici e letterari), e come essi, sin dai primi esiti poetici, siano specchio delle esperienze biografiche dell’autore. Il commento proposto nella tesi ribadisce la complessità della poesia delle Grazie, nelle sue componenti civili e didattiche. Esso avanza nuovi e importanti spunti di indagine, ponendosi come viatico indispensabile per un futuro commento integrale.

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La tesi di ricerca ha portato alla realizzazione di un’edizione critica del Giappone di Daniello Bartoli (1660): per la prima volta la «seconda parte» dell’Asia trova, in questo lavoro, una trascrizione integrale condotta con moderni criteri filologi. Quanto all’esegesi la ricerca ha visto la compilazione di tre «Schedari»: un «Indice dei nomi», che vede l’identificazione dei personaggi storici citati esplicitamente nell’opera, ne traccia un rapido profilo biografico e ne fornisce precisa e aggiornata bibliografia. Per quanto riguarda i missionari evocati dall’autore nel testo, questa sezione indica se (e dove) si tratta di personaggio o di fonte (registrando, nel caso, il luogo o i luoghi in cui Bartoli ricorre a tale testimonianza); un «Indice dei luoghi», che dà l’indicazione moderna del luogo citato e ne fornisce il riscontro con i repertori più aggiornati; un «Lessico» riservato ai termini giapponesi presenti nel testo che vengono spiegati e, là dove possibile, studiati nella loro storia, nella loro presenza nella coeva letteratura di viaggio e corredati di utili riferimenti bibliografici. Le pagine introduttive inquadrano l’opera di Bartoli sia nell’orizzonte biografico dell’autore sia nel milieu gesuitico barocco, fornendo puntuali coordinate storiche grazie alle quali recuperare il più ampio contesto delle missioni gesuitiche nell’Estremo Oriente tra Cinque e Seicento. Particolare attenzione è stata riservata al modo di intendere il compito dello storico da parte di Bartoli: una storiografia la sua che s’intreccia in modi affatto peculiari alle diverse forme stilistiche e dinamiche retoriche richieste dalle altre due grandi attività a cui egli dedicò impegno e passione: l’insegnamento e la predicazione.

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L’obiettivo principale di questa ricerca è quello di affrontare le questioni critiche poste all’esegesi da uno dei passi paolini più discussi. Grazie all’impiego delle categorie connesse all’esperienza religiosa, si vuole argomentare la possibilità di leggere il viaggio celeste in termini di modello culturale attraverso il quale interpretare un’esperienza di contatto con il soprannaturale. L’approccio individuato può consentire di rivalutare la funzione di tale narrazione non solo nel contesto di 2 Corinzi, bensì anche in relazione ai paralleli letterari di matrice tanto giudaica e protocristiana quanto greco-romana. Conseguenza di simile analisi ad ampio raggio è il riconoscimento dell’importanza attribuita da Paolo ad esperienze di questo tipo, come testimoniato da alcuni brani centrali delle sue lettere.

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Ponds are ubiquitous in the Maithil region of Nepal, and they figure prominently in folk narratives and ceremonial paintings produced by women there. I argue that in Maithil women's folktales, as in their paintings, the trope of ponds shifts the imaginative register toward women's perspectives and the importance of women's knowledge and influence in shaping Maithil society, even as this register shift occurs within plots featuring male protagonists. I argue further that in the absence of a habit of exegesis in their expressive arts, and given the cross-referential, dialogic nature of expressive practices, a methodology that draws into interpretive conversation the multitude of expressive forms exercised by Maithil women enhances analytical access to Maithil women's collective perspectives on their social and cosmological worlds.

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This exegesis focuses on the work of minority committees of transnational associations in the interwar period. Most of their members considered the League system to be inefficient and supported the establishment of non-state alternatives, which included private investigations on the spot, publicity for specific problems of minorities, and attempts to reconcile representatives of ethnic minorities with those of the majority. Members of non-involved states were pre-destined especially to act as neutral moderators. Only those in close contact with League officials avoided being misused by political forces that did not seek reconciliation but border revision. They learnt that the League rules looked inadequate from the outside but turned out to be useful in coming to applicable solutions once they started their own alternative methods. Their publications and investigative journeys turned out to deepen the problems, whilst their reconciliation work became an appreciated supplement of the League system.

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Recently allegorical interpretations of biblical texts, which go back directly to the exegesis of the Church Fathers, are becoming more presentable. The goal of this lecture is to inspire a critical-feminist discussion about this phenomenon, to point out the dangers and ask – last but not least in a self-critical view – for the reasons that bring forward such a development.

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El objetivo de este artículo es mostrar la imposibilidad de separar la relación existente entre teología y experiencia mística en la obra de Orígenes. Básicamente esta cuestión es analizada a través de dos grandes temas: las bases teológicas del sistema de Orígenes y la comunicabilidad de Dios-Padre y del Logos al alma humana, a través de la exégesis de la Fuente de Agua Viva. En el primer apartado se plantea el problema acerca del tipo de trascendencia que Dios-Padre tiene con respecto al Hijo, mostrando que no existe subordinación ontológica entre ellos. La noción de agape es utilizada por Orígenes como “puente ontológico" entre Dios-Padre y su Logos. A continuación se analiza el Libro XIII del Comentario al Evangelio de Juan y las Homilías XII y XIII sobre el Génesis, profundizando la cuestión de la Fuente de Agua Viva. A través de la bella exégesis que el maestro alejandrino realiza es posible advertir la inseparable relación entre el marco doctrinal propuesto por el alejandrino, con el camino que lleva al encuentro con lo divino. También se insiste en que Orígenes ha sido uno de los grandes maestros en la historia del cristianismo, que ha logrado conciliar a través del ejemplo de su propia vida, una inmensa profundidad teológica con la experiencia directa de unión con lo divino.

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La Patrística cristiana recibió la noción veterotestamentaria de asthéneia de la versión griega de los LXX. Entendida como “debilidad" y “falta de fuerza", se la asoció con “enfermedad" o “estado general de debilidad", significado que se conservó tanto en los libros históricos como en los poéticos. El término aparece con frecuencia también en los Evangelios y en los escritos de Pablo, posibilitando así una comprensión de la enfermedad en clave filosófico-teológica por parte de los Padres, entre los que se destaca el Patriarca de Constantinopla San Juan Crisóstomo, quien recurriendo a una exégesis literal de la Escritura según los principios de la escuela antioquena, analiza el concepto en sus comentarios a las Epístolas llamadas “Mayores" de San Pablo y, particularmente, a la Segunda Carta a los Corintios. De esta lectura se desprende la necesidad de considerar la asthéneia de manera inseparable de la antropología cristiana. En los orígenes del cristianismo la concepción de hombre resultaba extremadamente compleja, oscilando desde la antropología tripartita de San Pablo (I Tes. 5, 23) a la quíntuple presentada por ciertos textos gnósticos (Carta esotérica de Santiago 11, 36-12, 17; 14, 24-36) y a la década de Clemente de Alejandría (Strómata VI, 16, 135, 1-2). El estudio de la aplicación del concepto de asthéneia a los distintos componentes del hombre en la polifacética literatura cristiana primitiva, permite comprender la importancia asignada a cada uno de ellos según las distintas corrientes interpretativas.

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Haimón de Auxerre escribió numerosos comentarios bíblicos en la segunda mitad del siglo IX. Es un representante de la elite intelectual monástica carolingia y, por lo tanto, sus textos pueden ser utilizados para estudiar la peculiar visión acerca del mundo y la sociedad, creada por el fragmento monástico de la aristocracia del periodo carolingio. La comprensión del pensamiento monástico del siglo IX es fundamental para la comprensión de las grandes reformas del siglo X (como la cluniacense) y por extensión del papado reformista del siglo XI. El centro del presente trabajo es estudiar la forma en la que Haimón construye, partiendo de un texto bíblico profético -el Libro de Oseas- la idea de sometimiento del poder real a la guía espiritual de la elite monástica.

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Dentro del marco de los estudios contemporáneos sobre la poesía griega antigua, dos corrientes críticas han adquirido relevancia interpretativa acerca de la naturaleza y la funcionalidad del "yo" en las composiciones líricas, elegíacas y yámbicas de la Grecia arcaica. La primera corriente entiende los textos como expresión personal del propio poeta. Desde esta perspectiva, el campo referencial que entra en juego en un poema remite siempre a la experiencia vivida por el poeta o a su reflexión íntima. Esta concepción postula una exégesis crítica tendiente a develar la poética a través de la biografía. La segunda corriente, concibe el "yo" como una construcción estereotipada o ficcional. De este modo, aquella primera persona funcionaría como un artilugio poético convencional. Nuestra presentación tiene como objetivo indagar las distintas vertientes interpretativas sobre la referencialidad del "yo" en las composiciones yámbicas de Arquíloco de Paros

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El propósito de esta comunicación es examinar la competencia del filósofo en el texto que hoy conocemos como Primer Alcibíades o Alcibíades Mayor. El trabajo propone la lectura del diálogo como un texto de filosofía política. La hipótesis sostenida es que el diálogo fue escrito con la intención de explicar la filosofía como una forma de intervenir políticamente basada en la exégesis filosófica de la sentencia apolínea "Conócete a ti mismo". Se argumenta que la perspectiva del texto se fundamenta en el principio de que la frase lleva consigo una exhortación a ejercer la política de manera recta. El diálogo, pues, no sólo contiene un análisis filosófico sobre la competencia adecuada para el ejercicio del poder, sino que también analiza cómo esta competencia se relaciona con la política, lo que pone a la filosofía en conflicto con las téchnai practicadas en la ciudad