981 resultados para Teatro della Fortuna (Fano, Italy)
Resumo:
La tesi ha come oggetto lo studio dei legami culturali posti in essere tra la Russia e l’Italia nel Settecento effettuato a partire dall’analisi del teatro di Arkhangelskoe (nei pressi di Mosca), ideato da Pietro Gonzaga. Ciò ha consentito di inquadrare l’atmosfera culturale del periodo neoclassico a partire da un’angolazione insolita: il monumento in questione, a dispetto della scarsa considerazione di cui gode all’interno degli studi di storia dell’arte, racchiude diverse ed interessanti problematiche artistiche. Queste ultime sono state tenute in debito conto nel processo dell’organizzazione della struttura del lavoro in relazione ai differenti livelli di analisi emersi in riferimento alla tematica scelta. Ogni capitolo rappresenta un punto di partenza che va utilizzato al fine di approfondire problematiche relative all’arte ed al teatro nei due Paesi, il tutto reso possibile grazie all’applicazione di un originale orientamento analitico. All’interno della tesi vengono infatti adoperati approcci e tecniche metodologiche che vanno dalla storia dell’arte all’analisi diretta dei monumenti, dall’interpretazione iconografica alla semiotica, per arrivare agli studi sociologici. Ciò alla fine ha consentito di rielaborare il materiale già noto e ampiamente studiato in modo convincente ed efficace, grazie al ragionamento sintetico adottato e alla possibilità di costruire paralleli letterari e artistici, frutto delle ricerche svolte nei diversi contesti. Il punto focale della tesi è rappresentato dalla figura di Pietro Gonzaga. Tra i decoratori e gli scenografi italiani attivi presso la corte russa tra il Settecento e l’Ottocento, questi è stato senza dubbio la figura più rilevante ed affascinante, in grado di lasciare una ricca eredità culturale e materiale nell’ambito dell’arte scenografica russa. Dimenticata per lungo tempo, l’opera di Pietro Gonzaga è attualmente oggetto di una certa riconsiderazione critica, suscitando curiosità e interesse da più parti. Guidando la ricerca su di un duplice binario, sia artistico che interculturale, si è quindi cercato di trovare alcune risonanze tra l’arte ed il pensiero di Gonzaga ed altre figure di rilievo non solo del suo secolo ma anche del Novecento, periodo in cui la cultura scenografica russa è riuscita ad affrancarsi dai dettami impartiti dalla lezione settecentesca, seguendo nuove ed originali strade espressive. In questo contesto spicca, ad esempio, la figura di Vsevolod Meyerchold, regista teatrale (uno dei protagonisti dell’ultimo capitolo della tesi) che ha instaurato un legame del tutto originale con i principi della visione scenica comunicati da Pietro Gonzaga. Lo sviluppo dell’argomento scelto ha richiesto di assumere una certa responsabilità critica, basandosi sulla personale sicurezza metodologica ed esperienza multidisciplinare al fine di tener conto dall’architettura, della teoria e della pratica teatrale – dalla conoscenza delle fonti fino agli studi del repertorio teatrale, delle specifiche artistiche locali, del contesto sociale dei due paesi a cavallo tra il ‘700 e l’‘800. Le problematiche toccate nella tesi (tra le quali si ricordano il ruolo specifico rivestito dal committente, le caratteristiche proprie della villa neoclassica russa, il fenomeno di ‘spettacoli muti’, la “teatralità” presente nel comportamento dei russi nell’epoca dei Lumi, la risonanza delle teorie italiane all’interno del arte russa) sono di chiara attualità per quanto concerne le ricerche relative al dialogo storico-artistico tra i due Paesi.
Resumo:
Sorto alla fine degli anni ottanta del Novecento, il teatro di narrazione ha raggiunto un notevole successo di pubblico a partire dagli anni Novanta. I suoi legami con il giornalismo d'inchiesta hanno condotto questo genere teatrale verso la narrazione di alcuni tra gli eventi pi controversi della storia dell'Italia repubblicana; eventi non ancora risolti sul piano processuale o al centro di una memoria storica fortemente divisa. Marco Baliani, Marco Paolini e Ascanio Celestini sono i tre autori che abbiamo scelto per affrontare un'analisi delle loro narrazioni in merito, rispettivamente, all'omicidio di Aldo Moro, alla strage di Ustica e all'eccidio delle Fosse Ardeatine. Oggetto della ricerca l'analisi dell'utilizzo delle fonti da dichiarate o comunque utilizzate dai narratori per la costruzione delle loro performances la loro selezione, la loro interpretazione e la loro disposizione nel testo e la messa in evidenza del problema della verità e del suo rapporto con il verosimile nelle narrazioni teatrali di eventi storici. Particolare attenzione viene inoltre posta al grande dibattito internazionale tra storia e fiction, alle strategie di coinvolgimento dell'opinione pubblica su temi morali e politici nonché all'analisi dei fattori economici e delle committenze che sono alla base di tali narrazioni.
Resumo:
Questa tesi di laurea nasce da una collaborazione con il Centro Studi Vitruviani di Fano, un’associazione nata il 30 Settembre 2010 nella mia città. Le note vicende riguardanti la Basilica vitruviana di Fano fanno della città adriatica il luogo più autorevole per accogliere un Centro Studi Internazionale dedicato all’opera di Vitruvio. Questa associazione è nata come contenitore di riferimento per eventi e iniziative legate al mondo della classicità intesa come momento storico, ma anche come più ampio fenomeno non solo artistico che interessa trasversalmente tutta la cultura occidentale. La creazione di un’istituzione culturale, di fondazione pubblico-privata, con l'obiettivo di porsi a riferimento internazionale per il proprio ambito di ricerca, è notizia comunque rilevante in un periodo in cui lo Stato vara l’articolo 7 comma 22 di una legge che ribadisce la fine dei finanziamenti agli enti, agli istituti, e alle fondazioni culturali. Il Centro Studi Vitruviani dovrà diventare presto sede di momenti scientifici alta, borse di studio, occasioni divulgative, mostre, iniziative didattiche. L’alto livello scientifico mi si è presentato subito chiaro durante questi mesi di collaborazione con il Centro, quando ho avuto l’occasione di incontrare e conoscere e contattare personalità quali i Professori Salvatore Settis, Pierre Gros, Howard Burns, Antonio Corso, Antonio Monterroso e Piernicola Pagliara. Attualmente nella mia città il Centro Studi ha una sede non adeguato, non è fruibile al pubblico (per problemi accessi in comune con altri Enti) e non è riconoscibile dall’esterno. L’attuale sede è all’interno del complesso conventuale del S.Agostino. Il Centro Studi mi ha proposto di valutare la possibilità di un ampliamento dell’associazione in questo edificio storico. Nel mio progetto è stato previsto un processo di acquisizione totale del complesso, con un ripensamento dell’accesso riconoscibile dall’esterno, e un progetto di rifunzionalizzazione degli spazi interni. È stata inserita un’aula per la presentazione di libri, incontri e congressi, mostre ed esposizioni, pubblicazioni culturali e specialistiche. Il fatto interessante di questa sede è che l’edificio vive sulle rovine di un tempio romano, già visitabile e inserite nelle visite della città sotterranea. Fano, infatti, è una città di mare, di luce e nello stesso tempo di architetture romane sotterranee. L’identità culturale e artistica della città è incisa nelle pieghe dei suoi resti archeologici. Le mura augustee fanesi costituiscono il tratto più lungo di mura romane conservate nelle città medio-adriatiche. Degli originari 1750 metri, ne rimangono circa 550. Di grande suggestione sono le imponenti strutture murarie rinvenute sotto il complesso del Sant’Agostino che hanno stimolato per secoli la fantasia e suscitato l'interesse di studiosi ed appassionati. Dopo la prima proposta il Centro Studi Vitruviani mi ha lanciato una sfida interessante: l’allargamento dell’area di progetto provando a ripensare ad una musealizzazione delle rovine del teatro romano dell’area adiacente. Nel 2001 l’importante rinvenimento archeologico dell’edificio teatrale ha donato ulteriori informazioni alle ricostruzione di una pianta archeologica della città romana. Questa rovine tutte da scoprire e da ripensare mi si sono presentate come un’occasione unica per il mio progetto di tesi ed, inoltre, estremamente attuali. Nonostante siano passati dieci anni dal rinvenimento del teatro, dell’area mancava un rilievo planimetrico aggiornato, un’ipotesi ricostruttiva delle strutture. Io con questo lavoro di Tesi provo a colmare queste mancanze. La cosa che ritengo più grave è la mancanca di un progetto di musealizzazione per inserire la rovina nelle visite della Fano romana sotteranea. Spero con questa tesi di aver donato materiale e suggestioni alla mia città, per far comprendere la potenzialità dell’area archeologica. Per affrontare questo progetto di Tesi sono risultate fondamentali tre esperienze maturate durante il mio percorso formativo: prima fra tutte la partecipazione nel 2009 al Seminario Internazionale di Museografia di Villa Adriana Premio di Archeologia e Architettura “Giambattista Piranesi” organizzato nella nostra facoltà dal Prof. Arch. Sandro Pittini. A noi studenti è stata data la possibilità di esercitarci in un progetto di installazioni rigorosamente temporanee all’interno del sedime archeologico di Villa Adriana, grande paradigma per l’architettura antica così come per l’architettura contemporanea. Nel corso del quarto anno della facoltà di Architettura ho avuto l’occasione di seguire il corso di Laboratorio di Restauro con i professori Emanuele Fidone e Bruno Messina. Il laboratorio aveva come obiettivo principale quello di sviluppare un approccio progettuale verso la preesistenza storica che vede l'inserimento del nuovo sull'antico non come un problema di opposizione o di imitazione, ma come fertile terreno di confronto creativo. Durante il quinto anno, ho scelto come percorso conclusivo universitario il Laboratorio di Sintesi Finale L’architettura del Museo, avendo già in mente un progetto di tesi che si rivolgesse ad un esercizio teorico di progettazione di un vero e proprio polo culturale. Il percorso intrapreso con il Professor Francesco Saverio Fera mi ha fatto comprendere come l’architettura dell'edificio collettivo, o più semplicemente dell’edificio pubblico si lega indissolubilmente alla vita civile e al suo sviluppo. È per questo che nei primi capitoli di questa Tesi ho cercato di restituire una seria e attenta analisi urbana della mia città. Nel progetto di Tesi prevedo uno spostamento dell’attuale Sezione Archeologica del Museo Civico di Fano nell’area di progetto. Attualmente la statuaria e le iscrizioni romane sono sistemate in sei piccole sale al piano terra del Palazzo Malatestiano: nel portico adiacente sono esposti mosaici e anfore sottoposte all’azione continua di volatili. Anche la Direttrice del Museo, la Dott.ssa Raffaella Pozzi è convinta del necessario e urgente spostamento. Non è possibile lasciare la sezione archeologica della città all’interno degli insufficienti spazi del Palazzo Malatestiano con centinaia di reperti e materiali vari (armi e uniformi, pesi e misure, ceramiche, staturia, marmi, anfore e arredi) chiusi e ammassati all’interno di inadeguati depositi. Il tutto è stato opportunamente motivato in un capitolo di questa Tesi. Credo fortemente che debbano essere le associazioni quali il CSV assieme al già attivissimo Archeclub di Fano e il Museo Archeologico, i veri punti di riferimento per questa rinascita culturale locale e territoriale, per promuovere studi ed iniziative per la memoria, la tutela e la conservazione delle fabbriche classiche e del locale patrimonio monumentale. Questo lavoro di Tesi vuole essere un esercizio teorico che possa segnare l’inizio di un nuovo periodo culturale per la mia città, già iniziato con l’istituzione del Centro Studi Vitruviani. L’evento folkloristico della Fano dei Cesari, una manifestazione sicuramente importante, non può essere l’unico progetto culturale della città! La “Fano dei Cesari” può continuare ad esistere, ma deve essere accompagnata da grandi idee, grandi mostre ed eventi accademici.
Resumo:
Il lavoro di tesi parte da un presupposto di osservazione empirica. Dopo aver rilevato la ricorrenza da parte di registi teatrali del panorama internazionale all’adattamento di testi non drammatici, ma narrativi per la scena, si è deciso di indagare come la natura narrativa dei testi di partenza si adatti, permanga o muti nel passaggio dal medium narrativo a quello spettacolare. La tesi si suddivide in tre parti. Nella parte intitolata “Della metodologia” (un capitolo), viene illustrato il metodo adottato per affrontare l’analisi degli spettacoli teatrali. Facendo riferimento alla disciplina semiotica teatrale, si è definito l’oggetto empirico di studio come testo spettacolare/performance text. La seconda parte della tesi, “Della comparazione dei modelli comunicativi”, (due capitoli), procede nella definizione: 1) dell’elemento teorico da indagare nei testi spettacolari, ovvero, la “narratività”; 2) dei modelli comunicativi della narrazione e dello spettacolo teatrale e delle loro intersezioni o differenze. Nella terza parte della tesi, “Della critica”, (due capitoli), vengono analizzate alcune delle opere del regista Jurij Ljubimov (Russia), Eimuntas Nekrošius (Lituania), Alvis Hermanis (Lettonia). La scelta è ricaduta sulle opere di questi registi in base a una considerazione: 1) culturale: si è deliberatamente circoscritta la sfera di indagine alla produzione teatrale russa e post-sovietica; 2) estetica: è stato osservato che la linea registica inaugurata da Jurij Ljubimov va permeando l’attività registica di registi più giovani come Nekrošius e Hermanis; 3) statistica: Ljubimov, Nekrošius, Hermanis hanno scelto di mettere in scena testi non drammatici con una elevata frequenza. La tesi è corredata da un’ampia appendice iconografica. Per l’analisi dei testi spettacolari si è fatto riferimento alla visione degli spettacoli in presa diretta in Italia e all’estero.
Resumo:
Questa tesi si pone come scopo quello di studiare la scena teatrale contemporanea russa, utilizzando come pretesto la traduzione della piéce “Žara” dell’autrice Natalija Mošina. Mošina fa parte del movimento teatrale chiamato ‘novaja drama’, che si è sviluppato in Russia a partire da fine anni Novanta. Nel primo capitolo tratteremo brevemente la storia del teatro russo del Novecento, per osservare come si è giunti alla formazione di questo nuovo movimento. Passeremo poi ad analizzare il movimento vero e proprio, concentrandoci sulle posizioni artistiche dei suoi membri e sul tipo di innovazione che vogliono portare al teatro russo. Proporremo poi una selezione dei luoghi che rinnovano la scena teatrale moscovita. Il secondo capitolo è interamente dedicato ad uno di questi luoghi, il Teatr Praktika, primo teatro statale ad occuparsi esclusivamente di testi contemporanei, di cui vedremo la storia dalla sua fondazione ai giorni nostri e analizzeremo il repertorio vedendo come gli spettacoli messi qui in scena riflettano le posizioni del novaja drama. Nel capitolo conclusivo parleremo più approfonditamente della pièce da noi tradotta vedendo come si colloca all’interno della produzione dell’autrice e del novaja drama, analizzandone la messa in scena al Praktika. Proporremo poi delle riflessioni sulla traduzione di testi teatrali facendo riferimento alla traduzione da noi svolta, che proporremo di seguito.