75 resultados para Prolactinomas - Farmacoterapia
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Background: The purpose of this study was to investigate demographic and clinical factors associated with the long-term outcome of obsessive-compulsive disorder (OCD). Methods: A hundred ninety-six previously untreated patients with DSM-IV criteria OCD completed a 12-week randomized open trial of group cognitive-behavioral therapy (GCBT) or fluoxetine, followed by 21 months of individualized, uncontrolled treatment, according to international guidelines for OCD treatment. OCD severity was assessed using the Yale–Brown Obsessive-Compulsive Scale (Y-BOCS) at different times over the follow-up period. Demographics and several clinical variables were assessed at baseline. Results: Fifty percent of subjects improved at least 35% from baseline, and 21.3% responded fully (final Y-BOCS score < or = 8). Worse prognosis was associated with earlier age at onset of OCD (P = 0.045), longer duration of illness (P = 0.001) presence of at least one comorbid psychiatric disorder (P = 0.001), comorbidity with a mood disorder (P = 0.002), higher baseline Beck-Depression scores (P = 0.011), positive family history of tics (P = 0.008), and positive family history of anxiety disorders (P = 0.008). Type of initial treatment was not associated with long-term outcome. After correction for multiple testing, the presence of at least one comorbid disorder, the presence of a depressive disorder, and duration of OCD remained significant. Conclusions: Patients under cognitive-behavioral or pharmacological treatment improved continuously in the long run, regardless of initial treatment modality or degree of early response, suggesting that OCD patients benefit from continuous treatment. Psychiatric comorbidity, especially depressive disorders, may impair the long-term outcome of OCD patients.
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Il presente lavoro comincia con una descrizione dettagliata del “McMaster Model of Family Functionig” (MMFF), modello che al suo interno integra una teoria multidimensionale sul funzionamento familiare, diversi strumenti di auto ed etero valutazione e chiare indicazioni terapeutiche racchiuse all’interno della “Problem Centered System Therapy of the Family” (PCSTF). Grazie alla sua completezza il Modello fornisce ai clinici metodi coerenti, pratici ed empiricamente validi per valutare e trattare le famiglie, essi inoltre, sono stati formulati in modo da essere adattabili a differenti setting clinici e di ricerca, applicabili ad un’ampia gamma di problematiche e verificabili empiricamente. Obiettivo finale della presente ricerca è stato quello di porre le basi per l’esportazione del MMFF in Italia e poter quindi procedere alla sua applicazione in ambito clinico. La ricerca è cominciata alla Brown University con la traduzione dall’inglese all’italiano del Family Assessment Device (FAD), uno degli strumenti di autovalutazione compresi nel MMFF, ed è in seguito continuata con la validazione del suddetto strumento in un campione di 317 soggetti appartenenti alla popolazione generale italiana. Il FAD si è dimostrato uno strumento valido ed affidabile, in grado quindi di fornire valutazioni stabili e coerenti anche nella sua versione italiana. Il passo successivo è stato caratterizzato dalla somministrazione di FAD, Symptom Questionnaire (SQ) e delle Psychological Well-Being scales (PWB) a 289 soggetti reclutati nella popolazione generale. In accordo con il modello bipsicosociale che vede l’ambiente familiare come il più immediato gruppo di influenza psicosociale dello stato di benessere o malessere dell’individuo, i nostri dati confermano una stretta relazione tra scarso funzionamento familiare, spesso espresso attraverso difficoltà di comunicazione, di problem solving e scarso coinvolgimento affettivo e distress psicologico esperito con sintomi depressivi, ansiogeni ed ostilità. I nostri dati sottoliano inoltre come un funzionamento familiare positivo sia altamente correlato ad elevati livelli di benessere psicologico. Obiettivo della parte finale del lavoro ed anche il più importante, è stato quello di esplorare l’efficacia della Problem Centered Systems Therapy of the Family nella gestione della perdita di efficacia degli antidepressivi nel trattamento della depressione ricorrente. 20 soggetti con diagnosi di depressione maggiore ricorrente secondo il DSM-IV sono stati randomizzati a due diverse condizioni di trattamento: 1) aumento del dosaggio dell’antidepressivo e clinical management, oppure 2) mantenimento dello stesso dosaggio di antidepressivo e PCSTF. I dati di questo studio mettono in evidenza come, nel breve termine, PCSTF e farmacoterapia sono ugualmente efficaci nel ridurre la sintomatologia depressiva. Diversamente, ad un follow-up di 12 mesi, la PCSTF si è dimostrata altamente superiore all’aumento del farmaco ner prevenire le ricadute. Nel gruppo sottoposto all’aumento del farmaco infatti ben 6 soggetti su 7 ricadono entro l’anno. Nel gruppo assegnato a terapia familiare invece solo 1 soggetto su 7 ricade. Questi risultati sono in linea con i dati della letteratura che sottolineano l’elevata probabilità di una seconda ricaduta dopo l’aumento dell’antidepressivo all’interno di una farmacoterapia di mantenimento e suggeriscono l’efficacia dell’utilizzo di strategie psicoterapiche nella prevenzione della ricaduta in pazienti con depressione ricorrente.
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Purpose To evaluate the efficacy and toxicity of stereotactic fractionated radiotherapy (SFRT) for patients with pituitary macroadenoma (PMA). Methods and Materials Between March 2000 and March 2009, 27 patients (male to female ratio, 1.25) with PMA underwent SFRT (median dose, 50.4 Gy). Mean age of the patients was 56.5 years (range, 20.3 - 77.4). In all but one patient, SFRT was administered for salvage treatment after surgical resection (transphenoidal resection in 23, transphenoidal resection followed by craniotomy in 2 and multiple transphenoidal resections in another patient). In 10 (37%) patients, the PMAs were functional (3 ACTH-secreting, 3 prolactinomas, 2 growth hormone-secreting and 2 multiple hormone-secretion). Three (11.1%) and 9 (33.3%) patients had PMA abutting and compressing the optic chiasm, respectively. Mean tumor volume was 2.9 ± 4.6 cm3. Eighteen (66.7%) patients had hypopituitarism prior to SFRT. The mean follow-up period after SFRT was 72.4 ± 37.2 months. Results Tumor size decreased for 6 (22.2%) patients and remained unchanged for 19 (70.4%) other patients. Two (7.4%) patients had tumor growth inside the prescribed treatment volume. The estimated 5-year tumor growth control was 95.5% after SFRT. Biochemical remission occurred in 3 (30%) patients with functional PMA. Two patients with normal anterior pituitary function before SFRT developed new deficits 25 and 65 months after treatment. The 5-year survival without new anterior pituitary deficit was thus 95.8%. Five patients with visual field defect had improved visual function and 1 patient with no visual defect prior to SFRT, but an optic chiasm abutting tumor, had a decline in visual function. The estimated 5-year vision and pituitary function preservation rates were 93.2% and 95.8%, respectively. Conclusions SFRT is a safe and effective treatment for patients with PMA, although longer follow-up is needed to evaluate long-term outcomes. In this study, approximately 1 patient with visual field defect out of two had an improved visual function.
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We present the case of a 60 year old male patient with incidentally detected visual abnormalities. Detailed personal history revealed a hypogonadism that had been present for several years. Further investigations established the diagnosis of an infiltrative macroadenoma. Medical treatment with cabergoline led to a rapid regression of ophthalmologic symptoms and, subsequently, of tumor size. In male subjects symptoms of hypogonadism are often reported only late in the course of the disease, thereby leading to a generally larger tumor size at the point of diagnosis. In contrast to other pituitary tumors that are mainly treated by surgery, medical treatment with dopamine agonists is the principal therapeutic option in prolactinomas.
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L’utilizzo di nanomateriali, ovvero una nuova classe di sostanze composte da particelle ultrafini con dimensioni comprese fra 1 e 100 nm (American Society for Testing Materials - ASTM), è in costante aumento a livello globale. La particolarità di tali sostanze è rappresentata da un alto rapporto tra la superficie e il volume delle particelle, che determina caratteristiche chimico-fisiche completamente differenti rispetto alle omologhe macrosostanze di riferimento. Tali caratteristiche sono tali da imporre una loro classificazione come nuovi agenti chimici (Royal Society & Royal Academy of Engineering report 2004). Gli impieghi attuali dei nanomateriali risultano in continua evoluzione, spaziando in diversi ambiti, dall’industria farmaceutica e cosmetica, all’industria tessile, elettronica, aerospaziale ed informatica. Diversi sono anche gli impieghi in campo biomedico; tra questi la diagnostica e la farmacoterapia. È quindi prevedibile che in futuro una quota sempre maggiore di lavoratori e consumatori risulteranno esposti a tali sostanze. Allo stato attuale non vi è una completa conoscenza degli effetti tossicologici ed ambientali di queste sostanze, pertanto, al fine di un loro utilizzo in totale sicurezza, risulta necessario capirne meglio l’impatto sulla salute, le vie di penetrazione nel corpo umano e il rischio per i lavoratori conseguente al loro utilizzo o lavorazione. La cute rappresenta la prima barriera nei confronti delle sostanze tossiche che possono entrare in contatto con l’organismo umano. Successivamente agli anni ‘60, quando si riteneva che la cute rappresentasse una barriera totalmente impermeabile, è stato dimostrato come essa presenti differenti gradi di permeabilità nei confronti di alcuni xenobiotici, dipendente dalle caratteristiche delle sostanze in esame, dal sito anatomico di penetrazione, dal grado di integrità della barriera stessa e dall’eventuale presenza di patologie della cute. La mucosa del cavo orale funge da primo filtro nei confronti delle sostanze che entrano in contatto con il tratto digestivo e può venir coinvolta in contaminazioni di superficie determinate da esposizioni occupazionali e/o ambientali. È noto che, rispetto alla cute, presenti una permeabilità all’acqua quattro volte maggiore, e, per tale motivo, è stata studiata come via di somministrazione di farmaci, ma, ad oggi, pochi sono gli studi che ne hanno valutato le caratteristiche di permeazione nei confronti delle nanoparticelle (NPs). Una terza importante barriera biologica è quella che ricopre il sistema nervoso centrale, essa è rappresentata da tre foglietti di tessuto connettivo, che assieme costituiscono le meningi. Questi tre foglietti rivestono completamente l’encefalo permettendone un isolamento, tradizionalmente ritenuto completo, nei confronti degli xenobiotici. L’unica via di assorbimento diretto, in questo contesto, è rappresentata dalla via intranasale. Essa permette un passaggio diretto di sostanze dall’epitelio olfattivo all’encefalo, eludendo la selettiva barriera emato-encefalica. Negli ultimi anni la letteratura scientifica si è arricchita di studi che hanno indagato le caratteristiche di assorbimento di farmaci attraverso questa via, ma pochissimi sono gli studi che hanno indagato la possibile penetrazione di nanoparticelle attraverso questa via, e nessuno, in particolar modo, ha indagato le caratteristiche di permeazione delle meningi. L’attività di ricerca svolta nell’ambito del presente dottorato ha avuto per finalità l’indagine delle caratteristiche di permeabilità e di assorbimento della cute, della mucosa del cavo orale e delle meningi nei confronti di alcune nanoparticelle, scelte fra quelle più rappresentative in relazione alla diffusione d’utilizzo a livello globale. I risultati degli esperimenti condotti hanno dimostrato, in vitro, che l’esposizione cutanea a Pt, Rh, Co3O4 e Ni NPs determinano permeazione in tracce dei medesimi metalli attraverso la cute, mentre per le TiO2 NPs tale permeazione non è stata dimostrata. È stato riscontrato, inoltre, che la mucosa del cavo orale e le meningi sono permeabili nei confronti dell’Ag in forma nanoparticellare.
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A via de acesso arterial é um importante sítio de complicações após a realização de procedimentos coronários invasivos. Dentre as estratégias para a redução de complicações vasculares, encontra-se estabelecida a eficácia da técnica radial. Os dispositivos de oclusão vascular propiciam maior conforto ao paciente, reduzindo o tempo de hemostasia e repouso no leito. Entretanto, a inconsistência de dados comprovando sua segurança limita sua adoção rotineira como estratégia para redução de complicações vasculares, requerendo evidências de estudos randomizados com metodologia adequada. O objetivo deste estudo foi comparar a incidência de complicações no sítio de punção arterial entre a técnica radial e a técnica femoral com utilização de Angio-Seal em pacientes com síndrome coronariana aguda sem supradesnível do segmento ST submetidos à estratégia invasiva precoce. Trata-se de um ensaio clínico unicêntrico, de não inferioridade, no qual duzentos e quarenta pacientes foram randomizados para a técnica radial ou técnica femoral com utilização de Angio-Seal. O objetivo primário foi a ocorrência de complicações no sítio de punção arterial até 30 dias após o procedimento, incluindo sangramento grave, hematoma >= 5 cm, hematoma retroperitoneal, síndrome compartimental, pseudoaneurisma, fístula arteriovenosa, infecção, isquemia de membro, oclusão arterial, lesão de nervo adjacente ou necessidade de reparo vascular cirúrgico. Em relação às características demográficas e clínicas, houve diferença apenas quanto ao gênero, com presença maior de pacientes do sexo feminino no grupo radial (33,3% versus 20,0%, p=0,020). Não se observaram diferenças entre os grupos quanto ao diagnóstico de admissão, alterações isquêmicas presentes no eletrocardiograma, elevação de marcadores de necrose miocárdica ou escores de risco, bem como quanto à farmacoterapia antitrombótica adjunta e características da intervenção coronária percutânea. A hemostasia foi obtida na totalidade dos procedimentos do grupo radial com a utilização da pulseira compressora seletiva TR Band e em 95% dos procedimentos realizados pela técnica femoral com o Angio-Seal (p=0,029). Exceto pela maior incidência de oclusão arterial no grupo radial comparado ao femoral, não houve diferenças entre os demais desfechos analisados. Segundo o teste de não inferioridade para complicações na via de acesso arterial aos 30 dias, verificou-se que a utilização do Angio-Seal não produziu resultados inferiores ao acesso radial, considerando-se a margem de 15% (12,5% versus 13,3%, diferença -0,83%, IC 95% -9,31 - 7,65, p para não inferioridade <0,001). Os resultados principais deste estudo demonstram que, em uma população de pacientes com diagnóstico de síndrome coronariana aguda sem supradesnível do segmento ST, submetida à estratificação de risco invasiva, a utilização do dispositivo de oclusão vascular Angio-Seal confere ao procedimento efetivado pelo acesso femoral inferioridade na incidência de complicações no sítio de punção arterial aos 30 dias quando comparado ao acesso radial.
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A adesão ao tratamento ocorre quando o conselho médico ou de saúde coincide com o comportamento do indivíduo, ao uso de medicamentos, cumprimento da dieta e mudanças no estilo de vida, não sendo, portanto, um ato não passivo do paciente. Em pacientes com hipertensão arterial sistêmica a adesão ao tratamento pode ser definida como o grau de cumprimento das medidas terapêuticas indicadas, sejam elas medicamentosas ou não, com o objetivo de manter a pressão arterial em níveis pressóricos normais. A não adesão em pacientes com doenças crônicas em tratamento a longo prazo em países desenvolvidos é em média de 50%, revelando a importância de serem avaliados os motivos que levam a esse comportamento. O estudo teve como objetivo avaliar a não adesão em idosos hipertensos de uma unidade pública de saúde de Ribeirão Preto - SP. Trata-se de um estudo de corte transversal, desenvolvido com uma amostra de 196 pessoas. A coleta de dados ocorreu entre agosto de 2014 até junho de 2015, após aprovação do Comitê de Ética em Pesquisa. Para essa etapa foram utilizados os instrumentos Brief Medication Questionnaire, Medical Outcomes Studies 36-item Short Form Survey, Escore de Risco Global e Escore de Risco pelo Tempo de Vida. Após a coleta dos dados, as entrevistas foram codificadas, os dados foram tabulados e foi realizada a análise estatística descritiva e de correlação. Como resultado, constatou-se que houve predomínio de mulheres, com idade média de 69,4 anos, casados/união estável, não moravam sozinhos, com 1,85 pessoas na casa em média, de cor branca, com ensino fundamental incompleto, renda de até dois salários mínimos e aposentados/pensionistas, atendidos pelo SUS. Apresentaram hábitos de vida razoáveis, sem predomínio de consumo de bebidas alcoólicas, tabagismo, uso excessivo de sal e sedentarismo. A mais frequente comorbidade associada à HAS foi a dislipidemia. Foi observado elevado predomínio de fatores de risco cardiovasculares como obesidade abdominal, obesidade geral, comorbidades, razão de lipídeos e fatores agravantes como proteína c reativa ultrassensível, microalbuminúria e síndrome metabólica. A maioria da amostra foi classificada como sendo portador de risco cardiovascular alto após estratificação do risco. A percepção da qualidade de vida relacionada à saúde foi considerada baixa na maioria principalmente devido a limitações emocionais. A não adesão esteve presente em quase metade dos idosos, relacionada principalmente à complexidade da farmacoterapia e dificuldade em lembrar sobre o uso de seus medicamentos. Não foi observada correlação entre a não adesão e as variáveis estudadas. Conclui-se que o comportamento de não adesão observado não esteve relacionada às variáveis estudadas nessa amostra e que são necessárias intervenções urgentes para reduzir o risco cardiovascular e prevenir doenças cardiovasculares e mortalidade, bem como melhora da percepção da qualidade de vida relacionada à saúde.
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Tese de mestrado, Nutrição Clínica, Universidade de Lisboa, Faculdade de Medicina, 2016
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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz
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Mutations of the MEN1 gene, encoding the tumor suppressor menin, predispose individuals to the cancer syndrome multiple endocrine neoplasia type 1, characterized by the development of tumors of the endocrine pancreas and anterior pituitary and parathyroid glands. We have targeted the murine Men1 gene by using Cre recombinase-loxP technology to develop both total and tissue-specific knockouts of the gene. Conditional homozygous inactivation of the Men1 gene in the pituitary gland and endocrine pancreas bypasses the embryonic lethality associated with a constitutional Men1(-/-) genotype and leads to beta-cell hyperplasia in less than 4 months and insulinomas and prolactinomas starting at 9 months. The pituitary gland and pancreas develop normally in the conditional absence of menin, but loss of this transcriptional cofactor is sufficient to cause beta-cell hyperplasia in some islets; however, such loss is not sufficient to initiate pituitary gland tumorigenesis, suggesting that additional genetic events are necessary for the latter.
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Bipolar disorder is characterized by mood impairment, alternating between mania/hypomania and depression, and its exact pathophysiology is already unknown. The treatment of bipolar disorder is based on prevention of the manic and depressive episodes using mood stabilizers. Nociceptin/orfanin FQ (N/OFQ) is an endogenous heptadecapeptide which binds as an agonist to NOP receptor, which is a G-coupled inhibitory receptor. N/OFQ and its receptor modulate a lot of functions in the organism, including emotional processes. It is known that the plasmatic concentration of N/OFQ is altered in patients in both phases depressive and manic of bipolar disorder and it is assumed that this system has a role on the etiology of this disorder. Concerning mania, the animal models used in research tend to focus in an unique aspect of the manic behavior, as hyperactivity or agressivity. In the 60’s, the hole board test was proposed, and it consists of an apparatus with holes where a behavior known as head-dippings is measured. High levels of head-dippings are suggestive of neophilia, while low levels can be characteristic of an anxious-like behavior. As the increase of exploratory and goal-directed behavior are characteristics of manic behavior, this test could help in mania research. Thus, this work was organized in 3 steps and aims to: (1) investigate the induction of a manic-like state promoted by ouabain, a Na+/K+-ATPase inhibitor, in the mouse open field test; (2) set up the hole board as a test to measure manic-like behaviors; and (3) investigate the N/OFQ effects in prevention of this kind of behavior on hole board. Male Swiss mice were used in this study, and they take part of only one of the described steps. Depending on the step performed, mice received one or more of the following treatments: (1) ouabain 10-6 , 10-5 , 10-4 , 10-3 or 10-2 M, intracerebroventricular (icv); (2) sodium valproate 300 mg/kg, intraperitoneal (ip); (3) sodium valproate 400 mg/kg, ip; (4) diazepam 1 mg/kg, ip; (5) methylphenidate 10 mg/kg, ip; and (6) N/OFQ 0,1 or 1 nmol, icv. The results suggest that hole board can be used to evaluate a manic state, through analysis of different animal behaviors. However, it was not possible to standard the model of Na+ /K+ -ATPase dysfunction through ouabain administration in mice. Moreover, the data suggest that N/OFQ, at the doses tested, has not affected the methylphenidate-induced mania-like behavior. Taken together, the results point to a new approach of manic research, through the hole board using. However, more studies are necessary in order to verify the role of N/OFQ system on bipolar disorder.
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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz
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"Objetivos: Rever os conhecimentos existentes sobre a Profilaxia de Pré-Exposição (PrEP) na prevenção da infeção por VIH, nomeadamente o papel da circuncisão médica masculina, dos antirretrovirais de administração oral e dos microbicidas tópicos. Fontes de Dados: Artigos publicados na PubMed e informação presente na base de dados de ensaios clínicos (www.clinicaltrials.gov). Métodos: Revisão compreensiva da literatura. Resultados: A circuncisão médica masculina é uma estratégia preventiva que demonstra uma eficácia de 48 a 60 por cento. A utilização de antirretrovirais por via oral como prevenção da infeção por VIH tem eficácia variável que depende essencialmente da taxa de adesão (62,2 por cento no estudo TDF2, com adesão de 84,1 por cento; 44 por cento no estudo iPrEx, com adesão de <50 por cento; 48,9 por cento no estudo Bangkok, com adesão de 67 por cento; 67-75 por cento no estudo Partners PrEP, com adesão de 82 por cento; e 6 por cento no estudo FEM-PrEP, com adesão de 40 por cento). Em relação aos microbicidas tópicos, o estudo CAPRISA 004 demonstrou que um gel de tenofovir a 1 por cento pode reduzir de forma significativa (≥39 por cento, dependendo da taxa de adesão) a taxa de infeção por VIH. O gel PRO2000 causou uma redução não significativa da taxa de infeção por VIH (30 por cento). Conclusões: A circuncisão médica masculina é uma intervenção custo-efectiva, mas requer estratégias de comunicação cuidadosas para ser bem-sucedida. A PrEP utilizando antirretrovirais é igualmente eficaz, mas está muito dependente da adesão à terapêutica por parte do indivíduo. No que respeita aos microbicidas, o gel de tenofovir a 1 por cento é atualmente a única opção promissora."
Resumo:
236 p.
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O bruxismo caracteriza-se por um ato involuntário de apertar e/ou ranger os dentes sendo este hábito um fator de risco que pode comprometer a função do sistema estomatognático com várias sequelas associadas (dor dentária e muscular, desgaste dentário, etc.). Esta pesquisa bibliográfica pretende rever as possibilidades terapêuticas que se podem apresentar como soluções no controlo desta parafunção. A bibliografia ainda é inconclusiva sobre qual o melhor tratamento a seguir sugerindo uma abordagem multidisciplinar, tendo em conta a etiologia e a sintomatologia para a definição de um plano de tratamento mais completo e adequado. Têm surgido cada vez mais alternativas terapêuticas e cada uma delas, ao longo do tempo, tem desenvolvido novas metodologias mais eficazes no tratamento do bruxismo.