999 resultados para Peso del fruto


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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[ES] Tal y como argumentó Mehrabian (1972) en sus investigaciones: En la contribución no verbal recae el 55% del peso del proceso comunicativo del ser humano, un 38% a la voz (entonación, latencia, ritmo...) y tan sólo un 7% pertenece al lenguaje verbal o articulado. Es por ello que antes de entrar a la sala de la mediación, es primordial dominar las técnicas del lenguaje no verbal y así comprender más y mejor a los mediados. 

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INDICE INTRODUZIONE 1 1. DESCRIZIONE DEL SISTEMA COSTRUTTIVO 5 1.1 I pannelli modulari 5 1.2 Le pareti tozze in cemento armato gettate in opera realizzate con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene 5 1.3 La connessione tra le pareti e la fondazione 6 1.4 Le connessioni tra pareti ortogonali 7 1.5 Le connessioni tra pareti e solai 7 1.6 Il sistema strutturale così ottenuto e le sue caratteristiche salienti 8 2. RICERCA BIBLIOGRAFICA 11 2.1 Pareti tozze e pareti snelle 11 2.2 Il comportamento scatolare 13 2.3 I muri sandwich 14 2.4 Il “ferro-cemento” 15 3. DATI DI PARTENZA 19 3.1 Schema geometrico - architettonico definitivo 19 3.2 Abaco delle sezioni e delle armature 21 3.3 Materiali e resistenze 22 3.4 Valutazione del momento di inerzia delle pareti estese debolmente armate 23 3.4.1 Generalità 23 3.4.2 Caratteristiche degli elementi provati 23 3.4.3 Formulazioni analitiche 23 3.4.4 Considerazioni sulla deformabilità dei pannelli debolmente armati 24 3.4.5 Confronto tra rigidezze sperimentali e rigidezze valutate analiticamente 26 3.4.6 Stima di un modulo elastico equivalente 26 4. ANALISI DEI CARICHI 29 4.1 Stima dei carichi di progetto della struttura 29 4.1.1 Stima dei pesi di piano 30 4.1.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 31 4.2 Analisi dei carichi da applicare in fase di prova 32 4.2.1 Pesi di piano 34 4.2.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 35 4.3 Pesi della struttura 36 4.3.1 Ripartizione del carico sulle pareti parallele e ortogonali 36 5. DESCRIZIONE DEL MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI 37 5.1 Caratteristiche di modellazione 37 5.2 Caratteristiche geometriche del modello 38 5.3 Analisi dei carichi 41 5.4 Modello con shell costituite da un solo layer 43 5.4.1 Modellazione dei solai 43 5.4.2 Modellazione delle pareti 44 5.4.3 Descrizione delle caratteristiche dei materiali 46 5.4.3.1 Comportamento lineare dei materiali 46 6. ANALISI DEL COMPORTAMENTO STATICO DELLA STRUTTURA 49 6.1 Azioni statiche 49 6.2 Analisi statica 49 7. ANALISI DEL COMPORTAMENTO DINAMICO DELLA STRUTTURA 51 7.1 Determinazione del periodo proprio della struttura con il modello FEM 51 7.1.1 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai e pareti costituiti da elementi shell 51 7.1.1.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 51 7.1.1.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 51 7.1.1.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 51 7.1.2 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai infinitamente rigidi e pareti costituite da elementi shell 52 7.1.2.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 52 7.1.2.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 52 7.1.2.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E: 52 7.1.3 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai irrigiditi con bielle e pareti costituite da elementi shell 53 7.1.3.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 53 7.1.3.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 53 7.1.3.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 53 7.2 Calcolo del periodo proprio della struttura assimilandola ad un oscillatore semplice 59 7.2.1 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione X-X 59 7.2.1.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 59 7.2.1.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 59 7.2.1.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 61 7.2.1.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 63 7.2.1.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 66 7.2.1.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 69 7.2.1.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 69 7.2.1.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 71 7.2.1.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 73 7.2.1.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 76 7.2.1.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 79 7.2.1.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 79 7.2.1.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 81 7.2.1.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 83 7.2.1.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 86 7.2.2 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione Y-Y 89 7.2.2.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 89 7.2.2.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 89 7.2.2.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 91 7.2.2.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 93 7.2.2.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 98 7.2.2.1.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 103 7.2.2.1.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 105 7.2.2.1.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 107 7.2.2.1.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 112 7.2.2.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 117 7.2.2.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 117 7.2.2.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 119 7.2.2.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 121 7.2.2.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 126 7.2.2.2.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5 E 131 7.2.2.2.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 133 7.2.2.2.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 135 7.2.2.2.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 140 7.2.2.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 145 7.2.2.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 145 7.2.2.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 147 7.2.2.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 149 7.2.2.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 154 7.2.2.3.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1 E 159 7.2.2.3.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 161 7.2.2.3.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 163 7.2.2.3.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 168 7.3 Calcolo del periodo proprio della struttura approssimato utilizzando espressioni analitiche 174 7.3.1 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente un peso P gravante all’estremo libero 174 7.3.1.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 174 7.3.1.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 177 7.3.1.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 179 7.3.2 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata alla base, di peso Q=ql, avente un peso P gravante all’estremo libero e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 181 7.3.2.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 181 7.3.2.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 186 7.3.3 Approssimazione della struttura ad un portale avente peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e un peso P gravante sul traverso medesimo 191 7.3.3.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 191 7.3.3.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=300000 kg/cm2 192 7.3.3.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=30000 kg/cm2 194 7.3.4 Approssimazione della struttura ad un portale di peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e avente un peso P gravante sul traverso medesimo e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 196 7.3.4.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 196 7.3.4.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 201 7.3.5 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente le masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n 206 7.3.5.1 Riferimenti teorici: metodo approssimato 206 7.3.5.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 207 7.3.5.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 209 7.3.6 Approssimazione della struttura ad un telaio deformabile con tavi infinitamente rigide 211 7.3.6.1 Riferimenti teorici: vibrazioni dei telai 211 7.3.6.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 212 7.3.6.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 215 7.3.7 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n e studiata come un sistema continuo 218 7.3.7.1 Riferimenti teorici: metodo energetico; Masse ripartite e concentrate; Formula di Dunkerley 218 7.3.7.1.1 Il metodo energetico 218 7.3.7.1.2 Masse ripartite e concentrate. Formula di Dunkerley 219 7.3.7.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 221 7.3.7.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 226 7.4 Calcolo del periodo della struttura approssimato mediante telaio equivalente 232 7.4.1 Dati geometrici relativi al telaio equivalente e determinazione dei carichi agenti su di esso 232 7.4.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura assumendo diversi valori del modulo elastico E 233 7.5 Conclusioni 234 7.5.1 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura ad un grado di libertà 234 7.5.2 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura a più gradi di libertà e a sistema continuo 236 8. ANALISI DEL COMPORTAMENTO SISMICO DELLA STRUTTURA 239 8.1 Modello con shell costituite da un solo layer 239 8.1.1 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,1g 239 8.1.1.1 Generalità 239 8.1.1.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 242 8.1.1.2.1 Combinazione di carico ”Carichi verticali più Spettro di Risposta scalato ad un valore di PGA pari a 0,1g” 242 8.1.1.2.2 Combinazione di carico ”Spettro di Risposta scalato ad un valore di 0,1g di PGA” 245 8.1.1.3 Spostamenti di piano 248 8.1.1.4 Accelerazioni di piano 248 8.1.2 Analisi Time-History lineare con accelerogramma caratterizzato da un valore di PGA pari a 0,1g 249 8.1.2.1 Generalità 249 8.1.2.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 251 8.1.2.2.1 Combinazione di carico ” Carichi verticali più Accelerogramma agente in direzione Ye avente una PGA pari a 0,1g” 251 8.1.2.2.2 Combinazione di carico ” Accelerogramma agente in direzione Y avente un valore di PGA pari a 0,1g ” 254 8.1.2.3 Spostamenti di piano assoluti 257 8.1.2.4 Spostamenti di piano relativi 260 8.1.2.5 Accelerazioni di piano assolute 262 8.1.3 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,3g 264 8.1.3.1 Generalità 264 8.1.3.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 265 8.1.

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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.

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La tesi di Dottorato studia il flusso sanguigno tramite un codice agli elementi finiti (COMSOL Multiphysics). Nell’arteria è presente un catetere Doppler (in posizione concentrica o decentrata rispetto all’asse di simmetria) o di stenosi di varia forma ed estensione. Le arterie sono solidi cilindrici rigidi, elastici o iperelastici. Le arterie hanno diametri di 6 mm, 5 mm, 4 mm e 2 mm. Il flusso ematico è in regime laminare stazionario e transitorio, ed il sangue è un fluido non-Newtoniano di Casson, modificato secondo la formulazione di Gonzales & Moraga. Le analisi numeriche sono realizzate in domini tridimensionali e bidimensionali, in quest’ultimo caso analizzando l’interazione fluido-strutturale. Nei casi tridimensionali, le arterie (simulazioni fluidodinamiche) sono infinitamente rigide: ricavato il campo di pressione si procede quindi all’analisi strutturale, per determinare le variazioni di sezione e la permanenza del disturbo sul flusso. La portata sanguigna è determinata nei casi tridimensionali con catetere individuando tre valori (massimo, minimo e medio); mentre per i casi 2D e tridimensionali con arterie stenotiche la legge di pressione riproduce l’impulso ematico. La mesh è triangolare (2D) o tetraedrica (3D), infittita alla parete ed a valle dell’ostacolo, per catturare le ricircolazioni. Alla tesi sono allegate due appendici, che studiano con codici CFD la trasmissione del calore in microcanali e l’ evaporazione di gocce d’acqua in sistemi non confinati. La fluidodinamica nei microcanali è analoga all’emodinamica nei capillari. Il metodo Euleriano-Lagrangiano (simulazioni dell’evaporazione) schematizza la natura mista del sangue. La parte inerente ai microcanali analizza il transitorio a seguito dell’applicazione di un flusso termico variabile nel tempo, variando velocità in ingresso e dimensioni del microcanale. L’indagine sull’evaporazione di gocce è un’analisi parametrica in 3D, che esamina il peso del singolo parametro (temperatura esterna, diametro iniziale, umidità relativa, velocità iniziale, coefficiente di diffusione) per individuare quello che influenza maggiormente il fenomeno.

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Questa ricerca analizza le implicazioni derivanti dall’introduzione della procedura di co-decisione come procedura legislativa ordinaria nel processo di riforma della politica agricola comune. La diversa distribuzione dei poteri tra le istituzioni europee modifica gli assetti istituzionali e fornisce al Parlamento il ruolo di colegislatore in materia agricola. La forma assunta dalla nuova politica agricola europea scaturisce dalla configurazione dei poteri di contrattazione che ciascun attore ha mostrato nella sede dei triloghi negoziali. La ricerca tenta di verificare la accuratezza predittiva di diversi modelli di contrattazione legislativa attraverso il confronto e la verifica degli errori di predizione sui risultati finali di alcune questioni salienti della riforma della Politica Agricola Comune e allo stesso tempo, cerca di identificare il peso del potere del Parlamento europeo in veste di co-legislatore nel processo di riforma della PAC post-2013.

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Questa analisi è volta a esaminare le perturbazioni che, in date diverse (5/6 Febbraio 2015, 19-22 dicembre 2009, 1 febbraio 2012), hanno portato piovosità diffusa e nevicate intense nell'Emilia-Romagna. Il primo caso preso in esame, ossia quello relativo al periodo suddetto, ha rivestito grande importanza nello scenario dell’inverno scorso, in quanto ha provocato numerosi disagi alla viabilità, interruzione della distribuzione di acqua potabile e black-out elettrici nelle zone interessate da precipitazioni nevose; in Romagna invece sono stati numerosi gli allagamenti soprattutto nel Cesenate e nel Riminese. Nel secondo caso analizzato, invece, assistiamo al fenomeno non troppo comune del gelicidio. Provoca, infatti, anch’esso disagi gravi alla viabilità stradale e autostradale, nonché il pericolo di interruzione della corrente nelle linee elettriche, dovuta al peso del ghiaccio depositato sui conduttori che fa crollare i cavi dell’alta tensione. L’ultimo caso, infine, è stato trattato poiché rientrante nella famosa ondata di gelo della prima metà del Febbraio 2012. Vedremo, infatti, un quadro generale dell’ondata, dopodiché un “focus” sulle importanti nevicate del primo Febbraio in regione.

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En Mendoza es cada vez más común ralear racimos con el propósito de afectar la composición de las uvas. No obstante, el conocimiento local sobre cómo lograr un equilibrio adecuado de los distintos atributos de calidad mediante el raleo es escaso. El objetivo de esta investigación fue evaluar la relación entre el raleo de racimos en diferentes intensidades y épocas, y los componentes del rendimiento y la composición fenólica de la uva. Para este estudio, que se realizó en un viñedo de Agrelo, Luján de Cuyo, Mendoza (Argentina), se eligió la cultivar Malbec por ser el cepaje emblemático de Argentina y el típico de la Denominación de Origen Controlado (DOC) Luján de Cuyo. En las plantas de dicha cultivar, conducidas en espaldero alto y podadas en cordón Royat bilateral, el raleo fue manual, en tres momentos del ciclo: 1) cuando los granos tenían el tamaño de una arveja; 2) en envero y 3) a 21 °Brix. La intensidad de raleo fue de 25 y 50 % de los racimos. Se comprobó la hipótesis planteada en relación con que el raleo aumenta el tamaño de la baya y mejora la calidad de la uva, por cuanto incrementa la biosíntesis de los polifenoles. En los componentes del rendimiento aumenta el peso del racimo y el tamaño de la baya cuando el raleo se hace temprano y con una intensidad elevada. En cuanto a la influencia en la biosíntesis de los polifenoles se demuestra que el raleo temprano e intenso mejora la concentración de antocianas, catequinas y proantocianidinas. La concentración azucarina se vio incrementada cuando el raleo se hizo en envero y fue intenso.

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Durante la temporada 1999-2000 un lote de plantas de kiwi (Actinidia deliciosa (A. Chev.) C. F. Liang et A. R. Ferguson var. deliciosa cv Hayward) fue sometido a tres intensidades de raleo: 30, 40 y 50 frutos/m2 a los 19 días post-floración. Se evaluó la calidad de los frutos desarrollados en 3 tipos de ramificación lateral: fuerte, medio y débil. Se registró la evolución del crecimiento del fruto. Se determinó peso, contenido de sólidos solubles, firmeza de la pulpa y pH del jugo al momento de cosecha. • Las intensidades de raleo de 30, 40 y 50 frutos/m2 produjeron frutos de peso promedio 125, 121 y 113 g respectivamente. En los tres casos se superó el peso mínimo exigido para exportación. • Los laterales de tipo débil produjeron los frutos de menor peso y más blandos a cosecha. No se encontraron diferencias entre laterales en contenido de sólidos solubles y pH. • Los raleos intensos favorecieron la tasa de crecimiento del fruto pero la mayor intensidad de raleo (30 frutos/m2) comprometió el rendimiento del cultivo.

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Un conocimiento apropiado de la anatomía de los diferentes tipos florales de la vid permite interpretar procesos de floración y fertilidad. Se ha observado durante cinco años las características de distintas variedades de vid en Mendoza (Argentina). Debido a las diferencias de variedades y viñedos, las observaciones se han tratado desde un punto de vista general. El estudio de las características anatómicas de la baya permite comprender fenómenos de maduración, estrés hídrico, deficiencias y productividad. En cuanto a los procedimientos tecnológicos, la observación de los componentes celulares del fruto: pared celular, polifenoles vacuolares, plástidos y ráfides de cristales de tartrato de calcio permite evaluar métodos enológicos, procesos de maceración y extracción de compuestos fenólicos y los tratamientos que deberían aplicarse para mejorar la calidad del vino.

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En este trabajo se evalúa el efecto de la intensidad y época de raleo manual sobre el rendimiento y el tamaño de frutos en manzano (Malus domestica Bork cv. Gala). Árboles con cargas similares fueron raleados manualmente dejando 4,6 y 2,56 frutos/cm2 área de sección transversal de tronco (ASTT) a los 32 días después de plena flor (DDPF) y con 3,87 y 2,39 frutos/cm2 ASTT a los 39 DDPF. El mejor rendimiento/planta se obtuvo con la mayor proporción de calibres pequeños en el tratamiento con mayor carga. La época de raleo no afectó el rendimiento ni el peso promedio de fruto. El menor tamaño de frutos se obtuvo con el testigo sin ralear. El peso promedio de fruto aumentó significativamente cuando se redujo la carga a 2,36 frutos/cm2 ASTT sin diferencia entre épocas.

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Maíz, trigo y cebada son cereales comúnmente utilizados en piensos para ponedoras. A nivel práctico estos piensos incluyen un mínimo de 25 a 30% de maíz para asegurar altos consumos y mejorar el tamaño del huevo. Esta práctica puede estar relacionada con la mejora de la estructura del pienso maíz, así como al mayor contenido en ácido linoléico (LIN) de este cereal, que puede dar lugar en un incremento del peso del huevo, especialmente cuando el consumo es bajo. La adición de grasa al pienso aumenta la concentración energética del mismo y en general, el contenido en LIN (Schutze and Jensen, 1963). En este trabajo se investigó el efecto del tipo de cereal y grasa añadida sobre la productividad en ponedoras rubias. Un segundo objetivo fue evaluar la relación entre contenido en LIN del pienso y el tamaño del huevo.

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Como cualquier encinar que eligiésemos a fin de concretar en él nuestro estudio, quedaría enclavado dentro de la masa general de encina que puebla el término de Villanueva de Córdoba, sometida toda ella al mismo tratamiento y sobre la que gravitan los mismos problemas, creemos conveniente dividir nuestro trabajo en dos partes, comprendiendo la primera esas cuestiones de índole general, no sólo dentro del término de Villanueva, sino comunes a todo el valle de los Pedroches, haciendo resaltar los problemas que en la actualidad se presentan y sus soluciones adecuadas: tratando en la segunda de las características, tratamiento y distintos aprovechamientos que posee, de que es objeto y rinde una finca concreta que posea las condiciones que se nos señala de “tener una producción frutal no inferior de la necesaria para el cebo o engorde de una piara de trescientos cerdos”. Siguiendo esta directriz, tratamos en la primera parte de la evolución histórico-jurídica, primero, y selvícola, después, de la masa encinar del término; pasamos a ocuparnos después de los tratamientos de que son objeto, del suelo y vuelo; estudiamos detenidamente la cuestión de plagas con los remedios que se han puesto y cabe poner en práctica, y, por último, tratamos de los distintos aprovechamientos de que son objeto estos encinares. En la segunda parte concretamos nuestro estudio sobre el monte “Las Navas” de propiedad particular en cuanto a sus estados legal, natural y forestal, y determinamos su capacidad en ganado deducida de su posibilidad en fruto y el rendimiento en los distintos aprovechamientos de que es objeto la finca. Resaltamos de antemano los tres problemas pendientes de solución, de gran trascendencia en cuanto al estado actual y futuro y de los encinares y su economía general: la extinción de plagas, la regeneración artificial del arbolado y el aprovechamiento del fruto mediante su conservación o transformación. El primer problema, siempre de actualidad, y de posible realización, que por su persistencia ha adquirido caracteres de catástrofe, es de lamentar que quede sin resolver después de los importantes trabajos realizados por el antiguo Servicio de Estudio y Extinción de Plagas Forestales, adscrito al Cuerpo de Montes. El segundo problema, el de la regeneración de los encinares, lo encontramos de necesaria solución, a pesar de la imposibilidad de los particulares que creen en la indefinida longevidad de la encina; pues es ya grande la extensión de la zona desarbolada o casi desarbolada, sin que su suelo produzca apenas utilidad alguna después de la desaparición del arbolado; y cierto el estado decadente del vuelo de algunas fincas. Y, por último, la cuestión de la conservación del fruto en grandes cantidades, o, mejor aún, su transformación en harina y conservación de la misma, es de gran transcendencia económica y su solución resolvería el problema del total y apropiado aprovechamiento de la bellota. Ilustran nuestro trabajo una pequeña colección de fotografías relacionadas con los distintos asuntos tratados, un pequeño muestrario de lo distintos tipos de fruto de la localidad y de diversas variedades de encina, y varias modalidades de las puestas de L. dispar y M. neustria, sin que hayamos podido recoger ninguna de T. viridana como era nuestro propósito. …

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El transporte marítimo, responsable de la canalización del 90% de los flujos comerciales internacionales, se organiza en torno a los puertos. Éstos, que resultan plataformas indispensables para el desarrollo de la economía, compiten entre sí para maximizar el tráfico atraído hacia sus instalaciones. El papel estratégico de los puertos tiene un expreso reconocimiento en el contexto de la Unión Europea, tanto desde la óptica del comercio como bajo el prisma del transporte. No en vano, por los puertos europeos transita más del 90 % del comercio de la Unión con terceros países y aproximadamente, el 40 % del tráfico intracomunitario. Los puertos españoles configuran un eje neurálgico en el desarrollo del transporte marítimo a nivel internacional y una plataforma logística para todo el sur de Europa. Sus más de siete mil novecientos kilómetros de costa y un emplazamiento geográfico estratégico, confirman al territorio nacional como un punto de especial interés por sus establecimientos portuarios. La actividad del Sistema Portuario Español con una cifra de negocio de más de 1000 millones de euros, representa anualmente un 20 % del Producto Interior Bruto específico del sector transporte, aporta un 1.1% al Producto Interior Bruto Nacional y genera 145.000 empleos directos e indirectos. Debido a la actual coyuntura económica ahora, más que nunca, la competencia interportuaria se ha intensificado y sólo aquellos puertos que sean capaces de adaptarse a las nuevas necesidades y que puedan prestar unos servicios portuarios de calidad, fiables y a precios competitivos estarán en condiciones de mantener sus tráficos. La entrada en vigor de la Ley 33/2010, de 5 de agosto, de modificación de la Ley 48/2003, de 26 de noviembre, de régimen económico y de prestación de servicios en los puertos de interés general, marca como uno de sus objetivos principales el fomento de la eficiencia y la competitividad de nuestros puertos a través de la promoción de la competencia. La Ley avanza en la liberalización de los servicios portuarios, en particular, destaca el servicio portuario de manipulación de mercancías en donde se introducen algunas modificaciones con las que pretende dotar de transparencia, así como normalizar el acceso a la profesión y a la formación. Surge por tanto, la conveniencia de investigar las condiciones de prestación de los servicios portuarios, su impacto en la competitividad del sistema portuario y sobre cada uno de los agentes que forman parte de la cadena global del transporte marítimo. En primer lugar, la Autoridad Portuaria, como organismo público que tiene entre sus competencias la gestión y control de los servicios portuarios para lograr que se desarrollen en condiciones óptimas de eficacia, economía, productividad y seguridad. Al analizar el sector mediante el modelo de “Cinco Fuerzas de Porter” descubrimos que el creciente poder de los proveedores de servicios portuarios, especialmente el de manipulación de mercancías y el proceso de descentralización en la gestión de los puertos de interés general está restando atractivo y competitividad al sector. Además según la encuesta realizada a los representantes de las Autoridades Portuarias, existe prácticamente unanimidad acerca de la importancia de los servicios portuarios en la competitividad del puerto y la falta de transparencia existente, particularmente en el servicio de manipulación de mercancías. Por otro lado, pone de manifiesto los aspectos considerados más importantes, que son el coste y la fiabilidad en la prestación del servicio. A continuación se investiga la repercusión del coste de los servicios portuarios en el precio final del producto, es decir, cómo inciden éstos en la competitividad del tejido empresarial al que sirven los puertos y su impacto en el consumidor final. Concluyendo que el coste de los servicios portuarios tiene de media un peso del 12 % frente al coste global del transporte marítimo y aproximadamente un 0.5% respecto al precio del producto. Posteriormente se realiza una exhaustiva investigación de las principales empresas prestadoras de servicios portuarios en España, se sintetizan los principales datos y se realiza un análisis de la estructura y evolución del sector. Se observa una tendencia a la integración en grandes grupos empresariales vinculados al sector marítimo y a la concentración sectorial. Siendo conscientes de la importancia de la optimización de los servicios portuarios para las empresas operadoras de terminales y navieras, se ha procedido a contrastar la hipótesis inicial de que el servicio de manipulación de mercancías es el responsable de la mayor parte (65 %) del coste del paso de la mercancía por el puerto. Por tanto, a la vista de los resultados obtenidos, por la importancia manifestada tanto por parte de las Autoridades Portuarias como por las empresas operadoras de terminales, a partir de éste punto se particulariza la investigación para el servicio portuario de manipulación de mercancías. Se selecciona una muestra significativa de empresas estibadoras, se procede a homogeneizar sus cuentas de pérdidas y ganancias y sus balances. Posteriormente se calcula y analiza un elevado número de ratios económico-financieros que tendremos en cuenta a la hora de evaluar una solicitud para el otorgamiento de una licencia para la prestación del servicio de manipulación de mercancías. Asimismo se ha procedido a realizar una cuenta de pérdidas y ganancias y un balance modelo, tanto para la empresa media, construida a partir de los ratios medios, como para una empresa ideal desde el punto de vista empresarial, construida a partir de los mejores ratios obtenidos. Ante la necesidad detectada en el estado del arte de la falta de mecanismos para dotar de transparencia al sector, mediante esta estructura la Autoridad Portuaria dispondrá de una herramienta que le permita objetivizar el proceso de toma de decisiones a la hora de establecer sus condiciones en los Pliegos de Prescripciones Particulares y otorgar las licencias, así como evaluar la rentabilidad de la empresa a lo largo del periodo de prestación del servicio. Por un lado, una empresa prestadora de servicios portuarios, debe obtener una rentabilidad acorde con las expectativas de sus accionistas y como mínimo superior al coste de capital de la misma. Al mismo tiempo, la Administración que tutela la prestación del servicio, la Autoridad Portuaria, debe verificar la viabilidad de la propuesta, pues ello será garantía de éxito de la empresa y por tanto de continuidad de prestación del servicio en el puerto pero también debe asegurar una competitividad en costes. Al proceder a la extracción de conclusiones a partir de los ratios económico-financieros obtenidos para las empresas estibadoras (Ratio medio Beneficios/Ventas=4.68%) se pone de manifiesto que claramente el problema de ineficiencia y sobrecostes no está siendo provocado por unos elevados márgenes de rentabilidad de éstas. Por tanto, se analizan otros agentes integrantes en el proceso y se detecta la particular situación de la mano de obra del estibador portuario. Se investigan las ventajosas condiciones laborales que disfrutan y se proponen una serie de medidas que producirían una mejora en la competitividad del servicio que conllevarían una reducción de un 30 % sobre los costes totales del paso de la mercancía por el puerto. En un sector global como es el marítimo, con un escenario cada vez más dinámico y competitivo, con la presente tesis doctoral se trata de asegurar que los factores clave de éxito identificados se cumplan, siendo uno de éstos el liderazgo en costes, que necesariamente se deberá equilibrar con la viabilidad económica de la empresa en la prestación del servicio de la manera más eficiente y productiva, haciendo el puerto más atractivo tanto para los clientes actuales como potenciales.

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El objetivo general de esta Tesis Doctoral fue estudiar la influencia de diversos factores nutricionales y de manejo sobre la productividad y la calidad del huevo en gallinas ponedoras comerciales rubias. Los factores estudiados fueron: 1) Cereal principal y tipo de grasa en la dieta; 2) Nivel de proteína bruta y grasa en la dieta; 3) Nivel energético de la dieta; 4) Peso vivo al inicio del período de puesta. En el experimento 1, la influencia del cereal principal en la dieta y el tipo de grasa suplementada en la dieta sobre los parámetros productivos y la calidad del huevo fue estudiado en 756 gallinas rubias de la estirpe Lohmann desde la sem 22 hasta las 54 de vida. El experimento se realizó mediante un diseño completamente al azar con 9 tratamientos ordenados factorialmente, con 3 cereales bases (maíz, trigo blando y cebada) y 3 tipos de grasa que variaban en su contenido en ácido linoléico (aceite de soja, oleína vegetal mezcla y manteca). Todas las dietas satisfacian las recomendaciones nutricionales para gallinas ponedoras rubias según el NRC (1994) y FEDNA (2008). La unidad experimental fue la jaula para todas las variables. Cada tratamiento fue replicado 4 veces, y la unidad experimental estuvo formada por 21 gallinas alojadas en grupos de 7. Las dietas fueron formuladas con un contenido nutritivo similar, excepto para el ácido linoléico, que varió en función del tipo de cereal y grasa utilizado. Así, dependiendo de la combinación de estos elementos el contenido de este ácido graso varió desde un 0.8% (dieta trigo-manteca) a un 3.4% (dieta maíz-aceite de soja). Este rango de ácido linoléico permitió estimar el nivel mínimo de este nutriente en el pienso que permite maximizar el peso del huevo. Los parámetros productivos y la calidad del huevo se controlaron cada 28 días y el peso de las aves se midió individualmente al inicio y al final del experimento con el objetivo de estudiar la variación en el peso vivo de los animales. No se observaron interacciones entre el tipo de cereal y grasa en la dieta para ninguna de las variables productivas estudiadas. Los tratamientos experimentales no afectaron a las principales variables productivas (porcentaje de puesta, peso del huevo y masa de huevo). Sin embargo, la ganancia de peso fue mayor en gallinas alimentadas con maíz o trigo que las gallinas alimentadas con cebada (243 vs. 238 vs. 202 g, respectivamente; P< 0.05). En el mismo sentido, las gallinas alimentadas con manteca obtuvieron una mayor ganancia de peso que las gallinas alimentadas con aceite de soja u oleína vegetal (251 vs. 221 vs. 210 g, respectivamente; P< 0.05). En cuanto a las variables estudiadas en relación con la calidad del huevo, ninguna de las variables estudiadas se vio afectada por el tratamiento experimental, salvo la pigmentación de la yema. Así, las gallinas alimentadas con maíz como cereal principal obtuvieron una mayor puntuación en relación con la escala de color que las gallinas alimentadas con trigo y con cebada (9.0 vs. 8.3 vs. 8.3, respectivamente; P< 0.001). La pigmentación de la yema también se vio afectada por el tipo de grasa en la dieta, así, las gallinas alimentadas con manteca obtuvieron una mayor puntuación de color en relación con la escala de color que las gallinas alimentadas con aceite de soja u oleína vegetal (8.9 vs. 8.5 vs. 8.2, respectivamente; P< 0.001). La influencia del contenido en ácido linoléico respecto al peso de huevo y masa de huevo fue mayor a medida que el contenido de dicho ácido graso se redujo en la dieta. Así, la influencia de la dieta en los radios peso de huevo/g linoléico ingerido y masa de huevo/g linoléico ingerido fue significativamente mayor a medida que el contenido en dicho ácido graso disminuyo en la dieta (P< 0.001). Los resultados del ensayo indican que las gallinas ponedoras rubias no necesitan más de un 1.0% de ácido linoléico en la dieta para maximizar la producción y el tamaño del huevo. Además, se pudo concluir que los 3 cereales y las 3 grasas utilizadas pueden sustituirse en la dieta sin ningún perjuicio productivo o referente a la calidad del huevo siempre que los requerimientos de los animales sean cubiertos. En el experimento 2, la influencia del nivel de proteína bruta y el contenido de grasa de la dieta sobre los parámetros productivos y la calidad del huevo fue estudiado en 672 gallinas ponedoras rubias de la estirpe Lohmann entre las sem 22 y 50 de vida. El experimento fue conducido mediante un diseño completamente al azar con 8 tratamientos ordenados factorialmente con 4 dietas y 2 pesos vivos distintos al inicio de puesta (1592 vs. 1860g). Tres de esas dietas diferían en el contenido de proteína bruta (16.5%, 17.5% y 18.5%) y tenían un contenido en grasa añadida de 1.8%. La cuarta dieta tenía el nivel proteico más elevado (18.5%) pero fue suplementada con 3.6% de grasa añadida en vez de 1.8%. Cada tratamiento fue replicado 4 veces y la unidad experimental consistió en 21 gallinas alojadas dentro de grupos de 7 animales en 3 jaulas contiguas. Todas las dietas fueron isocalóricas (2750 kcal EMAn/kg) y cubrieron las recomendaciones en aminoácidos para gallinas ponedoras rubias (Arg, Ile, Lys, Met, Thr, Trp, TSAA y Val) según el NRC (1994) y FEDNA (2008). Los efectos de los tratamientos sobre las variables productivas y la calidad de huevo fueron estudiados cada 28 días. La dieta no afecto a ninguna de las variables productivas estudiadas a lo largo del período productivo. Sin embargo, el peso inicial origino que las gallinas pesadas consumieran más (120.6 vs. 113.9 g; P< 0.001), obtuvieran un porcentaje de puesta mayor (92.5 vs. 89.8%; P< 0.01) y un peso del huevo mayor (64.9 vs. 62.4 g; P< 0.001) que las gallinas ligeras. El peso inicial de las gallinas no afecto al IC por kg de huevo ni a la mortalidad, sin embargo, la ganancia de peso fue mayor (289 vs. 233 g; P< 0.01) y el IC por docena de huevos fue mejor (1.52 vs. 1.57; P< 0.01) en las gallinas ligeras que en las gallinas pesadas. En cuanto a la calidad del huevo, la dieta no influyó sobre ninguna de las variables estudiadas. Los resultados del ensayo muestran que las gallinas ponedoras rubias, independientemente de su peso vivo al inicio de la puesta, no necesitan una cantidad de proteína bruta superior a 16.5% para maximizar la producción, asegurando que las dietas cubren los requerimientos en AA indispensables. Asimismo, se puedo concluir que las gallinas con un peso más elevado al inicio de puesta producen más masa de huevo que las gallinas con un peso más bajo debido a que las primeras producen más cantidad de huevos y más pesados. Sin embargo, ambos grupos de peso obtuvieron el mismo IC por kg de huevo y las gallinas más livianas en peso obtuvieron un mejor IC por docena de huevo que las pesadas. En el experimento 3 la influencia de la concentración energética sobre los parámetros productivos y la calidad del huevo fue estudiada en 520 gallinas ponedoras rubias de la estirpe Hy-Line en el período 24-59 sem de vida. Se utilizaron 8 tratamientos ordenados factorialmente con 4 dietas que variaron en el contenido energético (2650, 2750, 2850 y 2950 kcal EMAn/kg) y 2 pesos vivos distintos al inicio del período de puesta (1733 vs. 1606g). Cada tratamiento fue replicado 5 veces y la unidad experimental consistió en una jaula con 13 aves. Todas las dietas se diseñaron para que tuvieran una concentración nutritiva similar por unidad energética. Las variables productivas y de calidad de huevo se estudiaron mediante controles cada 28 días desde el inicio del experimento. No se observaron interacciones entre el nivel energético y el peso inicial del ave para ninguna de las variables estudiadas. Un incremento en la concentración energética de la dieta incrementó la producción de huevos (88.8 % vs. 91.2 % vs. 92.7 % vs. 90.5 %), masa de huevo (56.1 g/d vs. 58.1 g/d vs. 58.8 g/d vs. 58.1 g/d), y eficiencia energética (5.42 vs. 5.39 vs. 5.38 vs. 5.58 kcal EMA/g huevo) de forma lineal y cuadrática (P< 0.05) y afectó significativamente a la ganancia de peso (255 g vs. 300 g vs. 325 g vs. 359 g; P<0.05) . Sin embargo, un incremento en la concentración energética provocó un descenso lineal en el consumo de los animales (115 g vs. 114 g vs. 111 g vs. 110 g; P< 0.001) y un descenso lineal y cuadrático en el IC por kg de huevo (2.05 vs. 1.96 vs. 1.89 vs. 1.89; P< 0.01). En cuanto a la calidad del huevo, un incremento en el contenido energético de la dieta provocó una reducción en la calidad del albumen de forma lineal en forma de reducción de Unidades Haugh (88.4 vs. 87.8 vs. 86.3 vs. 84.7; P< 0.001), asimismo el incremento de energía redujo de forma lineal la proporción relativa de cáscara en el huevo (9.7 vs. 9.6 vs. 9.6 vs. 9.5; P< 0.001). Sin embargo, el incremento energético propició un incremento lineal en la pigmentación de la yema del huevo (7.4 vs. 7.4 vs. 7.6 vs. 7.9; P< 0.001). El peso vivo al inicio de la prueba afecto a las variables productivas y a la calidad del huevo. Así, los huevos procedentes de gallinas pesadas al inicio de puesta tuvieron una mayor proporción de yema (25.7 % vs. 25.3 %; P< 0.001) y menor de albumen (64.7 vs. 65.0; P< 0.01) y cáscara (9.5 vs. 9.6; P< 0.05) respecto de los huevos procedentes de gallinas ligeras. Consecuentemente, el ratio yema:albumen fue mayor (0.40 vs. 0.39; P< 0.001) para las gallinas pesadas. Según los resultados del experimento se pudo concluir que las actuales gallinas ponedoras rubias responden con incrementos en la producción y en la masa del huevo a incrementos en la concentración energética hasta un límite que se sitúa en 2850 kcal EMAn/kg. Asimismo, los resultados obtenidos entre los 2 grupos de peso al inicio de puesta demostraron que las gallinas pesadas al inicio de puesta tienen un mayor consumo y producen huevos más pesados, con el consecuente aumento de la masa del huevo respecto de gallinas más ligeras. Sin embargo, el IC por kg de huevo fue el mismo en ambos grupos de gallinas y el IC por docena de huevo fue mejor en las gallinas ligeras. Asimismo, la eficiencia energética fue mejor en las gallinas ligeras. Abstract The general aim of this PhD Thesis was to study the influence of different nutritional factors and management on the productivity and egg quality of comercial Brown laying hens. The factor studied were: 1) The effect of the main cereal and type of fat of the diet; 2) The effect of crude protein and fat content of the diet; 3) The effect of energy concentration of the diet; 4) The effect of initial body weight of the hens at the onset of lay period. In experiment 1, the influence of the main cereal and type of supplemental fat in the diet on productive performance and egg quality of the eggs was studied in 756 Lohmann brown-egg laying hens from 22 to 54 wk of age. The experiment was conducted as a completely randomized design with 9 treatments arranged factorially with 3 cereals (dented corn, soft wheat, and barley) and 3 types of fat (soy oil, acidulated vegetable soapstocks, and lard). Each treatment was replicated 4 times (21 hens per replicate). All diets were formulated according to NRC (1994) and FEDNA (2008) to have similar nutrient content except for linoleic acid that ranged from 0.8 (wheat-lard diet) to 3.4% (corn-soy bean oil) depending on the combination of cereal and fat source used. This approach will allow to estimate the minimum level of linoleic acid in the diets that maximizes egg weight. Productive performance and egg quality traits were recorded every 28 d and BW of the hens was measured individually at the beginning and at the end of the experiment. No significant interactions between main factors were detected for any of the variables studied. Egg production, egg weight, and egg mass were not affected by dietary treatment. Body weight gain was higher (243 vs. 238 vs. 202 g; P<0.05) for hens fed corn or wheat than for hens fed barley and also for hens fed lard than for hens fed soy oil or acidulated vegetable soapstocks (251 vs. 221 vs. 210 g; P< 0.05). Egg quality was not influenced by dietary treatment except for yolk color that was greater (9.0 vs. 8.3 vs. 8.3; P< 0.001) for hens fed corn than for hens fed wheat or barley and for hens fed lard than for hens fed soy oil or acidulated vegetable soapstocks (8.9 vs. 8.5 vs. 8.2, respectivamente; P< 0.001). The influence of linoleic acid on egg weight and egg mass was higher when the fatty acid was reduced in the diet. Thus, the influence of the diet in egg weight/g linoleic acid intake and egg mass/g linolec acid intake was higher when the amount of this fatty acid decreased in the diet (P< 0.001). It is concluded that brown egg laying hens do not need more than 1.0% of linoleic acid in the diet (1.16 g/hen/d) to maximize egg production and egg size. The 3 cereals and the 3 fat sources tested can replace each other in the diet provided that the linoleic acid requirements to maximize egg size are met. In experiment 2, the influence of CP and fat content of the diet on performance and egg quality traits was studied in 672 Lohmann brown egg-laying hens from 22 to 50 wk of age. The experiment was conducted as a completely randomized design with 8 treatments arranged factorially with 4 diets and 2 initial BW of the hens (1,592 vs. 1,860 g). Three of these diets differed in the CP content (16.5, 17.5, and 18.5%) and included 1.8% added fat. The fourth diet had also 18.5% CP but was supplemented with 3.6% fat instead of 1.8% fat. Each treatment was replicated 4 times and the experimental unit consisted of 21 hens allocated in groups of 7 in 3 adjacent cages. All diets were isocaloric (2,750 kcal AME/kg) and met the recommendations of brown egg-laying hens for digestible Arg, Ile, Lys, Met, Thr, Trp, TSAA, and Val. Productive performance and egg quality were recorded by replicate every 28-d. For the entire experimental period, diet did not affect any of the productive performance traits studied but the heavier hens had higher ADFI (120.6 vs. 113.9g; P< 0.001), egg production (92.5 vs. 89.8%; P< 0.01), and egg weight (64.9 vs. 62.4g; P< 0.001) than the lighter hens. Initial BW did not affect feed conversion per kilogram of eggs or hen mortality but BW gain was higher (289 vs. 233g; P< 0.01) and FCR per dozen of eggs was better (1.52 vs. 1.57; P< 0.01) for the lighter than for the heavier hens. None of the egg quality variables studied was affected by dietary treatment or initial BW of the hens. It is concluded that brown egg-laying hens, irrespective of their initial BW, do not need more than 16.5% CP to maximize egg production provided that the diet meet the requirements for key indispensable amino acids. Heavier hens produce more eggs that are larger than lighter hens but feed efficiency per kilogram of eggs is not affected. In experiment 3, the influence of AMEn concentration of the diet on productive performance and egg quality traits was studied in 520 Hy-Line brown egg-laying hens differing in initial BW from 24 to 59 wks of age. There were 8 treatments arranged factorially with 4 diets varying in energy content (2,650, 2,750, 2,850, and 2,950 kcal AMEn/kg) and 2 initial BW of the hens (1,733 vs. 1,606 g). Each treatment was replicated 5 times (13 hens per replicate) and all diets had similar nutrient content per unit of energy. No interactions between energy content of the diet and initial BW of the hens were detected for any trait. An increase in energy concentration of the diet increased (linear, P< 0.05; quadratic P< 0.05) egg production (88.8 % vs. 91.2 % vs. 92.7 % vs. 90.5 %), egg mass (56.1 g/d vs. 58.1 g/d vs. 58.8 g/d vs. 58.1 g/d), energy efficiency (5.42 vs. 5.39 vs. 5.38 vs. 5.58 kcal AMEn/g of egg), and BW gain (255 g vs. 300 g vs. 325 g vs. 359 g; P<0.05) but decreased ADFI (115 g vs. 114 g vs. 111 g vs. 110 g; P< linear, P< 0.001) and FCR per kg of eggs (2.05 vs. 1.96 vs. 1.89 vs. 1.89; linear, P< 0.01; quadratic P< 0.01). An increase in energy content of the diet reduced Haugh units (88.4 vs. 87.8 vs. 86.3 vs. 84.7; P< 0.01) and the proportion of shell in the egg (9.7 vs. 9.6 vs. 9.6 vs. 9.5; P< 0.001). Feed intake (114.6 vs. 111.1 g/hen per day), AMEn intake (321 vs. 311 kcal/hen per day), egg weight (64.2 vs. 63.0 g), and egg mass (58.5 vs. 57.0 g) were higher for the heavier than for the lighter hens (P<0.01) but FCR per kg of eggs and energy efficiency were not affected. Eggs from the heavier hens had higher proportion of yolk (25.7 % vs. 25.3 %; P< 0.001) and lower of albumen (64.7 vs. 65.0; P< 0.01) and shell (9.5 vs. 9.6; P< 0.05) than eggs from the lighter hens. Consequently, the yolk to albumen ratio was higher (0.40 vs. 0.39; P< 0.001) for the heavier hens. It is concluded that brown egg-laying hens respond with increases in egg production and egg mass, to increases in AMEn concentration of the diet up to 2,850 kcal/kg. Heavy hens had higher feed intake and produced heavier eggs and more egg mass than light hens. However, energy efficiency was better for the lighter hens.