999 resultados para Pawlowski, Hans-Martin


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The assembly of a pre-B cell receptor (pre-BCR) composed of an Ig μ heavy chain (μH-chain), the surrogate light (SL) chain, and the Igα/β dimer is critical for late pro-B cells to advance to the pre-B cell stage. By using a transgenic mouse model, in which μH-chain synthesis is solely driven by a tetracycline-controlled transactivator, we show that de novo synthesis of μH-chain in transgenic pro-B cells not only induces differentiation but also proliferation. This positive effect of μH-chain synthesis on proliferation requires the presence of SL chain and costimulatory signals provided by stromal cells or IL-7. We conclude that pre-BCR signaling induces clonal expansion of early pre-B cells.

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Karttalehdet: Charta öfwer Swerige med tilgränsande länder ; Charta öfwer Storfurstendömet Finland ; Charta öfver Åbo och Björneborgs höfdingedöme ; Charta öfver Wasa höfdingedöme ; Charta öfver Uleåborgs höfdingedöme ; Charta öfver Savolax och Karelens eller Kuopio höfdingedöme ; Charta öfver Nylands och Tavastehus samt Kymmenegårds höfdingedömen. Nimiösivun kuva: Utsigt ifrån Wermasvuori åt sjöarne Jokijärvi och Ilmolanselkä uti Hauho sockn i Nylands och Tavastehus höfdingedöme / ritad af C. P. Hällström ; graverad af J. F. Martin.

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No ano de 1970 houve a publicação da obra póstuma Ave, palavra de Guimarães Rosa (1908-1967) que reúne alguns textos do autor, desta coletânea de textos se faz a escolha das crônicas “O mau humor de Wotan”, “A velha” e “A senhora dos segredos”, que giram em torno do contexto do Nazismo alemão e expõem uma posição contraria ao Nacional Socialismo. Num primeiro momento o trabalho busca mostrar como Benedito Nunes (1929-2011) se guiou por uma tendência interpretativa concebida por comentadores heideggerianos antes das obras completas [Gesamtausgabe] (2001), tal tendência postula que não há na Filosofia de Martin Heidegger (1889-1976) um vínculo entre o pensamento político e o filosófico. O passo seguinte expõe a noção heideggeriana em Ser e Verdade (2001) em que o filósofo alemão propõe uma fundamentação ideológica para o Nazismo, sendo favorável a este com certas ressalvas. Assim, mostra-se como as obras completas expõem argumentos que apontam uma limitação em relação aos comentadores que produziram antes de sua publicação sobre a Política e a Filosofia em Heidegger. No subcapítulo sobre O local da diferença (2005), trata-se do trauma e do testemunho como conceitos centrais que o autor coloca para teorizar as Literaturas do século XX nos contextos de guerra e de regimes autoritários. Após, faz-se uma leitura crítica com base na premissa do pensamento político filosófico em Heidegger nas crônicas rosianas, pois estas expõem imagens do período da Alemanha nazista que o escritor mineiro esteve como diplomata. A segunda crítica das crônicas de guerra será feita com base nos conceitos de trauma e de testemunho formulados por Seligmann-Silva (1964), pois, as obras rosianas tratadas demonstram o teor de autoritarismo do partido nazista. Por fim, será feita uma definição do conceito de recepção de Hans Robert Jauss (1921-1997) para em seguida discutir os autores que fizeram a recepção críticas das crônicas rosianas.

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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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