956 resultados para Female Reproductive Tract Development
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
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Thesis (Ph. D.) - Cornell University, 1921.
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Knowledge of factors affecting the survival of individuals and their reproductive success is essential for threatened species management, but studies assessing these factors are lacking for many threatened rock-wallaby species. In this study we investigated the factors influencing the breeding performance of females and the survival of pouch young in a wild colony of the threatened brush-tailed rock-wallaby. Individuals were trapped between October 2000 and April 2004. More than 50% of the females in the colony were breeding below their full potential and giving birth to only one offspring per year. Most females within the colony bred in synchrony, with a substantial birth peak evident during autumn. Pouch young born in autumn left the pouch during spring and were weaned during summer and autumn when forage was most abundant. Pouch young born during the autumn birth peak or in winter had a substantially higher probability of surviving through to pouch emergence than those born during spring or summer. This study provides demographic parameters that may be used in population models and for comparison with other populations, particularly those that are small and declining. To optimise reproductive success in reintroduction programs, females in good condition and with small pouch young should be released at the end of the wettest season.
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Background Both primary and secondary gynaecological neuroendocrine (NE) tumours are uncommon, and the literature is scarce concerning their imaging features. Methods This article reviews the epidemiological, clinical and imaging features with pathological correlation of gynaecological NE tumours. Results The clinical features of gynaecological NE tumours are non-specific and depend on the organ of origin and on the extension and aggressiveness of the disease. The imaging approach to these tumours is similar to that for other histological types and the Revised International Federation of Gynecology and Obstetrics (FIGO) Staging System also applies to NE tumours. Neuroendocrine tumours were recently divided into two groups: poorly differentiated neuroendocrine carcinomas (NECs) and well-differentiated neuroendocrine tumours (NETs). NECs include small cell carcinoma and large cell neuroendocrine carcinoma, while NETs account for typical and atypical carcinoids. Cervical small cell carcinoma and ovarian carcinoid are the most common gynaecological NE tumours. The former typically behaves aggressively; the latter usually behaves in a benign fashion and tends to be confined to the organ. Conclusion While dealing with ovarian carcinoids, extraovarian extension, bilaterality and multinodularity raise the suspicion of metastatic disease. NE tumours of the endometrium and other gynaecological locations are very rare. Teaching Points • Primary or secondary neurondocrine (NE) tumours of the female genital tract are rare. • Cervical small cell carcinoma and ovarian carcinoids are the most common gynaecological NE tumours. • Cervical small cell carcinomas usually behave aggressively. • Ovarian carcinoids tend to behave in a benign fashion. • The imaging approach to gynaecological NE tumours and other histological types is similar.
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Primary lymphomas of the female genital tract are extremely rare, and a definitive diagnosis requires correlation of the clinical, radiological, and pathological findings. Unlike nonlymphomatous malignant tumors, the treatment of lymphoma is typically nonsurgical, thus raising the possibility of lymphoma in the differential diagnosis of a pelvic mass, a radiologist can significantly change the approach to the disease. Although some imaging findings may appear nonspecific, others may suggest the possibility of lymphoma, such as the presence of one or more solid, well-defined, homogeneous masses without necrosis despite a large size or the presence of diffuse infiltration leading to organomegaly with architectural preservation. Additionally, pelvic lymphadenopathy may be evident. In this pictorial essay, we discuss the radiological appearances of gynecological primary lymphomas, grouped by organ, in ultrasonography, computed tomography, and magnetic resonance imaging.
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The reproductive biology of the large-footed myotis, Myotis moluccarum, was studied during the annual breeding season in southeast Queensland, Australia. Previous research has shown the species to be polyoestrous and monotoccous, producing two consecutive young with some degree of synchrony in late October to early November and again in late January to early February. Hormonal data was collected and observations of the female reproductive tract made in order to ascertain the reproductive cycle of this species. In July, when females were not pregnant, progesterone concentrations were 1.9 +/- 0.9 ng/ml. During the two gestation periods, progesterone concentrations increased progressively until late pregnancy at the end of October through to early November and again in late January to early February. During the latest stages of pregnancy, progesterone concentrations of 69.9 +/- 18.7 ng/ml were reached. It is suggested that a plasma progesterone concentration in excess of about 8 ng/ml indicates pregnancy in this species. Plasma testosterone concentration in males reached a peak of 43.1 +/- 9.81 ng/ml in July, and was then variable until December when levels declined significantly to 2.0 +/- 1.7 ng/ml.
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Egg-induced lesions in the upper and the lower female reproductive tract are important complications of the infection with Schistosoma mansoni. The understanding of the pathophysiology and pathology of genital lesions is only rudimentary, simple and reliable diagnostic tools are not at hand, epidemiological data do not exist and how to treat best the women affected, is not known. In view of recent advances in the understanding of genital lesions induced by S. haematobium the existing literature is critically analysized and possible consequences of female genital schistosomiasis are outlined. We estimate that 6 to 27 % girls and women with intestinal schistosomiasis, at least temporarily, suffer from pathology induced by eggs sequestered somewhere in their genital organs. This is a mattern of concern and warrants more research into the epidemiology, pathology, diagnosis and therapy of this disease entity.
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L’infertilité affecte environ 15% des couples en âge de se reproduire. Dans près de la moitié des cas, des facteurs masculins sont à la base de l’infertilité, quoique les causes exactes demeurent souvent inconnues. Les spermatozoïdes de mammifères subissent une série d’étapes de maturation avant d’acquérir la capacité de féconder un ovocyte. Les premiers changements ont lieu à l’intérieur de l’épididyme, où les spermatozoïdes gagnent la capacité de se mouvoir ainsi que de reconnaître et d’interagir avec l’ovocyte. Suite à l’éjaculation, ils doivent subir une seconde série de modifications à l’intérieur du tractus génital femelle, nommée capacitation. Nous avons préalablement démontré que chez le bovin, la famille de protéines BSP (Binder of SPerm) est essentielle à la capacitation. Des homologues des BSP ont aussi été isolés du fluide séminal de porc, de bouc, de bélier, de bison et d’étalon. Malgré la détection d’antigènes apparentés aux BSP dans le fluide séminal de souris et d’humain, les homologues des BSP n’ont jamais été caractérisés chez ces espèces. Nous avons émis l’hypothèse que des homologues des BSP seraient exprimés chez la souris et l’humain et joueraient un rôle dans la maturation des spermatozoïdes. Nous avons démontré que des séquences homologues aux BSP sont présentes dans les génomes murin et humain. Le génome murin contient trois séquences; Bsph1, Bsph2a et Bsph2b, tandis qu’une seule séquence (BSPH1) a été identifée chez l’humain. Les séquences d’ADNc de Bsph1, Bsph2a et BSPH1 ont été clonées, tandis que Bsph2b serait probablement un pseudogène. Les trois gènes sont exprimés uniquement dans l’épididyme et font partie d’une sous-famille distincte à l’intérieur de la famille des BSP. Chez les ongulés, les BSP sont exprimées par les vésicules séminales, sont ajoutées aux spermatozoïdes lors de l’éjaculation et représentent une proportion significative des protéines du plasma séminal. Au contraire, les BSP épididymaires ne sont retrouvées qu’en faibles quantités dans le fluide séminal. L’étude de leur rôle dans les fonctions spermatiques était donc plus difficile que chez les ongulés, où l’isolement des protéines natives du plasma séminal à l’aide de techniques de chromatographie était possible. Afin d’étudier sa fonction, nous avons exprimé BSPH1 recombinante dans E. coli. Les ponts disulfure des domaines de type-II caractéristiques de ces protéines ont fait en sorte que l’expression de BSPH1 fusionnée à une étiquette hexahistidine ou glutathion-S-transférase a donné lieu à des protéines insolubles dans les corps d’inclusion. La production de BSPH1 soluble a été possible grâce à l’ajout d’une étiquette thiorédoxine et l’expression dans une souche au cytoplasme oxidatif. BSPH1 a été purifiée par affinité et sa liaison aux partenaires connus des BSP, la phosphatidylcholine, les lipoprotéines de faible densité et la membrane des spermatozoïdes, suggérait que la protéine recombinante possédait sa conformation native et pouvait être utilisée pour des essais fonctionnels. La forme native de BSPH1 a été détectée dans le plasma séminal humain suite au fractionnement par gel filtration. La liaison de BSPH1 native à une colonne d’affinité à l’héparine a indiqué qu’elle partage aussi cette propriété de liaison avec la famille des BSP, et pourrait lier les GAGs semblables à l’héparine du tractus génital féminin. Une colonne d’immunoaffinité anti-BSPH1 a été préparée à l’aide d’anticorps générés contre des protéines recombinantes, et a permis d’isoler BSPH1 native à partir d’extraits de spermatozoïdes humains. Nos résultats montrent que BSPH1 native serait localisée dans les microdomaines « rafts » de la membrane. Sa masse moléculaire apparente était de 32 kDa, ce qui est supérieur à la masse prédite selon sa séquence en acides aminés, indiquant la présence probable de modifications post-traductionnelles, ou d’une migration anormale. L’effet de BSPH1 recombinante et des anticorps anti-BSPH1 sur la motilité, la viabilité et la capacitation a aussi été étudié. Les deux dernières variables ont été mesurées par un essai de cytométrie en flux, optimisé dans cette étude. Aucun effet des protéines recombinantes ou des anticorps sur la motilité et la viabilité des spermatozoïdes n’a été noté. Quoiqu’une stimulation modeste, quoique significative, de la capacitation ait été observée à la plus faible concentration de BSPH1, les concentrations plus élevées n’ont pas montré d’effet. De la même manière, les anticorps anti-BSPH1 n’ont pas eu d’effet significatif sur la capacitation. Ces résultats suggèrent que BSPH1 produite dans E. coli n’affecte pas la capacitation de façon marquée. Cependant, puisque BSPH1 native possède probablement des modifications post-traductionnelles, une protéine recombinante produite dans des cellules de mammifères pourrait affecter les fonctions spermatiques. De manière alternative, les BSP épididymaires remplissent peut-être un rôle différent dans les fonctions spermatiques que celles sécrétées par les vésicules séminales des ongulés. Les résultats décrits dans cette thèse pourraient contribuer à améliorer le diagnostic de l’infertilité masculine, ainsi que les techniques de reproduction assistée et éventuellement, pourraient mener au développement de contraceptifs masculins.
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Phthalates are industrial additives widely used as plasticizers. In addition to deleterious effects on male genital development, population studies have documented correlations between phthalates exposure and impacts on reproductive tract development and on the metabolic syndrome in male adults. In this work we investigated potential mechanisms underlying the impact of DEHP on adult mouse liver in vivo. A parallel analysis of hepatic transcript and metabolic profiles from adult mice exposed to varying DEHP doses was performed. Hepatic genes modulated by DEHP are predominantly PPARalpha targets. However, the induction of prototypic cytochrome P450 genes strongly supports the activation of additional NR pathways, including Constitutive Androstane Receptor (CAR). Integration of transcriptomic and metabonomic profiles revealed a correlation between the impacts of DEHP on genes and metabolites related to heme synthesis and to the Rev-erbalpha pathway that senses endogenous heme level. We further confirmed the combined impact of DEHP on the hepatic expression of Alas1, a critical enzyme in heme synthesis and on the expression of Rev-erbalpha target genes involved in the cellular clock and in energy metabolism. This work shows that DEHP interferes with hepatic CAR and Rev-erbalpha pathways which are both involved in the control of metabolism. The identification of these new hepatic pathways targeted by DEHP could contribute to metabolic and endocrine disruption associated with phthalate exposure. Gene expression profiles performed on microdissected testis territories displayed a differential responsiveness to DEHP. Altogether, this suggests that impacts of DEHP on adult organs, including testis, could be documented and deserve further investigations.
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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)
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The purpose of this study was to evaluate the in vitro anticandidal activity of a methanolic extract of Syngonanthus nitens scapes against different Candida species and clinical isolates from patients with vulvovaginal candidiasis (VVC), and its effect in vivo in the treatment of vaginal infection. Chemical characterization of the extract was performed by HPLC-UV analyses and showed the presence of flavones derivatives. The extract was effective against several Candida strains from our collection and species recovered from VVC patients, and was able to inhibit the yeast-hyphal transition. No cytotoxic activity against human female reproductive tract epithelial cells and no hemolytic activity against human red blood cells were observed. In the in vivo model of VVC, we evaluated the efficacy of the intravaginal treatment with a cream containing the extract at doses of 0.5, 1.0 and 2.0%. The treatment eradicated the vaginal fungal burden in infected rats after 8 days of treatment. S. nitens extract could be considered as an effective and non-toxic natural antifungal agent in the treatment of vulvovaginal candidiasis. © 2013 ISHAM.
Resumo:
Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)