911 resultados para metaphysical realism
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La ricerca inquadra all’interno dell’opera dell’autore, lo specifico tema della residenza. Esso costituisce il campo di applicazione del progetto di architettura, in cui più efficacemente ricercare i tratti caratteristici del metodo progettuale dell’architetto, chiave di lettura dello studio proposto. Il processo che giunge alla costituzione materiale dell’architettura, viene considerato nelle fasi in cui è scomposto, negli strumenti che adotta, negli obbiettivi che si pone, nel rapporto con i sistemi produttivi, per come affronta il tema della forma e del programma e confrontato con la vasta letteratura presente nel pensiero di alcuni autori vicini a Ignazio Gardella. Si definiscono in tal modo i tratti di una metodologia fortemente connotata dal realismo, che rende coerente una ricerca empirica e razionale, legata ad un’idea di architettura classica, di matrice illuministica e attenta alle istanze della modernità, all’interno della quale si realizza l’eteronomia linguistica che caratterizza uno dei tratti caratteristici delle architetture di Ignazio Gardella; aspetto più volte interpretato come appartenenza ai movimenti del novecento, che intersecano costantemente la lunga carriera dell’architetto. L’analisi dell’opera della residenza è condotta non per casi esemplari, ma sulla totalità dei progetti che si avvale anche di contributi inediti. Essa è intesa come percorso di ricerca personale sui processi compositivi e sull’uso del linguaggio e permette un riposizionamento della figura di Gardella, in relazione al farsi dell’architettura, della sua realizzazione e non alla volontà di assecondare stili o norme a-priori. E’ la dimensione pratica, del mestiere, quella che meglio si presta all’interpretazione dei progetti di Gardella. Le residenze dell’architetto si mostrano per la capacità di adattarsi ai vincoli del luogo, del committente, della tecnologia, attraverso la re-interpretazione formale e il trasferimento da un tema all’altro, degli elementi essenziali che mostrano attraverso la loro immagine, una precisa idea di casa e di architettura, non autoriale, ma riconoscibile e a-temporale.
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In Unione Sovietica il partito mette in atto un sistema di istituzioni per controllare il mondo culturale e la produzione scritta: il Glavlit, il massimo istituto censorio, l’Unione degli scrittori, un’editoria centralizzata e statalizzata e un unico metodo creativo possibile, il realismo socialista. Il settore della traduzione letteraria e della ricezione della letteratura straniera vengono ugualmente posti sotto controllo. All’interno dell’Unione degli scrittori operano la Sezione dei Traduttori, a cui spetta la formazione dei nuovi traduttori sovietici, e la Commissione Straniera, che stabilisce quali autori e quali libri occidentali debbano essere tradotti. Il Reparto straniero del Glavlit controlla il materiale a stampa proveniente dall’estero, la sua distribuzione e le modalità di consultazione e si occupa di effettuare una censura sia sul testo in lingua straniera che su quello tradotto in lingua russa. Parallelamente, il codice estetico e normativo del realismo socialista comincia a influenzare lo sviluppo della teoria della traduzione. La traduttologia si allinea alla critica letteraria ufficiale e promuove un approccio libero al testo che permetta l’introduzione di modifiche testuali arbitrarie da parte del traduttore o del redattore.
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La tesi indaga i temi fondamentali, i limiti e le implicazioni della relazione tra le filosofie di Nietzsche e di Spinoza, sia analizzando storiograficamente il ruolo di Spinoza nei testi di Nietzsche (I parte), sia sviluppando una proposta teoretica a partire dai due autori (II, III e IV parte). L’indagine storiografica procede presentando le riflessioni che Nietzsche dedica a Spinoza secondo un criterio tematico-cronologico. Durante l’esposizione sono discusse le fonti utilizzate da Nietzsche e il significato che le menzioni di Spinoza ricoprono nell’economia generale del pensiero nietzschiano. La seconda parte della ricerca indaga le ragioni per le quali la connessione tra Nietzsche e Spinoza può risultare teoreticamente convincente, in particolare a partire dall’istanza propriamente critica della loro riflessione, che si manifesta come domanda “empia” sul mondo delle credenze condivise. In particolare, è la nozione di “causa” a fungere da rifugio per la credenza metafisica nel soggetto anche all’interno dell’universo deterministico in cui opera la scienza. Come va invece pensato un determinismo che sia filosoficamente coerente? Le ultime due parti di questa ricerca sviluppano alcune ipotesi in proposito, considerando singolarmente le filosofie di Spinoza e di Nietzsche.
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Il nostro lavoro è incentrato su Filosofia dell’ineguaglianza, acceso libello di filosofia sociale in forma epistolare, composto da Nikolaj Berdjaev all’inizio del 1918. Nelle quattordici veementi lettere che costituiscono l’opera, egli critica aspramente l’idea di eguaglianza sociale e metafisica propagandata dai rivoluzionari, schierandosi a favore dell’ineguaglianza gerarchica, da lui considerata l’unica garanzia della libertà e della statura teantropica dell’uomo. Abbiamo suddiviso la nostra indagine in tre parti: il primo capitolo è un’introduzione storico-filosofica al testo, in cui sono evidenziati i concetti fondamentali del pensiero del Nostro; nel secondo capitolo abbiamo messo in luce il legame tra lo “stile filosofico” di Berdjaev e la cultura religiosa a cui egli appartiene, riflettendo poi sui problemi traduttivi che ne derivano; in particolare ci siamo soffermati sull’aforisticità del suo pensiero e sullo spiccato afflato emotivo che pervade la sua esposizione. Infine, abbiamo incluso nel terzo capitolo la traduzione di quattro lettere (Sulla rivoluzione, Sui fondamenti ontologico-religiosi della socialità, Sullo Stato, Sul regno di Dio) e della postfazione aggiunta da Berdjaev a Berlino nel 1923, in occasione della pubblicazione del libro.
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Questa ricerca propone una lettura comparata degli scritti di Bernard Mandeville. L'intento è di porre in relazione gli argomenti morali, etici e politici con le "gandi voci" dell'epoca: primi fra tutti Hobbes e Locke. L'impianto interpretativo è strutturato in modo da delineare il metodo adottato nelle riflessioni filosofiche mandevilliane e da qui, mantenendo una divisione di piani, rintracciare i concetti di riferimento sia dal punto di vista metafico sia da quello ontologico. Si ritiene, allora, che il metodo basato sull'uomorismo, come forma oggettivante del fenomeno – sociale e non – porti alla definizione della nozione di natura umana a partire da una conzione di natura in sé corrotta metafisicamente. Ciò trova nel paradigma di "naturalismo fisiologico" un riferimento da cui muovere l'analisi antropologica e morale degli uomini in società. Un'indagine che rintraccia nell'"etica del male minore" un modello con cui valutare le scelte e le azioni in ambito collettivo e pubblico. La lettura dei vari testi, allora, mostra come la politica sia influenzata da questo modello nello strutturare istituzioni che stimolino la produzione e l'incremento della ricchezza, seppur questo non sia alla portata di tutti. La sperequazione economica, allora, a fronte di un benessere collettivo elevato appare come un "male minore".
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This dissertation introduces and develops a new method of rational reconstruction called structural heuristics. Structural heuristics takes assignment of structure to any given object of investigation as the starting point for its rational reconstruction. This means to look at any given object as a system of relations and of transformation laws for those relations. The operational content of this heuristics can be summarized as follows: when facing any given system the best way to approach it is to explicitly look for a possible structure of it. The utilization of structural heuristics allows structural awareness, which is considered a fundamental epistemic disposition, as well as a fundamental condition for the rational reconstruction of systems of knowledge. In this dissertation, structural heuristics is applied to reconstructing the domain of economic knowledge. This is done by exploring four distinct areas of economic research: (i) economic axiomatics; (ii) realism in economics; (iii) production theory; (iv) economic psychology. The application of structural heuristics to these fields of economic inquiry shows the flexibility and potential of structural heuristics as epistemic tool for theoretical exploration and reconstruction.
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L'Europe commence à découvrir le désert à la fin du XVIIIe siècle. Ce milieu présente des aspects multiples aux premiers explorateurs, qui le décrivent comme un lieu vivant et varié. La géopolitique constitue le premier approche d'analyse : le désert peut être rendu plus viable si mieux administré, donc libre de la domination ottomane. Au cours du siècle, le tourisme se développe, aussi en raison de la colonisation ; l'expérience du désert devient commune, et les voyageurs partent en quête d'une expérience spirituelle aussi bien que d'une aventure. Le désert devient un écran de projection pour la rêverie et les souvenirs des Européens (la Bible et les topos traditionnels demeurent actifs dans l'imaginaire occidental) ; seules certaines caractéristiques de ce milieu sont dès lors appréciées par les voyageurs. Ensuite, avec l'âge du Réalisme, devient objet d'appréciation de la part des peintres. Grâce à la médiation de l'art, la littérature commence à regarder au désert d'un point de vue esthétique, et elle lui reconnaît un charme de la nudité et du dépouillement. La mort et le minéral caractérisent ce milieu vers la fin du siècle ; le désert se vide, et devient le "désert de sable" que nous tous connaissons aujourd'hui.
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La presente ricerca si propone di delineare un orizzonte critico e filosofico che permetta di ridefinire il concetto di postmodernismo in America alla fine del XX secolo e, a partire dagli anni Novanta del Novecento, il tentativo di un suo superamento da parte della letteratura contemporanea. L’analisi si focalizza sull’opera dello scrittore David Foster Wallace che esemplifica le contraddizioni interne al postmodernismo e mostra il passaggio cruciale dal postmodernismo a una non-ancora-ben-definita letteratura contemporanea. Muovendosi in un’ottica interdisciplinare e comparata, la tesi si propone di mostrare come Wallace, riprendendo la metariflessività e alcune opere di scrittori postmodernisti, tenti un atto di liberazione dalle convenzioni postmoderne attraverso un «postmodern founders’ patricidal work»: un “parricidio” letterario, prima di accettazione e poi di superamento. Attraverso un percorso tematico, nonché strutturale, si cercherà dunque di porre in rilievo il recupero del realismo da parte di Wallace che, seppur nel suo breve periodo compositivo, rappresenta questa nuova direzione della letteratura americana.
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This article retraces the “genealogy” of the fideist perspective in philosophy as well as literature, especially within the writings of Søren Kierkegaard and the novel Don Quixote. It contends that a demythologized perspective of the fideist-humanist sort, based upon Erasmian tolerance and intellectual creativity and updated with the insights of post-analytic theory (e.g., the work of Alasdair MacIntyre, Richard Rorty, and Jeffrey Stout), without revoking the vocabulary of transcendence, can reinforce the weathered but still valuable post-Enlightenment moral vocabulary, and can reiterate the humaneness of liberal hope without undue encumbrance from the dogmatic baggage of traditional theological jargon and metaphysics.
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This project looked at the various responses, both political and aesthetic, to the end of socialist realism and the return of pre-war modernism as a desirable ideal. It considered both the built environment and objects of daily use (furniture, radios, TV sets, etc.) in several countries of the region, including Estonia, Hungary, Poland, Russia and Romania, also comparing developments there with corresponding ones in the west. Among particular aspects considered were the effects of Kruschev's speech in December 1954 to workers in construction, machine-building and design industries, in which he argued against monumentalism and criticised both "classical architecture" and socialist realism. The team see the real issue in interpreting Eastern European architecture as its lack of a critical edge, since official discourses took the place of any form of criticism and architects sought to implement the "official line". Megastructures became increasingly popular from the 1960s onwards and in Romania, for instance, came to dominate the city in the late 1980s. Such structures proved an efficient way to control the environment in countries plagued by prefabrication and social housing, and the group see the exhibition of inflated concrete grids as perhaps the most important feature of Eastern European architecture in the 1960s and 1970s. They also point out the rarity of glass and steel architecture in the east, where the preferred material was concrete, a material seen as "revolutionary" as it was the product of heavy industry and was grey, i.e. the workers' colour. Tactile elements were more important here than the visual elements favoured in the west, and a solidity more in line with the dominant ideology than the ephemeral qualities of glass.
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Reflected at any level of organization of the central nervous system, most of the processes ranging from ion channels to neuronal networks occur in a closed loop, where the input to the system depends on its output. In contrast, most in vitro preparations and experimental protocols operate autonomously, and do not depend on the output of the studied system. Thanks to the progress in digital signal processing and real-time computing, it is now possible to artificially close the loop and investigate biophysical processes and mechanisms under increased realism. In this contribution, we review some of the most relevant examples of a new trend in in vitro electrophysiology, ranging from the use of dynamic-clamp to multi-electrode distributed feedback stimulation. We are convinced these represents the beginning of new frontiers for the in vitro investigation of the brain, promising to open the still existing borders between theoretical and experimental approaches while taking advantage of cutting edge technologies.
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How do prevailing narratives about Native Americans, particularly in the medium of film, conspire to promote the perspective of the dominant culture? What makes the appropriation of Indigenous images so metaphorically popular? In the past hundred years, little has changed in the forms of representation favored by Hollywood. The introductory chapter elucidates the problem and outlines the scope of this study. As each subsequent chapter makes clear, the problem is as relevant today as it has been throughout the entire course of filmic history. Chapter Two analyzes representational trends and defines each decade according to its favorite stereotype. The binary of the bloodthirsty savage is just as prevalent as it was during the 1920s and 30s. The same holds true for the drunken scapegoat and the exotic maiden, which made their cinematic debuts in the 1940s and 50s. But Hollywood has added new types as well. The visionary peacemaker and environmental activist have also made an appearance within the last forty years. What matters most is not the realism of these images, but rather the purposes to which they can be put toward validating whatever concerns the majority filmmakers wish to promote. Whether naïvely or not, such representations continue to evacuate Indigenous agency to the advantage of the majority. A brief historical overview confirms this legacy. Various disciplines have sought to interrogate this problem. Chapter three investigates the field of postcolonial studies, which makes inquiry into the various ways these narratives are produced, marketed, and consumed. It also raises the key questions of for whom, and by whom, these narratives are constructed. Additional consideration is given to their value as commodities in the mass marketplace. Typically the products of a boutique-multiculturalism, their storylines are apt to promote the prevailing point of view. Critical theory provides a foundational framework for chapter four. What is the blockbuster formula and how do the instruments of capital promote it? Concepts such as culture industry and repressive tolerance examine both the function and form of the master narrative, as well as its use to control the avenues of dissent. Moreover, the public sphere and its diminishment highlight the challenges inherent in the widespread promotion of an alternative set of narratives. Nonetheless, challenges to prevailing narratives do exist, particularly in the form of Trickster narratives. Often subject to persistent misrecognition, the Trickster demonstrates a potent form of agency that undeniably dismantles the hegemony of Western cinema. The final chapter examines some of the Trickster's more subtle and obscure productions. Usually subjugated to the realm of the mystical, rather than the mythical, these misinterpreted forms have the power to speak in circles around a majority audience. Intended for an Other audience, they are coded in a language that delivers a type of direction through indirection, promoting a poignant agency all their own.
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During decades Distance Transforms have proven to be useful for many image processing applications, and more recently, they have started to be used in computer graphics environments. The goal of this paper is to propose a new technique based on Distance Transforms for detecting mesh elements which are close to the objects' external contour (from a given point of view), and using this information for weighting the approximation error which will be tolerated during the mesh simplification process. The obtained results are evaluated in two ways: visually and using an objective metric that measures the geometrical difference between two polygonal meshes.
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Virtual environments (VE) are gaining in popularity and are increasingly used for teamwork training purposes, e.g., for medical teams. One shortcoming of modern VEs is that nonverbal communication channels, essential for teamwork, are not supported well. We address this issue by using an inexpensive webcam to track the user's head. This tracking information is used to control the head movement of the user's avatar, thereby conveying head gestures and adding a nonverbal communication channel. We conducted a user study investigating the influence of head tracking based avatar control on the perceived realism of the VE and on the performance of a surgical teamwork training scenario. Our results show that head tracking positively influences the perceived realism of the VE and the communication, but has no major influence on the training outcome.
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In many schools of architecture the 1970s have been an important watershed for the way in which architecture was taught. For example, recent studies have stressed the importance of Aldo Rossi for the changes in the teaching of architec-ture at the ETH in Zürich that before was based on orthodox modern principles. A similar struggle between an orthodox conception of modernity and its criticism took place at the architectural faculty of Delft, in the Netherlands. Although Delft is an important European school of architecture, the theoretical work produced during this period is not largely known outside the Netherlands. This is perhaps due to the fact that most studies were published in Dutch. With this article, I intend to make the architectural theory developed during this period known to a larger public. The article describes the intellectual journey made by Dutch stu-dents of architecture in the 1970s and 1980s. This was the quest to receive recognition for the intellectual substance of architecture: the insight architecture could be a discourse and a form of knowledge and not only a method of building. Specifically, the work of the architectural theoretician Wim Nijenhuis is highlight-ed. However, as I point out in this article, the results of this journey also had its problematic sides. This becomes clear from the following sentence taken from the dissertation of Wim Nijenhuis: "The search for metaphysical fiction and the tendency towards a technological informed absolute through fully transparent and simultaneous information, should be contested by a fantasy dimension, that does not wish to 'overcome' a given situation and that does not rely on 'creativi-ty' (that would still be historical and humanistic)." Texts like this have a hermet-ic quality that is not easy to comprehend for an architectural public. Even more, there is an important debate looming behind these sentences. As an important outcome of their quest the architectural students in Delft asked themselves: how do we give form to architectural theory once its claim to truth is exposed as an illusion? For Nijenhuis, the discourse about architecture is a mere 'artful game with words': a fiction, besides other forms of fiction like poetry or literature. The question is then if we have not entered the realm of total subjectivity and relativ-ism with this position. From what can the discourse of architecture derive its authority after the death of God?