994 resultados para di (2 ethylhexyl) phthalate


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Il presente lavoro tratta lo studio dei fenomeni aeroelastici di interazione fra fluido e struttura, con il fine di provare a simularli mediante l’ausilio di un codice agli elementi finiti. Nel primo capitolo sono fornite alcune nozioni di fluidodinamica, in modo da rendere chiari i passaggi teorici fondamentali che portano alle equazioni di Navier-Stokes governanti il moto dei fluidi viscosi. Inoltre è illustrato il fenomeno della formazione di vortici a valle dei corpi tozzi dovuto alla separazione dello strato limite laminare, con descrizione anche di alcuni risultati ottenuti dalle simulazioni numeriche. Nel secondo capitolo vengono presi in rassegna i principali fenomeni di interazione fra fluido e struttura, cercando di metterne in luce le fondamenta della trattazione analitica e le ipotesi sotto le quali tale trattazione è valida. Chiaramente si tratta solo di una panoramica che non entra in merito degli sviluppi della ricerca più recente ma fornisce le basi per affrontare i vari problemi di instabilità strutturale dovuti a un particolare fenomeno di interazione con il vento. Il terzo capitolo contiene una trattazione più approfondita del fenomeno di instabilità per flutter. Tra tutti i fenomeni di instabilità aeroelastica delle strutture il flutter risulta il più temibile, soprattutto per i ponti di grande luce. Per questo si è ritenuto opportuno dedicargli un capitolo, in modo da illustrare i vari procedimenti con cui si riesce a determinare analiticamente la velocità critica di flutter di un impalcato da ponte, a partire dalle funzioni sperimentali denominate derivate di flutter. Al termine del capitolo è illustrato il procedimento con cui si ricavano sperimentalmente le derivate di flutter di un impalcato da ponte. Nel quarto capitolo è presentato l’esempio di studio dell’impalcato del ponte Tsing Ma ad Hong Kong. Sono riportati i risultati analitici dei calcoli della velocità di flutter e di divergenza torsionale dell’impalcato e i risultati delle simulazioni numeriche effettuate per stimare i coefficienti aerodinamici statici e il comportamento dinamico della struttura soggetta all’azione del vento. Considerazioni e commenti sui risultati ottenuti e sui metodi di modellazione numerica adottati completano l’elaborato.

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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.

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Lo studio qui condotto è atto a valutare il livello di servizio della rotatoria posta in corrispondenza del nodo Aeroporto-Triumvirato-Tangenziale, nodo che ha un grande interesse dal punto di vista del traffico veicolare. Si illustra la situazione precedente la realizzazione dell’opera e quindi il livello di servizio con il software HCS2000. Successivamente, si studia il comportamento della rotatoria senza sottopasso estrapolando i risultati per il livello di servizio con il software SIDRA. Con lo stesso strumento di valutazione, poi lo stato attuale, la rotatoria con il sottopasso. L’ultima parte dello studio riguarda una simulazione che nasce dal confronto di flussi di movimenti negli anni 1999 e 2006. Quindi è stata valutata una situazione probabile, nata dall’aumento percentuale dei movimenti su tutti gli accessi e la relativa proposta di intervento.

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Il lavoro svolto consiste inizialmente in una presentazione generale della situazione attuale della viabilità sul territorio casalecchiese. Su di esso si affronteranno un buon numero di problematiche che rendono le strade, presenti sul territorio, a rischio di incidentalità. Inerente a questo si è analizzato i dati degli incidenti dell’ultimo anno avvenuti sul territorio attraverso il lavoro di raccolta dati effettuato dall’Osservatorio dell’incidentalità stradale della Provincia di Bologna. Dai dati ottenuti e dai rilevamenti effettuati nell’arco di questi quattro mesi passati nell’Ufficio Traffico del comune di Casalecchio di Reno, sulle strade comunali si è riscontrato una serie di situazione a rischio che ho presentato in un capitolo apposito e si è discusso anche le relative soluzioni di intervento. Tali situazioni comprendono sia strade leggermente attempate che necessitano di interventi di sistemazione, sia intersezioni a raso di vario tipo che presentano un ampio ventaglio di problematiche per la sicurezza stradale, sia attraversamenti pedonali non a norma, con situazioni al limite della sicurezza che necessitano di immediati interventi di sistemazione e messa in sicurezza. In particolare si è approfondito lo studio degli attraversamenti pedonali, presentando tutti i possibili scenari che questa particolare situazione può avere, elencando tutti i possibili interventi che si possono adottare al fine di ottimizzare la sicurezza e ridurre al minimo i rischi, ovvero ridurre il più possibile la probabilità che un incidente accada e il danno subito dal pedone. Infine si è studiato nello specifico una situazione di pericolo, fra quelle presentate, che probabilmente rappresenta una delle situazioni più a rischio presenti sul territorio casalecchiese: un attraversamento pedonale sulla via Porrettana, nei pressi del parco Rodari, situato all’incirca a mezzavia fra l’incrocio tra via Porrettana e via Calzavecchio, e la rotonda Biagi. Tale attraversamento pedonale, in alcuni orari della giornata assai utilizzato dai residenti del limitrofo quartiere Calzavecchio che raggiungono il parco Rodari e nel giorno di mercoledì mattina il mercato rionale situato accanto al parco, presenta flussi pedonali abbastanza corposi ed è situato su una strada caratterizzata da un elevato flusso veicolare. Dopo aver presentato in maniera approfondita la situazione attuale di tale attraversamento pedonale, si sono infine proposte due diverse soluzione di intervento: una da poter essere attuata nell’immediato, l’altra subito dopo che si ottenga la declassazione di via Porrettana, cioè all’incirca fra cinque o sei anni. Si è allegato, infine, come appendice, la Normativa che si è utilizzata al fine di progettare tali soluzioni.

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Le intersezioni stradali, sono le aree individuate da tre o più tronchi stradali (archi) che convergono in uno stesso punto, nonchè dai dispositivi e dagli apprestamenti atti a consentire ed agevolare le manovre per il passaggio da un tronco all'altro. Rappresentano punti critici della rete viaria per effetto delle mutue interferenze tra le diverse correnti di traffico durante il loro attraversamento. Si acuiscono pertanto, nella loro "area di influenza", i problemi legati alla sicurezza e quelli relativi alla regolarità  ed efficienza della circolazione. Dalla numerosità  dei fattori da cui dipende la configurazione di un incrocio (numero e tipo di strade, entità  dei flussi, situazioni locali, ecc.) deriva una ancor più vasta gamma di tipologie e di schemi. La rotatoria, come particolare configurazione di intersezione a raso, è lo schema che viene considerato nel presente lavoro di tesi, sia nei suoi caratteri essenziali e generali, sia nel particolare di una intersezione che, nel Comune di Bologna, è stata realizzata in luogo dell'intersezione semaforizzata precedente.

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Polyphenols, including flavonoids and stilbenes, are an essential part of human diet and constitute one of the most abundant and ubiquitous group of plant secondary metabolites. The level of these compounds is inducible by stress or fungal attack, so attempts are being made to identify likely biotic and abiotic elicitors and to better understand the underlying mechanism. Resveratrol (3,5,4’-trihydroxystilbene), which belongs to the stilbene family, is a naturally occurring polyphenol, found in several fruits, vegetables and beverages including red wine. It is one of the most important plant polyphenols with proved benefic activity on animal health. In the last two decades, the potential protective effects of resveratrol against cardiovascular and neurodegenerative diseases, as well as the chemopreventive properties against cancer, have been largely investigated. The most important source of polyphenols and in particular resveratrol for human diet is grape (Vitis vinifera). Since stilbenes and flavonoids play a very important role in plant defence responses and enviromental interactions, and their effects on human health seem promising, the aim of the research of this Thesis was to study at different levels the activation and the regulation of their biosynthetic pathways after chitosan treatment. Moreover, the polyphenol production in grape cells and the optimisation of cultural conditions bioreactor scale-up, were also investigated. Cell suspensions were obtained from cv. Barbera (Vitis vinifera L.) petioles and were treated with a biotic elicitor, chitosan (50 μg/mL, dissolved in acetic acid) to promote phenylpropanoid metabolism. Chitosan is a D-glucosamine polymer from fungi cell wall and therefore mimes fungal pathogen attack. Liquid cultures have been monitored for 15 days, measuring cell number, cell viability, pH and grams of fresh weight. The endogenous and released amounts of 7 stilbenes (trans and cis isomers of resveratrol, piceid and resveratroloside, and piceatannol), gallic acid, 6 hydroxycinnamic acids (trans-cinnamic, p-coumaric, caffeic, ferulic, sinapic and chlorogenic acids), 5 catechines (catechin, epicatechin, epigallocatechin-gallate (EGCG), epigallocatechin and epicatechin-gallate) and other 5 flavonoids (chalcon, naringenin, kaempferol, quercetin and rutin) in cells and cultural medium, were measured by HPLC-DAD analysis and total anthocyanins were quantified by spectrophotometric analysis. Chitosan was effective in stimulating trans-resveratrol endogenous accumulation with a sharp peak at day 4 (exceeding acetic acid and water controls by 36% and 63%, respectively), while it did not influence the production of the cis-isomer. Compared to both water and acetic acid controls, chitosan decreased the release of both trans- and cis-resveratrol respect to controls. No effect was shown on the accumulation of single resveratrol mono-glucoside isomers, but considering their total amount, normalized for the relative water control, it was possible to evidence an increase in both accumulation and release of those compounds, in chitosan-treated cells, throughout the culture period and particularly during the second week. Many of the analysed flavonoids and hydroxycinnamic acids were not present or detectable in trace amounts. Catechin, epicatechin and epigallocatechin-gallate (EGCG) were detectable both inside the cells and in the culture media, but chitosan did not affect their amounts. On the contrary, total anthocyanins have been stimulated by chitosan and their level, from day 4 to 14, was about 2-fold higher than in both controls, confirming macroscopic observations that treated suspensions showed an intense brown-red color, from day 3 onwards. These elicitation results suggest that chitosan selectively up-regulates specific biosynthetic pathways, without modifying the general accumulation pattern of other flavonoids. Proteins have been extracted from cells at day 4 of culture (corresponding to the production peak of trans-resveratrol) and separated by bidimensional electrophoresis. The 73 proteins that showed a consistently changed amount between untreated, chitosan and acetic acid (chitosan solvent) treated cells, have been identified by mass spectrometry. Chitosan induced an increase in stilbene synthase (STS, the resveratrol biosynthetic enzyme), chalcone-flavanone isomerase (CHI, that switches the pathway from chalcones to flavones and anthocyanins), pathogenesis-related proteins 10 (PRs10, a large family of defence proteins), and a decrease in many proteins belonging to primary metabolisms. A train of six distinct spots of STS encoded by the same gene and increased by chitosan, was detected on the 2-D gels, and related to the different phosphorylation degree of STS spots. Northern blot analyses have been performed on RNA extracted from cells treated with chitosan and relative controls, using probes for STS, PAL (phenylalanine ammonia lyase, the first enzyme of the biosynthetic pathway), CHS (chalcone synthase, that shares with STS the same precursors), CHI and PR-10. The up-regulation of PAL, CHS and CHI transcript expression levels correlated with the accumulation of anthocyanins. The strong increase of different molecular weight PR-10 mRNAs, correlated with the 11 PR-10 protein spots identified in proteomic analyses. The sudden decrease in trans-resveratrol endogenous accumulation after day 4 of culture, could be simply explained by the diminished resveratrol biosynthetic activity due to the lower amount of biosynthetic enzymes. This might be indirectly demonstrated by northern blot expression analyses, that showed lower levels of phenylalanine ammonia lyase (PAL) and stilbene synthase (STS) mRNAs starting from day 4. Other possible explanations could be a resveratrol oxidation process and/or the formation of other different mono-, di-glucosides and resveratrol oligomers such as viniferins. Immunolocalisation experiments performed on grape protoplasts and the subsequent analyses by confocal microscope, showed that STS, and therefore the resveratrol synthetic site, is mostly associated to intracellular membranes close to the cytosolic side of plasma membrane and in a smaller amount is localized in the cytosol. STS seemed not to be present inside vacuole and nucleus. There were no differences in the STS intracellular localisation between the different treatments. Since it was shown that stilbenes are largely released in the culture medium and that STS is a soluble protein, a possible interaction of STS with a plasma membrane transporter responsible for the extrusion of stilbenes in the culture medium, might be hypothesized. Proteomic analyses performed on subcellular fractions identified in the microsomial fraction 5 proteins taking part in channel complexes or associated with channels, that significantly changed their amount after chitosan treatment. In soluble and membrane fractions respectively 3 and 4 STS and 6 and 3 PR-10 have been identified. Proteomic results obtained from subcellular fractions substantially confirmed previous result obtained from total cell protein extracts and added more information about protein localisation and co-localisation. The interesting results obtained on Barbera cell cultures with the aim to increase polyphenol (especially stilbenes) production, have encouraged scale up tests in 1 litre bioreactors. The first trial fermentation was performed in parallel with a normal time-course in 20 mL flasks, showing that the scale-up (bigger volume and different conditions) process influenced in a very relevant way stilbenes production. In order to optimise culture parameters such as medium sucrose amount, fermentation length and inoculum cell concentration, few other fermentations were performed. Chitosan treatments were also performed. The modification of each parameter brought relevant variations in stilbenes and catechins levels, so that the production of a certain compound (or class of compounds) could be hypothetically promoted by modulating one or more culture parameters. For example the catechin yield could be improved by increasing sucrose content and the time of fermentation. The best results in stilbene yield were obtained in a 800 mL fermentation inoculated with 10.8 grams of cells and supplemented with chitosan. The culture was fed with MS medium added with 30 g/L sucrose, 25 μg/mL rifampicin and 50 μg/mL of chitosan, and was maintained at 24°C, stirred by marine impeller at 100 rpm and supplied of air at 0.16 L/min rate. Resveratroloside was the stilbene present in the larger amount, 3-5 times more than resveratrol. Because resveratrol glucosides are similarly active and more stable than free resveratrol, their production using a bioreactor could be a great advantage in an hypothetical industrial process. In my bioreactor tests, stilbenes were mainly released in the culture medium (60-80% of the total) and this fact could be another advantage for industrial applications, because it allows recovering the products directly from the culture medium without stopping the fermentation and/or killing the cells. In my best cultural conditions, it was possible to obtain 3.95 mg/L of stilbenes at day 4 (maximum resveratrol accumulation) and 5.13 mg/L at day 14 (maximum resveratroloside production). In conclusion, chitosan effect in inducing Vitis vinifera defense mechanisms can be related to its ability to increase the intracellular content of a large spectrum of antioxidants, and in particular of resveratrol, its derivates and anthocyanins. Its effect can be observed at transcriptional, proteomic (variation of soluble and membrane protein amounts) and metabolic (polyphenols production) level. The chitosan ability to elicit specific plant matabolisms can be useful to produce large quantities of antioxidant compounds from cell culture in bioreactor.

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Despite new methods and combined strategies, conventional cancer chemotherapy still lacks specificity and induces drug resistance. Gene therapy can offer the potential to obtain the success in the clinical treatment of cancer and this can be achieved by replacing mutated tumour suppressor genes, inhibiting gene transcription, introducing new genes encoding for therapeutic products, or specifically silencing any given target gene. Concerning gene silencing, attention has recently shifted onto the RNA interference (RNAi) phenomenon. Gene silencing mediated by RNAi machinery is based on short RNA molecules, small interfering RNAs (siRNAs) and microRNAs (miRNAs), that are fully o partially homologous to the mRNA of the genes being silenced, respectively. On one hand, synthetic siRNAs appear as an important research tool to understand the function of a gene and the prospect of using siRNAs as potent and specific inhibitors of any target gene provides a new therapeutical approach for many untreatable diseases, particularly cancer. On the other hand, the discovery of the gene regulatory pathways mediated by miRNAs, offered to the research community new important perspectives for the comprehension of the physiological and, above all, the pathological mechanisms underlying the gene regulation. Indeed, changes in miRNAs expression have been identified in several types of neoplasia and it has also been proposed that the overexpression of genes in cancer cells may be due to the disruption of a control network in which relevant miRNA are implicated. For these reasons, I focused my research on a possible link between RNAi and the enzyme cyclooxygenase-2 (COX-2) in the field of colorectal cancer (CRC), since it has been established that the transition adenoma-adenocarcinoma and the progression of CRC depend on aberrant constitutive expression of COX-2 gene. In fact, overexpressed COX-2 is involved in the block of apoptosis, the stimulation of tumor-angiogenesis and promotes cell invasion, tumour growth and metastatization. On the basis of data reported in the literature, the first aim of my research was to develop an innovative and effective tool, based on the RNAi mechanism, able to silence strongly and specifically COX-2 expression in human colorectal cancer cell lines. In this study, I firstly show that an siRNA sequence directed against COX-2 mRNA (siCOX-2), potently downregulated COX-2 gene expression in human umbilical vein endothelial cells (HUVEC) and inhibited PMA-induced angiogenesis in vitro in a specific, non-toxic manner. Moreover, I found that the insertion of a specific cassette carrying anti-COX-2 shRNA sequence (shCOX-2, the precursor of siCOX-2 previously tested) into a viral vector (pSUPER.retro) greatly increased silencing potency in a colon cancer cell line (HT-29) without activating any interferon response. Phenotypically, COX-2 deficient HT-29 cells showed a significant impairment of their in vitro malignant behaviour. Thus, results reported here indicate an easy-to-use, powerful and high selective virus-based method to knockdown COX-2 gene in a stable and long-lasting manner, in colon cancer cells. Furthermore, they open up the possibility of an in vivo application of this anti-COX-2 retroviral vector, as therapeutic agent for human cancers overexpressing COX-2. In order to improve the tumour selectivity, pSUPER.retro vector was modified for the shCOX-2 expression cassette. The aim was to obtain a strong, specific transcription of shCOX-2 followed by COX-2 silencing mediated by siCOX-2 only in cancer cells. For this reason, H1 promoter in basic pSUPER.retro vector [pS(H1)] was substituted with the human Cox-2 promoter [pS(COX2)] and with a promoter containing repeated copies of the TCF binding element (TBE) [pS(TBE)]. These promoters were choosen because they are partculary activated in colon cancer cells. COX-2 was effectively silenced in HT-29 and HCA-7 colon cancer cells by using enhanced pS(COX2) and pS(TBE) vectors. In particular, an higher siCOX-2 production followed by a stronger inhibition of Cox-2 gene were achieved by using pS(TBE) vector, that represents not only the most effective, but also the most specific system to downregulate COX-2 in colon cancer cells. Because of the many limits that a retroviral therapy could have in a possible in vivo treatment of CRC, the next goal was to render the enhanced RNAi-mediate COX-2 silencing more suitable for this kind of application. Xiang and et al. (2006) demonstrated that it is possible to induce RNAi in mammalian cells after infection with engineered E. Coli strains expressing Inv and HlyA genes, which encode for two bacterial factors needed for successful transfer of shRNA in mammalian cells. This system, called “trans-kingdom” RNAi (tkRNAi) could represent an optimal approach for the treatment of colorectal cancer, since E. Coli in normally resident in human intestinal flora and could easily vehicled to the tumor tissue. For this reason, I tested the improved COX-2 silencing mediated by pS(COX2) and pS(TBE) vectors by using tkRNAi system. Results obtained in HT-29 and HCA-7 cell lines were in high agreement with data previously collected after the transfection of pS(COX2) and pS(TBE) vectors in the same cell lines. These findings suggest that tkRNAi system for COX-2 silencing, in particular mediated by pS(TBE) vector, could represent a promising tool for the treatment of colorectal cancer. Flanking the studies addressed to the setting-up of a RNAi-mediated therapeutical strategy, I proposed to get ahead with the comprehension of new molecular basis of human colorectal cancer. In particular, it is known that components of the miRNA/RNAi pathway may be altered during the progressive development of colorectal cancer (CRC), and it has been already demonstrated that some miRNAs work as tumor suppressors or oncomiRs in colon cancer. Thus, my hypothesis was that overexpressed COX-2 protein in colon cancer could be the result of decreased levels of one or more tumor suppressor miRNAs. In this thesis, I clearly show an inverse correlation between COX-2 expression and the human miR- 101(1) levels in colon cancer cell lines, tissues and metastases. I also demonstrate that the in vitro modulating of miR-101(1) expression in colon cancer cell lines leads to significant variations in COX-2 expression, and this phenomenon is based on a direct interaction between miR-101(1) and COX-2 mRNA. Moreover, I started to investigate miR-101(1) regulation in the hypoxic environment since adaptation to hypoxia is critical for tumor cell growth and survival and it is known that COX-2 can be induced directly by hypoxia-inducible factor 1 (HIF-1). Surprisingly, I observed that COX-2 overexpression induced by hypoxia is always coupled to a significant decrease of miR-101(1) levels in colon cancer cell lines, suggesting that miR-101(1) regulation could be involved in the adaption of cancer cells to the hypoxic environment that strongly characterize CRC tissues.

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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.

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Dendritic Cells (DCs) derived from human blood monocytes that have been nurtured in GM-CSF and IL-4, followed by maturation in a monocyte-conditioned medium, are the most potent APCs known. These DCs have many features of primary DCs, including the expression of molecules that enhance antigen capture and selective receptors that guide DCs to and from several sites in the body, where they elicit the T cell mediated immune response. For these features, immature DCs (iDC) loaded with tumor antigen and matured (mDC) with a standard cytokine cocktail, are used for therapeutic vaccination in clinical trials of different cancers. However, the efficacy of DCs in the development of immunocompetence is critically influenced by the type (whole lysate, proteins, peptides, mRNA), the amount and the time of exposure of the tumor antigens used for loading in the presentation phase. The aim of the present study was to create instruments to acquire more information about DC antigen uptake and presentation mechanisms to improve the clinical efficacy of DCbased vaccine. In particular, two different tumor antigen were studied: the monoclonal immunoglobulin (IgG or IgA) produced in Myeloma Multiple, and the whole lysate obtained from melanoma tissues. These proteins were conjugated with fluorescent probe (FITC) to evaluate the kinetic of tumor antigen capturing process and its localization into DCs, by cytofluorimetric and fluorescence microscopy analysis, respectively. iDC pulsed with 100μg of IgG-FITC/106 cells were monitored from 2 to 22 hours after loading. By the cytofluorimetric analysis it was observed that the monoclonal antibody was completely captured after 2 hours from pulsing, and was decreased into mDC in 5 hours after maturation stimulus. To monitor the lysate uptake, iDC were pulsed with 80μg of tumor lysate/106 cells, then were monitored in the 2h to 22 hours interval time after loading. Then, to reveal difference between increasing lysate concentration, iDC were loaded with 20-40-80-100-200-400μg of tumor lysate/106 cells and monitored at 2-4-8-13h from pulsing. By the cytofluorimetric analysis, it was observed that, the 20-40-80-100μg uptake, after 8 hours loading was completed reaching a plateau phase. For 200 and 400μg the mean fluorescence of cells increased until 13h from pulsing. The lysate localization into iDC was evaluated with conventional and confocal fluorescence microscopy analysis. In the 2h to 8h time interval from loading an intensive and diffuse fluorescence was observed within the cytoplasmic compartment. Moreover, after 8h, the lysate fluorescence appeared to be organized in a restricted cloudy-shaded area with a typical polarized aspect. In addition, small fluorescent spots clearly appeared with an increment in the number and fluorescence intensity. The nature of these spot-like formations and cloudy area is now being investigated detecting the colocalization of the fluorescence lysate and specific markers for lysosomes, autophagosomes, endoplasmic reticulum and MHCII positive vesicles.

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Il progresso nella tecnica di recupero e di rinforzo nelle strutture metalliche con i polimeri fibro-rinforzati FRP (fibre reinforced polymers). 1.1 Introduzione nelle problematiche ricorrenti delle strutture metalliche. Le strutture moderne di una certa importanza, come i grattacieli o i ponti, hanno tempi e costi di costruzione molto elevati ed è allora di importanza fondamentale la loro durabilità, cioè la lunga vita utile e i bassi costi di manutenzione; manutenzione intesa anche come modo di restare a livelli prestazionali predefiniti. La definizione delle prestazioni comprende la capacità portante, la durabilità, la funzionalità e l’aspetto estetico. Se il livello prestazionale diventa troppo basso, diventa allora necessario intervenire per ripristinare le caratteristiche iniziali della struttura. Strutture con una lunga vita utile, come per la maggior parte delle strutture civili ed edilizie, dovranno soddisfare esigenze nuove o modificate: i mezzi di trasporto ad esempio sono diventati più pesanti e più diffusi, la velocità dei veicoli al giorno d'oggi è aumentata e ciò comporta anche maggiori carichi di tipo dinamico.

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Specific aims The aim is to improve the treatment of the bone losses at the metacarpal bones level (both diaphysis and epiphysis) combining microsurgery, tissue engineering and biomaterials, so to minimize the donor side morbidity and optimize healing and outcomes. Methods Pre-operative controlateral X-ray or 3-D CT to allow custom-made HA scaffolds. Cement as temporary spacer in acute lesion and monitoring of infective risks. Treatment of the bone loss recurring to pre-fabricated or custom-made HA scaffolds, adding platelet gel or growth factor OP1. Stable synthesis. Control group with auto/omografts. Outcome indices: % of bone-union; finger TAM, Kapandji, DASH score; NMR and Scintigraphy at 180 days for revascularisation and bio-substitution of the scaffold. Preliminary results The authors just treated 6 patients, 4 males and 2 females, with an average age of 38.5 yrs, affected by segmental bone losses at the hand and wrist, recurring to pre-fabricated not vascularised scaffolds. In all cases the synthesis was performed with angular stability plates and a stable synthesis achieved. All patients have been controlled at a mean follow-up of 10.5 months (from 2 to 16 ). In all case but one the bone-scaffold osteo-integration was achieved at an average of 38 days at the hand, and 46 days at the wrist. The outcome studies, according to the DASH score, finger TAM, and Kapandji, were good and excellent in 5 cases, poor in one.

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Il documento pre-normativo italiano sul rinforzo di strutture in c.a. mediante l’uso di materiale fibrorinforzato. 1.1 INTRODUZIONE La situazione unica dell’Italia per quanto riguarda la conservazione delle costruzioni esistenti, è il risultato della combinazione di due aspetti, come primo, il medio-alto rischio sismico di una gran parte di territorio, come testimoniato dalla zonizzazione sismica recente, e come secondo aspetto, l'estrema complessità di un ambiente edilizio che non ha confronto nel mondo. Le tipologie della costruzione in Italia si distinguono a quelle stimate come patrimonio storico, che in alcuni casi risalgono a circa 2000 anni fa, a quelle che sono state costruite in ultimi cinque secoli, durante e dopo il Rinascimento, che sono considerate come patrimonio culturale ed architettonico dell' Italia (e del mondo!), infine a quelle fatte in tempi recenti, considerevolmente durante e dopo il boom economico del l960 ed ora visti come antiquate. Le due prime categorie in gran parte sono composte dalle edilizie di muratura, mentre agli ultimi principalmente appartengono le costruzioni di cemento armato.

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INTRODUCTION: A relationship between inflammatory response and coagulation is suggested by many observations. In particular, pro-inflammatory cytokines, such as TNFalpha, promote the activation of coagulation and reduce the production of anticoagulant molecules. It is known that inflammatory bowel diseases show a prothrombotic state and a condition of hypercoagulability. Aim of our study was to evaluate whether anti-TNFalpha therapy induces changes in the levels of coagulation activation markers in IBD patients. MATERIALS AND METHODS: We analyzed 48 plasma samples obtained before and 1 hour after 24 infliximab infusions (5 mg/kg) in 9 IBD patients (5 men and 4 women; mean age: 47.6+17.6 years; 4 Crohn's disease, 4 Ulcerative Colitis,1 Indeterminate Colitis). F1+2 and D-dymer levels were measured in each sample using ELISA methods.The data were statistically analyzed by means of Wilcoxon matched paired test. RESULTS: Median F1+2 levels were markdely reduced 1 hour after anti-TNFα infusion (median pre-infusion levels were 247.0 pmol/L and median post-infusion levels were 185.3 pmol/L) (p<0.002). Median D-dymer levels were also significantly reduced, from 485.2 ng/mL to 427.6 ng/mL (p< 0.001). These modifications were more evident in patients naive for infliximab therapy (p<0.02 for F1+2 and p<0.02 for D-dymer) and in Crohn's disease compared with Ulcerative Colitis patients (p=0.01 for F1+2 and p<0.007 for D-dymer).CONCLUSIONS: Infusion of infliximab significantly reduces the activation of coagulation cascade in IBD patients. This effect is early enough to suggest a direct effect of infliximab on the coagulation cascade and a possible new anti-inflammatory mechanism of action of this molecule.