874 resultados para Solar Decathlon Europe, analisi in regime dinamico, simulazione energetica
Resumo:
Tesi di Laurea Triennale su simulazione di gestione aziendale
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Il calore del sole diventa energia frigorifera sostenibile economicamente ed energticamente. Gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni nel campo dell’energia solare consentono consentono di realizzare quanto apparentemente in contraddizione con i fondamentali teoremi della fisica classica ed in particolare della termodinamica. Questo elaborato vuole analizzare come, se e in quali casi sia conveniente l'installazione di un impianto di solar cooling per la climatizzazione estiva di un edificio. Partendo dal problema, sempre più attuale, dei crescenti consumi di energia elettrica per il condizionamento estivo degli edifici, dalla ricerca bibliografica è emerso come inizi a farsi strada, come soluzione percorribile e logicamente interessante, l’utilizzo dell’energia solare, fruttata in impianti che prendono il nome di impianti di solar cooling.
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Il bisogno di creare dei metodi per l’identificazione delle performance e strumenti di diagnosi è sempre maggiore nelle turbomacchine. Le case costruttrici di motori, in generale, sono guidate dalle richieste del mercato e da normative sempre più severe, e ricercano quindi da un lato, sempre migliori prestazioni come ad esempio la diminuzione dei consumi e, dall’altro, l’abbattimento degli agenti inquinanti. In ambito industriale si ha l’esigenza di rendere più rapidi i tempi di progettazione e sviluppo dei motori per l’abbattimento dei costi di progettazione e per minimizzare il tempo di commercializzazione. Ecco perché entra in gioco, ed assume importanza, l’uso della simulazione numerica che fornisce informazioni utili sia in fase di verifica, che in fase di progetto di tutti i componenti del motore, anche quelli che sarebbero difficilmente accessibili per misure sperimentali. Al contempo i calcolatori moderni diventano facilmente e rapidamente sempre più potenti riducendo così i tempi di calcolo, e ciò ha consentito l’uso di tecniche numeriche che prima sarebbero risultate impensabili da utilizzare. Per mezzo dell’uso di codici di tipo bi o tri-dimensionale è possibile conoscere e valutare i valori delle grandezze termodinamiche del fluido che attraversa il motore punto per punto. Questi metodi presentano un elevata accuratezza ma hanno anche lo svantaggio di richiedere un elevato costo computazionale con conseguente aumento dei tempi di calcolo. In più hanno bisogno di molti dati di input per il modello matematico, e dipendono fortemente dalle condizioni iniziali e dalle condizioni al contorno. Nasce quindi l'esigenza di un ambiente di sviluppo che consenta una modellazione semplificata degli elementi costituenti il motore, ed un rapido interfacciamento con modelli locali più sofisticati. Inoltre, se si vogliono ottimizzare dei parametri relativi all’impianto globale oppure se si desidera avere un quadro generale delle prestazioni del motore è sufficiente usare modelli 0-D e 1-D per i vari componenti del motore. Sono stati svolti molti studi concentrati sullo sviluppo di strumenti capaci di supportare operazioni di pianificazione e/o per validare analisi di diagnosi.
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L’oggetto principale delle attività di tesi è la caratterizzazione numerico-sperimentale di processi di colata in sabbia di ghisa sferoidale. Inizialmente è stata effettuata un’approfondita indagine bibliografica per comprendere appieno le problematiche relative all’influenza dei parametri del processo fusorio (composizione chimica, trattamento del bagno, velocità di raffreddamento) sulle proprietà microstrutturali e meccaniche di getti ottenuti e per valutare lo stato dell’arte degli strumenti numerici di simulazione delle dinamiche di solidificazione e di previsione delle microstrutture. Sono state definite, realizzate ed impiegate attrezzature sperimentali di colata per la caratterizzazione di leghe rivolte alla misura ed alla differenziazione delle condizioni di processo, in particolare le velocità di raffreddamento, ed atte a validare strumenti di simulazione numerica e modelli previsionali. Inoltre sono stati progettati ed impiegati diversi sistemi per l’acquisizione ed analisi delle temperature all’interno di getti anche di grandi dimensioni. Lo studio, mediante analisi metallografica, di campioni di materiale ottenuto in condizioni differenziate ha confermato l’effetto dei parametri di processo considerati sulle proprietà microstrutturali quali dimensioni dei noduli di grafite e contenuto di ferrite e perlite. In getti di grandi dimensioni si è riscontrata anche una forte influenza dei fenomeni di macrosegregazione e convezione della lega su microstrutture e difettologie dei getti. Le attività si sono concentrate principalmente nella simulazione numerica FEM dei processi fusori studiati e nell’impiego di modelli empirico-analitici per la previsione delle microstrutture. I dati misurati di temperature di processo e di microstrutture sono stati impiegati per la validazione ed ottimizzazione degli strumenti numerici previsionali impiegati su un ampio intervallo di condizioni di processo. L’impiego di strumenti affidabili di simulazione del processo fusorio, attraverso l’implementazione di correlazioni sperimentali microstrutture-proprietà meccaniche, permette la valutazione di proprietà e difettologie dei getti, fornendo un valido aiuto nell’ottimizzazione del prodotto finito e del relativo processo produttivo.
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La dinamica dell'assetto di un satellite artificiale rappresenta uno degli aspetti più delicati della missione che esso stesso andrà a svolgere in orbita attorno ad un qualche corpo celeste, quale appunto il pianeta Terra. Il seguente lavoro di tesi si propone di analizzare la causa di una delle principali componenti di disturbo dell'assetto appena menzionato, preponderante per satelliti dalle piccole dimensioni, fornendo la spiegazione, validata attraverso una simulazione, della messa a punto di un metodo sperimentale per la valutazione della stessa. La componente in questione è la coppia di disturbo magnetica, ed è generata dall'interazione tra il campo magnetico terrestre ed il cosiddetto 'dipolo magnetico residuo' del satellite stesso, ossia quel campo magnetico che esso, in modalità operativa e non, risulta generare a causa del materiale ferromagnetico presente al suo interno, e delle correnti elettriche circolanti nei vari cavi conduttori. Ci si è dunque occupati dell'analisi e messa a punto di un metodo che possa consentire sperimentalmente di rilevare l'entità del dipolo residuo. Il lavoro di simulazione è stato svolto prendendo in considerazione le dimensioni e le possibili caratteristiche del dipolo residuo del micro-satellite ESEO (European Student Earth Orbiter), sviluppato da studenti di diverse università europee ed ora in fase di progetto dettagliato (fase C) presso i laboratori dell'azienda ALMASpace S.r.l. di Forlì. Il metodo in esame consiste nel rilevare il campo magnetico generato dal satellite, posto all'interno di un sistema tridimensionale di bobine di Helmholtz per avere una zona libera da campi magnetici esterni. Il rilevamento del dipolo avviene per mezzo di un magnetometro a tre assi, e dalla suddetta misura si può pervenire alla conoscenza delle componenti del dipolo stesso, quali posizione, orientamento ed intensità; siccome però la misura del magnetometro non è ideale, ma risulta affetta da errori, per una più corretta caratterizzazione del dipolo è necessario utilizzare un numero maggiore di magnetometri (oppure, il che è lo stesso, un unico magnetometro spostato mano a mano) in punti diversi attorno al satellite in modo da avere più misure di campo magnetico e poter così sfruttare una procedura numerica di ottimizzazione per risalire alle componenti del dipolo. Questa intera parte di calcolo è stata realizzata in MatLab®, simulando quindi le misure ottenute dai magnetometri, 'sporcandole' con i predetti errori, ed utilizzando le funzioni di minimizzazione lsqnonlin ed fmincon per verificare la funzionalità del sistema; si sono infatti analizzati i grafici rappresentanti i livelli di errore commessi dall'algoritmo di stima sulle varie componenti del dipolo, per le tipologie di errore dei magnetometri menzionate in precedenza. Si è così cercato di suggerire una configurazione ottimale di magnetometri in grado di fornire una stima caratterizzata da un buon compromesso tra numero di magnetometri da utilizzare non troppo elevato ed errore derivante accettabile.
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La crescente espansione del traffico aereo degli ultimi anni obbliga i progettisti delle infrastrutture aeroportuali ad analizzare nel dettaglio i vari processi presenti negli aeroporti. Tali processi possono essere relativi al terminal, e quindi legati ai passeggeri, e relativi alle operazioni di volo, e pertanto legati agli aeromobili. Una delle aree più critiche dell’infrastruttura aeroportuale è il Terminal, in quanto è l’edificio che permette il trasferimento dei passeggeri dal sistema di trasporto terrestre a quello aeronautico e viceversa. All’interno del Terminal si hanno diversi processi, intesi come procedure, azioni o misure, che il passeggero è tenuto a sostenere prima, durante e dopo la partenza. L’aspetto più critico, per ciò che concerne i rischi di congestione dovuti alla molteplicità di processi, è il viaggio del passeggero in partenza. Il passaggio tra processi successivi deve essere visto con l’obiettivo di rendere il percorso del passeggero il più facile e semplice possibile. Nel presente elaborato si vuole focalizzare l’attenzione sui processi di gestione dei passeggeri presenti nei terminal aeroportuali valutandone le rispettive criticità. Per una buona analisi di questi processi bisognerebbe valutare il sistema reale. Per far fronte a questa necessità si fa uso della simulazione del sistema reale attraverso software specifici. La simulazione è il processo di progettazione e creazione di un modello computerizzato di un sistema reale. In questo lavoro di tesi, si vogliono, quindi, riportare le peculiarità dei processi che caratterizzano il viaggio dei passeggeri in partenza all’interno dei terminal aeroportuali, e valutarne le criticità attraverso l’applicazione ad un caso reale mediante l’utilizzo di uno dei maggiori software di simulazione in commercio, ovvero Arena Simulation Software della casa americana Rockwell. Pertanto nei primi capitoli vengono descritte le caratteristiche dei processi presenti in un terminal aeroportuale e le proprietà della simulazione. Mentre nei successivi capitoli si è riportato la simulazione di un caso reale effettuata con il software Arena.
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analisi sulle variazioni climati del bacino della diga di Ridracoli
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Il problema dell'acidificazione degli oceani, conseguente ai cambiamenti climatici, è un processo ancora poco conosciuto. Per comprendere questo fenomeno, possono essere utilizzati degli ambienti naturalmente acidificati, considerati laboratori a cielo aperto. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di utilizzare le fumarole presenti nell'isola di Ischia, per approfondire le dinamiche dei processi di acidificazione e per analizzare l'eventuale interazione tra pH e condizioni meteorologiche. I dati utilizzati, forniti dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, erano serie di pH e di vento rilevate in continuo, in due aree, nord e sud rispetto all'isolotto del Castello Aragonese, e in tre stazioni lungo un gradiente di acidificazione. Tutto il lavoro è stato svolto a step, dove il risultato di un'analisi suggeriva il tipo e il metodo analitico da utilizzare nelle analisi successive. Inizialmente i dati delle due serie sono stati analizzati singolarmente per ottenere i parametri più salienti delle due serie. In seguito i dati sono stati correlati fra loro per stimare l'influenza del vento sul pH. Globalmente è stato possibile evidenziare come il fenomeno dell'acidificazione sia correlato con il vento, ma la risposta sembra essere sito-specifica, essendo risultato dipendente da altri fattori interagenti a scala locale, come la geomorfologia del territorio, le correnti marine e la batimetria del fondale. È però emersa anche la difficoltà nel trovare chiare correlazioni fra le due serie indagate, perché molto complesse, a causa sia della numerosa quantità di zeri nella serie del vento, sia da una forte variabilità naturale del pH, nelle varie stazioni esaminate. In generale, con questo lavoro si è dimostrato come utilizzare tecniche di analisi delle serie storiche, e come poter utilizzare metodi di regressione, autocorrelazione, cross-correlation e smoothing che possono integrare i modelli che prendono in considerazione variabili esogene rispetto alla variabile di interesse.
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This thesis tries to interpret the origin and evolution of karst-like forms present in Arabia Terra, a region of Mars that develops in the equatorial zone of the planet. The work has been carried out specifically in the craters Crommelin (4o 91’ N-10o 51’ E), 12000088 (3o 48’ N-1o 30’ E), NE 12000088 (4° 20’ N-2° 50’ E), C "2" (3° 54’ N-1° W), and in their surrounding areas. These craters contain layered deposits characterized by a high albedo and on which erosion is very pronounced. The area containing the craters is a plateau that has the same characteristics of albedo and texture. The preliminary morphological study has made use of instrumentation such as the Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), in particular HiRISE images (High Resolution Imaging Science Experiment), CTX (Context Camera) and CRISM (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometers for Mars). A regional geomorphological map has been drawn up containing the main morphotypes, and detailed geomorphological maps were prepared for different karst-like morphologies. The analysis of spectral data collected from CRISM instrumentation has allowed to identify the footprint of sulphate minerals in the external area. Data were collected for morphometric negative forms (karst-like) and positive forms (mud volcanoes, dikes and pingos). For the analysis of the relief forms DTMs (Digital Terrain Models) produced by the union of stereographic CTX couples or HiRISE were used. From the analysis of high-resolution images morphological footprints similar to periglacial environments have been identified, including the presence of patterned ground and polygonal cracks found all over the area of investigation, and relief structures similar to pingos present in the crater C "2". These observations allow us to imagine a geological past with a cold climate at the equator able to freeze the few fluids present in the Martian arid terrain. The development of karst-like landforms, on the other hand, can be attributed to a subsequent improval of the weather conditions that led to a normal climate regime for the equatorial areas, resulting in the degradation of the permafrost. The melt waters have thus allowed the partial dissolution of the sulphate layers. The karst-like forms look rather fresh suggesting them to be not that old.
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Sviluppo di un simulatore della cinetica chimica in una scarica a barriera dielettrica in aria a pressione atmosferica, focalizzando l'attenzione nei processi di creazione e decomposizione dell'ozono. Illustrazione del parco software utilizzato e caratterizzazione del modello fisico reale. Analisi e confronto tra i dati ottenuti tramite calcolatore e i dati ottenuti dalle misure al laboratorio.
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Adding to the on-going debate regarding vegetation recolonisation (more particularly the timing) in Europe and climate change since the Lateglacial, this study investigates a long sediment core (LL081) from Lake Ledro (652ma.s.l., southern Alps, Italy). Environmental changes were reconstructed using multiproxy analysis (pollen-based vegetation and climate reconstruction, lake levels, magnetic susceptibility and X-ray fluorescence (XRF) measurements) recorded climate and land-use changes during the Lateglacial and early-middle Holocene. The well-dated and high-resolution pollen record of Lake Ledro is compared with vegetation records from the southern and northern Alps to trace the history of tree species distribution. An altitudedependent progressive time delay of the first continuous occurrence of Abies (fir) and of the Larix (larch) development has been observed since the Lateglacial in the southern Alps. This pattern suggests that the mid-altitude Lake Ledro area was not a refuge and that trees originated from lowlands or hilly areas (e.g. Euganean Hills) in northern Italy. Preboreal oscillations (ca. 11 000 cal BP), Boreal oscillations (ca. 10 200, 9300 cal BP) and the 8.2 kyr cold event suggest a centennial-scale climate forcing in the studied area. Picea (spruce) expansion occurred preferentially around 10 200 and 8200 cal BP in the south-eastern Alps, and therefore reflects the long-lasting cumulative effects of successive boreal and the 8.2 kyr cold event. The extension of Abies is contemporaneous with the 8.2 kyr event, but its development in the southern Alps benefits from the wettest interval 8200-7300 cal BP evidenced in high lake levels, flood activity and pollen-based climate reconstructions. Since ca. 7500 cal BP, a weak signal of pollen-based anthropogenic activities suggest weak human impact. The period between ca. 5700 and ca. 4100 cal BP is considered as a transition period to colder and wetter conditions (particularly during summers) that favoured a dense beech (Fagus) forest development which in return caused a distinctive yew (Taxus) decline.We conclude that climate was the dominant factor controlling vegetation changes and erosion processes during the early and middle Holocene (up to ca. 4100 cal BP).
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The frequency of large-scale heavy precipitation events in the European Alps is expected to undergo substantial changes with current climate change. Hence, knowledge about the past natural variability of floods caused by heavy precipitation constitutes important input for climate projections. We present a comprehensive Holocene (10,000 years) reconstruction of the flood frequency in the Central European Alps combining 15 lacustrine sediment records. These records provide an extensive catalog of flood deposits, which were generated by flood-induced underflows delivering terrestrial material to the lake floors. The multi-archive approach allows suppressing local weather patterns, such as thunderstorms, from the obtained climate signal. We reconstructed mainly late spring to fall events since ice cover and precipitation in form of snow in winter at high-altitude study sites do inhibit the generation of flood layers. We found that flood frequency was higher during cool periods, coinciding with lows in solar activity. In addition, flood occurrence shows periodicities that are also observed in reconstructions of solar activity from C-14 and Be-10 records (2500-3000, 900-1200, as well as of about 710, 500, 350, 208 (Suess cycle), 150, 104 and 87 (Gleissberg cycle) years). As atmospheric mechanism, we propose an expansion/shrinking of the Hadley cell with increasing/decreasing air temperature, causing dry/wet conditions in Central Europe during phases of high/low solar activity. Furthermore, differences between the flood patterns from the Northern Alps and the Southern Alps indicate changes in North Atlantic circulation. Enhanced flood occurrence in the South compared to the North suggests a pronounced southward position of the Westerlies and/or blocking over the northern North Atlantic, hence resembling a negative NAO state (most distinct from 4.2 to 2.4 kyr BP and during the Little Ice Age). South-Alpine flood activity therefore provides a qualitative record of variations in a paleo-NAO pattern during the Holocene. Additionally, increased South Alpine flood activity contrasts to low precipitation in tropical Central America (Cariaco Basin) on the Holocene and centennial time scale. This observation is consistent with a Holocene southward migration of the Atlantic circulation system, and hence of the ITCZ, driven by decreasing summer insolation in the Northern hemisphere, as well as with shorter-term fluctuations probably driven by solar activity. (C) 2013 Elsevier Ltd. All rights reserved.
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Regime shifts, defined as a radical and persistent reconfiguration of an ecosystem following a disturbance, have been acknowledged by scientists as a very important aspect of the dynamic of ecosystems. However, their consideration in land management planning remains marginal and limited to specific processes and systems. Current research focuses on mathematical modeling and statistical analysis of spatio-temporal data for specific environmental variables. These methods do not fulfill the needs of land managers, who are confronted with a multitude of processes and pressure types and require clear and simple strategies to prevent regime shift or to increase the resilience of their environment. The EU-FP7 CASCADE project is looking at regime shifts of dryland ecosystems in southern Europe and specifically focuses on rangeland and forest systems which are prone to various land degradation threats. One of the aims of the project is to evaluate the impact of different management practices on the dynamic of the environment in a participatory manner, including a multi-stakeholder evaluation of the state of the environment and of the management potential. To achieve this objective we have organized several stakeholder meetings and we have compiled a review of management practices using the WOCAT methodology, which enables merging scientific and land users knowledge. We highlight here the main challenges we have encountered in applying the notion of regime shift to real world socio-ecological systems and in translating related concepts such as tipping points, stable states, hysteresis and resilience to land managers, using concrete examples from CASCADE study sites. Secondly, we explore the advantages of including land users’ knowledge in the scientific understanding of regime shifts. Moreover, we discuss useful alternative concepts and lessons learnt that will allow us to build a participatory method for the assessment of resilient management practices in specific socio-ecological systems and to foster adaptive dryland management.
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Throughout the last millennium, mankind was affected by prolonged deviations from the climate mean state. While periods like the Maunder Minimum in the 17th century have been assessed in greater detail, earlier cold periods such as the 15th century received much less attention due to the sparse information available. Based on new evidence from different sources ranging from proxy archives to model simulations, it is now possible to provide an end-to-end assessment about the climate state during an exceptionally cold period in the 15th century, the role of internal, unforced climate variability and external forcing in shaping these extreme climatic conditions, and the impacts on and responses of the medieval society in Central Europe. Climate reconstructions from a multitude of natural and human archives indicate that, during winter, the period of the early Spörer Minimum (1431–1440 CE) was the coldest decade in Central Europe in the 15th century. The particularly cold winters and normal but wet summers resulted in a strong seasonal cycle that challenged food production and led to increasing food prices, a subsistence crisis, and a famine in parts of Europe. As a consequence, authorities implemented adaptation measures, such as the installation of grain storage capacities, in order to be prepared for future events. The 15th century is characterised by a grand solar minimum and enhanced volcanic activity, which both imply a reduction of seasonality. Climate model simulations show that periods with cold winters and strong seasonality are associated with internal climate variability rather than external forcing. Accordingly, it is hypothesised that the reconstructed extreme climatic conditions during this decade occurred by chance and in relation to the partly chaotic, internal variability within the climate system.
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This doctoral thesis explores some of the possibilities that near-field optics can bring to photovoltaics, and in particular to quantum-dot intermediate band solar cells (QD-IBSCs). Our main focus is the analytical optimization of the electric field distribution produced in the vicinity of single scattering particles, in order to produce the highest possible absorption enhancement in the photovoltaic medium in their surroundings. Near-field scattering structures have also been fabricated in laboratory, allowing the application of the previously studied theoretical concepts to real devices. We start by looking into the electrostatic scattering regime, which is only applicable to sub-wavelength sized particles. In this regime it was found that metallic nano-spheroids can produce absorption enhancements of about two orders of magnitude on the material in their vicinity, due to their strong plasmonic resonance. The frequency of such resonance can be tuned with the shape of the particles, allowing us to match it with the optimal transition energies of the intermediate band material. Since these metallic nanoparticles (MNPs) are to be inserted inside the cell photovoltaic medium, they should be coated by a thin insulating layer to prevent electron-hole recombination at their surface. This analysis is then generalized, using an analytical separation-of-variables method implemented in Mathematica7.0, to compute scattering by spheroids of any size and material. This code allowed the study of the scattering properties of wavelengthsized particles (mesoscopic regime), and it was verified that in this regime dielectric spheroids perform better than metallic. The light intensity scattered from such dielectric spheroids can have more than two orders of magnitude than the incident intensity, and the focal region in front of the particle can be shaped in several ways by changing the particle geometry and/or material. Experimental work was also performed in this PhD to implement in practice the concepts studied in the analysis of sub-wavelength MNPs. A wet-coating method was developed to self-assemble regular arrays of colloidal MNPs on the surface of several materials, such as silicon wafers, amorphous silicon films, gallium arsenide and glass. A series of thermal and chemical tests have been performed showing what treatments the nanoparticles can withstand for their embedment in a photovoltaic medium. MNPs arrays are then inserted in an amorphous silicon medium to study the effect of their plasmonic near-field enhancement on the absorption spectrum of the material. The self-assembled arrays of MNPs constructed in these experiments inspired a new strategy for fabricating IBSCs using colloidal quantum dots (CQDs). Such CQDs can be deposited in self-assembled monolayers, using procedures similar to those developed for the patterning of colloidal MNPs. The use of CQDs to form the intermediate band presents several important practical and physical advantages relative to the conventional dots epitaxially grown by the Stranski-Krastanov method. Besides, this provides a fast and inexpensive method for patterning binary arrays of QDs and MNPs, envisioned in the theoretical part of this thesis, in which the MNPs act as antennas focusing the light in the QDs and therefore boosting their absorption