898 resultados para Sistemi di rigenerazione pompe di calore alta efficienza
Resumo:
Durante il lavoro di tesi si è analizzato e sviluppato un convertitore trifase multilivello di nuova generazione per l'allacciamento di un campo fotovoltaico multistringa alla rete elettrica. Si sono quindi studiati gli algoritmi di controllo di questa tipologia di inverter e sono state proposte soluzioni ad alcune delle più importanti problematiche incontrate in fase di sviluppo.
Resumo:
L’attività di ricerca contenuta in questa tesi si è concentrata nello sviluppo e nell’implementazione di tecniche per la co-simulazione e il co-progetto non lineare/elettromagnetico di sistemi wireless non convenzionali. Questo lavoro presenta un metodo rigoroso per considerare le interazioni tra due sistemi posti sia in condizioni di campo vicino che in condizioni di campo lontano. In sostanza, gli effetti del sistema trasmittente sono rappresentati da un generatore equivalente di Norton posto in parallelo all’antenna del sistema ricevente, calcolato per mezzo del teorema di reciprocità e del teorema di equivalenza. La correttezza del metodo è stata verificata per mezzo di simulazioni e misure, concordi tra loro. La stessa teoria, ampliata con l’introduzione degli effetti di scattering, è stata usata per valutare una condizione analoga, dove l’elemento trasmittente coincide con quello ricevente (DIE) contenuto all’interno di una struttura metallica (package). I risultati sono stati confrontati con i medesimi ottenibili tramite tecniche FEM e FDTD/FIT, che richiedono tempi di simulazione maggiori di un ordine di grandezza. Grazie ai metodi di co-simulazione non lineari/EM sopra esposti, è stato progettato e verificato un sistema di localizzazione e identificazione di oggetti taggati posti in ambiente indoor. Questo è stato ottenuto dotando il sistema di lettura, denominato RID (Remotely Identify and Detect), di funzioni di scansione angolare e della tecnica di RADAR mono-pulse. Il sistema sperimentale, creato con dispositivi low cost, opera a 2.5 GHz ed ha le dimensioni paragonabili ad un normale PDA. E’ stato sperimentata la capacità del RID di localizzare, in scenari indoor, oggetti statici e in movimento.
Resumo:
La tesi analizza la risposta di modello matematico biologico (ASM1) applicato ad un impianto di depurazione in scala pilota al fine di conoscere la risposta del sistema in seguito alla variazione delle condizioni iniziali e, in funzione dei risultati ottenuti, ipotizzare ed applicare diverse strategie di controllo tramite le quali ottimizzare l’efficienza dell’impianto, riducendo i costi in termini economici ed energetici e migliorando la qualità dell’effluente.
Resumo:
Il campo della coordinazione può beneficiare di nuovi strumenti e tecnologie per il proprio sviluppo o per rendere accessibili le sue funzionalità ad un pubblico più vasto. Il progetto TuCSoN, in particolare, include lo strumento Inspector tramite il quale è possibile monitorare ed interagire con l'intero spazio di coordinazione. Al fine di rendere disponibili queste funzionalità anche al mondo mobile è necessario eseguire il porting dell'applicazione. In questa tesi, perciò, verranno prima di tutto analizzate le caratteristiche principali dei modelli di coordinazione e, in particolare, del modello TuCSoN. In seguito eseguiremo un'introduzione sulla tecnologia Android, che ci fornirà gli strumenti necessari per la creazione di un framework mobile equivalente all'Inspector. Infine verranno affrontate le problematiche principali per eseguire con successo il porting, come ad esempio la necessità di ridefinire l'intera interfaccia grafica o l'utilizzo di nuovi componenti quali i service e le activity. Questa operazione, quindi, dimostrerà l'esigenza di adattare l'Inspector ai meccanismi appartenenti al nuovo ambiente di esecuzione.
Resumo:
Questa dissertazione tratterà l’argomento dello studio di metodi di progettazione e processi tecnologici innovativi per l’industrializzazione in medio-grande serie di componenti strutturali in materiale composito. L’interesse della ricerca verso questo ambito è suscitato dai notevoli vantaggi che l’utilizzo di materiali dall’alto rapporto prestazioni meccaniche/peso danno nella ricerca di elevate prestazioni in applicazioni sportive e diminuzione dei consumi ed emissioni inquinanti in mezzi di trasporto di grande serie. Lo studio di componenti in materiale composito è caratterizzato dalla peculiarità di non poter disgiungere la progettazione della geometria della parte da quella del materiale e del processo, ed in questo senso nella figura del progettista si vanno a riassumere sinergicamente competenze riguardanti i tre ambiti. Lo scopo di questo lavoro è la proposizione di una metodologia di progettazione e produzione di componenti strutturali che permetta l’utilizzazione ottimale della natura fibrosa del materiale composito sia dal punto di vista del trasferimento dei carichi tra diversi componenti, sia dal punto di vista del processo di laminazione che avviene per nastratura automatizzata. Lo studio è volto a mostrare in quali termini tale tecnologia sia potenzialmente in grado di superare i vincoli di forma ed i limiti di efficienza meccanica delle giunzioni tra le parti e di garantire maggiore produttività e costi inferiori rispetti ai diversi metodi di produzione che rappresentano oggi lo stato dell’arte dell’industrializzazione in medio-grande serie. Particolare attenzione verrà posta sull’utilizzo della tecnologia oggetto di studio per la produzione di telai automobilistici.
Osmosis Theme Park: piano per la rigenerazione urbana della ex discarica di Küçükçekmece ad Istanbul
Resumo:
Questa tesi di laurea nasce dall’approfondimento del progetto che abbiamo sviluppato nel laboratorio di progettazione architettonica frequentato presso la Middle East Technical University, METU, di Ankara, Turchia, durante l’anno accademico 2011-12. La prima parte del corso, tenuto dai professori S. Özkan e Z. Mennan, consisteva nello studio e analisi critica dei progetti in concorso per il bando “Istanbul Theme Park” e nella riproposizione, da presentare a gruppi, di uno dei masterplan studiati, con le modifiche ritenute necessarie a fronte delle considerazioni fatte e di nuove idee progettuali. Lo step successivo è stato quello di approfondire individualmente la progettazione architettonica di un area di almeno 100.000 mq in scala 1:500 e di un edificio in dettaglio 1:200. Date le tempistiche molto ridotte del corso, che si completava in tredici settimane, abbiamo scelto di continuare il lavoro e approfondire, con l’aiuto della prof.ssa V. Orioli e dell’arch. E. Brighi, l’elaborazione del masterplan arrivando ad una definizione maggiore di tutta l’area e non solamente delle aree di interesse approfondite durante la permanenza in Turchia. Il progetto presentato è quindi il frutto di un anno di lavoro sulla riqualificazione di un area di 150 ettari precedentemente adibita a discarica, situata nella parte occidentale di Istanbul. L’obiettivo che abbiamo perseguito è stato quello di ricreare nella periferia della metropoli turca uno stralcio di città con caratteri più “europei”, comprendendo in un solo grande ambito di progetto tutte le funzioni necessarie alla vita di un quartiere cittadino ma anche le grandi strutture attrattive richieste dal concorso. Durante il nostro percorso abbiamo cercato anche di non perdere di vista il contesto in cui lavoravamo e le abitudini della società turca con cui ci andavamo a confrontare. Nonostante la forte occidentalizzazione delle zone ricche delle grandi città come Istanbul, Ankara e Izmir, gli stili di vita europeo e turco sono fondamentalmente differenti e progettare una città, o uno stralcio di essa, per un popolo diverso necessita la conoscenza dei suoi valori fondamentali e delle abitudini che ne scandiscono le giornate.
Resumo:
Microprocessori basati su singolo processore (CPU), hanno visto una rapida crescita di performances ed un abbattimento dei costi per circa venti anni. Questi microprocessori hanno portato una potenza di calcolo nell’ordine del GFLOPS (Giga Floating Point Operation per Second) sui PC Desktop e centinaia di GFLOPS su clusters di server. Questa ascesa ha portato nuove funzionalità nei programmi, migliori interfacce utente e tanti altri vantaggi. Tuttavia questa crescita ha subito un brusco rallentamento nel 2003 a causa di consumi energetici sempre più elevati e problemi di dissipazione termica, che hanno impedito incrementi di frequenza di clock. I limiti fisici del silicio erano sempre più vicini. Per ovviare al problema i produttori di CPU (Central Processing Unit) hanno iniziato a progettare microprocessori multicore, scelta che ha avuto un impatto notevole sulla comunità degli sviluppatori, abituati a considerare il software come una serie di comandi sequenziali. Quindi i programmi che avevano sempre giovato di miglioramenti di prestazioni ad ogni nuova generazione di CPU, non hanno avuto incrementi di performance, in quanto essendo eseguiti su un solo core, non beneficiavano dell’intera potenza della CPU. Per sfruttare appieno la potenza delle nuove CPU la programmazione concorrente, precedentemente utilizzata solo su sistemi costosi o supercomputers, è diventata una pratica sempre più utilizzata dagli sviluppatori. Allo stesso tempo, l’industria videoludica ha conquistato una fetta di mercato notevole: solo nel 2013 verranno spesi quasi 100 miliardi di dollari fra hardware e software dedicati al gaming. Le software houses impegnate nello sviluppo di videogames, per rendere i loro titoli più accattivanti, puntano su motori grafici sempre più potenti e spesso scarsamente ottimizzati, rendendoli estremamente esosi in termini di performance. Per questo motivo i produttori di GPU (Graphic Processing Unit), specialmente nell’ultimo decennio, hanno dato vita ad una vera e propria rincorsa alle performances che li ha portati ad ottenere dei prodotti con capacità di calcolo vertiginose. Ma al contrario delle CPU che agli inizi del 2000 intrapresero la strada del multicore per continuare a favorire programmi sequenziali, le GPU sono diventate manycore, ovvero con centinaia e centinaia di piccoli cores che eseguono calcoli in parallelo. Questa immensa capacità di calcolo può essere utilizzata in altri campi applicativi? La risposta è si e l’obiettivo di questa tesi è proprio quello di constatare allo stato attuale, in che modo e con quale efficienza pùo un software generico, avvalersi dell’utilizzo della GPU invece della CPU.
Resumo:
Il presente lavoro ha avuto lo scopo di identificare le caratteristiche di filtrabilità della birra attraverso lo svolgimento di prove tecnologiche di filtrazione in scala di laboratorio e su scala pilota, utilizzando diverse tipologie di sistemi filtranti e sperimentando diversi materiali di membrana. La fase preliminare della caratterizzazione della filtrabilità della birra è stata condotta presso i laboratori del Campden-BRI – The Brewing Research International, Inghilterra, mentre le prove tecnologiche su scala pilota si sono svolte presso il CERB – Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra. Le prove di filtrazione e le analisi sui campioni hanno permesso di verificare le performance delle diverse membrane utilizzate in risposta alla variazione dei principali parametri del processo di filtrazione tangenziale. Sono stati analizzati diversi parametri di qualità della birra filtrata attraverso il monitoraggio del processo e lo svolgimento di prove analitiche sul prodotto volte ad evidenziare gli effetti delle differenti tecnologie adottate. Per quanto riguarda le prove di laboratorio per la caratterizzazione della filtrabilità della birra, l’analisi della PCS (Photon Correlation Spectroscopy) è stata utilizzata per verificare l’influenza di diversi trattamenti enzimatici sulla efficienza del processo di filtrazione e la loro influenza sulla stabilità colloidale della birra filtrata. Dai risultati ottenuti è emerso che il PCS è un valido strumento per determinare la distribuzione in classi di diametro e il diametro medio effettivo delle particelle solide in sospensione nella birra e può essere utilizzato sia per predire la stabilità della birra filtrata, sia per monitorare il processo di filtrazione in tempo reale.
Resumo:
In questa Tesi di Dottorato di Ricerca sono state studiate le caratteristiche strutturali e le relative prestazioni dei sistemi strutturali cellulari a pareti tozze di tipo sandwich in c. a. gettato in opera realizzate con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene. Tali sistemi strutturali sono caratterizzati da numerose peculiarità; infatti, (i) il comportamento globale delle strutture risulta essere di tipo cellulare, e, le pareti che costituiscono il sistema resistente alle azioni sia orizzontali che verticali risultano essere: (ii) tozze, (iii) di tipo sandwich e caratterizzate da: (iv) basse percentuali di armatura, (v) ridotti tassi di lavoro a sforzo assiale e (vi) stesso quantitativo di armatura orizzontale e verticale. Date le specificità dei sistemi strutturali in esame, si è, in primo luogo, cercato di inquadrare le peculiarità strutturali sopra elencate nell’ambito scientifico. Ciò ha consentito di riscontrare una profonda carenza nella conoscenza relativa al comportamento di tali strutture specialmente nei confronti delle azioni orizzontali di tipo sismico. Pertanto i due principali obiettivi di questa Tesi di Dottorato sono stati: (1) la sistematizzazione scientifica e la relativa interpretazione di 10 anni di prove sperimentali condotte sul sistema strutturale in esame; e (2) la progettazione, la realizzazione e l’interpretazione preliminare dei risultati di una prova su tavola vibrante di una struttura a tre piani con pianta rettangolare, realizzata con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene (la prova è stata effettuata nell’ambito del progetto di ricerca Europeo SERIES). Questa ricerca ha dunque consentito di far luce sul comportamento (in particolar modo, nei confronti delle azioni orizzontali di tipo sismico) dei sistemi strutturali composti da pareti tozze di tipo sandwich in c. a. gettato in opera realizzati con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene.
Resumo:
Negli ultimi cinquant’anni, in particolare dal 1956 al 2010, grazie a miglioramenti di tipo economico e sociale, il territorio urbanizzato italiano è aumentato di circa 600 mila ettari, cioè una superficie artificializzata pari quasi a quella dell’intera regione Friuli Venezia Giulia, con un aumento del 500% rispetto agli anni precedenti. Quando si parla di superfici “artificializzate” ci si riferisce a tutte quelle parti di suolo che perdono la propria caratteristica pedologica per essere asportate e divenire urbanizzate, cioè sostituite da edifici, spazi di pertinenza, parcheggi, aree di stoccaggio, strade e spazi accessori. La costruzione di intere periferie e nuclei industriali dagli anni ’50 in poi, è stata facilitata da un basso costo di mano d’opera e da una supposta presenza massiccia di risorse disponibili. Nonché tramite adeguati piani urbanistico-territoriali che hanno accompagnato ed assecondato questo orientamento. All’oggi, è evidente come questa crescita tumultuosa del tessuto urbanizzato non sia più sostenibile. Il consumo del suolo provoca infatti vari problemi, in particolare di natura ecologica e ambientale, ma anche sanitaria, economica e urbana. Nel dettaglio, secondo il dossier Terra Rubata1, lanciato all’inizio del 2012 dal FAI e WWF gli aspetti che vengono coinvolti direttamente ed indirettamente dalla conversione urbana dei suoli sono complessivamente i seguenti. Appartenenti alla sfera economico-energetica ritroviamo diseconomie dei trasporti, sperperi energetici, riduzione delle produzioni agricole. Per quanto riguarda la sfera idro-geo-pedologica vi è la possibilità di destabilizzazione geologica, irreversibilità d’uso dei suoli, alterazione degli assetti idraulici ipo ed epigei. Anche la sfera fisico-climatica non è immune a questi cambiamenti, ma può invece essere soggetta ad accentuazione della riflessione termica e dei cambiamenti 1 Dossier TERRA RUBATA Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, 31 gennaio 2012 2 climatici, ad una riduzione della capacità di assorbimento delle emissioni, ad effetti sul sequestro del carbonio e sulla propagazione spaziale dei disturbi fisico-chimici. In ultimo, ma non per importanza, riguardo la sfera eco-biologica, ritroviamo problemi inerenti l’erosione fisica e la distruzione degli habitat, la frammentazione eco sistemica, la distrofia dei processi eco-biologici, la penalizzazione dei servizi ecosistemici dell’ambiente e la riduzione della «resilienza» ecologica complessiva. Nonostante ci sia ancora la speranza che questo orientamento possa “invertire la rotta”, non è però possibile attendere ancora. È necessario agire nell’immediato, anche adottando adeguati provvedimenti normativi e strumenti pianificatori ed operativi nell’azione delle pubbliche amministrazioni analogamente a quanto, come evidenziato nel dossier sopracitato2, hanno fatto altri paesi europei. In un recente documento della Commissione Europea3 viene posto l’anno 2050 come termine entro il quale “non edificare più su nuove aree”. Per fare ciò la Commissione indica che nel periodo 2000-2020 occorre che l’occupazione di nuove terre sia ridotta in media di 800 km2 totali. È indispensabile sottolineare però, che nonostante la stabilità demografica della situazione attuale, se non la sua leggera decrescenza, e la società attuale ha necessità di spazi di azione maggiori che non nel passato e possiede una capacità di spostamento a velocità infinitamente superiori. Ciò comporta una variazione enorme nel rapporto tra le superfici edificate (quelle cioè effettivamente coperte dal sedime degli edifici) e le superfici urbanizzate (le pertinenze pubbliche e private e la viabilità). Nell’insediamento storico, dove uno degli obiettivi progettuali era quello di minimizzare i tempi di accesso tra abitazioni e servizi urbani, questo rapporto varia tra il 70 e il 90%, mentre nell’insediamento urbano moderno è quasi sempre inferiore al 40-50% fino a valori anche inferiori al 20% in taluni agglomerati commerciali, 2 Dossier TERRA RUBATA Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, 31 gennaio 2012 3 Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, settembre 2011 3 industriali o direzionali nei quali il movimento dei mezzi o le sistemazioni paesaggistiche di rappresentanza richiedono maggiori disponibilità di spazi. Come conciliare quindi la necessità di nuovi spazi e la necessità di non edificare più su nuove aree? Dai dati Istat il 3% del territorio Italiano risulta occupato da aree dismesse. Aree che presentano attualmente problemi di inquinamento e mancata manutenzione ma che potrebbero essere la giusta risorsa per rispondere alle necessità sopracitate. Enormi spazi, costruiti nella precedente epoca industriale, che possono essere restituiti al pubblico sotto forma di luoghi destinati alla fruizione collettiva come musei, biblioteche, centri per i giovani, i bambini, gli artisti. Allo stesso tempo questi spazi possono essere, completamente o in parte, rinaturalizzati e trasformati in parchi e giardini. La tematica, cosiddetta dell’archeologia industriale non si presenta come una novità, ma come una disciplina, definita per la sua prima volta in Inghilterra nel 1955, che vanta di esempi recuperati in tutta Europa. Dagli anni ’60 l’opinione pubblica cominciò ad opporsi alla demolizione di alcune strutture industriali, come ad esempio la Stazione Euston a Londra, riconoscendone l’importanza storica, culturale ed artistica. Questo paesaggio industriale, diviene oggi testimonianza storica di un’epoca e quindi per questo necessita rispetto e attenzione. Ciò non deve essere estremizzato fino alla esaltazione di questi immensi edifici come rovine intoccabili, ma deve invitare l’opinione pubblica e i progettisti a prendersene cura, a reintegrarli nel tessuto urbano donando loro nuove funzioni compatibili con la struttura esistente che andrà quindi lasciata il più possibile inalterata per mantenere una leggibilità storica del manufatto. L’Europa presenta vari casi di recupero industriale, alcuni dei quali presentano veri e propri esempi da seguire e che meritano quindi una citazione ed un approfondimento all’interno di questo saggio. Tra questi l’ex stabilimento FIAT del Lingotto a Torino, 4 la celebre Tate Modern di Londra, il Leipzig Baumwollspinnerei, il Matadero Madrid e la Cable Factory a Elsinky. Questi edifici abbandonati risultano all’oggi sparsi in maniera disomogenea anche in tutta Italia, con una maggiore concentrazione lungo le linee ferroviarie e nei pressi delle città storicamente industrializzate. Essi, prima di un eventuale recupero, risultano come rifiuti abbandonati. Ma come sopradetto questi rifiuti urbani possono essere recuperati, reinventati, riabilitati, ridotati di dignità, funzione, utilità. Se questi rifiuti urbani possono essere una nuova risorsa per le città italiane come per quelle Europee, perché non provare a trasformare in risorse anche i rifiuti di altra natura? Il problema dei rifiuti, più comunemente chiamati come tali, ha toccato direttamente l’opinione pubblica italiana nel 2008 con il caso drammatico della regione Campania e in particolare dalla condizione inumana della città di Napoli. Il rifiuto è un problema dovuto alla società cosiddetta dell’usa e getta, a quella popolazione che contrariamente al mondo rurale non recupera gli scarti impiegandoli in successive lavorazioni e produzioni, ma li getta, spesso in maniera indifferenziata senza preoccuparsi di ciò che ne sarà. Nel passato, fino agli anni ’60, il problema dello smaltimento dei rifiuti era molto limitato in quanto in genere gli scatti del processo industriale, lavorativo, costruttivo venivano reimpiegati come base per una nuova produzione; il materiale da riciclare veniva di solito recuperato. Il problema degli scarti è quindi un problema moderno e proprio della città, la quale deve quindi farsene carico e trasformarlo in un valore, in una risorsa. Se nell’equilibrio ecologico la stabilità è rappresentata dalla presenza di cicli chiusi è necessario trovare una chiusura anche al cerchio del consumo; esso non può terminare in un oggetto, il rifiuto, ma deve riuscire a reinterpretarlo, a trovare per 5 esso una nuova funzione che vada ad attivare un secondo ciclo di vita, che possa a sua volta generare un terzo ciclo, poi un quarto e cosi via. Una delle vie possibili, è quella di riciclare il più possibile i nostri scarti e quindi di disassemblarli per riportare alla luce le materie prime che stavano alla base della loro formazione. Uno degli ultimi nati, su cui è possibile agire percorrendo questa strada è il rifiuto RAEE4. Esso ha subito un incremento del 30,7% negli ultimi 5 anni arrivando ad un consumo di circa 19 kilogrammi di rifiuti all’anno per abitante di cui solo 4 kilogrammi sono attualmente smaltiti nelle aziende specializzate sul territorio. Dismeco s.r.l. è una delle aziende sopracitate specializzata nello smaltimento e trattamento di materiale elettrico ed elettronico, nata a Bologna nel 1977 come attività a gestione familiare e che si è poi sviluppata divenendo la prima in Italia nella gestione specifica dei RAEE, con un importante incremento dei rifiuti dismessi in seguito all'apertura del nuovo stabilimento ubicato nel Comune di Marzabotto, in particolare nel lotto ospitante l’ex-cartiera Rizzoli-Burgo. L’azienda si trova quindi ad operare in un contesto storicamente industriale, in particolare negli edifici in cui veniva stoccato il caolino e in cui veniva riciclata la carta stampata. Se la vocazione al riciclo è storica dell’area, grazie all’iniziativa dell’imprenditore Claudio Tedeschi, sembra ora possibile la creazione di un vero e proprio polo destinato alla cultura del riciclo, all’insegnamento e all’arte riguardanti tale tematica. L’intenzione che verrà ampliamente sviluppata in questo saggio e negli elaborati grafici ad esso allegati è quella di recuperare alcuni degli edifici della vecchia cartiera e donane loro nuove funzioni pubbliche al fine di rigenerare l’area. 4 RAEE: Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, in lingua inglese: Waste of electric and electronic equipment (WEEE) o e-waste). Essi sono rifiuti di tipo particolare che consistono in qualunque apparecchiatura elettrica o elettronica di cui il possessore intenda disfarsi in quanto guasta, inutilizzata, o obsoleta e dunque destinata all'abbandono. 6 Il progetto, nello specifico, si occuperà di riqualificare energeticamente il vecchio laboratorio in cui veniva riciclata la carta stampata e di dotarlo di aree per esposizioni temporanee e permanenti, sale conferenze, aule didattiche, zone di ristoro e di ricerca. Per quanto riguarda invece l’area del lotto attualmente artificializzata, ma non edificata, vi è l’intenzione di riportarla a zona verde attraverso la creazione di un “Parco del Riciclo”. Questa zona verde restituirà al lotto un collegamento visivo con le immediate colline retrostanti, accoglierà i visitatori e li ospiterà nelle stagioni più calde per momenti di relax ma al tempo stesso di apprendimento. Questo perché come già detto i rifiuti sono risorse e quando non possono essere reimpiegati come tali vi è l’arte che se ne occupa. Artisti del calibro di Picasso, Marinetti, Rotella, Nevelson e molti altri, hanno sempre operato con i rifiuti e da essi sono scaturite opere d’arte. A scopo di denuncia di una società consumistica, semplicemente come oggetti del quotidiano, o come metafora della vita dell’uomo, questi oggetti, questi scarti sono divenuti materia sotto le mani esperte dell’artista. Se nel 1998 Lea Vergine dedicò proprio alla Trash Art una mostra a Rovereto5 significa che il rifiuto non è scarto invisibile, ma oggetto facente parte della nostra epoca, di una generazione di consumatori frugali, veloci, e indifferenti. La generazione dell’”usa e getta” che diviene invece ora, per necessita o per scelta generazione del recupero, del riciclo, della rigenerazione. L’ipotesi di progetto nella ex-cartiera Burgo a Lama di Reno è proprio questo, un esempio di come oggi il progettista possa guardare con occhi diversi queste strutture dismesse, questi rifiuti, gli scarti della passata società e non nasconderli, ma reinventarli, riutilizzarli, rigenerarli per soddisfare le necessità della nuova generazione. Della generazione riciclo.