998 resultados para Le Blanc, J.-C.-M.


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Il tumore al seno si colloca al primo posto per livello di mortalità tra le patologie tumorali che colpiscono la popolazione femminile mondiale. Diversi studi clinici hanno dimostrato come la diagnosi da parte del radiologo possa essere aiutata e migliorata dai sistemi di Computer Aided Detection (CAD). A causa della grande variabilità di forma e dimensioni delle masse tumorali e della somiglianza di queste con i tessuti che le ospitano, la loro ricerca automatizzata è un problema estremamente complicato. Un sistema di CAD è generalmente composto da due livelli di classificazione: la detection, responsabile dell’individuazione delle regioni sospette presenti sul mammogramma (ROI) e quindi dell’eliminazione preventiva delle zone non a rischio; la classificazione vera e propria (classification) delle ROI in masse e tessuto sano. Lo scopo principale di questa tesi è lo studio di nuove metodologie di detection che possano migliorare le prestazioni ottenute con le tecniche tradizionali. Si considera la detection come un problema di apprendimento supervisionato e lo si affronta mediante le Convolutional Neural Networks (CNN), un algoritmo appartenente al deep learning, nuova branca del machine learning. Le CNN si ispirano alle scoperte di Hubel e Wiesel riguardanti due tipi base di cellule identificate nella corteccia visiva dei gatti: le cellule semplici (S), che rispondono a stimoli simili ai bordi, e le cellule complesse (C) che sono localmente invarianti all’esatta posizione dello stimolo. In analogia con la corteccia visiva, le CNN utilizzano un’architettura profonda caratterizzata da strati che eseguono sulle immagini, alternativamente, operazioni di convoluzione e subsampling. Le CNN, che hanno un input bidimensionale, vengono solitamente usate per problemi di classificazione e riconoscimento automatico di immagini quali oggetti, facce e loghi o per l’analisi di documenti.

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L’azienda GGP, leader europeo nella produzione di rasaerba e prodotti per il giardinaggio, ha avviato, in collaborazione con il Laboratorio di aerodinamica sperimentale della Facoltà di ingegneria dell’Università di Bologna, uno studio atto alla valutazione delle prestazioni dei rasaerba commercializzati, al fine di comprendere quali siano le vie percorribili per ottenere un miglioramento delle prestazioni associate. Attualmente il metodo utilizzato per compiere tali valutazioni consiste nel far percorrere al rasaerba un percorso di lunghezza prestabilita e valutare il peso dell’erba raccolta nel sacco. Tale approccio presenta delle forti limitazioni in quanto le prove non sono per loro natura ripetibili. Si pensi ad esempio alla non uniformità del terreno e all’altezza dell’erba. È pertanto necessario un approccio in grado di definire con maggior precisione e ripetibilità le prestazioni dei macchinari rasaerba. Tra le diverse prestazioni c’è la capacità della macchina di trattare una portata di aria più elevata possibile garantendo un’elevata aspirazione dell’erba tagliata. Da questo punto vista la geometria della lama riveste un’importanza particolare. Per valutare le prestazioni della singola lama, è stato realizzato un “test-rig lame”, uno strumento con cui è possibile trattare il flusso per renderlo misurabile e valutare la portata d’aria attraverso semplici misure di pressione. Una volta costruito il “test-rig”, sono stati individuati i parametri geometrici delle lame che influenzano la portata, quali apertura, corda e calettamento del flap della lama. Lo studio svolto si limita a valutare gli effetti causati dalla sola geometria della lama prescindendo dalla forma della voluta, in quanto la sua interazione con la lama risulta di grande complessità. Si è quindi avviata una campagna di test sperimentali effettuati su lame caratterizzate da diversi valori dei parametri, che l’azienda stessa ha prodotto e fornito al laboratorio, al fine di trovare relazioni funzionali tra la portata elaborata e la geometria delle lame.

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Acute myeloid leukemia (AML) is a very aggressive cancer of the hematopoietic system. Chemotherapy and immunotherapeutical approaches including hematopoietic stem cell transplantation (HSCT) and donor lymphocyte infusion (DLI) are the only curative options available. The beneficial graft-versus-leukemia (GVL) effect of cellular immunotherapy is mostly mediated by donor-derived CD8+ T lymphocytes that recognize minor histocompatibility antigens (mHags) and leukemia-associated antigens (LAAs) presented on the surface of AML blasts (Falkenburg et al. 2008; Kolb 2008). A main complication is graft-versus-host disease (GVHD) that can be induced when cytotoxic T lymphocytes (CTLs) recognize broadly expressed antigens. To reduce the risk of GVHD, specific allogeneic T-cell therapy inducing selective GVL responses could be an option (Barrett & Le Blanc 2010; Parmar et al. 2011; Smits et al. 2011). This requires efficient in vitro strategies to generate AML-reactive T cells with an early differentiation phenotype as well as vigorous effector functions and humanized mouse models to analyze the anti-leukemic potential of adoptively transferred T cells in vivo. In this study, AML-reactive CTL clones and oligoclonal T-cell lines could be reliably generated from the naive subset of healthy HLA-class I-identical donors by stimulation with primary AML blasts in mini-mixed-lymphocyte / leukemia cultures (MLLCs) in eight different patient / donor pairs. These CTLs were promising candidates for cellular immunotherapy because of their relatively early differentiation phenotype and strong proliferative and lytic capabilities. The addition of the common γ-chain cytokine IL-21 to the stimulation protocol enabled more precursors to develop into potent leukemia-reactive CTLs, presumably by its beneficial effects on cell survival and antigen-specific proliferation during the first weeks of cultures. It also strengthened the early-stage phenotype. Three long-term cultured CTLs exemplarily transferred into leukemia-engrafted immunodeficient NSG mice mediated a significant reduction of the leukemic burden after a single transfusion. These results demonstrate that CTL clones with reactivity to patient-derived AML blasts can be isolated from the naive compartment of healthy donors and show potent anti-leukemic effects in vivo. The herein described allo-MLLC approach with in vitro “programmed” naive CTL precursors independent of a HSCT setting is a valuable alternative to the conventional method of isolating in vivo primed donor CTLs out of patients after transplantation (Kloosterboer et al. 2004; Warren et al. 2010). This would make leukemia-reactive CTLs already available at the time point of HSCT, when residual leukemia disease is minimal and the chances for complete leukemia eradication are high. Furthermore, leukemia-reactive CTLs effectively expanded by this in vitro protocol can be used as screening populations to identify novel candidate LAAs and mHags for antigen-specific immunotherapy.

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Sign. : A-K8

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Although activation of one seven-transmembrane receptor can influence the response of a separate seven-transmembrane receptor, e.g., the phenomenon of synergism, the underlying mechanism(s) for this signaling process is unclear. The present study investigated communication between two receptors that exhibit classical synergism, e.g., human platelet thrombin and thromboxane A2 receptors. Activation of thrombin receptors caused an increase in ligand affinity of thromboxane A2 receptors. This effect (i) was shown to be specific, since a similar increase in ligand affinity was not caused by ADP or A23187; (ii) did not require cytosolic components, e.g., kinases, proteases, phosphatases, etc., because it occurred in isolated platelet membranes; (iii) was G protein-mediated because it was blocked by an Gαq C terminus antibody; and (iv) was associated with a net increase in Gαq coupling to thromboxane A2 receptors. Collectively, these data provide evidence that seven-transmembrane receptors that share a common Gα subunit can communicate with each other via a redistribution of their G proteins. Thus, activation of thrombin receptors increases Gαq association with thromboxane A2 receptors thereby shifting them to a higher affinity state. This signaling phenomenon, which modulates receptor-ligand affinity, may serve as a molecular mechanism for cellular adaptive processes such as synergism.

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Monoclonal antibodies penetrate bulky tumors poorly after intravenous administration, in part because of specific binding to the target antigen. Experiments presented here demonstrate an analogous phenomenon in micrometastases; poor antibody penetration, attributable to a "binding-site barrier" phenomenon, can be seen in guinea pig micrometastases as small as 300 microns in diameter. Increasing the dose of antibody can partially overcome this limitation, but at a cost in specificity.

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Le formiche svolgono un importante ruolo all’interno degli ecosistemi ed alcune specie sono considerate keystone in quanto in grado di modificare la componente biotica e/o abiotica dell’ecosistema stesso. Sono animali ubiquitari che hanno colonizzato molteplici ambienti, compresi gli agroecosistemi. Negli agroecosistemi spesso svolgono un ruolo impattante determinando la diffusione o il regresso di specie di artropodi, alcune delle quali dannose alle colture. La presente ricerca tiene conto di un’ampia visione dei rapporti ecoetologici intercorrenti tra le formiche e la componente biotica di un ecosistema, utilizzando il concetto di rete multitrofica. In quest’ottica, si è pensato di costruire un sistema multitrofico costituito da una specie vegetale di interesse agrario (Cucumis sativus), dai suoi fitofagi naturali, divisi in fitomizi (afidi) (Aphis gossypii e Myzus persicae) e fitofagi masticatori (bruchi del lepidottero Mamestra brassicae), formiche (Formica pratensis) e predatori afidofagi (Aphidolets aphidimyza). Il sistema multitrofico è stato utilizzato sia per studiare l’aggressività delle formiche, sia per verificare l’esistenza di una comunicazione interspecifica tra le formiche e le piante (allelochimici). Gli studi sull’aggressività sono consistiti nel: • Verificare il livello di aggressività delle formiche nei confronti di un fitofago masticatore, competitore degli afidi nello sfruttare la pianta ospite. • Verificare se la presenza di afidi mutualisti fa variare il livello di aggressività delle formiche verso il competitore. • Verificare se esiste aggressività verso un predatore di afidi, i quali, secondo il paradigma della trofobiosi, dovrebbero essere difesi dalle formiche in cambio della melata. • Verificare se il predatore ha evoluto strategie volte ad eludere il controllo delle formiche sugli insetti che si approcciano alla colonia di afidi. Gli studi sui rapporti piante-formiche sono stati effettuati mediante olfattometro, osservando la risposta delle formiche alle sostanze volatili provenienti da piante infestate in modo differente con i fitofagi del sistema. Attraverso il trappolaggio e l’analisi gas-cromatografica delle sostanze prodotte dalle piante oggetto di studio abbiamo quindi individuato tipo e quantità di ogni composto volatile. Oltre alle piante di cetriolo, per questi esperimenti sono state utilizzate anche piante di patata (Solanum tuberosum). Dagli esperimenti sull’aggressività è risultato che le formiche manifestano un elevato potenziale predatorio, eradicando completamente la presenza dei bruchi sulle piante. Questo livello di aggressività tuttavia non cresce con la presenza degli afidi mutualisti che dovrebbero essere difesi dai competitori. Le formiche inoltre non sono in grado di sopprimere i predatori afidofagi che ipotizziamo riescano ad effettuare un camuffamento chimico, assumendo gli odori degli afidi dei quali si nutrono. I risultati degli esperimenti in olfattometro mostrano una chiara risposta positiva delle formiche verso gli odori di alcune delle piante infestate. Vi sono delle differenze nella risposta in funzione della specie di fitofago presente e della specie di pianta utilizzata. Nei trattamenti in cui erano presenti le piante di C. sativus, gli esperimenti in olfattometro hanno mostrato che le formiche rispondono in modo significativo agli odori emessi dalle piante in cui vi era la presenza del fitofago masticatore M. brassicae, solo o in associazione con A. gossypii. La presenza dei soli afidi, sia mutualisti (A. gossypii) sia non mutualisti (M. persicae), non ha invece indotto una risposta significativa nelle formiche rispetto agli odori delle piante non infestate. Nei trattamenti in cui erano presenti le piante di S. tuberosum la scelta delle formiche è stata significativa verso gli odori emessi dalle piante infestate con ciascuna delle singole specie di erbivori rispetto alle piante non infestate. Gli esperimenti sull’analisi delle sostanze volatili emesse dalle piante hanno confermato che gli organismi vegetali sono una vera centrale di produzione biochimica, infatti ben 91 composti volatili diversi sono stati individuati dall’analisi gas-cromatografica delle piante di cetriolo e 85 in quelle di patata. Dalle elaborazioni effettuate, rispettivamente 27 e 4 di essi sono prodotti esclusivamente dalle piante attaccate dai fitofagi. In generale, il cambiamento più consistente è dato dalla quantità di alcune sostanze volatili emesse dalle piante infestate rispetto a quelle integre che determina un cambiamento nei rapporti tra le sostanze che compongono i volatiles. E’ probabile che l’effetto attrattivo esercitato sulle formiche sia dato da un Blend di sostanze più che dai singoli composti presenti

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O envolvimento de adolescentes com a prática de atos infracionais, no Brasil, ocupa espaço significativo no debate público. No entanto, tal debate carece de profundidade, pois pouco se relaciona ao conhecimento cientificamente produzido sobre o fenômeno. De acordo com a literatura acadêmica especializada no tema, um melhor conhecimento dos fatores associados à pratica de atos infracionais permitiria não só auxiliar na proposição de políticas públicas voltadas à prevenção deste problema, mas também no desenvolvimento de formas mais eficientes de intervenção, baseadas nas necessidades específicas apresentadas pelos adolescentes em conflito com a lei. Em meio aos diferentes fatores que devem ser pesquisados, no presente trabalho focalizam-se especificamente aqueles subentendidos sob o conceito de Normas e de Rotina, no referencial da Teoria da Regulação Social e Pessoal da Conduta, cujo autor principal é Marc Le Blanc. Divide-se assim o presente trabalho em dois estudos. O Estudo 1 trata de regulação normativa que opera por meio do mecanismo de socialização, e se refere à internalização, pelo adolescente, das normas sociais de conduta tidas como convencionais, o que promoveria um nível de constrangimento interno capaz de atuar como barreira ao envolvimento em atividades delituosas. Nesse sentido, maior adesão às normas, menos atitudes favoráveis ao comportamento divergente, mais atitudes de respeito a figuras de autoridade, maior percepção de risco de apreensão e menor utilização de técnicas de neutralização das barreiras psicológicas à emissão do comportamento indicariam um maior índice de constrangimento interno e, portanto, uma probabilidade reduzida de se engajar persistentemente em atividades divergentes/infracionais. O objetivo geral deste Estudo foi caracterizar a regulação da conduta em adolescentes pelas normas, no contexto sociocultural brasileiro. Utilizou-se o questionário de Normas proposto por Le Blanc, um questionário de caracterização sociodemográfica e a Entrevista de Delinquência Autorrevelada. Os dados foram coletados junto a 48 adolescentes Infratores e a 102 Escolares. Os resultados reforçam a importância do aspecto normativo para o melhor entendimento acerca dos fatores que explicam a conduta divergente em adolescentes. No Estudo 2 focalizou-se as atividades de rotina que podem se associar ao comportamento delituoso por meio do mecanismo de aprendizagem, na medida em que as diversas atividades nas quais o adolescente investe seu tempo constituem-se em contexto onde o comportamento divergente/infracional pode ser adquirido e reforçado. De acordo com a literatura, as atividades sem objetivos específicos, acompanhadas por pares de idade e que ocorrem na ausência de alguma figura de autoridade são aquelas que melhor explicam o comportamento delituoso de um adolescente. O objetivo geral deste Estudo foi caracterizar a regulação da conduta pela rotina em adolescentes, no contexto sociocultural brasileiro. Foram utilizados 3 instrumentos: o questionário de Rotina proposto por Le Blanc, um questionário de caracterização sociodemográfica e a Entrevista de Delinquência Autorrevelada. As análises foram feitas com base nas respostas de 102 adolescentes recrutados em escolas públicas. Os resultados comprovam a relevância das Atividades de Rotina como fator explicativo para o comportamento delituoso, com ênfase para os efeitos provocados pelos Pares, pela Família e pela frequentação de Lugares destinados aos adultos. Em síntese, ambos estudos reforçam a importância dos sistemas de regulação estudados e colocam em pauta a necessidade de outros trabalhos, que possam avançar nas questões apontadas dentro da Regulação pela Rotina e pelas Normas.

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Les dynorphines sont des neuropeptides importants avec un rôle central dans la nociception et l’atténuation de la douleur. De nombreux mécanismes régulent les concentrations de dynorphine endogènes, y compris la protéolyse. Les Proprotéines convertases (PC) sont largement exprimées dans le système nerveux central et clivent spécifiquement le C-terminale de couple acides aminés basiques, ou un résidu basique unique. Le contrôle protéolytique des concentrations endogènes de Big Dynorphine (BDyn) et dynorphine A (Dyn A) a un effet important sur la perception de la douleur et lele de PC reste à être déterminée. L'objectif de cette étude était de décrypter lele de PC1 et PC2 dans le contrôle protéolytique de BDyn et Dyn A avec l'aide de fractions cellulaires de la moelle épinière de type sauvage (WT), PC1 -/+ et PC2 -/+ de souris et par la spectrométrie de masse. Nos résultats démontrent clairement que PC1 et PC2 sont impliquées dans la protéolyse de BDyn et Dyn A avec un rôle plus significatif pour PC1. Le traitement en C-terminal de BDyn génère des fragments peptidiques spécifiques incluant dynorphine 1-19, dynorphine 1-13, dynorphine 1-11 et dynorphine 1-7 et Dyn A génère les fragments dynorphine 1-13, dynorphine 1-11 et dynorphine 1-7. Ils sont tous des fragments de peptides associés à PC1 ou PC2. En plus, la protéolyse de BDyn conduit à la formation de Dyn A et Leu-Enk, deux peptides opioïdes importants. La vitesse de formation des deux est réduite de manière significative dans les fractions cellulaires de la moelle épinière de souris mutantes. En conséquence, l'inhibition même partielle de PC1 ou PC2 peut altérer le système opioïde endogène.

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La déficience intellectuelle est la cause d’handicap la plus fréquente chez l’enfant. De nombreuses évidences convergent vers l’idée selon laquelle des altérations dans les gènes synaptiques puissent expliquer une fraction significative des affections neurodéveloppementales telles que la déficience intellectuelle ou encore l’autisme. Jusqu’à récemment, la majorité des mutations associées à la déficience intellectuelle a été liée au chromosome X ou à la transmission autosomique récessive. D’un autre côté, plusieurs études récentes suggèrent que des mutations de novo dans des gènes à transmission autosomique dominante, requis dans les processus de la plasticité synaptique peuvent être à la source d’une importante fraction des cas de déficience intellectuelle non syndromique. Par des techniques permettant la capture de l’exome et le séquençage de l’ADN génomique, notre laboratoire a précédemment reporté les premières mutations pathogéniques dans le gène à transmission autosomique dominante SYNGAP1. Ces dernières ont été associées à des troubles comportementaux tels que la déficience intellectuelle, l’inattention, des problèmes d’humeur, d’impulsivité et d’agressions physiques. D’autres patients sont diagnostiqués avec des troubles autistiques et/ou des formes particulières d’épilepsie généralisée. Chez la souris, le knock-out constitutif de Syngap1 (souris Syngap1+/-) résulte en des déficits comme l’hyperactivité locomotrice, une réduction du comportement associée à l’anxiété, une augmentation du réflexe de sursaut, une propension à l’isolation, des problèmes dans le conditionnement à la peur, des troubles dans les mémoires de travail, de référence et social. Ainsi, la souris Syngap1+/- représente un modèle approprié pour l’étude des effets délétères causés par l’haploinsuffisance de SYNGAP1 sur le développement de circuits neuronaux. D’autre part, il est de première importance de statuer si les mutations humaines aboutissent à l’haploinsuffisance de la protéine. SYNGAP1 encode pour une protéine à activité GTPase pour Ras. Son haploinsuffisance entraîne l’augmentation des niveaux d’activité de Ras, de phosphorylation de ERK, cause une morphogenèse anormale des épines dendritiques et un excès dans la concentration des récepteurs AMPA à la membrane postsynaptique des neurones excitateurs. Plusieurs études suggèrent que l’augmentation précoce de l’insertion des récepteurs AMPA au sein des synapses glutamatergiques contribue à certains phénotypes observés chez la souris Syngap1+/-. En revanche, les conséquences de l’haploinsuffisance de SYNGAP1 sur les circuits neuronaux GABAergiques restent inconnues. Les enjeux de mon projet de PhD sont: 1) d’identifier l’impact de mutations humaines dans la fonction de SYNGAP1; 2) de déterminer si SYNGAP1 contribue au développement et à la fonction des circuits GABAergiques; 3) de révéler comment l’haploinsuffisance de Syngap1 restreinte aux circuits GABAergiques affecte le comportement et la cognition. Nous avons publié les premières mutations humaines de type faux-sens dans le gène SYNGAP1 (c.1084T>C [p.W362R]; c.1685C>T [p.P562L]) ainsi que deux nouvelles mutations tronquantes (c.2212_2213del [p.S738X]; c.283dupC [p.H95PfsX5]). Ces dernières sont toutes de novo à l’exception de c.283dupC, héritée d’un père mosaïque pour la même mutation. Dans cette étude, nous avons confirmé que les patients pourvus de mutations dans SYNGAP1 présentent, entre autre, des phénotypes associés à des troubles comportementaux relatifs à la déficience intellectuelle. En culture organotypique, la transfection biolistique de l’ADNc de Syngap1 wild-type dans des cellules pyramidales corticales réduit significativement les niveaux de pERK, en fonction de l’activité neuronale. Au contraire les constructions plasmidiques exprimant les mutations W362R, P562L, ou celle précédemment répertoriée R579X, n’engendre aucun effet significatif sur les niveaux de pERK. Ces résultats suggèrent que ces mutations faux-sens et tronquante résultent en la perte de la fonction de SYNGAP1 ayant fort probablement pour conséquences d’affecter la régulation du développement cérébral. Plusieurs études publiées suggèrent que les déficits cognitifs associés à l’haploinsuffisance de SYNGAP1 peuvent émerger d’altérations dans le développement des neurones excitateurs glutamatergiques. Toutefois, si, et auquel cas, de quelle manière ces mutations affectent le développement des interneurones GABAergiques résultant en un déséquilibre entre l’excitation et l’inhibition et aux déficits cognitifs restent sujet de controverses. Par conséquent, nous avons examiné la contribution de Syngap1 dans le développement des circuits GABAergiques. A cette fin, nous avons généré une souris mutante knockout conditionnelle dans laquelle un allèle de Syngap1 est spécifiquement excisé dans les interneurones GABAergiques issus de l’éminence ganglionnaire médiale (souris Tg(Nkx2.1-Cre);Syngap1flox/+). En culture organotypique, nous avons démontré que la réduction de Syngap1 restreinte aux interneurones inhibiteurs résulte en des altérations au niveau de leur arborisation axonale et dans leur densité synaptique. De plus, réalisés sur des coupes de cerveau de souris Tg(Nkx2.1-Cre);Syngap1flox/+, les enregistrements des courants inhibiteurs postsynaptiques miniatures (mIPSC) ou encore de ceux évoqués au moyen de l’optogénétique (oIPSC) dévoilent une réduction significative de la neurotransmission inhibitrice corticale. Enfin, nous avons comparé les performances de souris jeunes adultes Syngap1+/-, Tg(Nkx2.1-Cre);Syngap1flox/+ à celles de leurs congénères contrôles dans une batterie de tests comportementaux. À l’inverse des souris Syngap1+/-, les souris Tg(Nkx2.1-Cre);Syngap1flox/+ ne présentent pas d’hyperactivité locomotrice, ni de comportement associé à l’anxiété. Cependant, elles démontrent des déficits similaires dans la mémoire de travail et de reconnaissance sociale, suggérant que l’haploinsuffisance de Syngap1 restreinte aux interneurones GABAergiques dérivés de l’éminence ganglionnaire médiale récapitule en partie certains des phénotypes cognitifs observés chez la souris Syngap1+/-. Mes travaux de PhD établissent pour la première fois que les mutations humaines dans le gène SYNGAP1 associés à la déficience intellectuelle causent la perte de fonction de la protéine. Mes études dévoilent, également pour la première fois, l’influence significative de ce gène dans la régulation du développement et de la fonction des interneurones. D’admettre l’atteinte des cellules GABAergiques illustre plus réalistement la complexité de la déficience intellectuelle non syndromique causée par l’haploinsuffisance de SYNGAP1. Ainsi, seule une compréhension raffinée de cette condition neurodéveloppementale pourra mener à une approche thérapeutique adéquate.

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Les informations sensorielles sont traitées dans le cortex par des réseaux de neurones co-activés qui forment des assemblées neuronales fonctionnelles. Le traitement visuel dans le cortex est régit par différents aspects des caractéristiques neuronales tels que l’aspect anatomique, électrophysiologique et moléculaire. Au sein du cortex visuel primaire, les neurones sont sélectifs à divers attributs des stimuli tels que l’orientation, la direction, le mouvement et la fréquence spatiale. Chacun de ces attributs conduit à une activité de décharge maximale pour une population neuronale spécifique. Les neurones du cortex visuel ont cependant la capacité de changer leur sélectivité en réponse à une exposition prolongée d’un stimulus approprié appelée apprentissage visuel ou adaptation visuelle à un stimulus non préférentiel. De ce fait, l’objectif principal de cette thèse est d’investiguer les mécanismes neuronaux qui régissent le traitement visuel durant une plasticité induite par adaptation chez des animaux adultes. Ces mécanismes sont traités sous différents aspects : la connectivité neuronale, la sélectivité neuronale, les propriétés électrophysiologiques des neurones et les effets des drogues (sérotonine et fluoxétine). Le modèle testé se base sur les colonnes d’orientation du cortex visuel primaire. La présente thèse est subdivisée en quatre principaux chapitres. Le premier chapitre (A) traite de la réorganisation du cortex visuel primaire suite à une plasticité induite par adaptation visuelle. Le second chapitre (B) examine la connectivité neuronale fonctionnelle en se basant sur des corrélations croisées entre paires neuronales ainsi que sur des corrélations d’activités de populations neuronales. Le troisième chapitre (C) met en liaison les aspects cités précédemment (les effets de l’adaptation visuelle et la connectivité fonctionnelle) aux propriétés électrophysiologiques des neurones (deux classes de neurones sont traitées : les neurones à décharge régulière et les neurones à décharge rapide ou burst). Enfin, le dernier chapitre (D) a pour objectif l’étude de l’effet du couplage de l’adaptation visuelle à l’administration de certaines drogues, notamment la sérotonine et la fluoxétine (inhibiteur sélectif de recapture de la sérotonine). Méthodes En utilisant des enregistrements extracellulaires d’activités neuronales dans le cortex visuel primaire (V1) combinés à un processus d’imagerie cérébrale optique intrinsèque, nous enregistrons l’activité de décharge de populations neuronales et nous examinons l’activité de neurones individuels extraite des signaux multi-unitaires. L’analyse de l’activité cérébrale se base sur différents algorithmes : la distinction des propriétés électrophysiologiques des neurones se fait par calcul de l’intervalle de temps entre la vallée et le pic maximal du potentiel d’action (largeur du potentiel d’action), la sélectivité des neurones est basée sur leur taux de décharge à différents stimuli, et la connectivité fonctionnelle utilise des calculs de corrélations croisées. L’utilisation des drogues se fait par administration locale sur la surface du cortex (après une craniotomie et une durotomie). Résultats et conclusions Dans le premier chapitre, nous démontrons la capacité des neurones à modifier leur sélectivité après une période d’adaptation visuelle à un stimulus particulier, ces changements aboutissent à une réorganisation des cartes corticales suivant un patron spécifique. Nous attribuons ce résultat à la flexibilité de groupes fonctionnels de neurones qui étaient longtemps considérés comme des unités anatomiques rigides. En effet, nous observons une restructuration extensive des domaines d’orientation dans le but de remodeler les colonnes d’orientation où chaque stimulus est représenté de façon égale. Ceci est d’autant plus confirmé dans le second chapitre où dans ce cas, les cartes de connectivité fonctionnelle sont investiguées. En accord avec les résultats énumérés précédemment, les cartes de connectivité montrent également une restructuration massive mais de façon intéressante, les neurones utilisent une stratégie de sommation afin de stabiliser leurs poids de connectivité totaux. Ces dynamiques de connectivité sont examinées dans le troisième chapitre en relation avec les propriétés électrophysiologiques des neurones. En effet, deux modes de décharge neuronale permettent la distinction entre deux classes neuronales. Leurs dynamiques de corrélations distinctes suggèrent que ces deux classes jouent des rôles clés différents dans l’encodage et l’intégration des stimuli visuels au sein d’une population neuronale. Enfin, dans le dernier chapitre, l’adaptation visuelle est combinée avec l’administration de certaines substances, notamment la sérotonine (neurotransmetteur) et la fluoxétine (inhibiteur sélectif de recapture de la sérotonine). Ces deux substances produisent un effet similaire en facilitant l’acquisition des stimuli imposés par adaptation. Lorsqu’un stimulus non optimal est présenté en présence de l’une des deux substances, nous observons une augmentation du taux de décharge des neurones en présentant ce stimulus. Nous présentons un modèle neuronal basé sur cette recherche afin d’expliquer les fluctuations du taux de décharge neuronale en présence ou en absence des drogues. Cette thèse présente de nouvelles perspectives quant à la compréhension de l’adaptation des neurones du cortex visuel primaire adulte dans le but de changer leur sélectivité dans un environnement d’apprentissage. Nous montrons qu’il y a un parfait équilibre entre leurs habiletés plastiques et leur dynamique d’homéostasie.