937 resultados para skin tag


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Anhidrotic Ectodermal Dysplasia (EDA), is the most frequent form among Ectodermal Dysplasias, hereditary genetic disorders causing ectodermal appendages defective development. Indeed, EDA is characterized by defective formation of hair follicles, sweat glands and teeth both in human patients and animals. EDA, the gene mutated in Anhidrotic Ectodermal Dysplasia, encodes Ectodysplasin, a TNF family member that activates NF-kB mediated transcription. This disease can occur with mutations in other EDA-NF-kB pathway members, as EDA receptor, EDAR and its adapter, EDARADD. Moreover, mutations in TRAF6, NEMO, IKB and NF-kBs genes are responsible for Immunodeficiency associated EDA (EDA-ID). Several molecules, as SHH, WNT/DKK, BMP and LTβ, have already been reported to be EDA pathway regulators or effectors although the knowledge of the full spectrum of EDA targets remains incomplete. During the first part of the research project a gene expression analysis was performed in primary keratinocytes from Wild-type and Tabby (EDA model mouse) mice to identify novel EDA target genes. Earlier expression profiling at various developmental time points in Tabby and Wild-type mouse skin reported genes differentially expressed in the two samples and, to increase the resolution to find genes whose expression may be restricted to epidermal cells, the study was extended to primary keratinocyte cultures established from E19 Wild-type and Tabby skin. Using microarrays bearing 44,000 gene probes, we found 385 “preliminary candidate” genes whose expression was significantly affected by Eda defect. By comparing expression profiles to those from Eda-A1 (where Eda-A1 is highly expressed) transgenic skin, we restricted the list to 38 “candidate EDA targets”, 14 of which were already known to be expressed in hair follicles or epidermis. This work confirmed expression changes for 3 selected genes, Tbx1, Bmp7, and Jag1, both in primary keratinocytes and in Wild-type and Tabby whole skin, by Q-PCR and Western blotting analyses. Thus, this study detected novel candidate pathways downstream of EDA. In the second part of the research project, plasmid constructs were produced and analyzed to create a transgenic mouse model for Immunodeficiency associated EDA disease (XL-EDA-ID). In particular, plasmids containing mouse Wild-type and mutated Nemo cDNA under K-17 epidermis-specific promoter control and a Flag tag, were prepared, on the way to confine transgene expression to mice epidermis and to determine EDA phenotype without immunodeficiency for a comparison to Tabby model phenotype. EDA-ID mutations reported in patients and selected for this study are: C417R (C409R in mouse), causing Zinc Finger protein domain destabilization and A288G (A282G in mouse) affecting oligomerization of the protein. Moreover, the ex-novo mutation, ZnF, C-terminal Zinc Finger domain deletion, was tested. Thus, the constructs were analyzed by transient transfection, Western blotting and luciferase assays techniques, detecting Nemo Wild-type and mutant protein products and residue NF-kB activity in presence of mutants, after TNF stimulation. In particular, MEF_Nemo-/- cell line was used to monitor NF-kB activity without endogenous Nemo gene. Results show reduced NF-kB activity in presence of mutated Nemo forms compared to Wild-type: 81% for A282G (A288G in human); 24% for C409R (C417R in human); 15% for ZnF. C409R mutation (C417R in human), reported in 6 EDA-ID human patients, was selected to prepare transgenic model mouse. Mice (white, FVP) born following K17-promoter-Flag-Nemo_C409R plasmid region pronuclear injection, were analyzed for the transgene presence in the genotype and a preliminar examination of their phenotype was performed. In particular, one mouse showed considerable coat defects if compared to Wild-type mice. This preliminar analysis suggests a possible influence of Nemo mutant over-expression in epidermis without immunodeficiency. Still, more microscopic studies to analyze hair subtypes, Guard, Awl and Zigzag (usually alterated inTabby mouse model), Immunohistochemistry experiments to detect epidermis restricted Nemo expression and sweat glands analysis, will follow. This and other transgene positive mice will be crossed with black mice C57BL6 to obtain at least two indipendent agouti lines to analyze. Theses mice will be used in EDA target genes detection through microarrays. Following, plasmid constructs containing other Nemo mutant forms (A282G and ZnF) might be studied by the same experimental approaches to prepare more transgenic model mice to compare to Nemo_C409R and Tabby mouse models.

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L’interazione che abbiamo con l’ambiente che ci circonda dipende sia da diverse tipologie di stimoli esterni che percepiamo (tattili, visivi, acustici, ecc.) sia dalla loro elaborazione per opera del nostro sistema nervoso. A volte però, l’integrazione e l’elaborazione di tali input possono causare effetti d’illusione. Ciò si presenta, ad esempio, nella percezione tattile. Infatti, la percezione di distanze tattili varia al variare della regione corporea considerata. Il concetto che distanze sulla cute siano frequentemente erroneamente percepite, è stato scoperto circa un secolo fa da Weber. In particolare, una determinata distanza fisica, è percepita maggiore su parti del corpo che presentano una più alta densità di meccanocettori rispetto a distanze applicate su parti del corpo con inferiore densità. Oltre a questa illusione, un importante fenomeno osservato in vivo è rappresentato dal fatto che la percezione della distanza tattile dipende dall’orientazione degli stimoli applicati sulla cute. In sostanza, la distanza percepita su una regione cutanea varia al variare dell’orientazione degli stimoli applicati. Recentemente, Longo e Haggard (Longo & Haggard, J.Exp.Psychol. Hum Percept Perform 37: 720-726, 2011), allo scopo di investigare come sia rappresentato il nostro corpo all’interno del nostro cervello, hanno messo a confronto distanze tattili a diverse orientazioni sulla mano deducendo che la distanza fra due stimoli puntuali è percepita maggiore se applicata trasversalmente sulla mano anziché longitudinalmente. Tale illusione è nota con il nome di Illusione Tattile Orientazione-Dipendente e diversi risultati riportati in letteratura dimostrano che tale illusione dipende dalla distanza che intercorre fra i due stimoli puntuali sulla cute. Infatti, Green riporta in un suo articolo (Green, Percpept Pshycophys 31, 315-323, 1982) il fatto che maggiore sia la distanza applicata e maggiore risulterà l’effetto illusivo che si presenta. L’illusione di Weber e l’illusione tattile orientazione-dipendente sono spiegate in letteratura considerando differenze riguardanti la densità di recettori, gli effetti di magnificazione corticale a livello della corteccia primaria somatosensoriale (regioni della corteccia somatosensoriale, di dimensioni differenti, sono adibite a diverse regioni corporee) e differenze nella dimensione e forma dei campi recettivi. Tuttavia tali effetti di illusione risultano molto meno rilevanti rispetto a quelli che ci si aspetta semplicemente considerando i meccanismi fisiologici, elencati in precedenza, che li causano. Ciò suggerisce che l’informazione tattile elaborata a livello della corteccia primaria somatosensoriale, riceva successivi step di elaborazione in aree corticali di più alto livello. Esse agiscono allo scopo di ridurre il divario fra distanza percepita trasversalmente e distanza percepita longitudinalmente, rendendole più simili tra loro. Tale processo assume il nome di “Rescaling Process”. I meccanismi neurali che operano nel cervello allo scopo di garantire Rescaling Process restano ancora largamente sconosciuti. Perciò, lo scopo del mio progetto di tesi è stato quello di realizzare un modello di rete neurale che simulasse gli aspetti riguardanti la percezione tattile, l’illusione orientazione-dipendente e il processo di rescaling avanzando possibili ipotesi circa i meccanismi neurali che concorrono alla loro realizzazione. Il modello computazionale si compone di due diversi layers neurali che processano l’informazione tattile. Uno di questi rappresenta un’area corticale di più basso livello (chiamata Area1) nella quale una prima e distorta rappresentazione tattile è realizzata. Per questo, tale layer potrebbe rappresentare un’area della corteccia primaria somatosensoriale, dove la rappresentazione della distanza tattile è significativamente distorta a causa dell’anisotropia dei campi recettivi e della magnificazione corticale. Il secondo layer (chiamato Area2) rappresenta un’area di più alto livello che riceve le informazioni tattili dal primo e ne riduce la loro distorsione mediante Rescaling Process. Questo layer potrebbe rappresentare aree corticali superiori (ad esempio la corteccia parietale o quella temporale) adibite anch’esse alla percezione di distanze tattili ed implicate nel Rescaling Process. Nel modello, i neuroni in Area1 ricevono informazioni dagli stimoli esterni (applicati sulla cute) inviando quindi informazioni ai neuroni in Area2 mediante sinapsi Feed-forward eccitatorie. Di fatto, neuroni appartenenti ad uno stesso layer comunicano fra loro attraverso sinapsi laterali aventi una forma a cappello Messicano. E’ importante affermare che la rete neurale implementata è principalmente un modello concettuale che non si preme di fornire un’accurata riproduzione delle strutture fisiologiche ed anatomiche. Per questo occorre considerare un livello astratto di implementazione senza specificare un’esatta corrispondenza tra layers nel modello e regioni anatomiche presenti nel cervello. Tuttavia, i meccanismi inclusi nel modello sono biologicamente plausibili. Dunque la rete neurale può essere utile per una migliore comprensione dei molteplici meccanismi agenti nel nostro cervello, allo scopo di elaborare diversi input tattili. Infatti, il modello è in grado di riprodurre diversi risultati riportati negli articoli di Green e Longo & Haggard.

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Questo lavoro si è occupato della ricerca e progettazione di un'antenna UWB per la realizzazione di un tag RFID e si colloca all'interno del progetto GRETA (GREen TAgs), finanziato dal MIUR. Le principali caratteristiche richieste al green tag sono: dimensioni complessive di massimo 4-5 cm, assenza di batterie e compatibilità con l'ambiente. L'eco-compatibilità viene garantita tramite la realizzazione dell'antenna al di sopra di un substrato di carta; i limiti derivanti dall'assenza di batterie vengono invece sopperiti tramite realizzazione di energy harvesting, al fine di raggiungere una completa autonomia energetica. Viene sfruttata la tecnica UWB per la comunicazione nella banda (3.1-4.8 GHz); l'energy harvesting si effettua invece a 868 MHz. Sono infine stati ricavati alcuni primi risultati relativi alla potenza rettificabile con la soluzione proposta, tramite realizzazione di un opportuno circuito rettificatore.

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I sistemi di identificazione tramite radiofrequenza hanno acquistato negli ultimi tempi una sempre maggiore importanza per il mondo produttivo, soprattutto nel settore della movimentazione delle merci, evolvendo verso applicazioni di tracciamento sempre più avanzate. La tesi si propone di analizzare in dettaglio la tecnologia RFId, chiarendone gli aspetti fondamentali ed esponendo criticità e punti di forza.

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In questo elaborato si affrontano problematiche cliniche legate ai traumi gravi della cute in cui è necessario intervenire chirurgicamente per ripristinare una situazione normale: si approfondisce lo studio della fisiologia del tessuto, la classificazione dei gradi delle ustioni della pelle, la guarigione delle ferite e la meccanica della cute. Il trapianto di tessuto autologo costituisce la soluzione più efficace e con minori complicazioni. Tuttavia il paziente potrebbe non presentare una superficie di cute disponibile sufficientemente estesa, per cui si ricorre ad altri metodi. In primo luogo, si effettuano degli allotrapianti di tessuto di donatore cadavere prelevati secondo le normative vigenti e conservati attraverso le varie tecniche, il cui sviluppo ha consentito una durata di conservazione maggiore; mentre la glicerolizzazione abbatte al 100% il rischio di trasmissione di patologie e lo sviluppo di microorganismi, la crioconservazione preserva la vitalità del tessuto. La chirurgia utilizzata per queste operazioni si avvale di tecnologie innovative come la Tecnologia a Pressione Negativa. Un'alternativa necessaria per sopperire all'ingente richiesta di tessuto di donatore sono i sostituti cutanei, che presentano un grande potenziale per il futuro. Per eliminare totalmente il rischio di rigetto sarebbe necessario personalizzare il costrutto utilizzando cellule autologhe, ma la ricerca è stata rallentata da minori investimenti da parte dell'industria biomedica, che si è maggiormente focalizzata sulla realizzazione di prodotti utilizzabili da un più ampio raggio di pazienti. Per queste ragioni, l'ingegneria tissutale della cute ha trovato più ampio campo di applicazione nel sistema dei test in vitro. A tale scopo sono stati creati dei protocolli certificati per testare la corrosività, la irritabilità e la vitalità del tessuto cutaneo, quali EpiDerm, EpiSkin e SkinEthic che si avvalgono dell'uso del metodo MMT e della spettrofotometria, che è diventata un supporto fondamentale per le scienze biologiche.

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The aim of the thesis is to design and verify a doubler for the Airbus A350XWB cargo door surround. The software used for the design is Catia and the software used for the doubler verification are Patran and Nastran.

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Die Tyrosinase aus Streptomyces castaneoglobisporus HUT6202 ist für biochemische und strukturelle Untersuchungen besonders gut geeignet, da sie als globuläres binäres Protein vorliegt. Als bakterielles Protein lässt sich die Tyrosinase aus Streptomyces in einen E.coli Expressionsstamm klonieren und exprimieren.rnIn dieser Arbeit wurde die Tyrosinase zusammen mit seinem Hilfsprotein (ORF378) polycistronisch in Escherichia coli BL21 (DE3)-Zellen heterolog exprimiert. Das Produkt der Expression ergab einen funktionellen binären Proteinkomplex, welcher mit einer Ausbeute von bis zu 0,8 mg/L über einen C-terminalen His-Tag sowie eine anschließende Größenausschlusschromatographie auf bis 95 % gereinigt werden konnte.rnDer gereinigte binäre Komplex aus Tyrosinase und Hilfsprotein wurde mit Hilfe isoelektrischer Fokussierung untersucht um die jeweiligen isoelektrischen Punkte der beiden Proteine zu bestimmen (pI 4,8 für die Tyrosinase sowie 4,9 für das Hilfsprotein), welche stark von den anhand der Aminosäuresequenz errechneten pIs abweichen (6,2 und 6,4). Des Weiteren wurde die Tyrosinase auf ihre Substratspezifität getestet, wobei sich ein bevorzugter Umsatz von Kaffeesäure (Km 1,4 mM; Vmax 21.5 µM min-1) und p-Cumarsäure zeigte. Es erfolgte keine Katalyse von Tyrosin und Tyramin sowie nur in geringem Maß von L-Dopa. Darüber hinaus konnte gezeigt werden, dass ein enzymatischer Umsatz nur stattfindet, nachdem die Tyrosinase mit CuSO4 aktiviert wurde. Eine Aktivierung mit SDS konnte nicht beobachtet werden.rnZur Untersuchung der Aktivierung des binären Komplexes lässt sich mit Hilfe dynamischer Lichtstreuung und analytischer Ultrazentrifugation eine Dissoziation des Komplexes in seine monomeren Komponenten nach Aktivierung mit CuSO4 vermuten. Dies würde den bislang hypothetisch angenommenen Mechanismus der Aktivierung der Tyrosinase aus S.castaneoglobisporus bestätigen.rnIn silico-Arbeiten wurden durchgeführt um ein tieferes Verständnis der Substratspezifität zu bekommen. Substrat-Docking-Experimente bestätigten die im Labor erhaltenen Ergebnisse. Eine Strukturanalyse deutet auf eine sterische Hinderung der Substrataufnahme für Substrate mit sekundären Aminogruppen hin. rnAnalysen des Protein-Interface von Tyrosinase und Hilfsprotein konnten kupferfixierende Faltungsmotive an der Oberfläche des Hilfsproteins aufzeigen. Bei diesen handelt es meist um 3-4 polare Aminosäuren, welche in der Lage sind, ein Kupferatom zu fixieren. Durch die Bindung der Kupferatome an die fixierenden Motive werden wahrscheinlich zahlreiche Wasserstoff-brückenbindungen getrennt, welche den Komplex in seiner inaktiven Form stabilisieren.rn

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La tesi è incentrata sul progetto di un PCB in grado di testare il corretto funzionamento del chip GRETA, un integrato dedicato, che implementa un nodo intelligente basato su harvesting RF. L'integrato implementa un sistema innovativo di comunicazione per RFID, che sfrutta la metodologia Green Tagging, per la trasmissione di sequenze RF. Vengono elaborate le diverse fasi di progettazione e di design pcb attraverso un programma di cad. Lo scopo è quello di realizzare un unico sistema perfettamente controllabile dall'utente, che attraverso i componenti messi a disposizione dalla scheda di testing, permetta di ricevere, inviare o escludere i segnali che afferiscono ai pin di Input/output del chip integrato. E' stata introdotta la possibilità di pilotare/testare separatamente le sottoparti interne al chip, con lo scopo di isolare eventuali malfunzionamenti.

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In questa tesi si sono valutate le prestazioni di un sistema di localizzazione multi-antenna di tag radio frequency identification (RFID) passivi in ambiente indoor. Il sistema, composto da un reader in movimento che percorre una traiettoria nota, ha come obiettivo localizzare il tag attraverso misure di fase; più precisamente la differenza di fase tra il segnale di interrogazione, emesso dal reader, e il segnale ricevuto riflesso dal tag che è correlato alla distanza tra di essi. Dopo avere eseguito una ricerca sullo stato dell’arte di queste tecniche e aver derivato il criterio maximum likelihood (ML) del sistema si è proceduto a valutarne le prestazioni e come eventuali fattori agissero sul risultato di localizzazione attraverso simulazioni Matlab. Come ultimo passo si è proceduto a effettuare una campagna di misure, testando il sistema in un ambiente reale. Si sono confrontati i risultati di localizzazione di tutti gli algoritmi proposti quando il reader si muove su una traiettoria rettilinea e su una traiettoria angolare, cercando di capire come migliorare i risultati.

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BACKGROUND: Cytotoxic cells are involved in most forms of drug-induced skin diseases. Till now, no in vitro test addressed this aspect of drug-allergic responses. Our report evaluates whether drug-induced cytotoxic cells can be detected in peripheral blood of nonacute patients with different forms of drug hypersensitivity, and also whether in vitro detection of these cells could be helpful in drug-allergy diagnosis. METHODS: GranzymeB enzyme-linked immunosorbent spot-forming (ELISPOT) and cell surface expression of the degranulation marker CD107a were evaluated on peripheral blood mononuclear cells from 12 drug-allergic patients in remission state and 16 drug-exposed healthy controls. RESULTS: In 10/12 allergic patients culprit but not irrelevant drug elicited granzymeB release after 48-72 h stimulation. It was clearly positive in patients with high proliferative response to the drug, measured in lymphocyte transformation tests. In patients, who showed moderate or low proliferation and low drug-response in granzymeB ELISPOT, overnight preincubation with interleukin (IL)-7/IL-15 enhanced drug-specific granzymeB release and allowed to clearly identify the offending agent. CD107a staining was positive on CD4+/CD3+, CD8+/CD3+ T cells as well as CD56+/CD3- natural killer cells. None of the drug-exposed healthy donors reacted to the tested drugs and allergic patients reacted only to the offending, but not to tolerated drugs. CONCLUSION: GranzymeB ELISPOT is a highly specific in vitro method to detect drug-reacting cytotoxic cells in peripheral blood of drug-allergic patients even several years after disease manifestation. Together with IL-7/IL-15 preincubation, it may be helpful in indentifying the offending drug even in some patients with weak proliferative drug-response.

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Immune reactions to drugs can cause a variety of diseases involving the skin, liver, kidney, lungs, and other organs. Beside immediate, IgE-mediated reactions of varying degrees (urticaria to anaphylactic shock), many drug hypersensitivity reactions appear delayed, namely hours to days after starting drug treatment, showing a variety of clinical manifestations from solely skin involvement to fulminant systemic diseases which may be fatal. Immunohistochemical and functional studies of drug-specific T cells in patients with delayed reactions confirmed a predominant role for T cells in the onset and maintenance of immune-mediated delayed drug hypersensitivity reactions (type IV reactions). In these reactions, drug-specific CD4+ and CD8+ T cells are stimulated by drugs through their T cell receptors (TCR). Drugs can stimulate T cells in two ways: they can act as haptens and bind covalently to larger protein structures (hapten-carrier model), inducing a specific immune response. In addition, they may accidentally bind in a labile, noncovalent way to a particular TCR of the whole TCR repertoire and possibly also major histocompatibility complex (MHC)-molecules - similar to their pharmacologic action. This seems to be sufficient to reactivate certain, probably in vivo preactivated T cells, if an additional interaction of the drug-stimulated TCR with MHC molecules occurs. The mechanism was named pharmacological interaction of a drug with (immune) receptor and thus termed the p-i concept. This new concept may explain the frequent skin symptoms in drug hypersensitivity to oral or parenteral drugs. Furthermore, the various clinical manifestations of T cell-mediated drug hypersensitivity may be explained by distinct T cell functions leading to different clinical phenotypes. These data allowed a subclassification of the delayed hypersensitivity reactions (type IV) into T cell reactions which, by releasing certain cytokines and chemokines, preferentially activate and recruit monocytes (type IVa), eosinophils (type IVb), or neutrophils (type IVd).

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In surgical animal studies anesthesia is used regularly. Several reports in the literature demonstrate respiratory and cardiovascular side effects of anesthesiologic agents. The aim of this study was to compare two frequently used anesthesia cocktails (ketamine/xylazine [KX] versus medetomidine/climazolam/fentanyl [MCF]) in skin flap mouse models. Systemic blood values, local metabolic parameters, and surgical outcome should be analyzed in critical ischemic skin flap models. Systemic hypoxia was found in the animals undergoing KX anesthesia compared with normoxia in the MCF group (sO(2): 89.2% +/- 2.4% versus 98.5% +/- 1.2%, P < 0.01). Analysis of tissue metabolism revealed impaired anaerobic oxygen metabolism and increased cellular damage in critical ischemic flap tissue under KX anesthesia (lactate/pyruvate ratio: KX 349.86 +/- 282.38 versus MCF 64.53 +/- 18.63; P < 0.01 and glycerol: KX 333.50 +/- 83.91 micromol/L versus MCF 195.83 +/- 29.49 micromol/L; P < 0.01). After 6 d, different rates of flap tissue necrosis could be detected (MCF 57% +/- 6% versus KX 68% +/- 6%, P < 0.01). In summary we want to point out that the type of anesthesia, the animal model and the goal of the study have to be well correlated. Comparing the effects of KX and MCF anesthesia in mice on surgical outcome was a novel aspect of our study.

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The role of dendritic cells (DCs) in disease progression of primary cutaneous T-cell lymphoma (CTCL) is not well understood. With their unique ability to induce primary immune responses as well as immunotolerance, DCs play a critical role in mediation of anti-tumor immune responses. Tumor-infiltrating DCs have been determined to represent important prognostic factors in a variety of human tumors.

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BACKGROUND/AIMS: Skin tumours, in particular squamous-cell carcinomas (SCC), are the most common malignant conditions developing in transplant recipients. The aim of this study is to investigate the frequency and type of skin cancer in patients receiving immunosuppressive therapy after organ transplantation. METHODS: Multivariate logistic regression analysis was performed on data of 243 renal transplant patients who attended the dermatology outpatient clinic for the first time after transplantation in the period January 2002-October 2005. RESULTS: We found an increased risk of actinic keratosis (AK) and SCC in renal transplant recipients with a basal cell carcinoma (BCC) / SCC ratio of 1:7. Older patients had AK more frequently (odds ratio [OR] 1.11, 95% confidence interval [CI] 1.06-1.15; p <0.0001) and SCC (OR 1.14, CI 1.07-1.22; p <0.0001) than younger patients. Men had AK (OR 0.19, CI 0.08-0.45; p = 0.0002) and SCC (OR 0.25, CI 0.07-0.89; p = 0.0332) more frequently than women. The duration of immunosuppressive therapy correlated significantly with the numbers of AKs (OR 1.15, CI 1.08-1.24; p <0.0001) and SCCs (OR 1.16, CI 1.05-1.28; p = 0.0025), and patients with fair skin had more AKs (OR 0.31, CI 0.14-1.24; p <0.0001) and SCCs (OR 0.11, CI 0.02-0.52; p = 0.0054) than darker skinned patients. We could not identify any specific immunosuppressive drug as a distinct risk factor for AK or non-melanoma skin cancer (NMSC). CONCLUSION: Skin cancers are increased in the renal transplant population. Main risk factors for skin cancers are fair skin type and long duration of immunosuppressive therapy. A follow-up programme is necessary for early detection of skin cancer and precancerous conditions. Preventive strategies should include specialist dermatological monitoring and self-examination.